NIBALI STORY – CAPITOLO 5: IL PRIMO SHOW IN ROSA

ottobre 23, 2022 by Redazione  
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Non era al suo primo Giro d’Italia Nibali quando prese il via all’edizione del 2010. Negli anni precedenti era venuto alla corsa rosa per fare apprendistato e aveva terminato 19° nel 2007 e 11° nel 2008, saltando l’appuntamento nel 2009, quando era andato al Tour, dove si era piazzato sesto in classifica. Ora è arrivato il momento di cominciare a pensare ad una futura vittoria, anche se per il 2010 la punta della sua squadra è Ivan Basso: il varesino vincerà quell’edizione del Giro con 1′151″ sullo spagnolo David Arroyo mentre lo “Squalo” salirà sul podio a 2′37″ dal capitano in rosa dopo aver dato sfoggio della sua classe nella discesa dal Monte Grappa. Era la tappa di Asolo, che riviviamo in questo articolo.

STREPITOSO NIBALI, ARROYO IN ROSA

Il siciliano vince per distacco la 14a tappa del Giro, Ferrara – Asolo di 205 km, attaccando nei primi chilometri della discesa del Monte Grappa, su cui era scollinato in compagnia di Basso, Evans e Scarponi, e difendendosi negli ultimi 15 km di pianura. Il terzetto alle sue spalle perde 23’’. 1’34’’ il ritardo di Vinokourov, mentre a 2’25’’ giunge un drappello comprendente Cunego, Sastre, Wiggins e David Arroyo, nuova maglia rosa, con 39’’ di margine sull’ex leader, Richie Porte. In classifica, Sastre primo dei favoriti, a oltre 5’.

Se finora era mancato qualcosa ad un Giro che già aveva vissuto 6 cambi di maglia rosa, una tappa da tregenda (Montalcino), una bagarre tra i favoriti superiore alle attese per le prime 13 tappe, e una fuga in grado di rivoluzionare la classifica, che ancora potrebbe regalare a questa edizione uno dei vincitori più inattesi della storia recente del Giro (L’Aquila), era una grande azione solitaria. Ci ha pensato Vincenzo Nibali ad inscenarla, andandosene tutto solo a 40 km dal traguardo, all’imbocco della discesa del Monte Grappa, dopo che già aveva acceso la miccia nel tratto più impegnativo della salita, per poi difendere i 46’’ accumulati nella picchiata negli ultimi 15 km pianeggianti, riuscendo a difenderne la metà.
Non si può però ridurre alla sola azione di Nibali la prima tappa di alta montagna del Giro 2010, nonché primo vero scontro frontale tra i big sulle grandi salite. Dopo una prima metà di gara sonnacchiosa, animata soltanto dalla lunga fuga di Bonnet, Monier, Bisolti, Cummings, Eibegger e Pozzato, che mai ha dato l’impressione di poter essere coronata dal successo, è stato chiaro sin dai chilometri precedenti l’attacco del Monte Grappa come la Liquigas covasse intenzioni bellicose, allorché gli uomini in verde hanno preso con decisione la testa del gruppo, imboccando le prime rampe ad andature molto decisa. Vanotti, Agnoli e Szmyd hanno rafforzato la convinzione, tenendo alto il ritmo nella prima metà abbondante di ascesa, mentre Bisolti distanziava i compagni di avventura, e per alcuni chilometri riusciva a perdere relativamente poco rispetto al plotone, salvo poi arrendersi nel tratto più impegnativo.
Terminato il notevolissimo lavoro del polacco, capace di ridurre a 16 unità il gruppetto dei migliori, e di mandare ko Garzelli e la maglia rosa, Richie Porte, è stato proprio Nibali a dar fuoco alle polveri, a 7 km circa dal Gran Premio della Montagna. Scarponi è stato il più reattivo nell’accodarsi al messinese, mentre Basso ed Evans, rimasto inizialmente un po’ sorpreso, si sono accodati poche centinaia di metri più tardi. I tre italiani hanno immediatamente trovato un tacito accordo, alternandosi regolarmente al comando del quartetto sino in cima, riuscendo così ad incrementare il margine su Vinokourov, giunto ad un tratto a poche decine di metri dai quattro, ma poi respinto dal nuovo inasprirsi dell’ascesa, e raggiunto anche da Sastre (1’08’’ il loro distacco in cima). Più indietro Cunego (2’ circa), e Arroyo e Wiggins (2’ e mezzo), autore di un timido allungo prima dello scatto di Nibali, mentre Porte pagava già oltre 4’ e mezzo.
Proprio subito dopo la vetta, Nibali ha inscenato un’inattesa offensiva nei chilometri sulla carta più agevoli della discesa. Azione che, complici la strada bagnata e la manciata di metri persa da Evans in vista della cima del Grappa, gli ha consentito di accumulare lentamente un buon gruzzolo di secondi di margine (46) in fondo alla picchiata. Alle spalle dei primi quattro, Vinokourov staccava intanto Sastre, che attendeva prudentemente il drappello di Cunego, Arroyo e Wiggins, ricompattatisi, mentre Porte cercava di salvare la leadership con l’ausilio di Sorensen.
Con ancora 15 km da affrontare dopo la discesa, era tutt’altro che scontato che Nibali riuscisse a portare a termine il suo capolavoro. Il messinese è stato però in grado di mantenere quasi intatto il margine fino ai 5 km conclusivi (41’’ a quel punto il divario), sicché i 18’’ lasciati per strada nel finale hanno avuto peso soltanto ai fini della classifica generale. A testimonianza di come fosse effettivamente la giornata d’oro della Liquigas, Basso ha vinto quello che dovrebbe essere più o meno il primo sprint in carriera, anticipando Scarponi ed Evans, nell’ordine, nella volata per la seconda piazza, incamerando così 12’’ d’abbuono. A 1’34’’ dal vincitore ha tagliato il traguardo Alexander Vinokourov, bravissimo a limitare in solitaria i danni nel finale, mentre Arroyo, giunto a 2’26’’, ha potuto indossare la prima maglia rosa della carriera.
In graduatoria, l’iberico conduce ora con 39’’ su Porte e 2’12’’ su Tondo Volpini, mentre, per trovare il primo grande nome (Sastre), bisogna scendere fino alla 6a posizione, e ad un distacco di 5’27’’. Wiggins lo segue a 6’32’’, incalzato da Nibali (6’51’’), Vinokourov (7’15’’), Evans (7’26’’) e Basso (7’43’’). Un po’ più distante Michele Scarponi (9’03’’), che in salita è parso però, assieme Basso, autore della sgasata in vista del GPM che ha mandato fuori giri il campione del mondo, l’uomo più forte. Sotto tono, rispetto alle attese, Cunego, mai seriamente in condizione di competere con i migliori, e Garzelli, primo dei big a crollare.
Se molto ha detto la frazione odierna, di più dirà probabilmente quella di domani, che porterà la carovana ai 1730 metri dell’ascesa più dura del Giro, il Monte Zoncolan, per la prima volta scalato al termine di una frazione lunga e ricca di difficoltà anche nei chilometri precedenti. Dovessimo azzardare pronostici sulla base di quanto visto sul Grappa, indicheremmo in Scarponi e Basso, come detto, i principali favoriti per il successo parziale, mentre Nibali, pur restando un’opzione più che valida, potrebbe dover fare i conti con i postumi dell’impresa odierna, e in particolare dei 15 km conclusivi contro vento in solitaria (sotto questo aspetto, Basso potrebbe godere di un piccolo vantaggio, essendo giustamente rimasto a ruota nel finale, per proteggere l’azione del compagno). Di certo, i grandi non potranno tergiversare: coloro che avevano tratto vantaggio dalla fuga dell’Aquila hanno accusato la prima grande salita alpina, ma possono ancora amministrare un margine molto cospicuo. Per poter sfilare la Rosa dalle spalle di Arroyo entro Verona, anche domani si dovrà dare battaglia.

Matteo Novarini

Asolo trionfa ad Asolo nella 14a tappa del Giro dItalia 2010 (foto Bettini)

Asolo trionfa ad Asolo nella 14a tappa del Giro d'Italia 2010 (foto Bettini)

22-10-2022

ottobre 23, 2022 by Redazione  
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VUELTA A FORMOSA FEMENINA (Argentina)

L’italiana Valentina Basilico (nazionale italiana) si è imposta nella seconda tappa, Formosa – Pirané, percorrendo 113.8 Km in 2h47′16″, alla media di 40.821 Km/h. Ha preceduto allo sprint la cilena Paola Andrea Muñoz (Eneicat-RBH Global) e la brasiliana Daniela Cristine Lionco (Club Fernandes de Ciclismo). La Muñoz è ancora leader della classifica con 8″ sulla Basilico e 17″ sulla Lionco

NIBALI STORY – CAPITOLO 4: LO SQUALO ALL’ASSALTO DELL’APPENNINO

ottobre 22, 2022 by Redazione  
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Nibali comincia pian piano a farsi conoscere e notare. Se aveva concluso la stagione 2008 con una sola vittoria al suo attivo (il Giro del Trentino del quale abbiamo raccontato ieri), il 2009 lo vede imporsi in due prestigiose gare, il Gran Premio Città di Camaiore l’8 agosto e, soprattutto, il Giro dell’Appennino il 24 giugno. Giunta alla sua settantesima edizione, la gloriosa corsa ligure vedrà lo “Squalo” tagliare lo storico traguardo di Pontedecimo con 47″ di vantaggio sugli avversari che più gli erano arrivati vicino.

ONE-SHARK-SHOW: LO SQUALO SI MANGIA L’APPENNINO

Vincenzo Nibali coglie la prima affermazione stagionale andando a dominare in solitaria il Giro dell’Appennino, una delle classiche italiane più impegnative, indorata oltre tutto da una tradizione nobile che la raccorda col mito del ciclismo storico. Dietro si corre per il secondo posto, in un confronto tra corridori di qualità e squadre motivate, benché la lista partenti patisca un po’ il disinteresse straniero.

