13-05-2011

maggio 14, 2011 by Redazione  
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GIRO D’ITALIA

Il belga Bart De Clercq (Omega Pharma-Lotto) si è imposto nella settima tappa, Maddaloni – Montevergine di Mercogliano, percorrendo 110 Km in 2h54′47″, alla media di 37,761 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Michele Scarponi (Lampre – ISD) e il ceco Kreuziger. L’olandese Pieter Weening (Rabobank Cycling Team) conserva la maglia rosa, con 2″ sul bielorusso Sivtsov e sull’italiano Marco Pinotti (HTC-Highroad).

RHONE-ALPES ISERE TOUR

Il belga Gaetan Bille (Wallonie Bruxelles – Credit Agricole) si è imposto nella seconda tappa, Charvieu-Chavagneux – Toussieu, percorrendo 159 Km in 3h48′07″, alla media di 41,820 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Baldo e di 3″ l’elvetico Beuret. Bille è il nuovo leader della classifica, con 9″ e 15″ sui francesi Georges e Baldo.

TOUR DE PICARDIE

Il lituano Egidijus Juodvalkis (Landbouwkrediet) si è imposto nella prima tappa, Abbeville – La Neuville-en-Hez, percorrendo 162 Km in 3h42′49″, alla media di 43,623 Km/h. Ha preceduto di 1″ il belga De Haes e l’elvetico Elmiger. Miglior italiano Filippo Pozzato (Katusha Team), 7°. Nella prima classifica Juodvalkis precede di 5″ De Haes e di 7″ Elmiger. Pozzato 9° a 11″.

INTERNATIONAL AZERBAIJAN TOUR

Il tedesco Stefan Schumacher (Miche – Guerciotti) si è imposto nel prologo, circuito a cronometro di Tabriz, percorrendo 4 Km in 4′45″, alla media di 50,526 Km/h. Ha preceduto di 10″ il colombiano Niño Corredor e il sudafricano Van Rensburg. Miglior italiano Davide Rebellin (Miche – Guerciotti), 7° a 16″

NONSOLOGIRO: JUODVALKIS BATTEZZA IL PICARDIE

maggio 14, 2011 by Redazione  
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Non di solo Giro d’Italia vive il ciclismo. Così, mentre negli USA si disputa il Giro di California, in contemporanea, in Francia si disputa il Tour de Picardie, gara giunta alla 65a edizione, breve corsa a tappe articolata in tre giorni e organizzata dall’ASO, la stessa società che ha in agenda anche l’organizzazione di alcuni monumenti del movimento ciclistico europeo. Prima frazione al lituano Juodvalkis

Foto copertina: Juodvalkis vince la prima tappa del Tour de Picardie (www.leparisien.fr)

La vittoria della Abbeville – La Neuville en Hez è andato al lituano Egidijus Juodvalkis, portacolori della Landbouwkrediet
La tappa è partita ad una velocità folle, con la prima ora a 46km/h di media a causa di numerosi tentativi di fuga. Tutti si sono rivelati infruttuosi, tranne quello di LeBon francese della Bretagne-Schuller, e dell’olandese Kreizer della Vacansoleil.
La fuga dei due dura la bellezza di 135 km, senza mai riuscire a superare i 4’ di vantaggio, e si conclude a soli 3 km dal traguardo, ai piedi dello strappo che conduce al traguardo.
Dopo il ricongiungimento l’unico attacco degno di nota è stato quello del vincitore che si è involato a poche centinaia di metri dal termine e ha messo tra lui e gli inseguitori un solo secondo di vantaggio, sufficiente a fargli cogliere la vittoria.
Le posizioni d’onore sono state occupate da De Haes, belga della Omega Pharma-Lotto e da Elmiger, svizzero della AG2R La Mondiale. Settima posizione per Filippo Pozzato, migliore dei quattro italiani in gara (gli altri sono Marcello Pavarin, Luca Paolini e Marco Bandiera)

Mario Prato

TAPPA CORTA? “VOLATA” LUNGA PER DE CLERCQ. ROCK & ROLL HOOGERLAND NELLA FUGA

maggio 13, 2011 by Redazione  
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Una volta tanto, la fortuna aiuta gli audaci nella filantissima ascesa di Montevergine. Di solito risulta troppo penalizzante stare al vento in solitaria, ma il belga Bart De Clercq coglie l’attimo e vince di un’incollatura su uno Scarponi arrembante. Ritmi alti, ma in pochi vogliono prenderesi la responsabilità di gestire il finale.

Foto copertina: volata al fulmicotone per Scarponi…. ma non è bastata (foto Bettini)

Johnny Hoogerland, nome da rockstar, si prende il palcoscenico fino alle rampe finali, poi toccherebbe al “main group” far strillare gli amplificatori e roteare le chitarre come asce da battaglia. Invece i grandi protagonisti attendono – e si fanno attendere – una frazione di secondo di troppo, così il trionfo è tutto per un solista coraggioso e inatteso.
Andiamo con ordine: la “fuga del mattino” oggi è del “primo pomeriggio” visto che si parte alle 14:30, ma nonostante le temperature estive non tira aria di siesta. A differenza delle sterili fughe solitarie che i corridori timidi o spauriti ci avevano proposto ad inizio Giro, si fa sul serio: ma fintanto che si formano drappelli addirittura troppo numerosi, la maglia rosa non si fida a concedere la luce verde, specialmente in una tappa così breve. Pineau (QST) e Canuti (COL) sono tra i più attivi e determinati, sono protagonisti a più riprese fino a che, dopo una mezz’ora volata sul filo dei sessanta all’ora, riescono a prendere il largo assieme a Visconti (FAR), Bak (HTC) e Montaguti (AG2).
La fuga viaggia allegra e veloce, con l’Acqua e Sapone di Garzelli a dare man forte alla Rabobank per controllare il distacco. Sul Gpm intermedio di Serra della Strada provano a fare il balzo Lang (OLO) e Cazaux (EUS), ma è Johnny Hoogerland della Vacansoleil a partire come una scheggia e a saltare i due contrattaccanti in pochi istanti sulle rampe più impegnative (complice un guaio meccanico per Lang all’atto di cambiare). L’impresa si direbbe disperata, visto che il distacco si aggira intorno al paio di minuti, ma al traguardo del Gpm Hoogerland l’ha dimezzato. La fatica dell’olandese si palesa nella sua mostruosità quando un inatteso dentello si frappone tra il Gpm ufficiale e l’agognata discesa, mentre davanti Canuti ha razziato i punti per la maglia verde e se n’è andato in libera uscita fino a che una curva insidiosa non l’avrà portato prima a terra e quindi di nuovo in compagnia dei colleghi fuggitivi.
L’emozione spasmodica è però tutta per il disperato inseguimento condotto da Hoogerland, con fasi quasi drammatiche quando – arrivato pressoché a tiro – l’olandese pare non riuscire più nemmeno a pedalare. Lo spirito del ciclismo si palesa quando Scinto, della Farnese di Visconti, offre da bere all’assetato rivale, pure potenzialmente pericoloso in caso di rientro. Ma evidentemente sotto sotto tutti fanno il tifo per il temerario, a maggior ragione perché in realtà le speranze che la fuga vada in porto sono davvero basse.
Alla fine il gruppetto decide di ammettere il membro supplementare, e rallenta per favorire il rientro: Hoogerland però non deve aver gradito la tardività di questa decisione, o forse vuole rilanciare l’andatura che rischiava di essere fatalmente e definitivamente smorzata dalla pausa realizzata; fatto sta che invece che accodarsi, tira dritto come un colpo di balestra, costringendo i fuggitivi, Canuti in primis, a scuotersi per saltargli a ruota.
Il fantasioso Johnny, genio e sregolatezza da vero rocker, si fa perdonare con le tirate più generose, anche se le speranze di tutti sono ormai al lumicino: alle prime avvisaglie di salita molleranno senza lottare Visconti e Pineau, depressi dalla propria consapevolezza, poi via via tutti gli altri al venir meno delle energie, lasciando il solo Bak al ruolo da lepre.
La trafila dei tentativi è lunga quanto vacua, ci provano in ordine sparso Cherel, Rovny, De Greef, Valls, Pirazzi, ovviamente, col proprio marchio di fabbrica che sembra ormai essere il “doppio scatto”, con un primo tentativo più da lungi e uno più convinto a ridosso del finale (forse potrebbe puntare tutto su uno dei due? Bravo comunque).
Ai meno 5,5km “lancia la volata lunga” De Clercq, dell’Omega Pharma – Lotto: la battuta si giustifica osservando il fotogramma del traguardo, anzi il fotofinish, ove il belga prevale per mezza bici scarsa su Scarponi, dando l’illusione di essersi giocato la volata piuttosto che di essere un “fuggitivo” dell’ultimo quarto d’ora.
Come preannunciato proverà senza fortuna a riportarsi su di lui Pirazzi, e così pure Ochoa: ma il distacco maturato si è allargato in fretta, mentre di converso è proprio – e solamente – nel finale che l’andatura del gruppo si infiamma in un crescendo isterico.
La svolta è nella decisione, azzeccata, da parte di Nibali di far sottrarre i suoi gregari al lavoro di ricongiungimento. Poco sprinter, il siciliano, inutile sprecare energie preziose per regalare abbuoni agli altri.
Si materializza ancora una volta uno dei tratti genetici di questo Giro: mancano i cacciatori di tappe, gli scattisti da giornata secca, e così – con Weening ben contento della situazione (meglio l’abbuono all’innocuo De Clercq che a Le Mevél) – non c’è grande concorso di forze nel chiudere sul belga, il cui margine si continua a dilatare in maniera impressionante fino ai meno 2km.
Solo in conclusione la Lampre comprende che il campo è sgombro di potenziali avversari, e che quindi in palio c’è una tappa disponibile col suo preziosissimo abbuono: l’attacco di Ochoa conferma che Serpa, uno dei papabili per un arrivo veloce, non deve essere così brillante (l’ordine d’arrivo lo confermerà), il Di Luca così minaccioso ieri arranca a fondo gruppo (e pagherà oltre un minuto e mezzo), Joaquim Rodriguez è allergico alle pendenze troppo umili, stai a vedere che tra chi pedala bene lì davanti Scarponi è il più tirato a lucido?
Naturalmente è comprensibile la valutazione sulla lunghezza del Giro, sulla necessità di misurare bene quanto affannarsi, con ben due capitani (domani è occasione per Petacchi, domenica si dannerà la Liquigas di Nibali, va bene, ma Ulissi e Niemec potrebbero fare comodo lo stesso): fatto sta che la sconvolgente accelerazione messa in atto nel finale di tappa si rivela insufficiente per quell’inezia che premia l’audacia di De Clercq e lascia un retrogusto amaro in bocca a Scarponi, che pure mette in cascina un bel po’ di secondi con una progressione tanto maestosa quanto effettivamente inabile – di per sé sola – a fare il vuoto.
Un altro finale appassionantissimo, dopo quello di ieri, con un secondo posto ambivalente sempre per un uomo Lampre. Se però la forma strepitosa di Petacchi si adatta perfettamente a un Giro generoso coi velocisti solo nella prima metà, e nemmeno troppo generoso, visto che concede le volate solo a prezzo di rampe e rampette assortite, l’incognita per Scarponi riguarda la durata di un picco già evidente fin d’ora. Comunque il Giro si vincrà più nel secondo che nel terzo weekend, e mettersi dietro gli altri fa sempre meglio al morale che non il viceversa: i precedenti di Cunego 2004 e Di Luca 2007 non sono scoraggianti.
Il borsino degli altri ci racconta di un Nibali non veloce ma estremamente reattivo (quarto) e, sul podio, di un Kreuziger potente che ha ricordato per certi versi alcuni allunghi del Menchov 2008-2009. Non parliamo certo di scattisti, il che la dice molto lunga sui ritmi devastanti del finale ma anche sulla scarsa competizione in questo specifico settore. Quarto Garzelli che qui si piazza spesso ma proprio non vince. Questi i più in luce. Bravo pure Joaquim Rodriguez su una delle salite a lui meno confacenti, promettente Rujano in vista dei tapponi a venire. Cataldo e Le Mevél pare vogliano candidarsi a un ottimo Giro. Sempre a pari tempo discreti segnali da Kruijswijk e Masciarelli, Menchov (17°) si nasconde così come Contador (che però è comunque nono!), incoraggiante la permanenza nel gruppo d’elite e quindi in classifica di Gadret, Anton e Pozzovivo su rampe da passisti e in un finale coi tamburi rullanti più simile a uno sprint. Nel complesso arrivano assieme 26 atleti, sull’Etna la musica cambierà…

