DELFINATO STORY: VALMOREL 2013

giugno 7, 2020 by Redazione  
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Concludiamo la nostra rassegna sulle edizioni del recente passato del Criterium del Delfinato con la tappa di Valmorel del 2003, quando questo traguardo fu “inaugurato” con il primo dei tre successi nella corsa transalpina di Chris Froome

A VALMOREL MUOVE BENE CHI MUOVE ULTIMO. IN FRANCIA TORNA IL CICLISMO DELLA NOIA

Su un tracciato scontato, torna alla ribalta il trenino Sky e con esso il trionfante Froome, ormai favoritissimo per il Tour. Valverde ci prova “da lontano” (virgolette d’obbligo) e mostra un buona gamba, Contador attende il finale per una zampata d’orgoglio che gli si ritorce contro.

Ci eravamo abituati bene, tra Tirreno e Giro. Tappe mosse, agguati, tensione alle stelle, imprevisti atmosferici: di fronte al variegato menù di un ciclismo a tutto tondo, l’approccio Sky aveva dimostrato tutta la propria monodimensionalità, e di conseguenza aveva finito per apparire inadeguato.
Nell’amica terra di Francia, sotto il benevolo stendardo dell’ASO, torniamo invece a quelle dinamiche che già avevano imposto pomeriggi comatosi agli appassionati, con la lugubre processione in nero a scorrazzare il gruppo per monti e valli, salvo risicati scattini dell’ultimo chilometro.

Il copione non cambia verso Valmorel. Se ne va fin dal mattino una fuga, nella quale segnaliamo solo Imanol Erviti della Movistar per il ruolo tattico che andrà a svolgere, e poi per la loro intraprendenza nella salita finale l’eritreo Teklehaimanot, tornato in gruppo dopo un interminabile periodo senza corse per problemi di visto, Tim Wellens, giovanissimo atleta della Lotto, e Matthew Busche, ormai maturo corridore statunitense della Radioshack che, senza aver mai troppo brillato in carriera (a parte il jolly pescato a un campionato nazionale), oggi è andato vicinissimo al bersaglio grosso. Durante la giornata si alternano al lavoro in testa al gruppo, oltre alla Garmin del leader (che non è Froome, ma per pochi secondi il giovanissimo pistard Rohan Dennis), si distinguono in testa al gruppo la Katusha, per Dani Moreno, scopriremo poi, e la Movistar, particolarmente pimpante.

Le dinamiche della fuga sull’ascesa finale, prima delle quale non accade nulla degno di nota, vanno a suggerirci quale sarà il leit motiv della giornata: chi prima attacca, nulla stringe.

Dalla fuga prende il largo un terzetto, dove Teklehaimanot si impone come il miglior scalatore, rispetto a un egregio passista come Rabon e a uno spento Huzarski della Net App. A breve però appare dalle retrovie Wellens, che tira dritto a pieno ritmo, mentre alla sua ruota resiste, non per molto, il bravo eritreo. Anche Wellens tuttavia finirà per vedersi rimpiazzato come eroe solitario da Busche, pure lui emerso dai rimasugli della fuga che sembravano ormai attardati senza speranza.

La morale della favola è probabilmente che tira vento, che l’ascesa prevede strade larghe e rettilinee, ingannevoli, e che quindi stare in avanscoperta sia più dispendioso del previsto.
La controprova può essere, dietro, la strenua quanto improbabile resistenza di Dennis fino agli ultimi 2-3km, macinando nella pancia del gruppo un rapportone degno di un Honchar dei tempi d’oro.

Rispetto al cadenzato rullo di tamburi Sky, gli unici guizzi di ingenio sono quello di Egor Silin dell’Astana, probabilmente per fare da ponte, di esigua durata ed effetti insignificanti, a una decina dall’arrivo; e quello, ben più stimolante, di Alejandro Valverde intorno ai -7km, la cui squadra ha per lo meno il merito di aver cercato di imbastire una parvenza di gioco tattico, visto che Erviti (staccatosi dai compagni di fuga per scelta, ovvero per recuperare le forze), al momento di essere ripreso si spreme alla morte per offrire a Valverde un po’ di copertura. Ci sarebbe voluto più coraggio da parte di altri attori, per allearsi al murciano. Fuglsang, Taaramae o De Clerq, assiepati nel gruppetto, avrebbero poco da perdere e tutto da guadagnare

Ma non c’è verso. La noia impera, con i vari Lopez, Kyrienka, Thomas, Kennaugh a scandire il passo uno dopo l’altro (nemmeno “a turno”), come una bomba a razzo formata da più stadi per disegnare matematicamente una traiettoria letale.
Il vantaggio di Valverde si assesta sui 15-20” mentre dietro il gruppo si assottiglia, con la Sky sempre dominante, ma con anche la Saxo-Tinkoff in bello spolvero, con Contador, Jesús Hernándes e l’immarcescibile Michael Rogers. Perché non inventarsi qualcosa alla maniera della Movistar?
Infine ecco il turno di Porte: Valverde è riuscito quasi a isolare Froome, ma ai -2,5km decide di desistere, e viene riassorbito.

Ai -1500m ci prova Contador, provocando un immediato sparpaglio. Ma è imminente la flamme rouge, che tanto potere ha nel rianimare Chris Froome (apparso orribile nel viso e nelle movenze durante tutta l’ascesa come se patisse le pene dell’inferno: un nuovo attore da Oscar, o da Razzies, come già Thomas Voeckler?). Il capitano della Sky parte in progressione, si riporta su Contador, lo porta al gancio, e poi se lo scolla di ruota nel finale con un’altra brutale accelerazione.

Contador fa secondo, appaiato con Busche (l’avevamo dimenticato lì davanti, ma l’americano ha retto in testa fino alle ultime centinaia di metri), quarto è Valverde a una decina di secondi da Froome. Porte arriva nei dieci, a neanche mezzo minuto, e consolida la seconda piazza in generale, in vista di una di quelle doppiette che alla Sky piacciono tanto ma che nondimeno hanno un sapore terribilmente inquietante. Specialmente se i componenti di queste accoppiate dimostrano la loro classe solo un’annata qua e una là, una corsa qui e una là (Porte ha solo due mesi meno di Nibali, non è più una giovane promessa o un novellino, eppure finora non ha vinto granché, dopo la maglia bianca al Giro).