Or non è molto che sulla Bocchetta, ascesa simbolo del Giro dell’Appennino nonché totem cronometrico per le sfide tra scalatori nostrani, si sono inaugurati i marmi che, aggiungendosi al viso di Coppi (e del patron Ghiglione), vanno a ravvivare la memoria di una corsa con una tradizione che non si sgretola nemmeno di fronte alle assenze dei nomi più pesanti del panorama internazionale. Come ribadisce la bella partenza dal museo dei due Campionissimi presso Novi Ligure.
Già teatro di alternanze al sapore di rivalsa tra i grandi di ogni epoca (Gimondi e Motta, con le vittorie di Zilioli a dieci anni di distanza quale cornice, così come quelle di Moser faranno da transizione verso l’era di Bugno e Chiappucci), terreno di caccia di atleti contraddistinti sempre e comunque da una classe sopraffina (Baronchelli il plurivincitore con sei trionfi consecutivi, ma c’è anche Argentin a dire di una gara che non può essere disdegnata dai cacciatori di classiche…), il Giro dell’Appennino ha confermato anche in tempi recenti la propria attitudine di competizione che si concede ai talentuosi, anche se con palmares in tono minore (Figueras, Nocentini), di gara da rivalità (Simoni e Cunego si alternano tra 2003 e 2005), più in generale di gara in linea ma spietata, massacrante, amica dei fondisti con il passaporto per le tre settimane di corsa (Berzin, Casagrande, Belli, Tonkov i vincitori degli ultimi anni ’90).
Certo, specie in anni a noi vicini l’albo d’oro ha assecondato “battute a vuoto”, con tutto il rispetto per Borgheresi, Zanetti o Bertolini: pur sempre dei duri, dei “cagnacci” nel senso migliore, capaci di incarnare a dovere lo spirito di un’altimetria che anche se non più supportata dai 260km di una volta resta capacissima di fare male.
Questo è lo sfondo, e che sfondo!, sul quale posizionare correttamente la vera e propria impresa da applauso a scena aperta che ci ha regalato oggi Vincenzo Nibali: una gara in cui gli assenti hanno sempre e comunque torto, perché è e resta un tracciato in grado di offrire allori della più pregiata qualità.
In quale categoria metteremo Nibali riguardano il suo nome sul marmo tra dieci anni? Talentuoso che avrà vinto meno di quanto promettesse la sua classe? Specialista delle tre settimane? O “soltanto” testardo esperto di fughe impossibili? Difficile rispondere, meglio allora lustrarsi gli occhi con i fatti di giornata, dimenticando per una volta l’odioso sport da cronisti consistente nell’incaponirsi in pronostici e confronti.
La metà inaugurale della gara, caratterizzata dal primo transito sul passo della Castagnola accompagnato dal Crocefieschi, racconta di una fuga adatta a tali pendenze morbide, animata infatti da due cronomen di spessore, quel Celli che si è piazzato nei 10 nel campionato italiano e Borisov, russo misconosciuto perché corre nella Amore&vita ma capace di numerosi podi nel campionato nazionale contro le lancette. L’azione, promossa dalla Diquigiovanni, ha lo scopo precipuo di alzare il ritmo: nonostante le asperità la media delle prime ore rasenterà i 45km/h.
Nel tratto di interludio prima del secondo terzetto di salite (che vede la Bocchetta “antipasto indigesto” in quanto terz’ultima ascesa, a ben 50km dalla fine) i due davanti vengono ripresi e sostituiti da un’altra evasione, quella di Solari, sempre della Diquigiovanni, con Colli (CarmiOro), grande promessa giovanile dispersasi tra le difficoltà di stringere contratti e un altro solido passista reduce dagli italiani, Biondo (che promette qualcosa di buono anche sul versante Flaminia). Gli ultimi due sono destinati ad essere repentinamente respinti dalla Bocchetta, le cui primissime rampe sorpassano sempre per 2km l’8%, rasentando progressivamente una media del 10%, con frequenti punte in sonora doppia cifra. Solari resiste, e a questo punto ci si attende da un momento all’altro la preparatissima fiondata che proietti innanzi l’uno o l’altro dei titolati alfieri di Savio, Scarponi o Bertagnolli già diplomati dalle vittorie di tappa al Giro.
Anche la CSF si mostra operosa, avendo tra le proprie fila uno scalatore in grado di incendiare le pendenze estreme, ovvero Pozzovivo: ma all’avvicinarsi di Solari, quasi al termine dell’ultimo tratto impegnativo che conclude la prima metà di salita, sono i colori Liquigas ad accendersi in testa al gruppo e un attimo dopo già cento metri avanti, irraggiungibili. Solari viene saltato senza pietà, mentre nessuno appare in grado di reagire, fors’anche per la sproporzione tra i chilometri mancanti al traguardo e la violenza dell’accelerazione.
Lo show di Nibali ammalia anche l’occhio della telecamera RAI (nota di demerito per non aver messo la gara in palinsesto fino all’ultimo minuto, i maligni direbbero in attesa di vedere un vincitore di spessore), e così non ci è dato sapere che cosa accadesse là dietro. Certo è che Vincenzo valica con 50” di vantaggio e si appresta ad affrontare tutto solo un altro paio di ben più pedalabili Gpm, nonché quasi 50km di solitudine interiore, la solitudine del fuggitivo.
Le doti di discesista dello squalo lo sprofondano in un’immersione tutta curve e vortici che gli fa guadagnare quanto la salita, e così il bottino da difendere assomma a 1’40”. Dietro il gioco si fa durissimo perché la Bocchetta è salita che seleziona senza sconti anche se lontana dalla linea: restano solo in nove ad inseguire, dei quali Rizzi (Utensilnord) davvero appeso a un filo, tanto che pagherà la sforzo sparendo a breve dalla gara.
Gli altri sono un esagitato Bertagnolli – è lui quindi il capitano per cui si è dannata la Diquigiovanni –, un redivivo e pimpante Caruso nelle fila della Flaminia (un altro che meriterebbe e assai più di Scarponi di essere riabilitato, perché con OP proprio non c’entrava nulla: ma forse è esattamente per questo che i grandi team hanno preferito emarginarlo?!?), quindi la coppia Miche, Muto e Giunti, Marzano della Lampre – anche lui uscito alla grande dal Delfinato –, Capecchi che tenta di sprigionare il proprio talento ancora inespresso e infine i due CSF, Pozzovivo e Savini. Finita la salita dura sembra quest’ultimo il più brillante, attento nel difendere Pozzovivo per farsi spalleggiare in un arrivo di certo meno adatto al lucano, ma sta di fatto che quando la strada riprende a salire, con modi più da “classica” forse, gli ultimi tre atleti citati svaniscono, per poi rientrare negli ultimi km, quando l’interminabile e “autostradale” discesa dai Giovi riavvicinerà un po’ tutti, complice il vento contro. La classifica dei primi dieci comprenderà i nomi qui citati, con l’aggiunta di un vicinissimo Proni, seguito dallo sparpaglìo di un gruppo lacerato dalle ascese di giornata.
Non c’è niente da fare, però, nei confronti di Vincenzo Nibali, che in tanti chilometri dissipa solo venti secondi del proprio vantaggio, anche a causa dello scarso accordo che regna là dietro. Bertagnolli e Caruso prendono sulle proprie spalle quasi ogni onere, ma evidentemente non possono bruciarsi ogni particella di energia perché sono capitani: è la gestione quindi della Miche e della CSF a lasciare a desiderare, oppure la capacità di quegli stessi capitani nel creare un accordo potenzialmente vantaggioso per tutti.
Con un Nibali così, ad ogni modo, le speranze sarebbero state comunque poche. La maggior parte del distacco svanito all’arrivo (47” il margine finale) se ne va in festeggiamenti, mentre dietro si fa al contrario la volata: volata che premia Bertagnolli, a quanto pare in gran forma, su Marzano, dopo il tentativo fallito di anticipo da parte di un troppo voglioso Caruso.
Nibali ringrazia la squadra, e guarda con fiducia al Tour… come previsto dagli organizzatori (nello scetticismo generale dei commentatori) l’Appennino si pone davvero come un ponte ideale tra un uomo da Giro, Bertagnolli, e uno da Tour, Nibali, con il condimento dei più talentuosi tra gli italiani esclusi e delusi. Con un po’ di cattiveria ci si potrebbe chiedere in che modo la squadra abbia “aiutato” Nibali oggi (a parte l’ovvia copertura nelle prime fasi, e ci mancherebbe altro!): ma forse il messaggio è proprio questo; l’aiuto migliore che a volte si possa ricevere dalla squadra è l’essere lasciato fare. Un po’ l’opposto di quell’ “aiuto” che Nibali è destinato a ricevere al Tour con l’affollamento di seconde e terze punte, una delle quali – anch’essa “marina” nel soprannome – non può non segnalarsi per l’arrembante invadenza. Ma queste sono le situazioni che deve dirimere il management… in bocca al lupo, anzi allo squalo!

Gabriele Bugada

La vittoria di Nibali al Giro dellAppennino 2009 (foto Bettini)

La vittoria di Nibali al Giro dell'Appennino 2009 (foto Bettini)

21-10-2022

ottobre 22, 2022 by Redazione  
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VUELTA A FORMOSA FEMENINA (Argentina)

La cilena Paola Andrea Muñoz (Eneicat-RBH Global) si è imposta nella prima tappa, Formosa – Laguna Blanca, percorrendo 135.2 Km in 3h22′59″, alla media di 39.964 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiana Valentina Basilico (nazionale italiana) e la colombiana Elizabeth Castano (nazionale colombiana). La Muñoz è la prima leader della classifica con 7″ sulla Basilico e 9″ sulla Castano

NIBALI STORY – CAPITOLO 3: LA PRIMA CORSA A TAPPE

ottobre 21, 2022 by Redazione  
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Dopo la vittoria nella seconda frazione della Coppi e Bartali 2006 bisogna attendere il 2008 per assistere alla prima affermazione di Nibali in una corsa a tappe, che arriva dopo un 2007 nel quale lo vedremo imporsi nel Gran Premio Industria e Artigianato, nel Giro di Toscana e in due frazioni del Giro di Slovenia (tra le quali quella con l’impegnativo arrivo in salita sul Passo Vršič). Il 24 aprile del 2008 sul traguardo in quota di Folgaria lo “Squalo” sbaraglia la concorrenza staccando di una dozzina di secondi Pellizotti e Simoni e portandosi al vertice della classifica, posizione che confermerà l’indomani nella conclusiva frazione di Peio Terme, vinta da Garzelli. Riviviamo quell’edizione del futuro Tour of the Alps

DA NIBALI UNO SQUILLO AL GIRO, DA GARZELLI DUE CHIAMATE AL TAS

La risposta a chi lo bacchettava per la mancata presenza nelle Ardenne, Vincenzo Nibali l’ha data imponendosi nel Giro del Trentino. Il portacolori della Liquigas si è aggiudicato la breve corsa a tappe dominando sull’arrivo in salita di Folgaria mentre Stefano Garzelli, escluso d’eccellenza del prossimo Giro d’Italia, si è riconsolato aggiudicandosi due successi parziali e concludendo al secondo posto nella generale. Ancora ‘coperto’ Gilberto Simoni. Il resoconto di Saverio Melegari.