Gabriele Bugada

SALITA A MONTEVERGINE, PIU’ DELIZIA CHE CROCE

maggio 13, 2011 by Redazione  
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Croce lo è per indole, per la sua natura di salita e di salita diretta ad un santuario cristiano, ma l’accostamento termina qua: Montevergine è una salita deliziosa, con le sue pendenze morbide, con i suoi panorami avvicenti e con i frequenti tornanti che consentono di rifiatare. Queste le caratteristiche dell’ascesa campana che, per la quinta volta nella storia della corsa rosa, sarà proposta come arrivo di tappa. Come al solito si prospetta un finale accogliente, con distacchi contenuti: per le prime vere selezioni c’è ancora tempo.

Apriamo la serie di articoli dedicati alle grandi ascese del Giro d’Italia 2011, esaminando la salita al Santuario di Montevergine, nei cui pressi si concluderà la settima tappa. “Nei pressi” perché, a causa di problemi logistici, non sarà possibile porre il traguardo nel piazzale del Santuario: l’arrivo sarà collocato circa 300 metri prima, a 1260m di quota. Così facendo sarà purtroppo tagliato uno dei tratti più aspri della scalata: in quei 300 metri, infatti, la pendenza media è del 10,3%.
La salita campana è più impegnativa per la durata dell’impegno che per l’effettiva portata delle pendenze, che non andranno oltre il dato sopra segnalato. Misura complessivamente 17,1 Km, presenta un dislivello di circa 850 metri ed una pendenza media del 5%. Addolciranno la fatica i tornanti: ne sono previsti ventidue, diciannove dei quali concentrati negli ultimi nove chilometri.
È possibile suddividere l’ascesa in due parti. Nei primi 6 Km, fino a Ospedaletto d’Alpinolo, la strada sale a scale, alternando tratti molto facili a passaggi più aspri, i più impegnativi raggiunti nel corso di quest’ascesa. Negli ultimi 11 Km, dopo un preambolo facilissimo, le pendenze si fanno più costanti, ma non sembrano ideali per fare la selezione, come dimostrato dai precedenti arrivi della corsa rosa al santuario. Ed i tornanti, come segnalato sopra, agevolano la marcia e permettono di rifiatare.

LA SALITA NEL DETTAGLIO
La salita di Montevergine inizia circa 5 Km ad ovest di Avellino, sulla SS 7 bis, all’altezza del bivio sulla destra (guardando il percorso di gara) per Mercogliano. Siamo in località Albanella, detta anche “Taverna del Pezzente”, dal nome di un tipico salume irpino, celebrato in una sagra che si tiene d’estate (periodo giugno – luglio) nella non lontana Montefredane.
L’inizio dell’ascesa è molto facile: nei primi 1,3 Km si devono superare nemmeno 40 metri di dislivello, con una pendenza media del 2,9%. Al termine di questo tratto d’introduzione, interamente rettilineo e durante il quale si sovrappassa l’autostrada che da Napoli conduce verso la Puglia, ci si trova ai piedi dell’abitato di Mercogliano, non lontano dal suo principale monumento, il Palazzo Abbaziale di Loreto: raggiungibile deviando brevemente dal percorso di gara, si tratta di una costruzione ottagonale in stile barocco, realizzata nella prima metà del ‘700 come sede invernale dei monaci di Montevergine. La strada per Montevergine (SS 347) si stacca a sinistra, in fondo al rettilineo, e 1,2 Km più avanti raggiunge il centro di Mercogliano (508m), disposto ad anfiteatro alle pendici del Toppe di Sant’Anna e dominato dai ruderi di un castello che fu tra i possedimenti dell’abbazia. L’ingresso nell’abitato rappresenta uno dei tratti più impegnativi della salita (0,7 Km al 6,8%), mentre l’attraversamento del centro è piuttosto agevole, caratterizzato anche dai primi due tornanti. Qui si fermeranno le vetture dei giornalisti, che potranno seguire le fasi salienti della tappa dagli schermi allestiti nel quartiertappa – presso la locale scuola media – oppure salire al santuario utilizzando la funicolare che sarà chiusa al pubblico, a meno di eventi eccezionali (come il diluvio che si scatenò nel 2001, subito dopo la conclusone della tappa). Molto pedalabili risultano anche i 1,7 Km successivi (media del 4,5%), duranti i quali s’incrocia per la prima volta il percorso della citata funicolare, esattamente nel punto in cui sarà collocato l’arco dei – 14 Km all’arrivo. Seguendo Via Partenio si arriva in breve al confine con il comune di Ospedaletto d’Alpinolo, giungendovi dopo aver superato il tratto più ripido della salita: una “esse” di poco meno di trecento metri, con una pendenza media del 8% ed una massima del 10,3%: una “quisquilia”, come la definirebbe il grande Totò. Dopo questo strappo la salita rimane moderatamente impegnativa per un chilometro (6,1%), durante il quale confluisce nella SS 347 il versante che sale direttamente da Avellino. Nuovo cambio di volto, in positivo, nei successivi 2,6 Km, durante i quali la media scende al 3,6%. All’inizio di questo tratto si attraversa il centro di villeggiatura di Ospedaletto d’Alpinolo, dove si abbandona la SS 347 (che procede in quota per circa 2 Km verso Summonte), per accedere alla seconda parte della salita: negli ultimi 11 Km si percorre la SS 347 d, strada realizzata tra il 1851 ed il 1931, in parte tagliando la viva roccia del Monte Partenio. Prima di quella data, era possibile accedere al santuario solo attraverso tre mulattiere, tuttora esistenti, che partivano da Mercogliano, Ospedaletto e Mugnano del Cardinale. Le prime due si fondono in un unico percorso in vista del santuario, dove il troncone terminale, che corre parallelo alla nuova strada (ma ad una quota più bassa), è chiamato “Miglio Sacro” per la presenza delle edicole della Via Crucis, decorate con quadri in maiolica. È, infine, del 1956 l’apertura della funicolare, considerata una delle più ripide e veloci d’Europa (quasi 700 metri di dislivello, 64% di pendenza massima), che era già stata in gran parte costruita nel 1882, ma poi una serie di contrattempi, sopprattutto a causa di eventi bellici, ne ritardarono il completamento di oltre 70 anni.
Come abbiamo segnalato sopra, il primo tratto della seconda parte della strada è abbastanza pedalabile e nemmeno tortuoso: il primo dei 19 tornanti finali è superato quando mancheranno 9 Km al traguardo, circa 200 metri dopo un ristorante che potrà essere utilizzato quale luogo di sosta in caso di maltempo o per fare rifornimento d’acqua. Immediatamente dopo aver bruciato il tornante le pendenze tornano ad alzarsi: da qui all’arrivo la media sarà del 5,5%, con un andamento abbastanza costante ed un leggero inasprirsi negli ultimi 3000 metri. In questi ultimi 9 Km non s’incontrano parecchi punti di riferimento (a parte i tornanti): un altro ristorante, gli impianti dell’acquedotto di Mercogliano ed il secondo “incrocio” con la funicolare. Quest’ultima verrà sottopassata subito dopo lo striscione dell’ultimo chilometro, quando la strada proporrà l’ultima stilettata, uno strappetto di circa 300 metri, dove la pendenza avrà un momentaneo “sobbalzo” al 7,7%, per poi tornare a quietarsi nei metri finali.
Per quando riguarda i panorami, nella seconda parte l’andamento a spirale della strada permette di affacciarsi da balconate differenti. I primi tornanti consentono viste alternative su Mercogliano ed Ospedaletto d’Alpinolo, mentre alzando lo sguardo è possibile scorgere la meta finale. Uno dei punti più spettacolari è il tornante con cantoniera che s’incontra a circa 2 Km dal traguardo, da dove l’occhio arriva a contemplare il Vesuvio, il Golfo di Napoli e la catena montuosa che percorre la Penisola Sorrentina. Ancor più incantevole la vista sui medesimi luoghi che si gode più avanti, dopo l’ultimo tornante, quando la statale di Montevergine transita su di uno sperone roccioso. Proprio in questo punto la strada si sdoppia: i corridori rimarranno sulla strada principale mentre sulla sinistra si stacca una deviazione, che va poi a ricongiungersi con la “strada maestra” a poche centinaia di metri dal traguardo, dopo essersi infilata in un breve tunnel paramassi. Questa variante il giorno della gara sarà “off-limits” poiché l’organizzazione la trasformerà nel parcheggio delle ammiraglie.

OLTRE IL SANTUARIO
La salita non termina al santuario, ma è possibile proseguire con la bici da corsa fino dell’ex base della NATO (1461m), situata quasi in vetta al Montevergine (1493m). Quest’appendice costituisce il momento più impegnativo dell’escursione: 2,2 Km al 7,8%, con un “muro” di circa 500 metri (pendenza media del 10,4%) che inizia un chilometro dopo il santuario e si conclude presso il cancello d’accesso all’ex area militare. Non dovrebbero esserci problemi per procedere oltre questa barriera perché l’area è stata dismessa nel 1987 e recentemente bonificata dopo un lunghissimo periodo di totale abbandono.
L’ascesa al Montevergine completa misura 19,6 Km, presenta 1058 metri di dislivello ed una pendenza media del 5,4%.

I PRECENDENTI DEL GIRO
Il Giro d’Italia salì per la prima volta a Montevergine il 25 maggio del 1962. Era la settima tappa, partita da Fiuggi: dopo 224 Km giunse primo Armand Desmet, con 23″ di vantaggio su Anglade e Sartore. Il corridore belga conquistò anche la maglia rosa, che vestirà per una settimana, fino al tremendo tappone del Passo Rolle, dove la corsa fu interrotta e dichiarato vincitore colui che si trovava in testa, ossia Vincenzo Meco. Ironia della sorte, Meco vestiva il simbolo del primato proprio alla partenza della tappa del Montevergine.
Dopo un oblio durato quasi 40 anni, il Giro tornò ad arrampicarsi sui tornanti che conducono al Santuario nel 2001, quando vi arrivò la quarta tappa. Al traguardo si presentarono in cinque (vittoria di Di Luca, davanti a Simoni e Garzelli), ma dietro non si registrarono grandi distacchi (9″ tra Di Luca e Lanfranchi, diciannovesimo). Simile la conclusione della settima tappa del Giro 2004: quattro corridori allo sprint (primo Cunego su Mc Gee e Pellizotti) e distacchi risicati nelle prime tredici posizioni.
Infine, nel 2007, Di Luca bisserà il successo ottenuto sei anni prima imponendosi nella quarta frazione del Giro partito dalla Sardegna: anche stavolta saranno 19 i corridori raccolti in un esiguo fazzoletto di secondi (15” tra l’abruzzese e Andrea Noè). Comun denominatore dei traguardi a Montevergine è stato l’avvicendamento al vertice della classifica: dopo il passaggio di consegne tra Meco e Desmet del 1962, la maglia rosa passò dalle spalle del belga Verbrugghe a quelle di Frigo nel 2001, da Simoni a Cunego nel 2004 e da Gasparotto allo stesso Di Luca quattro anni fa.