Un’altra triste riflessione si impone: Valverde ha azzardato l’attacco su un terreno che, a giudicare dalla dinamica di corsa, era particolarmente penalizzante per le mosse offensive. Pure così, è giunto terzo, tolto l’uomo in fuga dal mattino, a un pugno di secondi. Viene da chiedersi se, standosene comodo a ruota, non avrebbe potuto reggere fino alla fine e poi far valere il proprio spunto. Per fortuna nostra, ha scelto una strategia più interessante: il rischio è che ciò si trasformi in una lezione negativa, in un ulteriore invito a un gruppo già di per sé assopito affinché si aspetti tutti assieme appassionatamente la fine della gara.
Il problema è che finché si corre sui binari, vincono i treni.

Deludono molto anche le formazioni che, in parte inaspettatamente, piazzano più uomini nel selezionato gruppetto di una decina tra i migliori: la Cofidis con Taaramae e Dani Navarro, la Saxo di cui già si è detto. Che senso ha non provare nulla? Pesa forse la lotta per i punti Pro Tour, meglio due atleti ben messi che uno solo a scalare di una posizione grazie al sacrificio dell’altro. Certo che così andiamo a rivivere i tempi armstronghiani in cui i primi alleati della maglia gialla erano coloro che difendevano il proprio secondo, terzo, quarto posto, anche a discapito delle proprie pur lontane speranze di vittoria finale… a meno che, naturalmente, a quei tempi già non fosse chiarissimo che la vittoria finale era bella che assegnata fin dal via, per cui meglio proteggere i piazzamenti di rincalzo. Speriamo che non sia più quello il caso.

Vero, il percorso proprio non aiutava, né sarà troppo più entusiasmante in luglio, al Tour. Certo che però finché si esegue lo spartito prevedibile e programmato, la gara si avvicina sempre di più a una competizione tra ergometri, watt contro watt. E come ha dimostrato la cronometro di ieri, la squadra che ha più watt da scaricare sui pedali è una sola.

Gabriele Bugada

Il successo di Froome a Valmorel (foto ASO)

Il successo di Froome a Valmorel (foto ASO)

DELFINATO STORY: COURCHEVEL 2014

giugno 6, 2020 by Redazione  
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Oggi vi parliamo della vittoria a sorpresa dello statunitense Andrew Talansky nell’edizione 2014 del Delfinato, conquistata per appena 27 secondi dopo una fuga di 120 Km che gli permise di togliere le insegne del primato ad Alberto Contador

DELFINATO, IL FROOME CHE NON TI ASPETTI (E TALANSKY…)

Con una fuga di 120 km, l’americano soffia per 27’’ il Delfinato ad Alberto Contador, vestitosi di giallo appena ventiquattro ore fa. Vana la grande rimonta dello spagnolo sulle ultime due ascese. Froome crolla, perdendo oltre cinque minuti. Il successo di tappa va a Mikel Nieve, unica nota positiva di una giornata nera per l’armata Sky. Segnali negativi da Vincenzo Nibali, in netta difficoltà sulla salita finale.