Prima vittoria importante in questo 2008 per Vincenzo Nibali. Lo “Squalo dello Stretto” si porta a casa il Giro del Trentino che non vedeva al via il cannibale delle ultime edizioni, vale a dire Damiano Cunego che ha preferito concentrarsi, con discreto successo si può dire, nelle classiche delle Ardenne, lasciando da parte questa breve corsa a tappe che serviva, al Piccolo Principe, a preparare al meglio il Giro d’Italia. Ma, visto che quest’anno il capitano della Lampre ha optato per il Tour, ha preferito salire in Belgio per ottenere soddisfazioni più importanti.
E, allora, si è assistito ad un Giro del Trentino ricco di protagonisti, profondamente rinnovato nel percorso, con una breve crono iniziale, una tappa adatta ai velocisti, e altre due frazioni di montagna, con l’epilogo finale dell’arrivo in salita ai 1397 metri di altezza di Pejo Terme.
I favoriti iniziali erano tre: Vincenzo Nibali, Stefano Garzelli e Gilberto Simoni. Tutti e tre presenti a questa corsa, con motivazioni completamente diverse: il messinese per trovare la gamba buona in vista del 10 Maggio quando si inizierà a fare sul serio; il “Garzo” con una notevole rabbia agonistica in corpo per essersi visto escluso (lui e l’Acqua&Sapone-Caffè Mokambo) da tutte le corse Rcs del 2008, corsa rosa compresa, senza alcuna motivazione da parte di Zomegnan; il vecchio “Gibo” alla prima apparizione importante con la maglia della Serramenti Diquigiovanni e oramai lanciato ad ottenere, ancora una volta, ottimi risultati sulle strade tricolori, anche se la carta d’identità ne segna 36.

Brevemente la cronaca delle quattro tappe:

1°: Arco-Riva del Garda (crono) 9,6km

Frazione influenzata notevolmente dal vento, che condiziona i cronometri dei favoriti e li fa scivolare nelle retrovie della classifica. Ad approfittarne sono coloro che erano partiti di buon ora e si sono ritrovati con un meteo favorevole e così hanno potuto ambire al successo di tappa.
E, a spuntarla, è stato Volodymyr Zagorodny della NGC-Otc Doors che ha impiegato 11 minuti e 8 secondi a coprire il tracciato di questa prima frazione. Alla piazza d’onore, distanziato di due secondi, lo sloveno Jure Golcer del team Lpr, mentre chiude Miholjevic a 6’’, compagno di squadra di Vincenzo Nibali che finisce immediatamente alle sue spalle con nove secondi di ritardo da Zagorodny. Subito quindi una prova incoraggiante per il capitano della Liquigas che deve iniziare anche a gestire la convivenza con il delfino di Bibione, Franco Pellizotti, anche lui presente in Trentino e secondo capitano della neo-squadra di Ivan Basso al prossimo Giro d’Italia. Affermazione importante, comunque, anche per l’ucraino della NGC che trova modo di mettersi in mostra, insieme alla sua piccola squadra che è riuscita ad ottenere una wild card per essere presente al via da Palermo fra due settimane.

2°: Torbole – Torri del Benaco 179,7km

Doveva essere la tappa dedicata ai velocisti e l’ha spuntata uno che allo sprint non è certamente piantato, ma che si difende bene anche in salita. Parliamo di Stefano Garzelli che va ad apporre la propria firma a Torri del Benaco davanti al giovane Mauro Finetto della CSF-Navigare e di Riccardo Chiarini della Lpr.
Per il varesino una vittoria importante, la prima in questo 2008, dopo aver ottenuto, fino a questo punto della stagione, qualcosa come sette secondi posti. Questa seconda frazione è caratterizzata dalla lunga fuga a tre di Krys (Ceramica Flaminia), Agosta (Nippo Endeka) e Vila (Cofidis). Si aspettava selezione, poi, sul Gpm di Costermano, unica asperità di giornata ma, apparte un timido tentativo di Emanuele Sella, tutti sono rimasti in gruppo e allora non c’è stata altra soluzione che lo sprint generale. Garzelli esce ben lanciato dall’ultima curva e non si fa più riprendere, anche perché i veri velocisti (Daniele Bennati su tutti) rimangono un po’ coperti. Nonostante questa seconda frazione sia stata abbastanza tranquilla, c’è il cambio di maglia in vetta alla classifica, visto che il piazzato della crono, lo sloveno Jure Golcer strappa l’effige del primato a Zagorodny.

3°: Torri del Benaco – Folgaria 173km

Inizia a suonare la sinfonia giusta per Vincenzo Nibali che si presenta in solitaria sul traguardo di Folgaria, dopo essersi tolto di ruota la compagnia di Pellizotti e Simoni a sette chilometri dall’arrivo. La tappa finisce a Folgaria paese e non sul Passo Coe come successo nel 2002 al Giro d’Italia quando vinse Pavel Tonkov e indossò la sua prima maglia rosa Paolo Savoldelli.
Solita fuga iniziale, questa volta portata avanti dall’ex campione del mondo under23 a Madrid Grabovskyy (Quick Step) insieme a Rovny (Tinkoff), Ackermann e Roberto Richeze, fratello dei portacolori CSF Mauro e Maximiliano. L’ultimo ad arrendersi è il corridore di Orlando Maini che rimane in testa alla corsa per quasi 150 km. Dietro di lui aveva provato un tentativo, sulle strade di case, il nipote d’arte Leonardo Moser (Diquigiovanni) ma è sfortunato perché cade nella discesa del Gpm di Sommo ed è costretto a ritornare in gruppo. Nei successivi chilometri scatti e controscatti per cercare di avvantaggiarsi per il finale e, fra questi, figura anche Paolo Bettini che prova a farsi vedere.
Sul secondo passaggio sul Gpm di Sommo, però, si decide la gara: tentano l’allungo rispettivamente Garzelli, Di Luca, Pellizotti, ma quello vincente è di Vincenzo Nibali che, ai meno sette, saluta la compagnia e vince a Folgaria in solitario. Per il messinese è il primo successo del 2008.
Con questa sfuriata finale cambia anche la classifica generale, dove è proprio il capitano della Liquigas il nuovo leader con 27’’ su Golcer e 31’’ su Stefano Garzelli.

4°: Folgaria – Pejo Terme 178,5km

Stefano Garzelli ci prende gusto, pianta sull’asfalto tutta la voglia di ciclismo che ha ancora dentro di se e ottiene la seconda vittoria (in quattro tappe) in questo Giro del Trentino. Dopo aver sprintato in pianura a Torri del Benaco sfruttando una giornata un po’ opaca di altri velocisti, questa volta il varesino tiene botta sull’erta finale che porta ai 1397 di Pejo Fonti e trova il bis che fa aumentare ancora di più i rimpianti per lui e per la sua squadra di non poter prender parte al Giro d’Italia che scatterà fra due settimane. Anche quest’ultima frazione è stata movimentata da una lunghissima fuga, partita al chilometro 3 e composta da Leonardo Giordani (Ceramica Flaminia), Salvatore Commesso (Preti Mangimi) e Blain (Cofidis).
I tre vengono lasciati sfogare dal plotone e in breve tempo raggiungono anche i sei minuti di vantaggio massimo. La prima severa asperità di giornata è il Passo della Mendola e la fatica inizia a farsi sentire, anche perché Giordani rimane da solo in testa e, in cima al Passo, il divario è diminuito sensibilmente, salvo riprendere quota durante la discesa per entrare in Val di Sole che ritorna quasi sui tre minuti. Ai meno venti dal traguardo il suo margine ritorna però intorno ai 60 secondi e, proprio in quei momenti, dal gruppo di avvantaggia Gabriele Bosisio che, in due chilometri, riesce a riprendere l’ex campione del mondo under23. All’inizio del tratto duro finale, con il vantaggio scemato sui 25’’, Giordani molla e Bosisio prova a proseguire in solitaria che verrà raggiunto quando mancano 2000 metri al traguardo. Nel gruppo dei migliori la battaglia si fa sempre più serrata e ci provano sia Santo Anzà (Diquigiovanni) che Pozzovivo (CSF-Navigare). Ma Garzelli ha una marcia in più, riesce a lanciare la volata alla perfezione e può alzare di nuovo le braccia al cielo. Dietro di lui la coppia CSF Fortunato Baliani ed Emanuele Sella, con in quarta posizione Mauricio Soler (Barloworld) che, dopo la maglia a pois nel Tour 2007, proverà l’impresa anche nella corsa rosa. In classifica, invece, Vincenzo Nibali rimane davanti e vince senza difficoltà questo Giro del Trentino con 15’’ di vantaggio sullo stesso Garzelli e 31’’ su un bravissimo Domenico Pozzovivo.