IL SANTUARIO
Secondo la leggenda costruito da San Vitaliano da Capua verso la fine del VII secolo, il santuario fu più realisticamente eretto dopo il 1119, anno nel quale si ritirò su questo monte Gugliemo da Vercelli, che vi fondò l’ordine monastico benedettino chiamato “Congregazione Verginiana” (da qui il nome del monte) e che trasformò in chiesa i resti di un tempio pagano dedicato alla dea Cibele. L’abbazia ebbe un periodo di grande splendore grazie all’interessamento dei Re di Sicilia, poi decadde. Trasformata in “commenda” (sistema escogitato alla fine del medioevo per risollevare un monastero in difficoltà o decaduto, affidandolo ad un prelato estraneo all’ordine monastico) e poi venduta, Montevergine tornò ad essere indipendente nel 1588. Fino al 2005 l’abbazia era a capo di una piccola diocesi (9 parrocchie), il cui vescovo era il priore del monastero.
Il complesso del santuario si compone di due chiese (quella originaria e la nuova basilica, eretta negli anni ‘50) e del monastero, il cui ambiente più celebre è il “Coretto di notte”: realizzato per la preghiera notturna dei monaci, deve la sua fama per l’aver ospitato segretamente la Sacra Sindone durante il secondo conflitto mondiale, qui “sfollata” sia per preservarla dai bombardamenti, sia per scongiurare il rischio di un furto da parte dei nazisti. Si raccontava, infatti, che Hitler fosse ossessionato dal “sacro lino” e meditasse di trafugarlo.

CURIOSITA’
* Non solo ciclismo: da tredici anni la strada che conduce al santuario è palcoscenico di una manifestazione podistica chiamata “Marcialonga in salita”. L’ultima edizione, disputata il 26 giugno 2010, è stata vinta dall’atleta marocchino Abdelkebir Lamachi (Associazione sportiva dilettantistica Atletica Capua), che ha percorso i 16,7 Km della prova nel tempo record di 1h 02′ 35″, alla media di 16,010 Km/h.

* Nella lunga storia dell’abbazia ci sono anche tre “comparsate” cinematografiche. Della prima, un film intitolato semplicemente “Montevergine” e girato nel 1909 (lo stesso anno di nascita della corsa rosa) dalla casa di prodizione Vesuvio Films, se ne sono completamete perse le tracce, anche di trama e interpreti.
Nel 1939 Carlo Campogalliani girò quassù “La grande luce (Montevergine)”, dove Amedeo Nazzari interpretò il ruolo di un fabbro ingiustamente accusato di omicidio e incarcerato: uscito di galera, rinuncerà alla vendetta dopo essersi raccolto in preghiera dinnanzi all’effige della Madonna di Montevergine. In “Tradimento” (1982), trasposizione cinematografica della classica sceneggiata napoletana – con inevitabili protagonisti Mario Merola e Nino d’Angelo – nella famiglia di un camorrista pentito ritornava la pace dopo unpellegrinaggio al santuario avellinese.

Mauro Facoltosi

FOTOGALLERY

Foto copertina: salendo al santuario (www.avventurosamente.it)

Mercogliano: Palazzo Abbaziale di Loreto e, sullo sfondo, il Montevergine con la funicolare che ne risale le pendici (www.parks.it)

Mercogliano: Palazzo Abbaziale di Loreto e, sullo sfondo, il Montevergine con la funicolare che ne risale le pendici (www.parks.it)

Mercogliano (panoramio)

Mercogliano (panoramio)

La stazione di partenza della funicolare (www.mercoglianonews.it)

La stazione di partenza della funicolare (www.mercoglianonews.it)

La funicolare (www.funivie.org)

La funicolare (www.funivie.org)

Un momento dell’edizione 2007 della Marcialonga in salita (ars.altervista.org)

Un momento dell’edizione 2007 della <<Marcialonga in salita>> (ars.altervista.org)

Ospedaletto d’Alpinolo e, sullo sfondo, Summonte (panoramio)

Ospedaletto d’Alpinolo e, sullo sfondo, Summonte (panoramio)

Il Miglio Sacro (panoramio)

Il Miglio Sacro (panoramio)

Salendo a Montevergine, una volta

Salendo a Montevergine, una volta

Salendo a Montevergine, oggi (panoramio)

Salendo a Montevergine, oggi (panoramio)

Tornante panoramico (panoramio)

Tornante panoramico (panoramio)

L’oramai scomparsa base NATO (www.iz8gnf.it)

L’oramai scomparsa base NATO (www.iz8gnf.it)

Il primo successo di Danilo Di Luca, Giro 2001 (foto Bettini)

Il primo successo di Danilo Di Luca, Giro 2001 (foto Bettini)

Il bis dell’abruzzese nel 2007 (foto Getty)

Il bis dell’abruzzese nel 2007 (foto Getty)

MADDALONI – MONTEVERGINE DI MERCOGLIANO: UN MONTE NON PIU’ “VERGINE”

maggio 13, 2011 by Redazione  
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È giunta l’ora della prima tappa di montagna, ma oggi sarà proposto solo un assaggino, neanche tanto speziato. La salita verso il Santuario di Montevergine è oramai divenuta un habitué della prima settimana di corsa rosa. Le sue pendenze non impegnative la rendono, infatti, ideale per il primo approccio con le salite vere, una giornata utile per scrutare i valori in campo senza emettere grossi verdetti. Il Giro vero comincerà tra due giorni sull’Etna e poi, più avanti nel tempo, quando si arriverà al cospetto dei grandi colossi alpini.

Oramai non ha più segreti il Montevergine per il Giro d’Italia. Tre arrivi di tappa nell’ultimo decennio hanno dimostrato che quella campana non è una salita da selezione, lunga quasi 20 Km ma facile nelle inclinazioni, rese ancora più agevoli dai ben 22 tornanti nei quali si accoccola. Non c’è molto da girarci in giro, poco si può ricavare da quest’asperità senza pretese, ideale per il primo arrivo in salita di una grande corsa a tappe. Forse solo affrontandola a cronometro potrebbe risultare dura, oppure non proponendola come unica asperità di tappa, com’era accaduto sinora. È quel che accadrà quest’anno, con papà Zomegnan che ha deciso di non mandarla sola, ma di farla precedere dall’ascesa al Monte Taburno. Il basso chilometraggio, 100 Km appena, potrebbe rendere tutto ancora più complicato perché in frazioni del genere bisogna essere già “in palla” dai chilometri iniziali, soprattutto – come nel caso in questione – se questi agevolano partenze a tutta velocità. Al contrario, quando si disputano tapponi “oversize” sovente si tende a partire al rallentatore per il timore di crollare nel finale e così la bagarre scoppia solo sulle ultime salite e la selezione risulta meno netta a causa delle minori energie sprecate.
Nonostante tappe similmente strutturate abbiamo non pochi detrattori, spulciando la storia della corsa rosa è possibile stralciare non pochi episodi incisivi o addirittura decisivi avvenuti in tappe dal formato “mini”. La prima volta accadde nel 1953, quando Coppi riuscì a ribaltare le sorti di un Giro che sembrava irrimediabilmente compromesso partendo sullo Stelvio nella Bolzano – Bormio, tappa di soli 125 Km. Come non ricordare, poi, il Giro del 1981, virato in direzione di Battaglin al termine dei 100 Km della San Vigilio di Marebbe – Tre Cime di Lavaredo? Oppure la vendetta con i fiocchi di Hinault ai danni di Contini affrontando a spron battuto gli 85 Km della tappa di Montecampione l’anno successivo? E ancora, i fiocchi senza vendetta della raggelante frazione del Gavia del 1988, lunga 120 Km? Il “tappone” dei cinque colli e dei 131 Km, da Misurina a Corvara, che lanciò in rosa l’indimenticato Fignon al Giro 1989? Lo spumeggiante Chioccioli visto sul Mortirolo, nei 132 Km della Morbegno – Aprica del 1991? Il russo Tonkov maglia rosa dopo i 115 Km della Loano – Pratonevoso nel 1996?
Detto questo, va aggiunto che in questi precedenti ci si trovò sempre a fare i conti con salite impegnative, certamente non paragonabili né al Taburno, né al Montevergine. Ma, se s’interpreterà questa giornata con piglio deciso, in serata potrebbe esserci qualche grosso nome impegnato a leccarsi le ferite, a meditare nuove strategie o a ricalcolare i propri obiettivi.
Di certo, si dovrà essere già in perfetta condizione al via di questa tappa, che sarà dato nel centro dell’antica Calatia, città amica del Giro d’Italia. Sempre ospite del “Villaggio dei Ragazzi” – struttura fondata nel 1947 da Don Salvatore d’Angelo per dare accoglienza ai ragazzi orfani, poveri, abbandonati ed emarginati – qui la corsa rosa ha organizzato tre partenze (1998, 2003 e 2011) e altrettanti arrivi negli ultimi 25 anni. Si ricordano, in particolare, i traguardi: le due cronometro disputate nel 1985 e nel 1995, vinte rispettivamente da Hinault e da Rominger, e la tappa in linea affrontata nel 2000 (primo al traguardo Moreni), passata alla storia per il violentissimo nubifragio scatenatosi nel finale, con tanto di piccolo smottamento avvenuto al momento del passaggio dei corridori lungo la discesa di Durazzano, fonte di diverse cadute.
I primi 12 Km si svolgeranno su di una veloce superstrada che, subito dopo il via, proporrà lo spettacolare passaggio sotto i “Ponti della Valle”, il principale manufatto dell’Acquedotto Carolino, costruito tra il 1753 e il 1762 su progetto di Luigi Vanvitelli per l’approvvigionamento idrico della vicina Reggia di Caserta e con essa iscritto nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
Terminato questo filante tratto, subito si attaccherà la prima vera salita del Giro 2011, verso la “Dormiente del Sannio”, com’è soprannominato dai cittadini di Bevenento il massiccio del Taburno per il suo skyline che ricorda una donna supina. È un’ascesa che può incutere timore per la sua lunghezza – tra lo svincolo e il traguardo GPM bisognerà percorrere quasi 23 Km – ma che non presenta pendenze impegnative, se non per un breve tratto. Tecnicamente può essere suddivisa in quattro tronconi, il primo dei quali introdurrà la corsa nell’abitato di Frasso Telesino, il centro principale della Comunità Montana del Taburno, dove fin lì si saranno percorsi 8,1 Km al 3,9%. Attraversata Frasso, imboccando la strada che s’insinua tra il Taburno e il Monte Camposauro, inizieranno i 6 Km centrali, caratterizzati da una media del 6,2%. Abbandonata la strada per Cautano, il tracciato della settima frazione si inoltrerà nel territorio del parco naturale istituito nel 1994, andando ad affrontare la tratta più impegnativa dell’ascesa (3700 metri all’8%) mentre si snoderanno in quota i 2,4 Km conclusivi, che conduranno ad un GPM già tre volte proposto alla corsa rosa. Nel 1971 si salì da Montesarchio e scollinò in testa il bresciano Roberto Sorlini, che quel giorno sarà poi battuto allo sprint da Guerrino Tosello sul traguardo della Benevento – Pescasseroli. Il 22 maggio del 1998, al termine della prima settimana del Giro di Pantani, toccò ad Alessandro Baronti conquistare questo GPM, inserito nel tracciato della Maddaloni – Lago Laceno, vinta da Alex Zulle. Abbiamo, infine, già accennato al bagnatissimo successo di Moreni nella Terracina – Maddaloni del 2000, con l’olandese Karsten Kroon primo sulla vetta d’un monte che, a suo tempo, era stato cantato da Virgilio sulle pagine dell’Eneide.
Più compatta è la successiva discesa che – attraversando una fitta foresta demaniale, erede di un possedimento feudale che i Borboni avevano destinato a luogo di “villeggiatura” per i cavalli dell’esercito – condurrà i “girini” in 13 Km (media del 6,1%) sul fondale di un antico lago scomparso da secoli e che oggi costituisce la Valle Caudina, il corridoio pianeggiante che, stretto tra il Taburno e il Partenio, mette in comunicazione il beneventano con Caserta e la “Terra di Lavoro”. Verso quest’ultima la valle si apre con la gola di Arpaia, più nota col toponimo di Forche Caudine, il luogo della storica battaglia avvenuta (ma non combattuta) nel 321 a.C. tra i romani e i sanniti e terminata con la resa immediata dei primi. Secondo alcuni studiosi l’evento accadde altrove, c’è chi dice presso la citata Frasso Telesino, chi presso la gola di Barba (sottostante Ceppaloni, il paese natale di Clemente Mastella). Lo storico tedesco Barthold Georg Niebuhr prese in considerazione l’ipotesi, non suffragata da prove, che i romani si siano in seguito vendicati dell’affronto distruggendo la città sannita di Caudium, sita dove oggi si trova Montesarchio. Attraversata quest’ultima, il percorso taglierà nel mezzo la pianura caudina, tornando a scorrere via veloce per circa 7 Km. Tanta è la strada che si dovrà affrontare tra la fine della discesa e l’inizio dell’asperità successiva, meta i 738 metri di Summonte, località di villeggiatura situata ai piedi del Partenio (il toponimo deriva, infatti, dal termine lativo “sub monte”, ossia sotto il monte). L’ascesa è docile – in tutto saranno quasi 15 Km ma sempre pedalabili – e non sarà nemmeno valida per l’assegnazione della maglia verde, come invece avvenne nel 1994 (tappa Potenza – Caserta con salita dall’altro versante, primo in vetta Gianni Faresin, primo al traguardo Marco Saligari). Lungo l’itinerario d’accesso all’Irpinia si toccheranno, tra gli altri, i piccoli centri di Pannarano (noto per i suoi vini) e Sant’Angelo a Scala, paese presso il quale ha svolto il ministero di parroco fino al 2002 Don Vitaliano Di Noto, sacerdote conosciuto per la sua vicinanza ai no-global, atteggiamento che gli costò due ammonizioni e poi una sospensione “a divinis”, in seguito revocata.
Scollinati e transitati a circa 2 Km di distanza da Ospedaletto d’Alpinolo (località che sarà attraversata direttamente nel corso dell’ascesa finale, consentendo così ai tifosi locali di assistere a due passaggi della corsa a breve distanza di tempo l’uno dall’altro) ci si lancerà in veloce discesa verso quella che era la colonia romana di Veneria Abellinatium, la “madre” dell’odierna Avellino, a difesa della quale proprio a Summonte fu eretto il “castrum submontis”, fortilizio che aveva anche il compito di sorvegliare i transiti sulla “Via Campanina” e del quale oggi rimane solo la torre eretta dai Longobardi, arroccatisi lassù nel timore di rappresaglie da parte delle popolazioni locali.
Conclusa l’ultima discesa di giornata il tracciato si riallaccerà al classico finale “monteverginese”, con ancora un tratto di pianura avanti l’arrampicarsi a torciglioni verso il primo epilogo in quota del Giro 2011. Un traguardo scafato, navigato e oramai non più “vergine”.