Uomini da podio in fuga per tutto il giorno, contrattacchi illustri, crisi insospettabili, giochi di squadra, tattiche folli e, a coronare il tutto, un cambio di leadership all’ultimo giorno di corsa, per una manciata di secondi: occorrerà qualcosa di eccezionale per soffiare all’ottava frazione del Giro del Delfinato il titolo di tappa dell’anno, e serviranno con ogni probabilità vetrine più prestigiose. Dopo il colpo di scena di ieri, con Froome per la prima volta spodestato da un avversario diretto in salita negli ultimi diciotto mesi, era difficile immaginare che l’ultima giornata di corsa, sulla carta meno impegnativa per altimetria e chilometraggio, potesse far impallidire la precedente; ipotizzare che la maglia gialla potesse cambiare di nuovo padrone era ancor più azzardato, specie alla luce dei cerotti ben visibili sul corpo dell’ex capoclassifica, dopo la caduta di venerdì; pensare che il primato potesse addirittura uscire dal binomio Contador-Froome sembrava qualcosa di molto prossimo ad un delirio.
L’impossibile si è invece concretizzato per merito di Andrew Talansky, 25enne nativo di una terra non esattamente nota come fucina di scalatori (Miami, Florida), ma già dimostratosi grimpeur (e non solo) di spessore con il 7° posto alla Vuelta 2012, seguito dal 10° al Tour del 2013. Terzo in classifica al via, staccato di 39’’ da Contador e già capace di battere Froome ad Emosson, l’americano si è giocato il tutto per tutto lanciandosi in avanscoperta sulla Côte de Domancy, la rampa del leggendario Mondiale di Sallanches, a 115 km dal traguardo di Courchevel, imbucandosi in una maxi-fuga insieme a Hesjedal, Huzarski, Trofimov, Van Garderen, Koren, Ligthart, Gallopin, Van den Broeck (5° in classifica), Lopez, Nieve, Porte, Kangert, Westra, Navarro, Bagot, Yates (10° stamane), Anton, Gadret, Bardet (7°), Péraud, Gougeard e Voeckler. Un’azione extra-large che sarebbe stata probabilmente stroncata in culla dal Team Sky, se la maglia gialla fosse stata ancora sulle spalle del suo leader; la modesta Tinkoff-Saxo schierata da Riis al Delfinato, invece, non ha avuto né la forza né la prontezza di fare altrettanto, permettendo ai battistrada di acquisire addirittura un margine di tre minuti e mezzo sulle prime rampe del Col des Saisies. Vantaggio troppo cospicuo, per una fuga con troppi uomini – e troppo forti – per poter essere ormai addomesticata.
A produrre l’estremo tentativo di riportare la corsa nei ranghi è stata così la Sky, che, sulla salita che nel 2000 vide l’ultimo disperato assalto del Pirata al Tour, ha setacciato il gruppo fino a ridurlo ad appena 17 unità: Froome, Kiryienka, Pate, Thomas, Nibali, Fuglsang, Contador, Maté, Chérel, Gastauer, Reichenbach, Atapuma, Moreno, Bakelants, Kelderman, Keizer e König. Al drappello si sono aggiunti, nel tratto di fondovalle, Westra e Porte, richiamati dalle rispettive ammiraglie, che hanno contribuito a ridurre il margine fino ad un minuto circa, ad una trentina di chilometri dalla conclusione, con le ultime due salite di giornata ormai in vista.
È stato allora che la corsa, già godibilissima ma apparentemente avviata a rientrare su binari più tradizionali, è invece definitivamente impazzita: dopo un delirante attacco di Richie Porte, Chris Froome ha provato a sorprendere Contador in un tratto pianeggiante, venendo stoppato con prontezza dalla maglia gialla; Nibali ha quindi approfittato della fase di stallo successiva per avvantaggiarsi, in compagnia di Fuglsang e Kelderman. I due favoriti hanno allora inscenato una marcatura a uomo reciproca che ha riportato alla mente quella fra Schleck e lo stesso Contador al Tour 2010, quando il margine dei due nei confronti degli avversari era però sufficientemente cospicuo da rendere i secondi regalati quasi ininfluenti. Con la classifica ben più corta di oggi, invece, i chilometri di tentennamento che hanno consentito al vantaggio dei battistrada di risalire fin quasi a tre minuti si sono invece rivelati decisivi, malgrado la rimonta che la maglia gialla avrebbe di lì a poco inscenato.
Sulle prime rampe della Côte de Montagny, infatti, Contador ha approfittato di uno spartitraffico per sorprendere il trenino Sky con uno scatto secco, al quale Froome, come ieri, non ha replicato. Ma se ventiquattro ore fa il britannico aveva comunque saputo limitare i danni, reagendo anche in prima persona all’ultimo chilometro, la mancata risposta di oggi è stata invece il primo sintomo di una piena crisi, manifestatasi in tutta la sua gravità quando il kenyano bianco ha iniziato a faticare a seguire il ritmo di Porte e Thomas. Da lì all’arrivo, il distacco del campione uscente non avrebbe fatto che aumentare, sia rispetto ai fuggitivi, sia rispetto ad un Contador la cui azione, benché insufficiente a riprendere il Delfinato, ha comunque testimoniato una differenza di passo rispetto al rivale impronosticabile fino a pochi giorni fa.
In corrispondenza del GPM, i resti del gruppetto di testa potevano gestire una quarantina di secondi sul drappello di Nibali, capace di dimezzarli nella successiva breve discesa, e un minuto e dieci sul capoclassifica, il cui ritmo lasciava immaginare che la leadership virtuale di Talansky avesse i chilometri contati. Sulle rampe verso Courchevel (solo fino a Le Praz, sede del trampolino olimpico del 1992, a metà circa della strada tre volte battuta dal Tour de France), la remuntada si è però man mano spenta, fino a vedere il gap tra i leader e il Pistolero risalire nei chilometri finali, quando davanti impazzava la lotta per il successo di tappa.
Con Talansky stremato dal lavoro prodotto negli ultimi venti chilometri, con la collaborazione soltanto parziale di Bardet e Van den Broeck, ad involarsi verso il successo parziale è stato ironicamente Mikel Nieve, unico uomo Sky non fermato per assistere il capitano in tilt, a certificare lo stato di forma ottimale del cast di supporto. Bardet e Yates hanno anch’essi distanziato l’americano, soffiandogli un abbuono che rischiava di risultare decisivo. Il comprensibile appannamento dell’azione di Contador sulle ultime rampe ha però fatto sì che il margine dello yankee si assestasse, all’arrivo, a 1’06’’: il recupero, a conti fatti, era stato sufficiente a sventare gli assalti di Van den Broeck e Kelderman – rispettivamente 3° e 4° della graduatoria finale -, ma non a conservare la maglia gialla tanto agognata nei giorni scorsi.
Se il bilancio di oggi è negativo per il madrileno in termini di classifica, lo scenario cambia però completamente guardando più avanti, al Tour de France: tra i pretendenti alla maglia gialla parigina, lo spagnolo è apparso nettamente più pimpante sia rispetto ad un Froome straripante nei primi due giorni ma in picchiata negli ultimi due, sia ad un Nibali apparso in leggera crescita fino a ieri, ma pessimo quest’oggi, con oltre un minuto lasciato sull’ascesa conclusiva a Kelderman, che l’aveva approcciata con lui.
Il grande sconfitto di giornata, più di chi ha perso la maglia gialla, è dunque il kenyano bianco: il passivo di giornata ha superato alla fine i 5’, e la classifica generale parla addirittura di un mesto 12° posto, alle spalle anche di Bardet, Yates, Nibali, Nieve, Navarro, Fuglsang e König. I postumi del capitombolo di venerdì possono rappresentare una giustificazione, e difficilmente una situazione di corsa tanto anarchica potrà ripetersi sulle strade della Grande Boucle; ma se dodici mesi fa lo strapotere ostentato al Delfinato fu poi ribadito in maniera altrettanto perentoria al Tour, è indubbio che l’avvicinamento all’appuntamento più importante, quest’anno, sia stato decisamente meno trionfale.

Matteo Novarini

Andrew Talansky lanciato verso la maglia gialla (foto Tim de Waele/TDW Sport)

Andrew Talansky lanciato verso la maglia gialla (foto Tim de Waele/TDW Sport)

DELFINATO STORY: VALFRÉJUS 2015

giugno 5, 2020 by Redazione  
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Ecco il racconto di un’altra vittoria del keniano bianco al Delfinato. Nel 2015 Froome domina e fa sue le ultime due frazioni della corsa transalpina, prima quella di Saint-Gervais Mont Blanc e poi quella conclusiva di Valfréjus, anche se il suo vantaggio finale sul secondo classificato sarà di appena 10 secondi

ANCORA SUPER-FROOME: TAPPA E DELFINATO

Il keniano bianco bissa il successo di Le Bettex, imponendosi anche a Valfréjus e sfilando la maglia gialla a Tejay Van Garderen all’ultima tappa. Vana la resistenza dell’americano, che viene passato nel finale anche da Yates e Rui Costa. Il portoghese sale sul podio, davanti a Intxausti e allo stesso australiano, maglia bianca di miglior giovane. Nibali si sacrifica per Scarponi, al quale non viene però lasciato spazio sull’ascesa finale.