Saverio Melegari

La vittoria di Nibali a Folgaria (foto Bettini)

La vittoria di Nibali a Folgaria (foto Bettini)

NIBALI STORY – CAPITOLO 2: LA PRIMA VITTORIA DA PROFESSIONISTA

ottobre 20, 2022 by Redazione  
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Il 22 marzo del 2006 è una data particolare per Vincenzo Nibali. Dopo un anno e tre mesi dal suo passaggio tra i professionisti ottiene sul traguardo di Faenza la sua prima vittoria nella massima categoria imponendosi nella seconda tappa della Settimana Internazionale Coppi e Bartali, affermazione che gli consentirà di chiudere la corsa al secondo posto della classifica generale, preceduto di soli due secondi da Damiano Cunego. Riviviamo quel pomeriggio

Un’ora con il cuore a mille, le gambe a tutta ed i pensieri che si rincorrevano nella mente. Sessanta minuti, un’eternità, ad attendere il primo, agognato, successo da professionista. Quando, finalmente, si può correre con i favori del pronostico e si può far capire quanto valga un Vincenzo Nibali, campione dal giorno in cui ha deciso che la sua carriera sarebbe stata questa. Fino a questi lunghi, interminabili, dolcissimi, secondi.
E’ andata oggi in scena la prima vera tappa in linea della Settimana Internazionale di Coppi&Bartali, con partenza da Cervia ed arrivo previsto a Faenza dopo poco meno di 200 chilometri. Dopo la prima giornata, divisa in due semitappe, la maglia di leader era sulle spalle dello statunitense Zabriskie, portacolori del Team CSC, che si è imposto nella cronosquadre di martedì pomeriggio.
La tappa di oggi presentava nel finale il Monte Trebbio, con la vetta posta a 20 chilometri dalla conclusione, come ideale trampolino di lancio per proiettarsi verso il traguardo. I protagonisti chiamati a rispondere all’appello rispondono sicuramente ai nomi di Cunego, Bettini, Simoni, Leipheimer, Pellizotti e Sella.
Dopo alcune classiche schermaglie nei primissimi chilometri, si intravvede una buona azione al chilometro numero 43, quando tra gli altri evadono dal gruppo il vincitore della prima semitappa di ieri, Napolitano, e l’australiano Cadel Evans. Passano però appena quattro chilometri ed il tentativo viene riassorbito. Miglior sorte avrà invece l’azione intrapresa all’ottantaseiesimo chilometro di gara da Kuchynski (Ceramica Flaminia) alla cui ruota si portano da subito Laverde ed un instancabile Napolitano. I due però mollano ben presto ed alla ruota dell’uomo Flaminia si porta l’ex vincitore del Giro Baby, Dainius Kairelis (Amore & Vita Mc Donald’s) che raggiunge il fuggitivo con il quale transita al primo passaggio a Faenza, al novantesimo chilometro, con un vantaggio di 12’’ sulla coppia formata dagli italiani Furlan (Selle Italia) e Facci (Barloworld). La coppia italiana raggiunge i due fuggitivi nel volgere di una quindicina di chilometri, mentre poco prima del centesimo chilometro di gara, l’americano Leipheimer si ritira. Per lui, i test importanti, si presenteranno tra qualche tempo. Al passaggio sul Monte Carla, al chilometro 106, il duo Kuchynski, Kairelis transita insieme, mentre Facci giunge staccato di 10’’. Il gruppo da dietro è tirato dai compagni di squadra di Damiano Cunego, che però non forzano più di tanto ed il quartetto di testa, ricompostosi subito dopo lo scollinamento, accumula secondi su secondi, fino a giungere a portare alla soglia dei 5 minuti di vantaggio in fondo alla discesa del Monte Carla.
Sulla salita del Monte Casale si aprono finalmente i giochi: Kuchynski e Kairelis allungano di nuovo, stavolta in maniera definitiva, mentre nel gruppo si avvantaggiano Bettini, Nibali e Gasparre. Ben presto però Vincenzo Nibali capisce che potrebbe essere il suo giorno e decide di allungare ulteriormente. Saluta la compagnia e si invola tutto solo all’inseguimento della coppia al comando. Il suo ritardo, quando mancano ormai poco più di 30 chilometri, si aggira intorno ai 3 minuti. Alla ruota del siciliano prova a portarsi Josè Enrique Gutierrez della Phonak, ma Nibali appare scatenato e prima di affrontare la scalata del Trebbio ha già raggiunto e superato l’ormai esausto Mauro Facci. Sulle prime rampe della salita che consegnò a Gilberto Simoni la maglia rosa nel 2003, Nibali si esalta. Kairelis appare subito in difficoltà e viene riassorbito dal siciliano, che prima di scollinare ha raggiunto anche Kuchynski, che nel frattempo era rimasto solo al comando. Ma non è ancora finita: il gruppo transita con un ritardo di 1’44’’ e mancano ancora più di 20 chilometri. Chi pensa che Nibali possa aver già speso tutto, si sbaglia di grosso. Il ragazzo di Amadio capisce che il tratto in discesa può risultare fondamentale. Proprio in discesa si erano infranti i suoi sogni l’anno scorso al Giro della Svizzera, quando Chris Horner lo staccò. Adesso è giunta l’ora di prendersi la rivincita nei confronti dell’asfalto a testa in giù. L’allungo è di quelli decisivi. Kuchynski è sulle gambe e perde inesorabilmente terreno. Il gruppo appare ormai troppo lontano. Gli ultimi metri sanciscono un trionfo atteso più di un anno. Un successo che immette di diritto una nuova stella nel firmamento del movimento azzurro. Al bielorusso va la piazza d’onore, staccato di venti secondi. Il gruppo dei migliori, che ha recuperato secondi a manciate nel finale, transita sul traguardo di Faenza con 42’’ dallo Squalo dello Stretto, regolato dall’olimpionico Bettini. Per Nibali il primo successo significa anche il primato in classifica. Una maglia di leader che deve valere come punto di partenza per una carriera strabiliante. Come è doveroso attendersi dallo Squalo, riuscito finalmente ad apporre il primo sigillo su quella che si prospetta come una vita agonistica da protagonista assoluto.
Il ragazzo della Liquigas sta maturando con estrema velocità. Già al primo anno tra i pro ha dimostrato di saper reggere il confronto con gli avversari maggiormente navigati, ed il successo colto oggi non deve trarre in inganno. La Coppi & Bartali è una gara di valore assoluto alla quale prendono parte atleti di caratura ben più che ottima. E vincere con un’azione del genere, oggi, ha un significato particolare. Spesso Nibali è stato criticato per azioni al limite del masochismo, a volte parse scriteriate o realizzate con l’unico scopo di acquisire visibilità. Oggi tutte queste considerazioni lasciano il tempo che trovano. Oggi Nibali è partito con l’intento di vincere, sapeva di avere le carte in regola per farlo, ed ha sciorinato un numero d’alta scuola. E per un ragazzo di soli 21 anni, questo non può che essere un eccellente punto di partenza. Nibali ha vinto dimostrandosi il più forte su tutti i terreni. Bello lo scatto, strepitoso il numero in salita ed intelligente l’allungo nel finale, grazie al quale ha dimostrato sagacia tattica e capacità di leggere la situazione di gara. Ed è proprio questo che può far parlare di reale maturazione. Il Nibali di un anno fa, molto probabilmente, trovandosi con le stesse energie di oggi, avrebbe sperperato risorse e si sarebbe trovato svuotato nel finale. Oggi, il siciliano ha acquisito quel bagagliaio di esperienza in grado di fargli realizzare numeri del genere.
Per ciò che concerne il capitolo classifica generale, questa tappa ha sancito la conferma su ottimi standard della coppia Bettini-Cunego. Il livornese, dopo uno splendido inizio di marzo, ha dovuto rinunciare alle velleità di classifica alla Sanremo per la caduta alla Tirreno-Adriatico. I postumi di quella caduta sembrano ad oggi smaltiti e la condizione non è di certo andata perduta. Condizione che, più che alla classifica generale di questa Settimana Internazionale, tornerà utile già tra 10 giorni, ai nastri di partenza del Giro delle Fiandre, dove il Grillo vorrà essere tra i sicuri protagonisti.
Come protagonista vorrà essere, al Giro d’Italia, il Piccolo Principe. Cunego sta attraversando un periodo di forma confortante ed a differenza di quanto accadde nel 2005, non sta soffrendo l’esasperazione del mancato successo. Dal 2005 ha tratto la giusta esperienza per non commettere gli stessi errori ed in questo momento si trova secondo in classifica generale. Sta correndo bene e senza spendere energie residue, testandosi costantemente sulle salite. Il suo percorso di avvicinamento al Giro dovrà essere proprio questo. Chi si è preoccupato di non averlo visto brillante nella Classicissima, può dormire sonni tranquilli. Cunego sta bene e non sarebbe affatto sorprendente vederlo primeggiare già in questa competizione, che gli servirà per mettere ulteriori chilometri nelle gambe.
Chi ha invece deluso un po’ le aspettative, sempre in chiave corsa rosa, è Gilberto Simoni. Il Gibo è in evidente ritardo di condizione rispetto agli avversari che si troverà di fronte alla partenza in Belgio. Oggi è giunto al traguardo con quasi 13 minuti di ritardo. Il Trebbio stavolta lo ha percorso più da turista che da attaccante. Tuttavia non bisogna lasciarsi suggestionare. Simoni, un po’ alla pari di Cunego, sta tornando ad un programma di avvicinamento al Giro “vecchio stampo” per cui raggiungerà l’apice della condizione molto gradualmente. In questa Settimana Internazionale è già fuori dai giochi e non si dovranno attendere grossi miglioramenti, che sarà invece lecito aspettarsi tra 3-4 settimane, quando grazie al lavoro svolto in inverno con Pietro Algeri, si comincerà ad intravedere il vero Gibo.
Una citazione particolare merita un corridore dimenticato un po’ da tutti: Leonardo Giordani. Il laziale, approdato alla Naturino, si sta finalmente mettendo in mostra. Dopo una stagione sciagurata come quella del 2005, in cui strappò a fatica un contratto con la Universal Cafè, l’ex iridato di Verona nel 1999 ha trovato le energie mentali per rimettersi di nuovo in gioco. Si è fatto vedere alla Sanremo ed oggi è arrivato nel gruppo dei migliori nonostante il percorso non fosse adattissimo alle sue caratteristiche. In questa stagione avrà l’occasione di mettersi alla prova in una formazione maggiormente quotata, e gli si augura di cuore di poter trovare il colpo di pedale che da troppo tempo ormai non si abbina più al suo nome.
Infine il capitolo squadre. Le più attrezzate in questa prima tappa sono sembrate la Liquigas e la Phonak Hearing Systems, capaci entrambe di piazzare tre atleti nelle prime venti posizioni. Tuttavia il miglior gioco di squadra è stato sicuramente quello della Lampre, la squadra che più di tutte è andata a cucire gli strappi tra gli attaccanti ed il gruppo per spianare la strada a Cunego. Nel team di Martinelli sembra essere tornata l’armonia che solo un anno fa appariva come un miraggio. La scelta di far ruotare i corridori da affiancare a Cunego, prima del Giro, può essere valida per verificare il reale affiatamento tra il capitano, stavolta unico ed i compagni.
Da par suo anche la Liquigas sembra far paura. Piazzare tre uomini nei primi venti, ottenendo anche il successo di tappa, in una frazione del genere, senza disporre di uomini come Garzelli o Di Luca, è un dato su cui riflettere. Onorare sempre e comunque le competizioni in Italia è di certo un punto a favore della squadra di Amadio.
Ciò che è stato un po’ sottotono, finora, è il rendimento della Panaria, squadra abituata a dare spettacolo in tutte le competizioni. Si è vista poco alla Sanremo (anche se ha avuto due uomini nella fuga iniziale), si sta vedendo ancora meno in questa Settimana Internazionale. I velocisti della squadra sembrano appannati, mentre Sella, complice una caduta, sta subendo un’involuzione. Per una squadra che punta all’entrata nel circuito ProTour,non è di certo un bello spot…

Marco Ferri

Nibali si impone a Faenza alla Settimana Internazione di Coppi e Bartali 2006 (foto Bettini)

Nibali si impone a Faenza alla Settimana Internazione di Coppi e Bartali 2006 (foto Bettini)

NIBALI STORY – CAPITOLO 1: IL SUO PRIMO “RITRATTO”

ottobre 19, 2022 by Redazione  
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A partire da oggi vi accompagneremo durante i mesi invernali con il racconto delle gesta di Vincenzo Nibali e Alejandro Valverde, ritiratisi da pochi giorni, riproponendo gli articoli che dal 2003 ad oggi ilciclismo.it ha dedicato loro. Cominciamo con Vicenzo Nibali e che con il ritratto che ne fece Elisa Marchesan nel dicembre del 2004, poche settimane prima del passaggio dello “Squalo” tra i professionisti. A seguire l’intervista che Nibali rilasciò a Federico Petroni a maggio 2008, dopo i primi anni di professionismo.