Mauro Facoltosi

MODIFICHE AL PERCORSO
Totalmente modificato il percorso, del quale è stata di fatto conservata la sola ascesa finale. Via il Taburno e la salita verso Summonte, i chilometri iniziali saranno vallonati, poi si affronterà il GPM di Serra della Strada prima di scendere verso Avellino ed andare all’attacco del Montevergine

FOTOGALLERY

Foto copertina: Abbazia di Montevergine (panoramio)

Maddaloni (sentiericaserta.blogspot.com)

Maddaloni (sentiericaserta.blogspot.com)

Ponti della Valle (www.ambientece.arti.beniculturali.it)

Ponti della Valle (www.ambientece.arti.beniculturali.it)

Monte Taburno (wikipedia)

Monte Taburno (wikipedia)

Montesarchio (panoramio)

Montesarchio (panoramio)

Le Forche Caudine (www.comune.arpaia.bn.it)

Le Forche Caudine (www.comune.arpaia.bn.it)

Summonte, la Torre Summontese (panoramio)

Summonte, la Torre Summontese (panoramio)

Il Montevergine visto da Avellino (panoramio)

Il Montevergine visto da Avellino (panoramio)

ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI FIUGGI

maggio 13, 2011 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: il commento tecnico alle tappe di montagne, dalla voce di un ex corridore di prestigio che scoprirete tra qualche giorno; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; la rubrica tricolore di N@po; le “perle” dei telecronisti, le previsioni del tempo per la tappa che verrà e il ricordo del Giro del 1961. Seguiteci.

Foto copertina: Scarponi scherza poco prima della partenza della tappa (foto Bettini)

GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO

Giro, Ventoso batte Petacchi. Weening conserva la rosa(Gazzetta dello Sport)

Giro, tappa a Ventoso. Weening resta maglia rosa (Corriere dello Sport – Stadio)

Race to go on despite Mount Etna eruption(The Daily Telegraph)

Ventoso au sprint (L’Equipe)

La erupción del volcán pone en riesgo la etapa del Etna (AS)

Bravísimo Fran Ventoso(Marca)

Ventoso gana la sexta etapa (El Mundo Deportivo)

Weening offre son maillot rose à la famille de Weylandt (Le Soir)

Ventoso devance Petacchi (Sud Presse)

L’activité de l’Etna menace la 9e étape du Giro (L’Avenir)

Giro-leider Weening geeft roze trui aan familie Weylandt (De Standaard)

6e étape: victoire de Ventoso, Weening reste en rose(La Dernière Heure/Les Sports)

Giro-leider Weening geeft roze trui aan familie Weylandt (Het Nieuwsblad)

Etna levert Giro nieuwe problemen op (De Telegraaf)

Ventoso Shades Petacchi to Claim Giro Stage (The New York Times)

Francisco Ventoso wins stage in sprint finish (USA Today)

Tour go-ahead despite eruption (Herald Sun)

Ventoso breaks through for stage win (The Australian)

Volcanic threat erupts but Giro rolls on (The Daily Telegraph – Australia)

BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.

Prima della tappa

Hotdogbr: l’arrivo è ideale per Petacchi però se ci sarà solo la Lampre a tirare in gruppo arriverà la fuga anche se ci sono Androni e Farnese che lavoreranno a loro volta per Vicioso e Noè e anche se questo è uno dei pochissimi arrivi per velocisti, o quantomeno per alcuni di essi, del Giro dopo che è saltato per i noti motivi quello di Livorno, di sicuro non è un arrivo per corridori come Cavendish

Pedale Pazzo: La fuga potrebbe arrivare, perchè la Lampre non credo si voglia dannare l’anima per Petacchi, considerando che dovrà lavorare molto per Scarponi nei prossimi giorni. Quindi se trova collaborazione bene, altrimenti la fuga potrebbe arrivare.

MirkoBL: Gatto ieri è arrivato quinto. Adesso la sua squadra sta tirando, potrebbe essere uno dei favoriti.

Ceemo: Stranissima la volata di petacchi. Sarà anche stato distrutto, ma era in netta rimonta e sarebbero bastate due pedalate.
Complimenti comunque a Ventoso che ha tirato una gran volata.

Pedale Pazzo: Eh.. a volte anche due pedalate sono impossibili. Petacchi ha smesso di pedalare pochi metri dopo essere uscito dalla scia di Ventoso, quando le gambe si riempiono di acido lattico ti pianti e basta, c’è poco da fare.
Cmq Petacchi mi è piaciuto, sta bene, ha tenuto alla grande sulla salita. Peccato che in questo giro ci sono pochissimi arrivi da volatona, sarebbe stato bello vedere più spesso il duello con Cavendish.
Nemmeno oggi c’è stata una grossa fuga, mi aspettavo molto di più dagli attaccanti in una tappa così..almeno una decina di corridori in fuga ci volevano per avere speranza di arrivare fino in fondo.

MirkoBL: Sono arrivati entrambi finiti: Ventoso è crollato a terra, Petacchi ha ripreso fiato dopo mezz’ora. Lo spezzino sembrava avercela fatta, ma evidentemente è andato in riserva immediatamente. Ha pagato il fatto di aver dovuto chiudere su Di Luca (bravo anche lui, ci ha provato, se avesse avuto la gamba giusta avrebbe vinto).

Hotdogbr: tutto secondo previsione, l’arrivo era duro e Ventoso era comunque tra i favoriti, mi ha stupito in positivo Di Luca e chissà mai che non potrà lottare per la vittoria anche domani

con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)

BIANCO, ROSSO E VERDE

Rubrica semiseria sul Giro 2011, a cura di N@po che giornalmente assegnerà le maglie secondarie ai protagonisti della corsa rosa.

Maglia Bianca: Petacchi. A trenta metri dall’arrivo salta l’avversario ma poi si pente e smette di pedalare…. masochista…

Maglia rossa: sempre Petacchi. Ha sulle spalle quella della classifica a punti ma qui merita quella per il miglior coitus interruptus di tutti i tempi…..

Maglia verde: Agnoli si ‘fidanza’ in diretta e non c’è dubbio che questo è il miglior gesto di un giovane per questa tappa. Congratulazioni e figli maschi.

METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Orvieto – Fiuggi

Maddaloni: cielo sereno, 23,7°C (percepiti 25°C causa vento), venti moderati da SW (17-18 Km/h), umidità al 58%
Montesarchio (Km 32,3): poco nuvoloso, 23,4°C, venti moderati da WSW (18 Km/h), umidità al 58%
Avellino – T.V. (Km 89): nuvole sparse con possibilità di debolissimi ed isolati piovaschi, 21,8°C, venti moderati da WSW (17-18 Km/h), umidità al 63%
Ospedaletto d’Alpinolo (Km 99,1): nuvole sparse con qualche goccia di pioggia, 20,5°C, venti moderati da WSW (14-15 Km/h), umidità al 65%
Montevergine: previsioni non disponibili

I MISTERI DELLA CASSAPANCA

Anche quest’anno spazio agli strafalcioni dei telecronisti

Antonio Concina (sindaco di Orvieto), citando alcuni campioni del passato: “Corriero” (Corrieri)
Bartoletti: “Rupa di tufo”
Agnoli: “Venendo dalla salita, l’ultima finale”
Bartoletti: “Giro di Francia del 1095″
Bartoletti, parlando del successo di Armstrong a Limoges nel Tour del 1995, alcuni giorni dopo la morte di Casartelli: “A Limoges, due anni dopo”
Bartoletti, proseguendo il discorso sopra iniziato: “Di lì a due anni, vincere 7 Tour de France consecutivi” (dal 95 al 99 ci sono 4 anni)
Pasqualin: “Tony Schiavo” (Tony Lo Schiavo, vice direttore di Bicisport)
Bartoletti: “Tappa di riposo di Palermo” (correvano tra due guanciali?)
Trapè: “Ragazzi italiani che possono dire la sua”
Conti: “Tappa attesissima da Nibali Visconti” (e di nome cosa fa, Frankenstein?)
Martinello: “Gettare il la”
Pancani: “La finale di questa tappa”
Cassani: “Come abbiamo visto nella finale”
Pancani: “Per fortuna senza grandissime condizioni”
Pirazzi: “Il Giro comincerà tra due settimane”
Conti: “E’ vero che vuoi essere el primo corredor al mundo a gagnar Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta España” (itañol)
De Stefano: “Ieri ci sono state caranta cadute”
Plastina: “Quale salita preferiresti vincere?” (Se vinco lo Stelvio dove lo metto? Nel salotto non mi ci sta!)
Piacente: “Another day in maglia rosa” (bocciato, sPiacente)
Televideo RAI: Soriano del Cimino (nel Cimino), Pablo Garcia Lastras (Lastras Garcia)

I TITOLI DELL’UNITA’

Ecco come l’Unità presentò ai propri lettori le gesta dei partecipanti al Giro del Centenario dell’Unità (1961). Altimetrie e grafice dal nostro personale archivio (in corso di aggiornamento), accessi selezionando dal menù a discesa sotto la voce “Altimetrie storiche GT” (in alto a sinistra)

Primo giorno di riposo

IL “GIRO” RIPRENDE LA CORSA – SOLO ANQUETIL E GAUL POSSONO VINCERE A MILANO?
Dopo la prima giornata di riposo effettuata ieri a Palermo
Le stranezze di Van Looy e le mattate di Bahamontes agevolano il compito di Jacques che aspetta la tappa a cronometro e di Charly le montagne – Per i nostri è “notte alta” – Oggi la Palermo – Milano di Km 220

Palermo – Milazzo

DEFILIPPIS “SFRECCIA” A MILAZZO
In Sicilia seconda vittoria italiana al Giro d’Italia
Nella volata finale il “Cit” ha preceduto Desmet, Vannitsen, Pizzoglio, Van Looy, Bruni e Fontana – Il gruppo con Poblet (che conserva la maglia rosa), Anquetil e gli altri corridori di maggior spicco classificato con lo stesso tempo di Defilippis – Oggi il “Giro” torna sulla penisola con la Reggio Calabria – Cosenza

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ARCHIVIO ALMANACCO
Cliccare sul nome della tappa per visualizzare l’articolo

1a tappa Venaria Reale – Torino
2a tappa Alba – Parma
3a tappa Reggio Emilia – Rapallo
4a tappa Genova Quarto dei Mille – Livorno
5a tappa Piombino – Orvieto

12-05-2011

maggio 12, 2011 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

GIRO D’ITALIA

Lo spagnolo Francisco José Ventoso Alberdi (Movistar Team) si è imposto nella sesta tappa, Orvieto – Fiuggi, percorrendo 216 Km in 5h15′39″, alla media di 41,058 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli italiani Alessandro Petacchi (Lampre – ISD) e Roberto Ferrari (Androni Giocattoli). L’olandese Pieter Weening (Rabobank Cycling Team) conserva la maglia rosa, con 2″ sul bielorusso Sivtsov e sull’italiano Marco Pinotti (HTC-Highroad).

RHONE-ALPES ISERE TOUR

Il francese Sylvain Georges (Big Mat – Auber 93) si è imposto nella prima tappa, Vaulx-Milieu – Saint Savin, percorrendo 156 Km in 3h50′57″, alla media di 40, 528 Km/h. Ha preceduto allo sprint il belga Bille e di 2″ il francese Pinot, distanziati di 4″ e 8″ nella prima classifica generale.

FIUGGI ALL’ULTIMO RESPIRO VENTOSO STROZZA UN GRANDE PETACCHI

maggio 12, 2011 by Redazione  
Filed under News

Gara a perdifiato su un tracciato morbido e soffocante: sul podio tre velocisti di carattere, ma subito dietro si affollano gli uomini di classifica, scattisti e scalatori. Mossa d’orgoglio di Danilo Di Luca, lampi di classe per i beniamini locali Pirazzi, in strada, e… Agnoli (con la proposta di matrimonio alla fidanzata in diretta nel dopogara).

Foto copertina: lo sprint vincente di Ventoso a Fiuggi (foto Bettini)

Una pedalata. Due battiti del cuore. Solo un’altra frazione di secondo in apnea. Tanto è mancato ad Alessandro Petacchi per conquistare il difficile traguardo di Fiuggi, dopo aver lanciato una volata violenta e disperata dai meno 400 metri: una volata impostata come se il traguardo fosse lì lì, a metà della distanza, o magari in discesa invece che – perfino! – in lieve ma crudele ascesa; una volata pazza, precoce, pirotecnica che ha quindi scaraventato di peso il proprio segmento conclusivo in una dimensione sovrumana, oltre la linea sottile dei battiti massimi e del consumo di ossigeno.
Ventoso esce dalla scia di Petacchi, Petacchi lo riacciuffa, lo affianca, ma resta congelato con “una gamba su e una giù”, i muscoli paralizzati da un dolore ancestrale, il dolore della fame di ossigeno. Ventoso come in un ralenti cala la gamba, completa l’ultima pedalata, e alza le braccia al cielo prima di schiantarsi al suolo consumato, esausto, anzi esaurito; al pari del rivale che, assediato dai microfoni, a stento ansima, poi ammette di aver dato qualcosa più di tutto, di essere andato oltre se stesso, le proprie caratteristiche tecniche, i propri confini umani.
Ferrari, terzo, completa un podio che a vederlo così ti lascerebbe immaginare una volata, magari una volata come tante di una piccola corsa: invece è l’ultima sedimentazione di un gesto tecnico sublime a concludere una tappa vissuta a perdifiato.
A perdifiato è stato lo scatto micidiale di Danilo Di Luca, uno che non apre bocca solo per arieggiare le gengive. Magari la sua polemica di ieri è stata fuori luogo, dettata più dalla rabbia e dalla frustrazione che non da valutazioni ponderate (i materiali tecnici non li impone certo Zomegnan): ma quella frustrazione e quella rabbia erano gonfiate, oggi lo sappiamo, dalla consapevolezza di aver trovato una gamba che avrebbe sprizzato scintille. E così all’arrogante replica del patron del Giro (“evidentemente Di Luca non ha più la gamba con cui domava gli sterrati nel 2005”), l’abruzzese ribatte sulla strada, aprendo il gas nella curva a poco più di mezzo chilometro dall’arrivo, quando il falsopiano si trasforma nello spettro di una salita.
La replica di Petacchi è immediata quanto obbligata, non può che essere così: il pur encomiabile Hondo si è già speso, e se non si agisse subito la gara finirebbe senza scampo nel già ricco carniere che Di Luca ha rimpinguato con queste fucilate micidiali. Basti pensare che alla fine il campione della Katusha chiuderà comunque quarto, superato solo da quei tre atleti ben più veloci di lui. Perché Di Luca apre bocca per risucchiare ogni molecola di ossigeno disponibile, divorandola nella fucina di muscoli che bruciano: e così l’ultima parola del bisticcio col patron del Giro alla fine, anche senza vincere, è la sua.
Se scorriamo la classifica, dopo il promettente Apollonio, troviamo uomini di classifica come Scarponi o Le Mevel (già più volte brillante), poi a cavallo dei dieci buoni scalatori come Garzelli, Tiralongo o Lastras, nei venti uomini duri come Arroyo o Kyrienka, uomini cruciali come Nibali e Menchov. Davvero pochi velocisti, in questa volata tra “oltrevelocisti”.

E non è un caso, perché la tappa, pur esibendo un solo Gpm, era esigente, mossa, asfissiante, almeno finché le nuvole non sono giunta ad attenuare i 33° sotto i quali si sono corse le prime quattro ore di gara. Da subito era partita una fuga, la prima fuga robusta a lunga gittata di questo Giro. Nomi di ottimo calibro, come Veikkanen o Popovych, un coraggioso Modolo che prova ad anticipare, e poi altre due “V” ma stavolta fiamminghe, Vandewalle e Veuchelen. Popovych organizza, capeggia, gestisce. Stabilizza il vantaggio intorno ai quattro minuti graditi al gruppo (lui, il meglio piazzato, ne ha cinque di ritardo in classifica generale) e con i compagni ruota regolare senza che nessuno si debba spremere; si spartiscono serenamente i piccoli bottini del Gpm e del traguardo volante. Poi da dietro la Farnese-Neri inizia a far ruggire i motori, faranno la tappa per Gatto, la sfida è aperta. Davanti il ritmo sale, e sul dentello di Paliano Popovych sapientemente fa fuori Modolo, con un incremento di andatura soave e implacabile. Poi Anagni, ed è la volta del secondo uomo più veloce, Veikkanen. Popovych sembra in totale controllo, ma sta disperdendo energie a profusione. Veuchelen e Vandewalle si aggrappano alla sua ruota. Dietro altre formazioni iniziano a collaborare e il distacco fino ad allora stabile si scopre fragilissimo. La Farnese suda ogni singola goccia di sudore disponibile, sbuffa ogni ansito, compresi quelli del generoso capitano “dimezzato” Visconti, oggi al servizio di Gatto: ma tutto questo sforzo pregiudicherà l’adeguata cura di un finale comunque probabilmente al di là dei mezzi dei corridori di Scinto.
Scollinando Anagni ci prova Pirazzi – un evento che nessun bookmaker avrebbe quotato a più di 1.00! – conquistando un buon margine, destinato però a esaurirsi in assenza di alleati: l’enfant du pays riproverà a bocca aperta anche nel finale, ma senza fortuna.
Sulla rampa tra i meno 10 e i meno 5, là davanti nella fuga, il piano perfetto di Popovych si scontra con la realtà di gambe ormai vuote – quanto quelle di Veuchelen – all’atto di replicare a un attacco a piena potenza da parte di Vandewalle, lui sì capace di resistere in solitaria, anch’egli fino all’ultimo respiro, addirittura oltre il cartello dei meno 2 km.
Sulla pedalabile ascesa è un susseguirsi di scatti e allunghi, tra i più attivi dietro ci sono Rabon, Millar, Frank, infine, proprio dove la strada allentava, Sella, e quindi ancora Millar con Brambilla. Un tripudio di fuochi d’artificio che ustiona le fibre muscolari del gruppo.
Fino a quel finale che toglie il fiato a chi guarda quasi quanto a chi l’ha corso.

Gabriele Bugada

ORVIETO – FIUGGI TERME: CARISSIMI VELOCISTI…

maggio 12, 2011 by Redazione  
Filed under News

Stretta tra la tappa delle strade bianche e il primo arrivo in salita gli organizzatori hanno piazzato la Orvieto-Fiuggi, tappa presentata sulla brochure ufficiale come “pianeggiante”. Ma oggi la pianura sarà un ricordo e pure lontano nel tempo e nello spazio, perché quella poca che s’incontrerà sulle strade laziali sarà percorsa a distanza dal traguardo. Il finale proporrà tre ascese consecutive che metteranno a dura prova i velocisti, anche se sussistono risicate possibilità che si arrivi tutti assieme allo sprinter: bisognerà studiarsi con dovizia le caratteristiche del finale e andare a ripescare le cronache sportive del 24 maggio 1980. Quel giorno si correva sul medesimo finale, che vide respinti i velocisti per l’inezia d’una manciata di secondi.