Non c’era bisogno di aspettare il Giro del Delfinato per sapere che Chris Froome ha tutte le carte in regola per puntare al secondo successo al Tour de France, ma non si può restare indifferenti di fronte alle prove di forza con cui il keniano bianco, rimediando alla prova scadente del Team Sky nella cronosquadre di martedì, ha rimontato e scavalcato Tejay Van Garderen. Dopo l’assolo di Le Bettex, che lo aveva portato a 18’’ dall’americano, Froome si è ripetuto oggi in maniera forse ancor più convincente, sulla salita tutt’altro che proibitiva di Valfréjus.
Come ieri, Van Garderen non ha perso di vista per un istante il rivale, ma ancora una volta la progressione di Froome, anche oggi inscenata in maniera più classica e meno inguardabile rispetto alle usuali frullate, si è dimostrata fuori dalla portata dello statunitense, costretto anzi ad incassare la rimonta finale di Yates e Rui Costa. Troppa la differenza tra i due, emersa in maniera via via più evidente con il passare delle tappe.
Il controllo della frazione è gravato ancora una volta più sulle spalle del Team Sky che su quelle degli uomini della maglia gialla, e non si è trattato di un compito banale. Sin dalle battute iniziali, secondo costume di questo Delfinato e, in generale, secondo una gradita tendenza degli ultimi tempi (Giro docet), gli attacchi sono stati numerosi e insistiti, e a fermarli non è bastato nemmeno il via libera concesso dal gruppo ad un drappello formato da Kelderman, Izagirre, Pires, Quéméneur, Sicard, Timmer e Cummings. Gautier, Smukulis e Tony Martin si sono infatti mossi al contrattacco, riportandosi in breve sulla testa della corsa, imitati qualche chilometro più tardi da Boom, Simon e De Clercq. Vano, invece, l’ulteriore tentativo di Grivko, Vicioso, Salero, Cherel e Vuillermoz, partiti quando il vantaggio dei leader era già superiore ai 2’.
Gli uomini in nero non hanno lasciato spazio all’azione, tenendo il distacco sempre al di sotto dei quattro minuti e cominciando a ridurlo sensibilmente a partire dalla scalata ai Lacets de Montvernier, spettacolare novità (a dire il vero non durissima) che verrà riproposta al Tour, purtroppo non proposta in tv dalla regia francese, collegatasi cinque minuti troppo tardi. Davanti, a quel punto, si trovava già il solo Tony Martin, avvantaggiatosi nella discesa della Côte de Saint-Georges-d’Hurtières e in piene prove generali per il Tour, quando la quasi totale assenza di cronometro lo obbligherà a cercar gloria con uno dei suoi assoli.
Il test del tedesco si è esaurito poco prima di approcciare la Côte de Saint-André, sulla quale al comando gli è subentrato Cummings. La stessa ascesa, pur molto agevole, ha segnato anche l’apertura delle ostilità nel gruppo dei migliori, grazie a Valverde. La selezione è stata giocoforza limitata, ma il murciano, evidentemente in caccia di risposte dal suo fisico più che della vittoria, ci ha riprovato con miglior esito nella successiva discesa, guadagnando una quindicina di secondi e percorrendo così in solitudine il lungo falsopiano verso Modane e l’imbocco della salita finale.
A riportare il gruppo sullo spagnolo ha provveduto nientemeno che Vicenzo Nibali in persona, oggi in veste di gregario di lusso del fido Scarponi, che ha percorso a tutta i chilometri più agevoli della salita, prima di lanciare l’azione del marchigiano all’inizio del tratto più impegnativo.
Trovandosi costretto a contare anche sugli abbuoni per colmare il distacco da Van Garderen, Froome non ha potuto concedere spazio ad un avversario pur lontanissimo in classifica come Scarponi, il cui destino è toccato poco dopo anche ad un Purito Rodriguez che ha finalmente offerto segni di vita. In testa, sotto l’impulso di Poels, rimanevano a quel punto soltanto 9 corridori, otto dei quali in attesa della mossa di Froome.
Lo scatto a lungo atteso è arrivato a 2600 metri dal termine, e da subito è parso chiaro che Van Garderen avrebbe faticato non poco a difendere le insegne del primato, perdendo immediatamente la scia del rivale. Il distacco si è stabilizzato per circa un chilometro intorno ai 10’’, prima che l’azione di spalle sempre più marcata dello statunitense preannunciasse la chiusura dei giochi a favore di Froome. Yates e Rui Costa sono piombati sulla maglia gialla, aiutandolo da un lato a limitare il distacco, ma privandolo di quegli abbuoni che in teoria avrebbero potuto ancora giocare un ruolo fondamentale nella difesa del primato.
Il divario, al traguardo, si è assestato proprio su quei 18’’ che separavano i duellanti alla partenza, ma i 10’’ di abbuono conquistati del britannico hanno risolto la questione, consegnandogli il secondo Giro del Delfinato in carriera. Una vittoria meno perentoria di quella che due anni fa fu il prodromo del dominio al Tour, ma ugualmente significativa, alla quale vedremo se e come Contador e Quintana risponderanno alla Route du Sud.
Van Garderen, preceduto sul traguardo da Yates e Rui Costa, ha ovviamente chiuso 2°, mentre il portoghese ha soffiato per 5’’ ad Intxausti (10° a 44’’ oggi) il gradino più basso del podio. Per l’australiano è arrivata invece la doppia soddisfazione della top 5 e della maglia bianca, strappata con pieno merito al ben più quotato Bardet (6° in classifica generale). I primi dieci vengono completati da Daniel Martin, Rodriguez, Valverde e Talansky, con il murciano chiaramente più preoccupato di testarsi che della classifica. Stesso discorso per Nibali, 12°, che, a fronte di un piazzamento finale peggiore, ha però impressionato maggiormente quando si è provato a fondo.
Ragionando in ottica Tour, è d’obbligo ricordare come la storia del Delfinato inviti a prendere ogni indicazione con le pinze: da Indurain che trita avversari prima di fallire clamorosamente l’assalto al sesto Tour al sorprendente Talansky dell’anno passato, passando per un Mayo che sembra minacciare il trono di Armstrong e Valverde che si candida alla maglia gialla, sono innumerevoli gli esempi di edizioni contraddette poi in maniera radicale dei verdetti della Grande Boucle. La sensazione, però, è di trovarsi di fronte ad un Froome in un formato prossimo a quello migliore, anche se probabilmente al di sotto del corridore ingiocabile ammirato due anni fa. Soltanto un’altra prima settimana sciagurata potrà levare il britannico dal novero dei pretendenti alla maglia gialla più prestigiosa.