VINCENZO NIBALI CHE VA ALLA FASSA CON FERRON

Vincenzo Nibali è una bella promessa del nostro ciclismo, un ragazzo giovane, anzi, giovanissimo, che ha compiuto da pochi giorni vent’anni ma che ha già dietro a sé una carriera a due ruote degna di essere ricordata. Vincenzo è un siciliano verace, e proviene dalla città che si affaccia su quello stretto che occhieggia la Calabria e il continente: Messina. Un’isola, la sua, che gli ha trasmesso sangue caldo e un grande cuore. Non per niente, i suoi tifosi hanno già coniato un soprannome per lui, un soprannome che rende bene la grinta di cui è fatto: “Lo squalo dello stretto”.
Il ciclismo è amico gradito in casa Nibali. Papà Salvatore infatti è un cicloamatore, e trasmette la passione al figlio, con una raccomandazione: di non iniziare troppo presto bruciando le tappe. Ma Vincenzo cresce a pane e videocassette che raccontano le imprese di Francesco Moser, e sente che qualcosa dentro di lui prende una piega definitiva. Siamo nel 1998 (a 14 anni) quando iniziano le prime corse. Ma lo “squalo” sa che dovrà fare dei sacrifici, perché i corridori del Sud Italia devono spesso fare i conti in età precoce con trasferimenti e traslochi anche di migliaia di chilometri per poter coltivare la loro passione ciclistica con qualche buona prospettiva. Così, a soli 16 anni, Vincenzo saluta mamma Giovanna, papà Salvatore e i fratelli Antonio e Carmen e prende la strada della Toscana, decidendo di dare inizio alla propria vita a due ruote da Mastromarco, in provincia di Pistoia. Qui ad attenderlo c’è il ds della squadra locale (la Mastromarco Iperfinish) Carlo Franceschi, col quale rimarrà per quattro anni. Sono sei le vittorie da allievo al primo anno, sette nel secondo. Ma Vincenzo è un bravo ragazzo, con la testa sulle spalle, e decide di non abbandonare gli studi: così, fa combaciare gli allenamenti con le lezioni all’istituto professionale di economia e commercio di Empoli. Intanto, prova ad emulare i suoi modelli: Laurent Jalabert e Andrea Tafi. E Vincenzo a poco a poco cresce.
Sono sei le vittorie nel primo anno da juniores. Ma è il 2002 l’anno della consacrazione. Nibali non ha ancora 18 anni (infatti li compie a novembre), e riesce ad inanellare una serie di prestigiosi successi che illumineranno da allora in poi il suo percorso sportivo come preziosi diamanti.
Sono 14 le vittorie complessive della stagione. Dapprima Vincenzo conquista il titolo italiano su strada della categoria juniores e il prestigioso Giro della Lunigiana. Ma il colpo grosso è a ottobre, in una città ben nota per il ciclismo italiano: Zolder, Belgio. Qualche giorno prima di quell’indimenticabile alzata di braccia sbalordita sotto lo striscione dell’arrivo ad opera del nostro amato Re Leone, un esile ragazzo siciliano aveva da ridire con il tecnico federale Montedori (braccio destro di Antonio Fusi) che voleva convincerlo a fare la cronometro pur controvoglia. Voci garantiscono che Vincenzo sia stato convinto a correre la gara contro il tempo di fronte al rischio di non essere convocato per quella in linea… “Sinceramente mi piacevano più le gare in linea. Pensavo di essere uno scalatore, poi quando ho preso la bici da crono ho scoperto di essere anche un buon passista. Ho provato a fare le crono e ho visto che andavo bene”. Non bene, benissimo. Il ragazzo con caschetti aerodinamici e ruote lenticolari ci sa fare. E’ terzo nella generale. Medaglia di bronzo. Il prestigioso podio copre Enzo di una gloria luccicante.
Per fortuna, non si tratta di un fuoco di paglia. Quest’anno, Nibali, dopo aver fatto sue altre nove corse, c’era anche alla partenza della cronometro mondiale di Verona, stavolta per la categoria under 23. E ha superato sè stesso, arrivando terzo a soli 39 centesimi dal secondo gradino del podio, occupato dal favorito numero uno Thomas Dekker.
L’anno prossimo Vincenzo passerà già professionista, tra le fila della Fassa Bortolo, dove si spera che riuscirà a trovare i propri spazi adeguati. “Mi manca un pò la volata negli arrivi a plotone compatto, per il resto vado bene su tutti i terreni” ha detto. Nibali rappresenta il paradigma ricorrente in molti ciclisti italiani: trapiantati dal Sud, lontani da casa, costretti a trovare a tutti i costi il risultato per non sparire nell’ombra. Talora, sbagliano. Altre volte, sfondano. Vincenzo ha tutte le carte in regola per restare nel panorama ciclistico italiano e mondiale a lungo. Buona fortuna, allora, a questo coraggioso ragazzo siciliano.

Elisa Marchesan

NIBALI FA SUL SERIO: ‘AL GIRO VI STUPIRO”’

Siete mai stati dalle parti di Mastromarco o di San Baronto, provincia di Pistoia? Non vi auguriamo di passarci quando Vincenzo Nibali o Giovanni Visconti vincono una gara. Due coetanei siciliani, che praticano lo stesso sport, emigrati alla stessa età nello stesso angolo di Toscana. Impossibile non vedere fiorire una rivalità, uno di quei dualismi di cui il ciclismo si nutre sin da quando è nato: le sfide tra Binda e Girardengo, tra Coppi e Bartali, tra Moser e Saronni. I tifosi dei giovani rampanti inondano le strade delle rispettive cittadine rivali per strombazzare allegramente e festeggiare il successo del loro beniamino.

Nibali, fiero di alimentare il tipico campanilismo toscano, ci scherza su: “Guardate che nasce tutto dai tifosi, la loro è una scusa per azzuffarsi. Io e Giovanni siamo rivali solo in corsa, come è logico che sia. Scherziamo e ci prendiamo in giro, ma in verità andiamo d’accordo: ci sentiamo spesso, ci alleniamo insieme, ci facciamo sempre gli auguri di Natale. Certo, ci marciamo sopra, ma è giusto che sia così. E bello”.

Chi sono i più cattivi, nibaliani o viscontiani?

“I più spavaldi sono quelli di San Baronto (dove abita Visconti, N.d.R), i miei sono più tranquilli. Si fanno i dispetti, delle guerre incredibili. A me viene da ridere, ma alcuni la prendono proprio sul serio!”

Quest’anno ai tuoi tifosi hai dato tante soddisfazioni: 4 vittorie, 19° al debutto al Giro, convocazione al Mondiale.

“Sì, tutto sommato, un 7 me lo merito. Tante volte sono stato un protagonista al servizio della squadra. Ho lavorato molto per Di Luca e Pozzato, ma ho colto anche qualche soddisfazione personale”.

L’emozione di vincere a Larciano, sotto casa…

“E’ stata una giornata particolare. Sapevo di avere una buona condizione ma quando si è davanti al proprio pubblico, non è sempre facile fare quello che si vuole. Nel finale, Pellizzotti ed io siamo riusciti ad andare via e sul rettilineo conclusivo abbiamo ritenuto giusto che vincessi io: lui aveva già vinto ed eravamo davanti alla mia gente. Era bello coronare così una grande giornata”.

Giro di Slovenia: due tappe vinte di autorità e secondo posto nella generale. Rimpianto o soddisfazione?

“Un po’ di amarezza c’è, per forza. Il giorno precedente la prima vittoria non stavo tanto bene e ho lavorato per Gasparotto, defilandomi nell’ultimo chilometro. Per quell’errore ho perso la corsa. I due successi consecutivi sono stati comunque una conferma delle cose buone fatte vedere al Giro d’Italia, confermando che uscivo con una grande condizione dalla mia prima corsa a tappe di tre settimane. È stato un riscatto”.

Riscatto?

“Sì, riscatto. Dopo alcune voci che mi criticavano per non essermi messo in luce come altri giovani, come Riccò. Lui aveva piede libero, io dovevo sempre stare lì a lavorare per Di Luca. Ho dovuto portare qualche mantellina, qualche panino, qualche borraccia in più. Avevamo due modi diversi di aiutare il capitano: lui andava all’attacco per sfiancarci, io stavo accanto alla maglia rosa. Riccò è stato forte ma ha maggiore esperienza, sul groppone ha un anno in più e un grande giro in più: il Tour de France”.

19° al debutto al Giro non è cosa da poco.

“Sono contento del mio piazzamento. Avrei potuto fare di meno, risparmiarmi. Spesso mi dicevano di mollare, quando mi staccavo. Ma io continuavo a spingere, anche per una questione di orgoglio personale. E poi, la Liquigas puntava alla classifica a squadre e io ero il terzo uomo. Anche i risultati mi confortano: 15° alle Tre Cime, 11° allo Zoncolan, 7° nella crono finale”.