…. andate a farvi benedire!!! Non prendetela male, questo è un vero e proprio invito ad andarvi a ricercare una protezione dall’alto, un esorcismo che neutralizzi le difficoltà di giornata, come a Livorno malignamente piazzate a ridosso del traguardo. Servirà anche a scacciare il passato perché la Orvieto – Fiuggi è già stata affrontata alla corsa rosa, su di un tracciato perfettamente identico nei chilometri conclusivi a quello odierno, con la salita assai “rompiballe” di Acuto che darà parecchio filo da torcere, come ben ricordano gli sprinter in gruppo il 24 maggio del 1980. Quel giorno, anniversario dell’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale, lo straniero riuscì a passare tra le maglie di un finale che, in vista dell’ultima difficoltà piazzata a 7 Km dall’arrivo, vide all’attacco anche qualche uomo che non ci aspettava come il vecchio Panizza (35 primavere) e il meno anziano Battaglin (29 anni, vincitore del Giro nella stagione successivo). Questi tentativi disorientarono il gruppo, presentatosi comunque compatto sotto lo striscione dell’ultimo chilometro, e fiaccarono i velocisti che non riuscirono a rintuzzare l’estrema sparata dello spagnolo Juan Fernández, partito a 200 metri dal traguardo e vincitore con appena 2” sulla muta scatenata degli inseguitori, impegnata in una volata “sporcata” dalla presenza di uomini generalmente “disarcionati” dai finali più filanti, come Palmiro Masciarelli (5°) e Mario Beccia (10°). Benedizione sì, dunque, ma anche uno veloce scorta ai resoconti di 31 anni fa saranno utili agli sprinter se vorranno primeggiare a Fiuggi, traguardo che si negò loro per un’inezia anche nel 1996 quando, arrivando però da sud, prevalse di appena 4” Enrico Zaina.
Acuto non sarà l’unica difficoltà di una frazione dolcemente beccheggiata e che offrirà diversi trampolini per lanciarsi in fughe da lontano, sin dai chilometri iniziali. Il primo di questi inizierà a circa 4 Km dal via e si concluderà alle porte di Castiglione in Teverina, dopo aver affrontato 4600 metri di strada inclinata al 4,3%. Sicuramente ci saranno corridori che tenteranno di andarsene in questo tratto perché, non essendo previsto nessun GPM in vetta, non saranno ostacolati dalla bagarre tra i pretendenti alla maglia verde, ancora numerosi poiché finora si saranno affrontate solo salite di bassa categoria.
In vista di Castiglione il gruppo varcherà quello che fino al 20 settembre 1870, giorno della Breccia di Porta Pia, era uno degli ultimi ostacoli alla completa unificazione d’Italia, il confine dello scomparso Stato Pontifico. Si scenderà poi nella valle del Tevere, nel tratto nel quale il fiume di Roma si allarga nel lago artificiale di Alviano, realizzato nel 1963 per regolare le acque in uscita dal vicino bacino di Corbara ed oggi divenuto un’oasi WWF popolata da ben 160 specie differenti di uccelli.
Arriverà poi il momento d’affrontare l’unico gran premio della montagna di giornata, un’ascesa di una decina di chilometri spezzata in due tratti da un troncone in lieve discesa. I primi 5200 metri, che saranno i più impegnativi (media del 4,7%, due strappi all’11% e altrettanti al 12%), si concluderanno poco dopo aver attraversato il centro di Bomarzo, famoso per il “Parco dei Mostri”, sorta di Disneyland ante litteram creata nel ‘500 dal signore locale, Vicinio Orsini, allo scopo di sorprendere i propri ospiti, che avevano la possibilità di prendere il fresco in un gazebo forgiato a forma di bocca d’orco spalancata oppure di sfidare la legge di gravità e il senso dell’equilibrio camminando sugli sdrucciolevoli pavimenti della “casa pendente”, inabitabile abitazione che farebbe la gioia dei più irriducibili grimpeur. Più pedalabili i rimanenti 4,4 Km che, con una media del 4,1% e un massimo del 9%, condurrano i “girini” al traguardo della montagna di Soriano nel Cimino, centro situato dei piedi dell’omonimo monte, antico vulcano ammantato da una delle più imponenti faggete d’Italia, erede dell’ancor più estesa “Ciminia Silva”, impenetrabile al punto da aver costituito per molto tempo una barriera naturale all’espansione romana verso l’Etruria. Lassù, nel cuore di quella foresta che accolse l’arrivo di due tappe della Tirreno-Adriatico (vittorie di Gianluca Pierobon nel 1995 e di Filippo Casagrande l’anno successivo), si trova anche quella che lo storico Plinio il Vecchio classificò come “naturae miraculum”, ossia la “rupe tremante”, enorme masso di 250 tonnellate che può essere fatto oscillare senza molta fatica utilizzando un bastone come se fosse una leva.
Breve discesa e poi inizierà un tratto a morbidi saliscendi col quale si aggirerà il Cimino portandosi a Vignanello, località nota – come lascia intuire il toponimo – per la produzione enologica, qui praticata sin dal IV a.C, periodo al quale risale uno “stamnos” (vaso in ceramica utilizzato per conservare i liquidi) ritrovato nella necropoli del Molesino. Il Vignanello era un nettare molto conosciuto e apprezzato, in particolar modo nell’800, e sarà anche – con quelli di Orvieto e di Genzano e col prelibato “Est! Est!! Est!!!” di Montefiascone – uno dei quattro vini citati da Giuseppe Gioacchino Belli nel sonetto “Er vino è ssempre vino”.

“E’ bbono asciutto, dorce, tonnarello,
solo o ccor pane in zuppa, e, ssi è sincero,
te se confà a lo stommico e ar ciarvello.
E’ bbono bbianco, è bbono rosso e nnero;
de Ggenzano, d’Orvieti e Vviggnanello:
ma l’este-este è un paradiso vero!”

Dopo quest’inevitabile ed ebbriante sosta, riprenderà la discesa procedendo in direzione di Civita Castellana, centro d’antichissima origine che prima dell’arrivo dei romani si chiamava Falerii Veteres ed era stato una delle dodici città principali dell’Etruria (la “dodecapoli”) nonché capitale politica e culturale del territorio abitato dai Falisci. Compiendo una visita completa a questa città non si deve mancare l’appuntamento con il museo dedicato alla ceramica, per la quale Civita Castellana rappresenta il principale centro industriale d’Italia.
Un così importante centro non poteva non trovarsi lungo uno dei grandi assi della viabilità romana e, infatti, da lì a poco si passerà sulla Via Flaminia – incominciata verso il 220 a.C. per collegare la capitale a Rimini ed intitolata al console che ne promosse la costruzione, Gaio Flaminio Nepote – che il gruppo imboccherà in direzione di Roma. Inizierà così un’altra tratta in salita, molto dolce (200 metri di dislivello in 10,5 Km e pendenze significative solo nei primi duemila metri), che si concluderà al momento d’abbandonare la Flaminia, proprio ai piedi del Soratte, il “monte di Mussolini”, così chiamato durante il ventennio perché la sua silhouette ricordava, se vista da nord, la testa elmata del duce.
Dopo un lungo e frastagliato tratto in quota, si tornerà a scendere nella valle del Tevere, attraversandolo poco dopo aver sfiorato l’area archeologica di Lucus Feroniae, con i resti di una colonia romana che aveva anche la funzione di centro commerciale e culturale, essendo stata fondata nel luogo dove convergevano in vista dell’Urbe le strade provenienti dalle terre di tre popolazioni, i latini, gli etruschi e i sabini.
Siamo alle porte di Roma, che il giro eviterà bypassandola a oriente. L’impossibilità di traguardare nella capitale nell’anno delle celebrazioni unitarie sarà, però, ricompensata dal passaggio da Mentana, centro legato alla storia della nostra nazione per la battaglia combattuta il 3 novembre del 1867 tra le truppe pontificie, alla fine risultate vincitrici, e l’esercito di volontari capeggiato da Garibaldi che, alcune settimane prima, aveva invaso il Lazio, unico territorio rimasto allo Stato Pontificio dopo la battaglia di Castelfidardo.
Transitati ai piedi della modesta catena dei Monti Cornicolani – così chiamata in epoca romana per il suo profilo, richiamante un paio di corna – si attraverserà il giovane centro di Guidonia, progettato negli anni 30 per accogliere la DSSE (Direzione Superiore Studi ed Esperienze) dell’aeronautica militare e intitolato alla memoria del generale Alessandro Guidoni, scomparso alcuni anni prima in un tragico incidente avvenuto sulla pista dell’aeroporto militare di Montecelio, preesistente alla fondazione di Guidonia.
I “girini” giungeranno quindi a Tivoli ma non saliranno nel centro della virgiliana “Tibur Superbum”, completando così l’aggiramento della capitale e riprendendo con decisione la discesa verso sud, che adesso proporrà i tratti più impegnativi di questa frazione. Saranno tre le tratte da affrontare in ascesa negli ultimi 60 Km, gran parte dei quali si svolgeranno parallelamente al percorso della scomparsa ferrovia a scartamento ridotto Roma – Fiuggi – Alatri – Frosinone, strada ferrata della quale, da più parti, ne è stata invocata la musealizzazione, mentre il tratto tra Paliano e Fiuggi è stato consegnato agli appassionati delle due ruote. Espiantata la massicciata, è stata, infatti, trasformata in una spettacolare pista ciclabile, che offre la possibilità di trovare ricovero, in caso di maltempo, presso le vecchie stazioni restaurate.
La prima salita, una quindicina di chilometri al 2,3%, si concluderà ai piedi di Palestrina, l’antico centro latino di Praeneste, frequentatissima “Lourdes” del periodo imperiale per la presenza del venerato santuario della Fortuna Primigenia, spettacolare complesso strutturato su sei terrazze artificiali.
Non s’incontreranno grosse difficoltà nei successi 18 Km, prevalentemente tracciati in discesa ma con l’intromissione di qualche zampelotto. Il più significativo di questi introdurrà il Giro in Cave, abitato dal quale si stacca una strada che s’insinua tra i Monti Prenestini e si spinge fino alla Mentorella, il più antico santuario mariano del mondo (probabilmente del VI secolo, sicuramente esistente nel X secolo), luogo molto caro all’indimenticato Giovanni Paolo II, che vi salì spesso da vescovo e da cardinale e che ne fece meta di uno dei suoi primi viaggi da pontefice, appena tredici giorni dopo l’elezione.
Superato il corso del fiume Sacco, si tornerà a pedalare all’insù per 5900 metri, tratta inclinata al 3,8% che si concluderà subito dopo aver lasciato la strada per Piglio e gli Altipiani di Arcinazzo, conca carsica che fu visitata dallo scrittore Guido Piovene, rimasto colpito dai profumi di questo luogo che segnalò in una delle sue più celebri opere, quel “Viaggio in Italia” nel quale scrisse “Sull’altopiano di Arcinazzo ho trovato poi i prati più profumati ch’io ricordi. Il profumo era così forte, che mi guardavo intorno, per capire da quale albero provenisse; poi, penetrando nei prati lungo la strada, mi accorsi che un profumo tra la verbena e l’eliotropio saliva a ondate dalle erbe, così violento da stordire e da sembrare innaturale, quasi che le erbe fossero state innaffiate di sostanze odorose”.
Stavolta il tratto di “riposo” in vista della prossima ascesa, che sarà anche l’ultima, sarà limitato. Sei chilometri più avanti si tornerà a pedalare verso l’alto per affrontare il momento più esigente di questa tappa. È la più breve delle tre ascese finali, ma anche la più dura, caratterizzata da un’andatura scalinata nella quale si alternano con frequenza tratti pedalabili ad altri decisamente più aspri, nei quali la pendenza schizza fino al 17%, mentre la media – calcolata su di un tratto di 3,7 Km – si attesta sul 5,6%. Come dimostra la tappa del 1980 recuperare non sarà facile, complici non solo la prossimità del traguardo ma anche le curve del finale che, nonostante siano poche e non difficili, non agevoleranno certo le operazioni. E, come se non bastasse, ci si metterà pure di mezzo il lieve falsopiano che condurrà sul rettilineo d’arrivo.
Per davvero urge la necessità di una benedizione. Se d’acqua termale meglio ancora!