Matteo Novarini

Froome mette i sigilli sul Giro del Delfinato imponendosi anche a Valfréjus e ribaltando proprio allultimo la classifica generale (foto Getty Images Sport)

Froome mette i sigilli sul Giro del Delfinato imponendosi anche a Valfréjus e ribaltando proprio all'ultimo la classifica generale (foto Getty Images Sport)

DELFINATO STORY: VAUJANY 2016

giugno 4, 2020 by Redazione  
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Il 2016 è l’anno della terza vittoria di Chris Froome al Delfinato, che vede il britannico prevalere per pochissimi secondi sul francese Romain Bardet e sull’irlandese Daniel Martin. Riviviamo la quinta tappa di quell’edizione, che vide il passaggio di consegne in testa alla classifica tra lo spagnolo Alberto Contador e Froome

FROOME-CONTADOR: SECONDO ATTO AL BRITANNICO

Tappa e maglia per il britannico a Vaujany, nel primo appuntamento alpino del Giro del Delfinato. Richie Porte è l’unico a reggere il suo ritmo, cedendo soltanto allo sprint. Paga invece 21’’ Contador, che dopo aver vanamente tentato di resistere si vede battuto anche da Adam Yates e Daniel Martin. Froome guida ora la generale con 7’’ su Porte e 27’’ sul madrileno.

Dopo il terzo posto del prologo, nel quale in soli 4 km aveva reso 13’’ a Contador, per Chris Froome è arrivata una sonora rivincita nel primo atto del trittico alpino del Delfinato, sulla breve ma aspra salita di Vaujany: vittoria di tappa, maglia gialla, e soprattutto il pareggio nel duello con lo spagnolo, vero motivo di interesse della corsa francese.
L’azione decisiva è cominciata a 2 km e mezzo dal traguardo, quando il gruppetto dei migliori aveva da poco neutralizzato, grazie al forcing di Roman Kreuziger, il primo attacco eccellente, portato da Mikel Landa. Il basco si era mosso dopo un chilometro circa di salita, lanciato dal classico trenino Sky, sostituitosi in testa al gruppo alla FDJ e alla Tinkoff, a lungo in controllo del plotone. Davanti restavano ancora i cinque componenti di una fuga nata a metà percorso: Cyril Gautier, Dayer Quintana, Bartosz Huzarski, Enrico Gasparotto e Andriy Grivko, quest’ultimo evaso da un foltissimo drappello che aveva animato la corsa sul Col de Barrioz (oltre all’ucraino, ne facevano parte Poels, Van Avermaet, Kiserlovski, Kreuziger, Morabito, Reichenbach, Bakelants, Vuillermoz, lo stesso Gautier, Keukeleire, Marczynski, Boasson Hagen, Cummings, Teklehaimanot, Hesjedal, Pedrero, Voeckler, Slagter, Coppel, Thurau, Voss, Grmay, Pibernik e Tiralongo). Gli altri quattro attaccanti si erano riportati su di lui in un secondo momento, dando vita ad un tentativo che non ha comunque mai assunto proporzioni significative, e che ai piedi dell’ascesa conclusiva era di fatto già spacciato.
Sulle prime rampe, Gasparotto ha avviato una progressione che lo ha lasciato ben presto solo al comando, senza però poter resistere più di 2 km abbondanti al ritorno di Landa.
A 3 km e mezzo dalla conclusione, il basco si è così ritrovato solo al comando, senza però riuscire a dilatare il suo vantaggio oltre il centinaio di metri. È bastato così il contrattacco di Daniel Martin, ai -3, per neutralizzare la sua azione.
In scia all’irlandese si mantenevano la sagoma gialla di Contador, quella a pois di Porte, e quella nera di un uomo Sky; si trattava però di Sergio Henao, e non di un Chris Froome rimasto attardato di qualche metro. Sembrava un campanello d’allarme, e invece quella del britannico si è rivelata una strategia ben precisa: appena completato il rientro, evitando accuratamente cambi di ritmo inutili, Froome ha sferrato a propria volta uno scatto dei suoi, al quale i soli Porte e Contador hanno saputo replicare.
Non pago della selezione operata, al primo affondo il keniano bianco ha fatto seguire subito il secondo, poi un terzo. Porte, dopo aver rinunciato a rispondere ad ogni acceleraizone, è riuscito a rifarsi sotto con un’andatura più regolare; Contador, forse troppo ostinato nel tentare di reagire alle sparate del rivale più temuto, si è invece piantato, perdendo in un amen oltre 10’’.
Buon per lo spagnolo che da dietro stesse rinvenendo Daniel Martin, al quale si è potuto aggrappare nel momento più difficile, che in seguito sia rientrato anche un ottimo Adam Yates, e soprattutto che l’ultimo chilometro e mezzo fosse molto più agevole rispetto ai precedenti, con un tratto addirittura in discesa.
Gli ex compagni di squadra in maglia Sky al comando hanno trovato subito un accordo impeccabile, incrementando così, sia pur moderatamente, il proprio vantaggio fino ai 200 metri finali, quando si è aperta la volata finale. Froome ha preferito affrontarla in testa, lanciando una lunga progressione alla quale Porte ha saputo resistere soltanto fino a 50 metri dal traguardo. Per il nativo di Nairobi è arrivato dunque il quarto successo in stagione, indubbiamente il più significativo in chiave Tour de France.
A Porte è stato attribuito un distacco di 1’’, mentre Yates ha regolato Martin nello sprint per il gradino più basso del podio, a 19’’ dal vincitore. Contador, in evidente affanno, ha perso negli ultimi metri anche le ruote del duo anglo-irlandese, tagliando il traguardo con un passivo di 21’’. Bardet, che in un primo tempo aveva tentato di tenere la ruota di Froome, rendendosi conto dopo poche pedalate dell’impossibilità della missione, ha recuperato a sufficienza da prendersi la sesta piazza, a 25’’, precedendo di 2’’ un drappello comprendente Rolland, Mollema, Meintjes, Alaphilippe, Rosa, Rodriguez e Navarro, e di ulteriori 4’’ Landa. Con il basco si esaurisce, ordine d’arrivo alla mano, l’elenco di chi può ancora nutrire realistiche ambizioni di classifica in questo Delfinato: dal 15° posto di Valerio Conti, infatti, i distacchi si impennano oltre il minuto.
Costretti ad abbandonare qualsiasi sogno di gloria, dunque, anche Fabio Aru e Thibaut Pinot, giunti al traguardo con 1’57’’ e 2’31’’ di ritardo rispettivamente. Per il sardo, la resa odierna implica anche la definitiva cessione dei gradi di capitano a Diego Rosa, ora 7° in classifica generale a 1’08’’ da Froome.
Il britannico ha infatti scalzato Contador dalla vetta della generale, occupata dal madrileno sin dal primo giorno. Il Pistolero, staccato di 27’’ dalla maglia gialla, ripartirà anzi domani dalla terza piazza, preceduto anche da Richie Porte, il cui ritardo è invece di sette miseri secondi. Ancora in lizza anche Martin (37’’), Alaphilippe (42’’) e Yates (52’’), con i due anglosassoni che si sono oggi lasciati preferire.
Il prossimo capitolo del duello Froome-Contador andrà in scena domani, ancora sul palcoscenico delle Alpi: 141 km fra La Rochette e Méribel, con tre GPM di prima categoria, uno di seconda, e l’unico Hors Catégorie di questa edizione, il Col de la Madeleine. Una tappa magistralmente disegnata fino a metà percorso, con il poco conosciuto ma molto ostico Champ-Laurent poco dopo il via, seguito senza soluzione di continuità dal breve ma arduo Grand-Cucheron, prima di dare l’assalto alla salita più dura del Delfinato 2016. La salita di Méribel inizia di fatto in fondo alla discesa della Madeleine, offredo dunque la possibilità di un concatenamento naturale e senza respiro, favorevolissimo ad attacchi da lontano; Thierry Gouvenou e soci, onde minimizzare il rischio del verificarsi di questo scenario, hanno però preferito intercalare fra le due ascese la pedalabile Montée des Frasses, condita da una decina di chilometri di fondovalle sia prima che dopo.
Ciò nonostante, si tratterà della tappa regina del Delfinato, nonché, forse, dell’occasione migliore per provare ad incrinare la supremazia che Froome sembra aver acquisito oggi sulla corsa.