Sei uno dei pochi giovani ad andare d’accordo con il cronometro. Dove nasce il tuo feeling con il tic-tac? Qual è il tuo segreto?

“La crono mi è piaciuta sin da piccolo. Appena ne vedo una, mi esalto. Per me è come una lunga fuga solitaria. Servono passione e predisposizione naturale, anche se la tecnica va migliorata con un allenamento continuo. Il progetto è nato già tra gli juniores, quando Montedori e Fusi, tecnici della nazionale mi notarono per una mia certa… esuberanza: in gara scattavo subito, anche da solo. Dovevo pur avere qualcosa da dare anche a cronometro. Così, al secondo anno, è arrivato il bronzo nella prova degli juniores ai campionati del mondo di Zolder. Da lì è iniziato tutto”.

Bronzo al mondiale under23 nel 2004 e nella prova tricolore a luglio. Al Giro avrai ben quattro occasioni per migliorarti.

“Sì, quattro occasioni che fanno sperare in bene. Posso guadagnare qualcosa contro il tempo e cercare di non perdere troppo tempo in salita. Nella crono a squadre possiamo fare bene, lo abbiamo dimostrato lo scorso anno. Decisiva sarà quella di Urbino, a Milano invece i giochi saranno già chiusi”.

Cosa comporta la partenza di Danilo Di Luca?

“Maggiori responsabilità, maggiore carico sportivo e psicologico. Mi dispiace perché Danilo è stato fondamentale in questi due anni, da un capitano si impara sempre molto, ma allo stesso tempo devo cercare di essere un po’ più protagonista, specie al Giro d’Italia”.

Una rosa per le prime tappe o l’ultima tappa in rosa?

Ride. “Sono tra due cuori. La Sicilia è il punto di riferimento di questo Giro, si viaggia su coste fantastiche come quella peloritana. Non sarebbe male vestire la maglia rosa nella mia terra, ma ambisco di più alla classifica finale. Per puntare a Milano, bisogna sprecare meno forze possibili”.

A quando il debutto nella corsa che più di tutte si addice alle tue caratteristiche, il Tour de France?

“Non ho intenzione di fare tante corse, sono ancora giovane, ma se dovessi uscire dal Giro in ottime condizioni, un pensierino al Tour potrei farlo. Sai, quest’anno fare il Giro è obbligatorio: si parte dalla mia regione, dove non corro da diverse stagioni. Il prossimo anno andrò sicuramente in Francia”.

Cosa ti aspetti sotto l’albero?

“Vorrei passare un felice Natale con la mia ragazza e la famiglia, durante l’anno sono sempre fuori. Per la stagione agonistica, qualche vittoria di maggior prestigio. Mi è mancato l’acuto”.

Qualche corsa in particolare?

“Di solito non mi sbilancio, però… Farò solo la Liegi tra le classiche del Nord”.

Da cosa nasce questa selezione degli obiettivi?

“Sono ancora giovane, devo imparare a gestire le forze. L’obiettivo è quello di finalizzare gli sforzi per il Giro d’Italia, dove voglio arrivare in gran forma”.

Una buona annata nasce da un buon inverno. Raccontaci del primo ritiro con la Liquigas, da cui sei appena tornato.

“Siamo stati dieci giorni in Spagna, a Benicasim, sulla costa di Valencia. Queste occasioni sono organizzate più per conoscere la nuova squadra, il nuovo staff. Al mattino, sveglia, colazione e allenamento, mai troppo lungo e stressante, dalle due alle quattro ore, anche perché siamo solo a dicembre. Eravamo comunque divisi in due gruppi, quelli che partono già a gennaio con il Tour Down Under in Australia e quelli che cominciano più avanti. Tornati in albergo, pranzo, riposino e poi massaggi o prove tecniche con i nuovi materiali. Al pomeriggio non c’era granché da fare: è una località turistica estiva, a parte un centro commerciale, non c’era proprio niente! Alla sera, una capatina al bar o un poker. Dovevi vedere Chicchi, quanto era carico! Con le fiches, sembravamo dei professionisti”.

Magari anche le puntante erano da professionisti…

“No, no, scommettevamo poco, giusto per passare il tempo. Poi, chi vinceva offriva da bere agli altri”.

Con chi dividevi la camera?

“Con Alessandro Vanotti. Facciamo un po’ coppia fissa dallo scorso anno. Siamo in sintonia, dal Giro ci siamo trovati bene e non ci siamo più lasciati!”

Ti è piaciuta la Spagna?

“Tanto, ci ho corso e ci sono stato anche fuori dall’ambito ciclistico. È un bel territorio, molto simile alla mia Sicilia, per questo mi affascina”.

Finita la stagione, dove sei stato in vacanza?

“A casa mia, a Messina. Il tempo era poco, ho staccato tardi, ho preferito stare tranquillo, anche perché ho finalmente comprato casa su a Mastromarco e con la mia ragazza abbiamo pensato al nuovo arredamento. Chissà, per il futuro…”

Un messinese trapiantato in Toscana per amore del ciclismo. Come è stato lasciare la famiglia a 16 anni per inseguire il sogno della bicicletta?

“Per noi ragazzini meridionali, il Nord è qualcosa di particolare, è come la scoperta di un nuovo mondo. Sono partito con lo spirito dell’avventura. È importante non partire con dei rimorsi ed essere contenti di ciò che si è fatto. Mi sono ambientato grazie alla squadra siciliana stanziata a Mastromarco, la Cicli Fratelli Marchetta, che mi ha portato al Nord per farmi correre tra gli juniores, visto che in Sicilia non ce ne sono”.

A scuola, come andavi? Top secret?

“Non ho mai avuto un grande feeling, però il mio diploma in ragioneria l’ho preso con un onesto settanta”.

La tua musica preferita?

“Ascolto un po’ di tutto, dipende dallo stato d’animo. Vado dalla musica che passa alla radio al rock, non quello aggressivo, quello più tranquillo”.

Cinema?

“Adoro i film d’azione. Mia mamma ha un negozio di DVD, quindi la mia videoteca è enorme! Mi piacciono i ruoli di Nicolas Cage o John Travolta, sempre sul filo dei secondi”.

Motori?

“Tra le moto la MV Augusta, brutale. Tra le auto, ho un’Audi A4, ma se mi dovessi fare un regalo, andrei sullo sportivo, tipo Ferrari o Porsche”.

Voli basso…

“Sì, anche la Lamborghini non è malaccio!”

Letture?

“Non leggo spesso, quando capita. Colgo l’occasione in aeroporto per comprare qualche libro al duty free, ma vado a sensazione, non ho un genere preferito”.

Cucina preferita?

“Che domande: siciliana! Oltre ai dolci, le specialità di Messina sono le migliori: pasta con le sarde o cotta in forno con melanzane, formaggio e prosciutto. Anche il toscano mi fa impazzire: tagliata, ribollita, polenta con i funghi. Come cucinano qua il cinghiale…”

Le salite dove ti alleni?

“San Baronto, per tornare a casa. In estate, le montagne pistoiesi, vado al fresco. Garfagnana, Bagni di Lucca, Collina di Porretta e l’Abetone, quando devo prepararmi per una grande corsa”.

Il campione cui ti ispiri?

“Nel passato, Francesco Moser. Andava forte dappertutto: crono, classiche, è riuscito anche a vincere un Giro d’Italia. Oggi mi ispiro a Di Luca, ma in generale a tutti i capitani. Tutti, infatti, hanno qualcosa di speciale. Capitano vuole dire il top, il massimo, se lo sei un motivo ci deve essere. C’è sempre un segreto da imparare, da cogliere. Ai mondiali, ad esempio, ho visto qualcosa di particolare. Siamo stati tartassati come non mai e vedere la fermezza di Bettini e il sangue freddo con cui gestiva la tensione è stato incredibile. Questo è essere capitano: prendere per il verso giusto tutto ciò che accade”.

Alla Liquigas manca un vero capitano.

“Non è vero. Pozzato e Bennati sono maestri nel leggere la corsa e saranno comunque protagonisti nelle classiche, mentre Noè è uno che non ti rifiuta mai una mano o un consiglio prezioso. Sarà la strada a decidere, dal canto mio spero di essere protagonista”.

Tono pacato ma fermo, idee chiare e precise, abilità e agilità nel divincolarsi dalle domande. Vincenzo Nibali sta studiando da capitano.

Federico Petroni

18-10-2022

ottobre 18, 2022 by Redazione  
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PETRONAS TOUR DE LANGKAWI (Malesia)

L’olandese Alex Molenaar (Burgos-BH) si è imposto nell’ottava ed ultima tappa, circuito di Kuah, percorrendo 115.9 Km in 2h25′37″, alla media di 47.756 Km/h. Ha preceduto allo sprint il tedesco Jason Osborne (Alpecin-Deceuninck) e di 18″ il colombiano Juan Sebastián Molano (UAE Team Emirates). Miglior italiano Gianni Moscon (Astana Qazaqstan Team), 22° a 18″. Il colombiano Iván Ramiro Sosa (Movistar Team) si impone in classifica con 23″ sul britannico Hugh Carthy (EF Education-EasyPost) e 1′47″ sul norvegese Torstein Træen (Uno-X Pro Cycling Team). Miglior italiano Moscon, 34° a 18′26″.

MOLENAAR, SQUILLO FINALE A KUAH. SOSA VINCE IL TOUR DE LANGKAWI 2022

ottobre 18, 2022 by Redazione  
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Alex Molenaar (Team Burgos BH), presente nella fuga dell’ottava ed ultima tappa del Tour de Langkawi 2022, resiste al ritorno del gruppo e nella volata a due con l’altro fuggitivo Jason Osborne (Team Alpecin Deceuninck) vince nettamente. Ivan Ramiro Sosa (Team Movistar) vince il Tour de Langkawi 2022.