Mauro Facoltosi

MODIFICHE AL PERCORSO
Allungato il finale che sarà meno tortuoso ma più impegnativo per i velocisti, che si troveranno a fare i conti prima con la breve ma secca salita verso Anagni (1,9 Km al 9,5%) e poi quella della galleria di Monte Porciano (5,7 Km al 4,3%), sulla quale si scollinerà a 5 Km dal traguardo. Anche l’ultimo chilometro sarà in lieve ma costante ascesa. Con queste modifiche la lunghezza della tappa passa dagli originari 195 Km a 216 Km.

FOTOGALLERY

Foto copertina: Fiuggi, Fonte Bonifacio VIII (panoramio)

Lago di Alviano (www. flickr.com)

Lago di Alviano (www. flickr.com)

Bomarzo, Parco dei Mostri, Casa Pendente (panoramio)

Bomarzo, Parco dei Mostri, Casa Pendente (panoramio)

Soriano nel Cimino (www.agriturismocasalgrande.com)

Soriano nel Cimino (www.agriturismocasalgrande.com)

La faggeta del Monte Cimino e la rupe tremante (www. flickr.com)

La faggeta del Monte Cimino e la <<rupe tremante>> (www. flickr.com)

Vignanello (www.ghaleb.it)

Vignanello (www.ghaleb.it)

Civita Castellana, Duomo (panoramio)

Civita Castellana, Duomo (panoramio)

Il Monte Soratte visto da Magliano Sabina (www. flickr.com)

Il Monte Soratte visto da Magliano Sabina (www. flickr.com)

Scavi di Lucus Feroniae (www.iterconficere.it)

Scavi di Lucus Feroniae (www.iterconficere.it)

Mentana, ossario dei caduti garibaldini (www. flickr.com)

Mentana, ossario dei caduti garibaldini (www. flickr.com)

Palestrina, Santuario della Fortuna Primigenia (www.archeoguida.it)

Palestrina, Santuario della Fortuna Primigenia (www.archeoguida.it)

La pista ciclabile ricavata sul tracciato dell’ex ferrovia Roma - Fiuggi - Alatri – Frosinone (www.wavelink.it)

La pista ciclabile ricavata sul tracciato dell’ex ferrovia Roma - Fiuggi - Alatri – Frosinone (www.wavelink.it)

Santuario della Mentorella (www.cgu.it)

Santuario della Mentorella (www.cgu.it)

Altipiani di Arcinazzo (www.beroad.it)

Altipiani di Arcinazzo (www.beroad.it)

Fiuggi all’imbrunire (fiuggi.netfirms.com)

Fiuggi all’imbrunire (fiuggi.netfirms.com)

ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI ORVIETO

maggio 12, 2011 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: il commento tecnico alle tappe di montagne, dalla voce di un ex corridore di prestigio che scoprirete tra qualche giorno; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; la rubrica tricolore di N@po; le “perle” dei telecronisti, le previsioni del tempo per la tappa che verrà e il ricordo del Giro del 1961. Seguiteci.

Foto copertina: lo sterrato della tappa di Orvieto (foto Giuseppe De Socio)

GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO

Sudore, polvere, paura. Tutto rosa per Weening”(Gazzetta dello Sport)

Giro, altra brutta caduta. Di Luca: «Non è ciclismo» (Corriere dello Sport – Stadio)

Weening wins to take lead in Giro (The Independent)

UCI president Pat McQuaid to investigate technology following death of Wouter Weyland (The Daily Telegraph)

«Mon Giro est déjà réussi» (L’Equipe)

Coup double pour Weening 11/05 (Le Monde)

Contador: “Me dedico al ciclismo, no al ciclocross” (AS)

Weening gana la etapa del ’sterrato’ (Marca)

Weening (Rabobank) se impone en la quinta etapa y se sitúa nuevo líder (El Mundo Deportivo)

Pieter Weening endosse le maillot rose (Le Soir)

Coup double pour Pieter Weening sur le Tour d’Italie (Sud Presse)

Pieter Weening endosse le maillot rose (L’Avenir)

Weening bezorgt Nederland eerste Giro-rit in 12 jaar (De Standaard)

Coup double pour Weening(La Dernière Heure/Les Sports)

Nooit meer rugnummer ‘108′ in de Giro (Het Nieuwsblad)

Dubbelslag Weening (De Telegraaf)

Weening Leads Giro, Slagter Fractures Jaw (The New York Times)

Pieter Weening wins fifth stage to take Giro lead (USA Today)

Millar loses Giro lead to Weening (Herald Sun)

Weylandt’s devastated team pulls out of race(The Age)

Pieter Weening attacks to take stage and pink (The Australian)

Crashes mar return to racing (The Daily Telegraph – Australia)

BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.

Prima della corsa

Hotdogbr: non sarà una nuova Montalcino, ci sarà bel tempo e le salite sono meno dure, piuttosto negli ultimi 3 km inizieremo a capire chi sta bene e chi no come nel 2002 quando vinse Aitor Gonzalez su Casagrande e Simoni, peraltro l’arrivo è leggermente più duro di 9 anni fa

N@po: Però ci sono discese sterrate e 20km sterrati in due settori. 200 corridori si selezionano inevitabilmente su strade del genere. Metà degli scalatori oggi salteranno se i passisti decidono di fare la corsa vera.

Ceemo: Io mi aspetto una tappa avvicente, non come Montalcino ma sicuramente diversa dal solito.
Penso però che i favoriti non attaccheranno in prima persona.

Dopo la corsa

Mauro Facoltosi: Di Luca si è lamentato del percorso. Siete d’accordo?

Pedale Pazzo: Gran bel polverone.
Sinceramente non sono un fan di queste tappe in un grande giro, anche se ovviamente ne esce sempre una corsa movimentata.
Oggi a dire il vero non è successo un granchè, mi aspettavo una fuga ma non di certo solitaria del comunque coraggiosto Kholer. Il percorso non mi è sembrato particolarmente pericoloso, ha causato più problemi a moto e macchine che alle bici (qualche foratura a parte, ma neanche tante). Sullo strappetto finale verso Orvieto non ci si poteva aspettare nulla di più, 600 metri non bastano per fare la differenza anche se Scarponi ci ha provato.

Hotdogbr: è innegabile che il percorso fosse pericoloso al di là del fatto che la caduta di Slagter è avvenuta sull’asfalto, ed è per questa ragione che i vincitori morali della tappa sono Anton, Pozzovivo e Sastre che erano più a rischio di altri ma sono arrivati con i migliori o hanno limitato i danni, in particolare il basco ha dimostrato di essere qui per la classifica e non solo per le tappe, alla fin fine tutti i big erano davanti e hanno perso terreno solo Machado giunto a 3′03” e, se lo consideriamo tale, Rujano giunto a 5′16”. Weening non è una sorpresa, è arrivato 6° al Romandia ed è adatto a questi percorsi, va riconosciuto alla Rabobank che si presenta al Giro con squadre deboli ma ben preparate, vedi il successo di Menchov nel 2009 e i 4 uomini nei primi 24 della generale nel 2010. Bravissimo Gatto, unico dei non uomini di classifica a essere arrivato nel primo gruppo

Gnaldi: Mah, a mio parere è meno pericoloso lo sterrato che l’asfalto. Di Luca non mi piace particolarmente, men che meno quando tira acqua al suo mulino.

Howling Wolf14: A me Di Luca non è mai piaciuto, non mi è mai stato simpatico, ma quando qualcuno dice la verità non posso che essere con lui. Lo sterrato di oggi era un’esagerazione. Non è possibile inserire sterrati a iosa in una corsa a tappe. Chi fora deve perdere 2-3 minuti per ritrovare una ruota. Senza contare i rischi. Stanno bene gli sterrati in salita, ma in discesa sono una bestemmia.
Le corse su sterrato, o almeno con lunghi tronconi sterrati, vanno lasciati alle categorie cicloturistiche, dove non hai da guadagnare la pagnotta e puoi anche scendere a 30 all’ora, oppure devono essere rigorosamente in linea. In una corsa a tappe non vanno bene. Può esserci l’eccezione di un anno, o magari di un breve sterrato di pochi chilometri, ma non deve passare questa moda. Se si organizza la corsa “strade bianche” va benissimo, si invitano gli specialisti o comunque chi si appassiona a questo genere di corse e finisce lì. Se uno fora o cade ha perso soltanto quella giornata e… morta lì. Una corsa a tappe, invece, corre il rischio di essere falsata. Che sarebbe successo se oggi avesse forato Nibali oppure Contador oppure Menchov e non fosse riuscito a rientrare per aver dovuto aspettare 2 minuti l’ammiraglia. Non si può lasciare che una corsa a tappe venga decisa dal caso. Non è possibile che un corridore si prepari per un anno e che poi tutti i suoi sforzi vengano vanificati dalla ghiaia. Va bene lo spettacolo, ma la corsa non va falsata.
Bene una tappa con qualche tratto sterrato. Ma una. E lo sterrato non deve comprendere discese. Come quelle di oggi. Un cicloturista che trova uno sterrato in discesa tira i freni e scende a 20 all’ora, un professionista se vuol guadagnare qualcosa deve scendere a 60 all’ora. Vale la pena correre questi rischi e correre il rischio di falsare la classifica solo per vedere lo spettacolo della polvere? Vale la pena?

Howling Wolf14: Scusa Naldi, Di Luca non piace neanche a me. Però non capisco una cosa: qual è il mulino di Di Luca?

Gnaldi: Intendevo dire che vorrebbe le tappe come piacciono a lui…
Sono d’accordo solo in parte. Lasciando da parte il fatto che un gran numero di giri è stato corso su salite e strade sterrate, sono ancora convinto che si rischia meno su uno sterrato che sull’asfalto, non fosse per altro che necessariamente uno deve limitare la velocità.
Riguardo alle forature, beh, non vedo cosa ci sia di male se dovesse rimanere una componente di
imponderabilità nelle corse.

N@po: Straquoto e mi auguro di vedere sempre una tappa come questa fatta di vero ciclismo (cioè di corridori sparpagliati e di polvere) e certamente meno pericolosa (in relazione a rischi di incidenti gravi) delle tappe normali. Complimenti ai corridori (voto 10) che l’hanno interpretata con il giusto agonismo e a Zomegnan (voto 10 e lode) per averla inserita.