Matteo Novarini

Chris Froome va a cogliere il primo successo di tappa in questo Giro del Delfinato (foto Bettini)

Chris Froome va a cogliere il primo successo di tappa in questo Giro del Delfinato (foto Bettini)

DELFINATO STORY: SOLAISON 2017

giugno 3, 2020 by Redazione  
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Prima dell’edizione dello scorso anno, il danese Jakob Fuglsang si era già imposto nel Delfinato nel 2017, anno nel quale la corsa francese si decise solo all’ultimo giorno di gara, nella tappa con arrivo in salita sul Plateau de Solaison. Riviviamo quella campale giornata

Attacchi e contrattacchi per tutto il giorno nell’ultima tappa della corsa francese. Ne approfitta il danese, che beneficia anche di un attacco da lontano di Fabio Aru, si invola sul Plateau de Solaison e sfila la maglia gialla a Richie Porte. Il sardo chiude quinto in classifica generale.

È solo giugno, ma l’ottava tappa del Giro del Delfinato ha già posto una seria candidatura a corsa dell’anno. Una frazione breve, 115 km appena, che ha visto bagarre su tutte e quattro le salite in programma (Saisies, Aravis, Colombière e Plateau de Solaison, inedito e durissimo arrivo in salita). Battaglia che ha premiato il gioco di squadra della Astana, capace di giocare al meglio la carta dei due uomini di classifica: Fuglsang e Aru, rispettivamente terzo e quarto alla partenza.
Il primo a muoversi è stato il sardo, partito all’inseguimento di Valverde nel tratto iniziale della Colombière. Per il murciano si trattava del secondo attacco di giornata, dopo quello prodotto sul Saisies. Nel mezzo, aveva provato a due riprese anche Chris Froome, sulla prima e poi sulla seconda salita: Richie Porte aveva risposto con prontezza, ma la BMC ne era uscita decimata.
Valverde e Aru hanno guadagnato in breve una quarantina di secondi su una maglia gialla troppo preoccupata di chi era rimasto alla sua ruota per inseguire chi aveva allungato. Daniel Martin ne ha approfittato per contrattaccare, trovando la replica e la collaborazione di Fuglsang e Bardet. Un terzo gruppo, comprendente Meintjes, Buchmann e Contador, si è avvantaggiato in un secondo tempo, mentre Porte e Froome continuavano a studiarsi. A 1 km dalla vetta, Aru, lontano 1’41’’ dal tasmaniano alla partenza, viaggiava ormai a pochi secondi dalla maglia gialla virtuale. È stato allora che Froome ha assestato il terzo scatto di giornata e che ha così messo per la prima volta in difficoltà Porte.
In cima alla Colombière, Aru e Valverde vantavano una trentina di secondi sul gruppetto di Fuglsang, un minuto circa su Contador e compagni, e poco di più su Froome. La maglia gialla non era lontana, ma il britannico del Team Sky ha dimostrato una volta di più di poter ormai considerare la discesa come un terreno su cui far male agli avversari, andando a riprendere i due drappelli che lo precedevano e a dilatare il margine sul capoclassifica.
Aiutato da Kwiatkowski, spedito in fuga al mattino e riassorbito nella discesa della Colombière, il keniano bianco ha neutralizzato anche la coppia di testa dopo pochi metri della salita verso il Plateau de Solaison, quando Porte pagava ormai più di un minuto.
I duellanti hanno inscenato per qualche chilometro una cronoscalata, in cui l’australiano è parso però subito più brillante. Delle difficoltà di Froome si è accorto per primo Daniel Martin, partito all’attacco a 7 km e mezzo dalla conclusione. Tutti hanno cercato di reagire, ma soltanto Fuglsang ha saputo guadagnare la sua scia. E quando, un paio di chilometri più su, il danese si è sbarazzato anche dell’irlandese, è stato chiaro che la sfida per la maglia gialla era diventata fra lui e Porte.
Gli ultimi 5 km, con Valverde e Contador già alla deriva, sono diventati uno spettacolare uomo contro uomo, con le energie di tutti ormai al minimo. Fuglsang e Martin hanno conservato le rispettive posizioni, separati sul traguardo da 12 secondi. Meintjes si è involato da solo verso il terzo posto di giornata, a 27’’ dal vincitore, mentre Buchmann, dopo aver pagato il tentativo di replicare al sudafricano, si è ripreso e ha chiuso quarto, a 44’’. Aru, pur provato dai 30 km di avanscoperta, ha trovato ancora la forza di tagliare il traguardo quinto, a 1’01’’. Un secondo più tardi ha concluso Bardet, mentre Porte ha accusato 1’15’’: esattamente il margine che poteva gestire al via su Fuglsang, premiato però dai 10’’ di abbuono raccolti con il successo parziale.
Il tasmaniano, privato in extremis di un Delfinato che era parso quasi dominare fino a ieri, si può consolare solo con il pensiero della nuova dimostrazione di superiorità nei confronti di Froome, raggiunto e staccato di 21’’ nel finale. Il keniano bianco si ritrova addirittura fuori dal podio, scalzato per un solo secondo da Daniel Martin (1’32’’ contro 1’33’’). Vicinissimo anche Aru, quinto a 1’37’’, ma soprattutto capace di mettere in mostra gambe e volontà che non si vedevano dalla Vuelta di due anni fa.