Con l’ottava ed ultima tappa del Tour de Langkawi da Kuah a Kuah non termina soltanto la breve corsa malese ma anche la stagione 2022, almeno tra le squadre WT. Una stagione lunga e appassionante che dopo la ‘pausa’ per covid ha inserito nuovamente in calendario corse che erano state annullate tra cui proprio il Tour de Langkawi. La tappa di oggi si conclude con il circuito di Kuah, ma invece di essere di due giri come nella tappa di ieri, sarà di tre giri. Ivan Ramiro Sosa (Team Movistar) è ad un passo dalla vittoria finale. La fuga di giornata si formava dopo una decina di km dalla partenza di Kuah. In sei evadevano dal gruppo: Jason Osborne (Team Alpecin Deceuninck), Thomas De Gendt (Team Lotto Soudal), Anatoliy Budyak (Terengganu Polygon Cycling Team), Hugo Toumire (Team Cofodis), Alex Molenaar (Team Burgos BH) e Cameron Scott (Team ARA Pro racing Sunshine Coast). Budyak vinceva il primo traguardo volante di Pekan Kuah posto al km 30.8. Il gruppo non dava molto spazio alla fuga visto che alcune squadre come Team Movistar e Team EF Education EasyPost erano costantemente in testa al gruppo a controllare la situazione. De Gendt, Budyak e Scott si rialzavano ad una quarantina di km dall’arrivo e così Molenaar, Osborn e Toumire entravano nel circuito finale di Kuah con poco più di un minuto di vantaggio sul gruppo maglia gialla. Osborne si aggiudicava il secondo traguardo intermedio di Pekan Kuah posto al km 89.5. Il tedesco si ripeteva poco dopo scollinando per primo sul primo GPM di Raya Langkawi posto al km 91. All’inizio del penultimo giro del circuito la fuga aveva meno di un minuto di vantaggio sul gruppo. Toumire vinceva il secondo sprint intermedio di Pekan Kuah posto al km 98.3 mentre Osborne scollinava ancora in prima posizione sul secondo GPM di Raya Langkawi posto al km 99.8. I primi a staccarsi, nel gruppo maglia gialla, erano i velocisti. Osborne scollinava ancora in prima posizione sul terzo ed ultimo GPM di Raya Langkawi posto al km 108.6 mentre il gruppo maglia gialla iniziava a sfilacciarsi a causa di diversi attacchi nel tratto più duro della breve salita, dove la pendenza sfiorava il 9%. Come nella tappa di ieri, anche se Bax aveva raggiunto i fuggitivi dell’ultima ora sull’ultima salita in programma, gli attaccanti riuscivano a mantenere un vantaggio tale da non essere più ripresi e Molenaae ed Osborne si giocavano la vittoria di tappa. Nella volata a due Molenaar precedeva Osborne sul traguardo di Kuah mentre a 18 secondi di ritardo Juan Sebastian Molano (UAE team Emirates) regolava il gruppo maglia gialla piazzandosi in terza posizione. Quarto era Erlend Blikra (Uno-X Pro Cycling team) mentre chiudeva la top five Rudiger Selig (Team Lotto Soudal) in quinta posizione. Molenaar ottiene la prima e praticamente unica vittoria del 2022 visto che la stagione per lui si conclude oggi. Sosa vince il Tour de Langkawi 2022 con 23 secondi di vantaggio su Hugh Carthy (Team EF Education EasyPost) ed 1 minuto e 47 secondi di vantaggio su Torstein Træen (Uno-X Pro Cycling Team). Blikra vince la classifica a punti mentre Muhammad Nur Aiman Mohd Zariff (Terengganu Polygon Cycling Team) vince la classifica dei GPM. Infine il Team Movistar vince la classifica a squadre. Il ciclismo che conta tornerà l’anno prossimo con il ritorno, dopo due anni di assenza a causa del covid, del Tour Down Under in programma dal 17 al 22 Gennaio 2023.

Giuseppe Scarfone

Alex Molenaar vince a Kuah (foto: Getty Images)

Alex Molenaar vince a Kuah (foto: Getty Images)

GIRO 2023 IN STILE VINTAGE

ottobre 18, 2022 by Redazione  
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Presentato oggi a Milano un Giro avvincente, aperto nella prima parte con lo spartiacque della cronometro romagnola ad aprire la seconda parte molto dura. Un sud meno complicato ma, come sempre, insidioso.