Paolo Vitale: Sarò anche polemico, ma guardando la tappa di oggi, mi è sembrato il minimo dar raggione alle dichiarazioni di Danilo Di Luca, loro sono ciclisti da strada e non vale la pena fargli correre rischi inutili solo per variare una tappa. Io sono contro lo sterrato sembrava una gara di MTB fatta con mezzi non idonei

N@po: I rischi oggi li han corsi sull’asfalto con 16 corridori caduti prima degli sterri, in una tranquilla fase di trasferimento, più uno nel finale causa impatto con massaggiatore. Sullo sterrato, proprio per la minore sicurezza, i corridori hanno aumentato il proprio margine di errore abbassando la velocità e le cadute sono state poche, malgrado un tratto in discesa decisamente estremo e la bagarre dovuta al finale di corsa.
Inoltre sullo sterrato la minore velocità e l’intrinseca scivolosità della superficie azzerano il rischio di ribaltamenti e quindi di cadute veramente pericolose.
Inoltre la velocità ridotta aumenta i margini di reazione dei corridori abituati a reagire su velocità maggiori (e quindi in spazi minori) con ulteriore riduzione del rischio di cadute non controllate.
E’ naturale che i corridori si sentano meno sicuri sullo sterrato (non lo praticano normalmente e l’effetto di assenza di grip non è piacevole) e che percepiscano un maggiore rischio dovuto ad una sensazione di minor equilibrio, ma appunto, il loro timore e la forzata velocità ridotta fanno dello sterrato un fondo decisamente meno pericoloso dell’asfalto.
E le due tappe con sterrato degli ultimi due giri sono li’ a dimostrarlo statisticamente senza possibilità di discussione (tante cadute su asfalto poche sullo sterrato in entrambi i casi).

Salitepuntocià: Hai ragione, io l’ho già scritto sulla Roubaix questo concetto. Il pavè e lo sterrato son ALTRE SPECIALITA’ DEL CICLISMO, piu parenti colla MTB, o IL CICLOCROSS , non vanno inserite nelle gare a TAPPE di ciclismo su strada. Hai ragione a dire che si puo fare la strade bianche, corsa di un giorno, cosi come la roubaix, appunto per specialisti, ma non devono essere inseriti in un G T
Di questo passo magari il prossimo anno faranno al posto de prologo, un AMERICANA SU PISTA DI 50KM con 200 in pista…

Howling Wolf14: Io penso, anzi spero che sia una moda. Lasciamo questa sbornia, poi credo che nel giro di qualche anno le cose torneranno alla normalità. Forse non sono stato abbastanza chiaro, o magari non ho trascritto correttamente il mio pensiero, ma al di là dei rischi che possono esserci stati la cosa che più m’infastidisce è che qualcuno corra il pericolo di buttar via una corsa solo perché non può usufruire di un tempestivo cambio di ruota. Non è giusto, secondo me, creare le condizioni affinché la componente della fortuna diventi preponderante, o addirittura decisiva, rispetto a quella tecnica. In nome di che cosa? Di qualche chilo di polvere? Non ci potrebbe bastare quello della “Strade bianche”? Vogliamo che da oggi in poi tutte le corse professionistiche si svolgano in parte su sterrato? Non so, chiedo, tanto per aver chiara la situazione?

N@po:
Il cambioruota si può fare in moto, tipo Zoncolan, senza nessun problema. Lo sterrato è un fattore tecnico della corsa come le salite, le discese, gli asfalti sciolti dei pirenei, il pavè e quantaltro. Sterrato che risulta essere meno pericoloso dell’asfalto e che esalta lo spettacolo sia dal punto di vista tecnico (in quanto rallentando la velocità, e con la polvere, si riduce l’effetto scia e si crea la selezione per chi resta intruppato nel gruppo) con lo sparpaglio classico dei corridori su questi tratti, sia da quello paesaggistico\televisivo che risulta essere enormemente superiore.
Una volta evitate discese esagerate (che richiedono\richiederebbero un allenamento specifico che molti colpevolmente non hanno) lo sterrato non mi pare che abbia controindicazioni anzi: E’ CERTAMENTE MOOOLTO più sicuro di una discesa tecnica di un normale tour o giro.

Jack.ciclista: Un grande giro deve avere difficoltà di tutti i tipi, qui mi trovi d’accordo, l’importante è non esagerare ma bilanciale in manera del peso che possono avere sulla corsa.
Quanto alla discesa su sterrato, quelle che ho fatto all’Eroica ti garantisco che mi hanno impegnato parecchio! Fatte con una mtb o anche con una city bike sarebbero state normali, ma la bici da corsa, pur con ruote da 25, ti garantisco che a velocità appena sostenuta va dove vuole lei.

Patavium82: Ieri sentivo qualcuno al Processo dire: “Le discese sterrate risultavano pericolose anche perchè molti avevano le ruote ad alto profilo perchè sarebbe stato troppo svantaggioso usare ruote diverse nella parte di percorso precedente”.

Ma benedetto ragazzo, va bene tutto, ma davvero per percorrere un centinaio di km di pianura-vallonato, quasi sempre coperto o a ruota, hai bisogno assoluto dell’alto profilo in carbonio ultrarigido? Ecco, io credo che i corridori abbiano preso sottogamba la tappa di ieri anche da questo punto di vista.
Sono d’accordo, comunque, nel limitare lo sterrato per quanto possibile a tratti di salita e pianura, evitando discese impegnative.

N@po: Infatti io eviterei discese pronunciate. Il mio raffronto è tra lo sterrato in pianura o al più leggera discesa e le normali discese su asfalto. Il rischio di una normale discesa su asfalto è molto maggiore di un tratto sterrato pianeggiante. Quindi o si discutono le discese, oppure si evita di veicolare l’idea generica dello sterrato pericoloso.

Howling Wolf14: Secondo me, le questione tecniche vanno valutate e decise in maniera estremamente razionale, dopo lunghe riflessioni, rodaggi. E bisogna porsi anche un quesito sulle finalità che ci si pone. La valutazioni sulla spettacolarità sono sempre emotive e poco approfondite. E, in ogni caso, la spettacolarità non deve mai andare a inficiare con l’aspetto tecnico.
Gli eccessi a me non sono mai piaciuti. Secondo me la tappa su sterrato dello scorso anno è stata bellissima. Ma è stata bellissima perché era un’una tantum.
Se lo scopo finale è fare in modo che si creino distacchi di altri tempi allora credo che basterebbe essere più decisi e meno ipocriti e fare un ritorno al passato completo, integrale, se si vuole riassaporare il gusto dell’epopea del ciclismo. Niente cambio di bicicletta con i gregari, niente ammiraglie, niente cambio-ruote, ciclisti con la pompa e con i tubolari sulle spalle. Se proprio dobbiamo lasciare le cose al caso, non ci resta che tornare al passato più pieno. Sennò facciamo le cose a metà. Perché no, allora?

Gibosimoni: A mio parere ha ragione Nibali: lo sterrato era rischioso e difficile, ma le tappe sono state create ormai mesi fa, il tempo per le revisioni c’era. Se uno sceglie di fare il ciclista e di correre un giro, deve mettere in conto anche questo.

con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)

BIANCO, ROSSO E VERDE

Rubrica semiseria sul Giro 2011, a cura di N@po che giornalmente assegnerà le maglie secondarie ai protagonisti della corsa rosa.

Maglia Bianca: Di Luca arriva attardato e senza sella e si lamenta di
brutto. Informato del fatto, il “Salbaneo” replica: “non potevo mica aspettarlo!”

Maglia rossa: Millar e Vicioso: incontri ravvicinati di un certo tipo… meglio evitarli…..

Maglia verde: sterri, polvere, ghiaia, forature e fossati (che spettacolo! Zomegnan voto 10) e dunque ti aspetti i passistoni ed invece guardi l’ordine di arrivo ed ecco secondo Duarte e terzo Serpa… que viva Colombia!!!

METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Orvieto – Fiuggi

Orvieto: cielo sereno, 23,4°C (percepiti 25°C causa vento), venti deboli da NNE (5 Km/h), umidità al 39%
Soriano nel Cimino – GPM (Km 41,7): cielo sereno, 24,5°C (percepiti 26°C causa vento), venti deboli da N (5 Km/h), umidità al 35%
Fiano Romano – rifornimento (Km 96,5): cielo sereno, 26,8°C (percepiti 29°C causa vento), venti deboli da WSW (8 Km/h), umidità al 33%
Cave – T.V. (Km 159,8): poco nuvoloso, 23,7°C (percepiti 25°C causa vento), venti moderati da W (10-15 Km/h), umidità al 40%
Fiuggi: poco nuvoloso, 21,5°C, venti moderati da NW (12 – 13 Km/h), umidità al 40%

I MISTERI DELLA CASSAPANCA

Anche quest’anno spazio agli strafalcioni dei telecronisti

Gli strafalcioni di lunedì (prima della caduta)

Bartoletti: “Tifosi estemporaneizzati dal bianco e nero”
Martinello: “Alla fine della discesa mancano 13 Km all’arrivo” (erano sul Bocco, ne mancavano quasi 25)
Frase sentita al TG che interrompe la diretta: “matematicamente per assurdo”
De Stefano: “Torniamo da Rapallo” (dove stai andando Alessandra?)
Pancani: “Ricci Bicci” (Ricci Bitti)
Savoldelli: “Ricci Britti” (sto povero ragazzo comincia a soffrire di crisi d’identità)
Savoldelli: “A detto del suo direttore sportivo”
Savoldelli: “Corre in biciclette” (quattro gambe?)
Pancani: “Via di stamani a Reggio Emilia” (partivano alle 12.55)
De Luca: “Dall’Antona” (Dall’Antonia)
Piacente: “Ce l’abbiamo messa tetta
Pancani, dando la linea a De Luca: “Vai, Luca”
Televideo RAI: Declercq (De Clercq), Angel Arcos Viciosos (Viciosos Arcos), Javier Moreno Bazan (Daniel Moreno Fernandez), Davide Vigano (Viganò), Mickael Cherel (Mikael)

Gli strafalcioni di oggi

Savoldelli: “La saliva di Saragiolo”
De Luca: “Abrasioni sulla gamba destra, il lato con cui ha battuto la gamba sull’asfalto” (lato di cosa?)
Pancani: “Premazioni”
Savoldelli: “Siamo nel caos dietro al gruppo” (come ci sei entrato?)
Cassani: “Grandi capacità di guide”
Pancani, a proposito della tappa di Montalcino 2010: “Quella che l’anno scorso era sta presentata come una novità” (e il Finestre, il Catria e le due cronoscalate al Plan dove le metti?)
De Luca: “Le prime salite che portano allo sterrato” (ce ne era una sola)
Pancani: “Dario Cataldi” (Cataldo)
Pancani: “Due uomini che vedete adesso inquadrato”
De Stefano: “Pietro Plastina del mondo di web” (il Mondo di Web, nuova testata di informatica applicata al ciclismo?)
Televideo: “Peter Weening” (Pieter), “Joaquin Rodríguez” (Joaquim), “Kruijwijk” (Kruijswijk).

I TITOLI DELL’UNITA’

Ecco come l’Unità presentò ai propri lettori le gesta dei partecipanti al Giro del Centenario dell’Unità (1961). Altimetrie e grafice dal nostro personale archivio (in corso di aggiornamento), accessibili selezionando dal menù a discesa sotto la voce “Altimetrie storiche GT” (in alto a sinistra)

A PALERMO VINCE PROST
Riprende il dominio straniero nel “Giro d’Italia”
La lunga, vittoriosa fuga dei sette (tra i quali tre uomini di Van Looy) – Poblet ha superato una crisi – Un’attacco di Battistini sventato – Oggi riposo

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ARCHIVIO ALMANACCO
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1a tappa Venaria Reale – Torino
2a tappa Alba – Parma
3a tappa Reggio Emilia – Rapallo
4a tappa Genova Quarto dei Mille – Livorno

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