Matteo Novarini

Fuglsang festeggia sul podio il successo finale (foto Tim De Waele/TDWSport.com)

Fuglsang festeggia sul podio il successo finale (foto Tim De Waele/TDWSport.com)

DELFINATO STORY: VALMOREL 2018

giugno 2, 2020 by Redazione  
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Torniamo indietro nel tempo all’edizione disputata due anni fa, nella quale il britannico Geraint Thomas anticipò di un mese la vittoria al Tour de France imponendosi nel Criterium del Delfinato. La frazione decisiva fu quella terminata a Valmorel

MARTIN VINCE A VALMOREL. THOMAS IN MAGLIA GIALLA

Irlanda, Galles, Inghilterra. Non siamo al Sei Nazioni di rugby ma al Delfinato e questo è il podio della quinta tappa con Daniel Martin (UAE Team Emirates) che batte Geraint Thomas (Sky) ed Adam Yates (Mitchelton Scott) in quel di Valmorel. Thomas è il nuovo leader, probabilmente incontrastato, della breve corsa francese, visto il vantaggio superiore al minuto sui più immediati inseguitori. Domani penultima tappa con arrivo in salita alla Rosière.

La quinta tappa del Delfinato 2018 collega le località di Grenoble e Valmorel per un totale di 130.5 km. Sarà perciò una tappa non lunga ma esplosiva nel finale, visto che l’ascesa finale di una dozzina di chilometri animerà la corsa e saranno gli uomini di classifica a battersi presumibilmente per la vittoria di tappa, così come successo ieri a Lans-en-Vercors dove Julian Alaphilippe (Quick Step) ha messo la sua ruota davanti a quella di gente del calibro di Daniel Martin (UAE Team Emirates), Geraint Thomas (Sky) e Romain Bardet (AG2R). Gianni Moscon (Sky) parte da Grenoble con la maglia gialla di leader e vedremo nel corso della tappa come la formazione britannica gestirà il suo dominio fin qui evidente, visto che tre ciclisti dello squadrone inglese sono presenti nei primi tre posti della classifica generale. Dopo la partenza si formava la fuga di giornata grazie all’azione di nove ciclisti: Edward Ravasi (UAE Team Emirates), Nicholas Edet (Cofidis), Carlos Verona (Mitchelton Scott), Laurens De Plus (Quick Step), Alexis Gougeard (AG2R), Thomas De Gendt (Lotto Soudal), Matteo Fabbro (Katusha), Bruno Armirail (Groupama FDJ) e Dario Cataldo (Astana), quest’ultimo già protagonista nella tappa di ieri. Cataldo transitava in prima posizione sulla Côte de Naysord dopo soli 4 km dalla partenza, mentre Edet si aggiudicava il successivo GPM del Col des Mouillés, posto al km 19,5. Cataldo, alla luce di questi risultati, conservava la maglia a pois della speciale classifica con un vantaggio di 9 punti su Edet. Il lungo tratto di pianura che avrebbe portato i ciclisti ai piedi delll’ascesa finale di Valmorel vedeva il gruppo maglia gialla, tirato dal Team Sky, avvicinarsi sempre più minacciosamente alla fuga, che a 45 km dal termine aveva un vantaggio di poco superiore ai 2 minuti. La Bora Hansgrohe dava manforte alla Sky in testa al gruppo ed il vantaggio della fuga calava vistosamente a poco più di 1 minuto quando mancavano 20 km al termine. A 15 km dall’arrivo il vantaggio della fuga era di soli 30 secondi ed il gruppo, in testa al quale erano arrivati anche gli uomini della Bahrain Merida, sembrava ormai poter rinvenire senza problemi sulla testa della corsa. Il primo fuggitivo ad essere ripreso era Gougeard. In testa restavano Ravasi, Edet e De Plus. Ai meno 8 la Mitchelton Scott si portava in testa al gruppo, sintomo che Adam Yates voleva provare a smuovere le acque negli ultimi chilometri. Edet veniva infine ripreso a meno di 5 km dall’arrivo. Il primo a scattare era Marc Soler (ìMovistar) a 3 km e mezzo dall’arrivo. Alle sue spalle partivano Yates, Thomas e Romain Bardet (AG2R). Ai meno 3 contrattaccava Martin, mentre sembrava in difficoltà la maglia gialla Moscon ed anche Vincenzo Nibali (Bahrain Merida) si faceva sfilare. Thomas scattava a meno di 2 km dall’arrivo ma oramai Martin era imprendibile, involato verso la prima vittoria stagionale. A 4 secondi giungeva Thomas mentre a 15 secondi chiudeva il podio parziale Adam Yates. Thomas è il nuovo leader della classifica generale con 1 minuto e 9 secondi di vantaggio su Damiano Caruso (Team BMC) e Moscon. Domani la sesta e penultima tappa, da Frontenex alla Rosière, è lunga soltanto 110 km ma prevede la scalata di quattro GPM, di cui due “Hors Catégorie”. Lo stesso arrivo in quota alla Rosière, classificato di prima categoria e che sarà affrontato anche al Tour de France al termine di una frazione identica a questa, dovrebbe garantire ancora battaglia tra i big e incidere nuovamente sulla classifica generale, ma probabilmente soltanto per le posizioni di rincalzo visto che oggi Thomas sembra aver ipotecato la vittoria finale.

Giuseppe Scarfone

Daniel Martin trionfa a Valmorel mentre, alle sue spalle, Geraint Thomas mette una seria ipoteca sul Criterium del Delfinato (foto Bettini)

Daniel Martin trionfa a Valmorel mentre, alle sue spalle, Geraint Thomas mette una seria ipoteca sul Criterium del Delfinato (foto Bettini)

DELFINATO STORY: PIPAY 2019

giugno 1, 2020 by Redazione  
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La prima settimana di giugno era destinata alla 73a edizione del Critérium du Dauphiné, rinviata ad agosto a causa della pandemia. In questi sette giorni vi proporremo una selezione di tappe delle più recenti edizioni della corsa francese, cominciando dalla frazione che decise l’ultima edizione del Delfinato, vinta dal danese Jakob Fuglsang

LA PIOGGIA NON FERMA POELS. FUGLSANG NUOVA MAGLIA GIALLA

In una seconda parte di tappa tormentata da condizioni meteo inclementi con pioggia e vento, i big di classifica si danno battaglia sull’ultima salita verso Pipay. E’ Wout Poels (Team INEOS) a sferrare l’attacco vincente ed a imporsi su Jakob Fuglsang (Astana) ed Emanuel Buchmann (Bora Hansgrohe). Fuglsang è la nuova maglia gialla e alla vigilia dell’ultima tappa di Champéry deve amministrare 8 secondi di vantaggio su Adam Yates (Mitchelton Scott).