Dopo l’obbrobrio della presentazione a pezzi del percorso 2022, si è tornati all’antico a furor di popolo. Presentazione in stile classico, aperta da un patetico teatrino di presentatori privi di qualsiasi nozione tecnica e, probabilmente, anche di interesse sportivo, seguita da una congerie di personaggi intenti a farsi i complimenti con la sola esclusione di Mauro Vegni, che comunque propone sempre interventi sensati.
Stile antico non solo per la presentazione, ma anche per il percorso che si differenzia da quello dello scorso anno, molto ambizioso ma poi ridimensionato dal modo di affrontarlo da parte dei corridori.
Il Giro di quest’anno ripropone molti temi caratteristici dei percorsi degli anni 90.
Un sud non eccessivamente complicato dal punto di vista altimetrico, nonostante la presenza di due arrivi in salita tutt’altro che banali. E’ però un sud insidioso, in cui tenere sempre gli occhi aperti, con tappe per velocisti che presentano percorsi non banali e difficili da gestire.
Una prima settimana che si chiude con una cronometro di metà giro della quale salutiamo volentieri il ritorno. Una prova contro il tempo che, posta prima delle montagne, potrà disegnare chiare gerarchie in classifica, costringendo chi soffre questo tipo di esercizio ad orchestrare attacchi in montagna che non si riducano allo scatto all’ultimo chilometro.
Vi sono poi 6 tappe lunghe oltre 200 Km e non vi sono le orribili minitappe di 120 o 130 km che vanno di monda oggi, se si eccettua la passerella finale che però non avrà nulla da offrire in chiave classifica generale.
Le tappe di montagna sono quasi tutti tapponi impegnativi, mentre la cronometro del penultimo giorno, molto interessante con l’inedita e durissima ascesa al Monte Lussari, chiuderà i giochi.
Un bel percorso quindi, aperto nella prima parte e con una netta cesura rappresentata dalla cronometro di Cesena. Lì cominceranno ad emergere i valori, del resto è storia che sia a Lago Laceno (1998), sia a Campo imperatore (2018) si sono visti valori poi ribaltati in seguito.
Le tappe di media montagna sono in numero un pochino inferiore rispetto alla scorso anno, ma comunque non mancano e alcune di esse potrebbero essere decisive.
Infine il capitolo velocisti. Le tappe che potrebbero finire in volata sono ufficialmente otto, tuttavia la maggior parte di esse presentano un percorso tutt’altro che piatto, circostanza confermata dal fatto che sono soltanto tre le frazioni classificate con una sola stelletta di difficoltà.
L’analisi delle singole frazioni rende certamente ancor meglio l’idea delle considerazioni generali svolte sinora.
Il Giro si aprirà con una spettacolare tappa a cronometro di 18 Km che si snoderà in gran parte sulla ciclabile della Costa dei Trabocchi, che ripercorre il tracciato della vecchia ferrovia che correva per lunghi tratti praticamente in riva al mare. Il percorso è pianeggiante, ma attenzione all’ultimo chilometro in salita, anche se molto pedalabile, per arrivare nel centro di Ortona.
La seconda tappa da Teramo a San Salvo di 204 km è la prima classificata con una stelletta di difficoltà ed è dedicata alle ruote veloci, ma attenzione agli strappi di Chieti e Ripa Teatina verso metà percorso che potrebbero smuovere le acque, anche se sono davvero troppo lontani dal traguardo per incidere.
La terza tappa, la Vasto – Melfi di 210 Km. è classificata come tappa di media montagna. Dopo un lunghissimo tratto pianeggiante di 175 Km, si affrontano un paio di salite nel Vulture a quote intorno ai 700/800 metri prima di riscendere verso Melfi. La vicinanza al traguardo delle salite (comunque agevoli) potrà favorire l’arrivo di una fuga.
La musica cambia decisamente nella quarta tappa che vedrà il primo arrivo in salita a Lago Laceno al termine di una tappa complessa e insidiosa, senza un metro di pianura e con due salite di un certo chilometraggio a metà percorso. Di pianura praticamente non ce n’è, le strade sono tortuose e con fondo usurato, tutto questo renderà difficile e stressante la gestione di questa tappa davvero insidiosa. L’ultima salita, Colle Molella, potrà vedere anche schermaglie tra gli uomini di classifica, schermaglie che potrebbero portare anche a qualche distacco, visto che nella parte centrale ci sono 3 Km al 10% medio con punte del 12%. Dal valico mancheranno 4 Km alla conclusione e potrebbero non bastare per ricucire eventuali buchi.
La quinta tappa, da Atripalda a Salerno, è dedicata alle ruote veloci, almeno sulla carta, ma attenzione anche qui perché i primi 130 km sono tutti di saliscendi su strade tortuose. Gli ultimi 40 Km sono facili e dovrebbero favorire il ricompattamento.
Discorso simile per la tappa con partenza e arrivo a Napoli, piuttosto breve (156 Km) ma che presenta il non banale Valico di Chiunzi (tristemente noto per l’incidente che taglio fuori Marco Pantani dal Giro d’italia del 1997) ed la salita di Capo di Mondo poco la metà percorso. Anche qui attenzione alle insidie nella prima parte, mentre la seconda dovrebbe favorire lo sprint finale.
La settima tappa sarà la prima frazione di alta montagna. La partenza sarà da Capua e, dopo aver affrontato le salite di Rionero sannitico (non valida come GPM) e Roccaraso, si scenderà nella piana di Sulmona per poi risalire verso Calascio dallo stesso versante del 2018 su una salita con pendenze regolari ma costanti. Da lì inizia un lungo tratto interlocutorio che porterà i “girini” nel cuore del massiccio Gran Sasso alternando tratti pianeggianti a tratti in facile ascesa fino ad arrivare agli ultimi durissimi chilometri con medie intorno al 9% e punte al 13%. Gli ultimi 4 Km e mezzo sono di salita vera ed è qui che gli uomini di classifica proveranno a sorprendere gli avversari perchè le pendenze consentono agli scalatori puri di provare la rasoiata e, come spesso accade nella prima settimana, qualcuno potrebbe pagare. Va ricordati, infatti, che su questo arrivo nel 2018 Froome perse parecchio salvo poi recuperare con l’impresa sul Colle delle Finestre che lo portò alla vittoria al Giro. La tappa misura 218 Km ed anche questo dato potrebbe avere la sua rilevanza nell’economia della frazione.
Oltre 200 Km anche il giorno successivo, nella famosa tappa dei muri della Tirreno Adriatico. La salita dei Cappuccini (3 Km con punte al 19%) verrà affrontata due volte, inframezzata dal Monte delle Cesane (7 Km e punte al 18%). Il secondo scollinamento dello strappo dei Cappuccini è a soli 5 Km dal traguardo di Fossombrone, cosa che potrebbe ispirare non solo cacciatori di tappe e finisseur, ma anche qualche uomo di classifica, specie in vista della cronometro del giorno successivo.
Cesare, passando il Rubicone, pronunciò la celeberrima frase “alea iacta est” e questa frase si adatta sicuramente alla frazione che rappresenterà il vero spartiacque tra la prima e la seconda parte del Giro. Una cronometro di oltre 33 Km, completamente pianeggiante, da Savigliano sul Rubicone appunto e Cesena. E’ sin troppo ovvio che, su un percorso del genere, gli uomini leggeri, che mal digeriscono le prove contro il tempo, avranno seri problemi. Il chilometraggio e la collocazione prima delle montagne faranno di questa prova un vero e proprio calvario per chi non gradisce questo tipo di esercizio, mentre coloro che si esaltano nelle prove individuali avranno il terreno per tentare di scavare distacchi importanti, da tentare di difendere sulle montagne.
Anche questa scelta rimanda un po’ ai percorsi di 20 o 30 anni fa, nei quali si cercava di piazzare una cronometro nella prima parte per scavare dei distacchi e poi dare il terreno agli scalatori per attaccare e tentare di ricucire lo strappo.
Dopo la cronometro ci sarà il primo giorno di riposo, seguito dalla Scandiano – Viareggio di 190 Km. I corridori approderanno in Versilia, ma i velocisti dovranno stare attenti alla prima parte della tappa che porterà fino agli oltre 1500 metri di quota del Passo delle Radici. Attenzione anche al dente di Monteperpoli, subito dopo la fine della discesa. Gli ultimi 70 Km pianeggianti potranno servire alla squadre dei velocisti per chiudere sulla fuga che sicuramente si formerà.
Anche la tappa che porta da Camaiore a Tortona si presenta adatta ai velocisti, ma prevede alcune asperità abbastanza agevoli che andranno però affrontate con attenzione. Gli ultimi 30 Km, tutti in falsopiano discendente, saranno velocissimi.
La Bra – Rivoli farà da antipasto al primo tappone alpino. Nella fase centrale di questa frazione, dopo una prima parte collinare, si percorre la Pianura Padana. Nel finale, invece, ci sarà da affrontare Colle Braida a 1000metri di altitudine, con pendenze abbastanza severe in alcuni tratti. Da lì però mancheranno 28 Km alla conclusione e per questo motivo l’epilogo più probabile è l’arrivo di una fuga con i big coperti in vista del tappone dell’indomani.
La tredicesima tappa sarà il primo tappone da 5 stelle di difficoltà, la tappa della Cima Coppi che sarà posta ai 2469 metri del Colle del Gran San Bernardo al termine di una salita di quasi 35 Km e poco meno di 2000 metri di dislivello. Gli ultimi 10 Km sono i più difficili, con una pendenza media del 7,6%. Anche in questo ultimo difficile tratto, le pendenze sono regolari, sempre tra il 7 e il 9%, con brevissimi tratti appena sopra la doppia cifra, ma la difficoltà di questa salita sta nella sua lunghezza infinita e nel fatto che si pedalerà per diversi chilometri oltre i 2000 metri di quota.
Attenzione poi alla salita che porterà ai 2100 metri della Croix de Coeur; fino a Verbier la salita è abbastanza conosciuta ed è stata percorsa anche dal Tour de France ma, in questo caso, non ci si fermerà nella rinomata località invernale, ma si proseguirà fino ai 2174 metri di quota con dure inclinazioni. E’ infatti proprio da Verbier che i corridori incontreranno le pendenze più severe: 3 Km alla media del 9,1% e 4 Km alla media del 10,3% con punte al 13%. Non bisogna comunque dimenticare che il tratto fino a Verbier presenta anch’esso pendenze non trascurabili, anche se meno severe. In tutto, si tratta di 15 Km di salita con una pendenza media che sfiora il 9% e, dopo la lunghissima salita alla Cima Coppi, potrebbe fare gravi danni. La strada dopo Verbier fino a poco tempo fa versava in condizioni disastrate, assolutamente inadatte ad una corsa ciclistica, ma l’inserimento nel percorso lascia intendere che la strada sarà sistemata per consentire il passaggio della corsa . Terminata la discesa verso Riddes un tratto pianeggiante di oltre 20 Km porterà ai piedi della salita finale verso la località sciistica di Crans Montana. Si tratta di un’ascesa regolare ma costante, sempre tra il 7% ed il 9% per 13 Km e, benché sia la meno dura delle tre, potrà comunque lasciare il segno, specialmente se le salite precedenti saranno state affrontate a ritmi elevati o, ancor meglio, se saranno state teatro di attacchi da lontano. Gli oltre 20 Km pianeggianti tra la Croix de Coeur e la salita finale scoraggiano in realtà l’azione da lontano, tuttavia la frazione è durissima e il chilometraggio supera i 200.
Il giorno successivo è prevista una tappa per velocisti, ma occhio al Passo del Sempione che, seppure collocato nella prima parte della tappa prima di un lunghissimo tratto pianeggiante, è comunque posto a quota 2000 e, dopo una tappa come quella del giorno precedente, potrebbe presentare il conto a qualche velocista. Il finale poi non è proprio un tavolo da biliardo per cui, se una fuga riuscisse ad arrivare negli ultimi 20 km con un buon vantaggio, i giochi potrebbero non essere ancora fatti.
La seconda settimana si concluderà con la difficile tappa Seregno-Bergamo, che prevede tre salite e tutte toste. La prima sarà la durissima ascesa verso Valcava, con pendenze severe, poco prima di metà gara i corridori affronteranno quella di Selvino, anch’essa nota agli appassionati ed inserita in passato nel percorso del Giro di Lombardia, ed infine quella di Valpiana a 30 Km dalla conclusione. L’ultima asperità presenta una parte centrale sempre intorno all’8/9% con un tratto di un chilometro e mezzo al 10% medio e punte al 17%. Attenzione perché nel finale ci sarà ancora la possibilità di una stoccata sullo strappo verso la Città Alta, prima di ridiscendere verso l’arrivo in un finale che ricalca quello dei molti giri di Lombardia che si concludono qui.
Dopo il secondo giorno di riposo, la durissima terza settimana si apre con il secondo tappone da 5 stelle di questo giro, da Sabbio Chiese al Monte Bondone, quasi 200 Km con 5 Gran Premi della Montagna. I primi due sono molto vicini e, dopo il durissimo Passo di Santa Barbara, ci sarà lo strappo che porterà a Passo Bordala. Subito dopo la discesa si risalirà immediatamente verso il GPM di Matassone, quindi, dopo una discesa spezzata da un tratto in contropendenza, si andranno a scollinare i 1250 metri di Serrada. Tra la fine di questa discesa e l’inizio della salita finale ci saranno 10 Km pianeggianti. La battaglia probabilmente esploderà sulla salita finale verso il Monte Bondone che, dal versante di Aldeno, presenta un significativo chilometraggio (21 Km) e due tratti a forti pendenza: il primo in partenza di circa 3 Km al del 9% ed il secondo da metà salita fino ai -2 di ben 8 Km con un’inclinazione media superiore all’8% e punte al 15%. Sarà verosimilmente proprio nel tratto di pendenza massima, posto a 6 Km dall’arrivo, che si potranno creare distacchi tra i favoriti.
La tappa da Pergine Valsugana a Caorle sarà completamente pianeggiante e sarà riserva di caccia per i velocisti rimasti in gara.
Dopo la pausa in pianura, ecco un’altra tappa di montagna bella tosta. Dopo la lunga salita verso Passo della Crocetta e il dente di Pieve d’Alpago, i corridori dovranno affrontare un durissimo finale, con tre salite di fila senza tratti di respiro in mezzo. Il GPM di Forcella Cibiana, pur essendola terzultima salita, sarà scollinato a soli 26 Km dalla conclusione. Il punto chiave sarà però la salita inedita verso Coi. Gli ultimi 3 Km e mezzo presentano una pendenza media in doppia cifra, con un picco del 19%. Si scollina a 5 km dalla conclusione, ma c’è ancora spazio per l’ultimo strappo di 2,7 Km verso l’arrivo di Zoldo alto, non molto duro che presenta tuttavia un passaggio al 10%. I giochi qui si faranno nel tratto duro della salita verso Coi, ma non è escluso che qualcuno voglia provare l’azione sul Cibiana, dato che la distanza dall’arrivo lo consente.
L’ultima frazione di montagna in linea è un classico tappone dolomitico con salite storiche. Dopo la partenza da Longarone per ricordare la tragedia del Vajont, si dovranno percorrere 182 chilometri affrontando cinque leggendarie salite. Si pedalerà nella storia attraverso Campolongo, Valparola, Giau, Tre Croci e il finale sulla terribile ascesa che porta ai 2304 metri del Rifugio Auronzo ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, superando per tre volte i 2000 metri. E’ davvero superfluo spendere parole per queste salite arcinote agli appassionati che regaleranno senz’altro grande spettacolo e battaglia senza esclusione di colpi, ma non è ancora finita. Dopo il tappone dolomitico, infatti. ci sarà ancora spazio per ribaltare la classifica in una tappa contro il tempo che presenterà la salita che, sotto il profilo delle pendenze, è la più dura del giro. L’ascesa di Monte Lussari presenta fondo sterrato e pendenze da ribaltamento, basti pensare che nei primi 5 Km (in tutto misura 7.5 Km) la media supera il 15%, mentre le massime toccano il 22%. Dopo circa 1 Km di respiro c’è nuovamente un tratto estremamente duro in cui, per la seconda volta, la strada sarà inclinata al 22%.
La tappa misura in totale 18 Km con un primo tratto pianeggiante ma qui le differenze si faranno su questa inedita e durissima salita.
La tappa finale sarà una passerella sulle strade di Roma per incoronare il vincitore dell’edizione 106.
Il percorso offre occasioni per dare spettacolo ma, come sempre, toccherà ai corridori non deludere le aspettative degli appassionati che non vedono l’ora che arrivi il 6 maggio 2023

Benedetto Ciccarone

Il santuario costruito sulla sommità del Monte Santo di Lussari (www.borghistorici.it)

Il santuario costruito sulla sommità del Monte Santo di Lussari, sede d'arrivo della penultima tappa(www.borghistorici.it)

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