La penultima tappa del Giro del Delfinato 2019 da Saint-Genix-les-Villages a Les Sept Laux-Pipay è lunga poco meno di 134 km ma presenta tre GPM di prima categoria ed un “hors catégorie” che dovrebbero finalmente delineare i veri valori in campo, all’interno di una classifica generale che sembra ancora troppo corta, visto che tra il primo – Adam Yates (Mitchelton Scott) – ed il decimo – Wout Poels (Team INEOS) – ci sono soltanto 40 secondi di differenza. Non prendeva il via Tom Dumoulin (Sunweb), ancora dolorante al ginocchio sinistro infortunato al Giro d’Italia. Vedremo nelle prossime settimane come proseguirà il recupero dell’olandese, che a questo punto ipotizziamo in dubbio per il Tour de France. La partenza subiva qualche minuto di ritardo per via della paventata decisione degli organizzatori di annullare la tappa, visto che era segnalata pioggia molto forte lungo il tracciato. Compiute le dovute verifiche la tappa partiva senza problemi ed erano immediati gli attacchi per portare via una fuga. Una ventina di ciclisti accumulava un vantaggio di circa 20 secondi intorno al km 20 e rra gli attaccanti si segnalava Julian Alaphilippe (Deceuninck Quick Step), vincitore della tappa di ieri. Gli altri componenti il tentativo erano Gianni Moscon e Dylan van Baarle (Team INEOS), Jack Haig e Damian Howson (Mitchelton-Scott), Mikaël Chérel (AG2R-La Mondiale), Philippe Gilbert (Deceuninck-Quick Step), Felix Grossschartner (Bora-Hansgrohe), Alexey Lutsenko e Magnus Cort Nielsen (Astana), Jesper Hansen (Cofidis), Rubén Fernández (Movistar), Lennard Hofstede (Jumbo Visma), Niklas Eg ed Edward Theuns (Trek-Segafredo), Michael Woods (EF Education First), Rémy Mertz (Lotto-Soudal), Mark Padun (Bahrain-Merida), Joey Rosskopf (CCC Team), Quentin Pacher (Vital Concept), Kévin Ledanois (Arkéa-Samsic) e Robert Power (Sunweb). Dopo 35 km il vantaggio della fuga era di 1 minuto sul gruppo. Lutsenko, con soli 30 secondi di ritardo da Adam Yates, era il ciclista meglio piazzato in classifica generale. Era ovviamente la Mitchelton Scott a imprimere il giusto ritmo al gruppo evitando che la fuga dilatasse il proprio vantaggio. Woods si aggiudicava il traguardo volante di Nances, dopodichè iniziava la scalata verso il primo GPM di giornata, il Col de l’Épine, posto al km 43. Uno scatenato Alaphilippe scollinava in prima posizione rafforzando il proprio primato nella classifica degli scalatori, e si lanciava nella discesa insieme ad Hofstede, unico a restare in scia al francese. Rimasto da solo in testa a causa della caduta che metteva momentaneamente fuori gioco Hofstede, Alaphilippe iniziava la scalata verso il Col du Granier, seconda asperità di giornata, con una trentina di secondi di vantaggio sul grosso della fuga iniziale, mentre il gruppo maglia gialla inseguiva con circa 3 minuti di ritardo. Alaphilippe scollinava ancora una volta in prima posizione mentre Hofsteve riusciva a riprendere il francese. Si formava così una coppia in testa anche se per poco, visto che Alaphilippe e Hofstede venivano ripresi dal numeroso gruppo al loro inseguimento. A 38 km dal termine il gruppo di testai aveva 2 minuti di vantaggio sul gruppo maglia gialla. Sul successivo Col de Marcieu, affrontato sotto una vera e propria tempesta, era Woods a transitare in prima posizione, seguito da Lutsenko. La nuova coppia di testa guadagnava una trentina di secondi di vantaggio sugli immediati inseguitori, poi il kazako rimaneva da solo al comando in seguito ad una foratura del canadese. L’ultima salita verso Pipay veniva percorsa sotto una fitta pioggia. Iniziavano gli attacchi nel gruppo maglia gialla e il primo ad accendere le micce era Nairo Quintana (Movistar). Provavano ad attaccare anche Romain Bardet (AG2R La Mondiale), Thibaut Pinot (Groupama FDJ) e Jakob Fuglsang (Astana). Lutsenko e Woods, rimasti nuovamente soli al comando, venivano ripresi a 4 Km chilometri dal traguardo, dopodichè prendevano la testa della corsa Fuglsang, Emanuel Buchmann (Bora Hansgrohe) e Wout Poels (Team INEOS). Era proprio l’olandese – alla prima vittoria stagionale – ad imporsi con un secondo di vantaggio su Fuglsang e Buchmann. Chiudevano la top five Pinot e Daniel Martin (UAE Team Emirates) a 10 secondi mentre la maglia gialla Adam Yates, sesto, perdeva il simbolo del primato che andava sulle spalle di Fuglsang. Il danese adesso ha 8 secondi di vantaggio su Yates, mentre più staccati sono Tejay Van Garderen (EF Education First), Buchmann e Poels, rispettivamente staccati a 20, 21 e 28 secondi. Domani è in programma l’ultima tappa da Cluses a Champéry per un totale di 113,5 km. Si tratta di una frazione ancora più corta di quella odierna ma infarcita di GPM, ben 7 che, seppur complessivamente non durissimi, potrebbero riservare interessanti scenari, con attacchi tra i big già dai primi chilometri. Fuglsang ha un vantaggio non trascurabile sugli avversari e resta a ben vedere il favorito principale per la vittoria nel Giro del Delfinato 2019.

Giuseppe Scarfone

In una giornata resta molto più complicata dalle condizioni meteo Wout Poels si impone nel tappone del Delfinato 2019 (foto Bettini)

In una giornata resta molto più complicata dalle condizioni meteo Wout Poels si impone nel "tappone" del Delfinato 2019 (foto Bettini)

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