CAVENDISH RITROVA IL SUCCESSO IN CALIFORNIA
Annata magra per il velocista australiano, che stanotte ha conquistato sul traguardo di Sacramento il suo terzo successo stagionale. La sua volata ha inaugurato la quinta edizione del Tour della California, che vedrà in gara diversi corridori di primo piano. Il nome più altisonante è certamente quello di Lance Armstrong, che pare adombrare – anche se le sue possibilità di vittoria finale sono ridotte al lumicino – quelli di corridori del calibro di Cancellara e Andy Schleck.
Nella notte italiana ha preso il via da Nevada City l’Amgen Tour of California, con una tappa di 170 km che ha portato il plotone a Sacramento. Nel circuito finale disegnato sulle strade della capitale della California, la HTC-Columbia ha preso in mano le operazioni di avvicinamento del plotone compatto, impedendo iniziative estemporanee e consegnando la vittoria a Mark Cavendish, che non ha dovuto far altro che oltrepassare la linea a braccia alzate.
Alle spalle del ritrovato velocista inglese si sono piazzati Juan Josè Haedo e Alexader Kristoff, mentre il primo italiano a giungere sulla linea d’arrivo è stato Francesco Chicchi, 19°. Nelle fasi finali della tappa si è verificata la caduta di Tom Boonen che, benché acciaccato, è riuscito a tagliare il traguardo.
La corsa americana, nonostante la concomitanza con il Giro d’Italia, vanta nella starting list ciclisti di livello eccelso. Oltre al vincitore di giornata e al già citato Tom Boonen, troviamo Hincapie della BMC, Bos e Haussler della Cervelo, Boom della Rabobank, Eisel della HTC-Columbia, Breschel, Cancellara e Andy Schleck della SaxoBank e l’intero blocco Radioshack, non presente alla corsa rosa e arrivato in California con una vera macchina da guerra. L’Italia è rappresentata dalla Liquigas con Bellotti, Chicchi, Cimolai, Quinziato, Santaromita, Viviani, lo slovacco Sagan e il danese Vandborg. È italiano anche Davide Frattini, che milita nella squadra americana Team Type 1.
Completano la starting list squadre americane, canadesi e australiane di seconda e terza fascia.
Mario Prato

Cavendish ottiene il suo terzo successo stagionale a Sacramento (foto Jonathan Devich/epicimages.us)
16-05-2010
maggio 17, 2010 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
GIRO D’ITALIA
Il danese Chris Sorensen (Team Saxo Bank) si è imposto nell’ottava tappa, Chianciano – Monte Terminillo, percorrendo 189 Km in 4h50′48″, alla media di 38,996 Km/h. Ha preceduto di 30″ l’italiano Simone Stortoni (Colnago-CSF Inox) e di 36″ lo spagnolo Tondo Volpini. Maglia rosa è il kazako Alexandre Vinokourov (Astana), con 1′12″ sull’australiano Evans e 1′33″ sull’italiano Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo).
AMGEN TOUR OF CALIFORNIA
Il britannico Mark Cavendish (Team HTC-Columbia) si è imposto nella prima tappa, Nevada City – Sacramento, percorrendo 167,8 Km in 4h04′46″, alla media di 41,133 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’argentino Juan Jose Haedo e il norvegese Kristoff. Miglior italiano Francesco Chicchi (Liquigas-Doimo), 19°. Lance Armstrong (Team Radioshack) è 66°.
La prima classifica vede in testa Cavendish con 4″ su Haedo e 6″ su Kristoff. Chicchi è 23° a 10″, Armstrong 69° a 10″.
TOUR DE PICARDIE
Il francese Jimmy Casper (Saur-Sojasun) si è imposto nella terza ed ultima tappa, Crépy-en-Valois – Sissonne, percorrendo 174 Km in 4h02′06″, alla media di 43,122 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo spagnolo Fernandez e l’italiano Danilo Napolitano (Team Katusha). Il britannico Ben Swift (Sky Professional Cycling Team) si impone in classifica con 7″ su Fernandez e 10″ sull’australiano Davis. Miglior italiano Marco Marcato (Vacansoleil Pro Cycling Team), 28° a 35″.
FLÈCHE DU SUD (Lussemburgo)
Il tedesco Ralf Matzka (German National Team) si è imposto nella quarta ed ultima tappa, Pétange – Esch sur Alzette, percorrendo 161 Km in 3h56′51″, alla media di 40,785 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’ucraino Dementyev e il bielorusso Usov. Miglior italiano Ivan Belotti (Kalev Chocolate Team – Kuota), 16° a 5″. Il danese Lasse Bøchmann (Glud&Marstrand-LRO Radgivning) si impone in classifica con 7″ sul connazionale Christensen e 3′18″ sull’olandese De Jonge. Miglior italiano Belotti, 10° a 3′57″.
DOBLE SUCRE POTOSI’ – GP CEMENTO FRANCESA (Bolivia)
Il boliviano Oscar Soliz (Ebsa) si è imposto nella quinta ed ultima tappa, circuito a cronometro di Sucre, percorrendo 35 Km in 52′29″, alla media di 40,012 Km/h. Ha preceduto di 1′14″ e 1′17″ i colombiani Niño e Camargo. Soliz si impone in classifica con 2′23″ e 5′07″ su Niño e Camargo.
RHÔNE-ALPES ISÈRE TOUR
L’irlandese Sam Bennett (Velo Club La Pomme-Marseille) si è imposto nella quarta ed ultima tappa, St Maurice l’Exil – Charvieu-Chavagneux, percorrendo 150,9 Km in 3h35′20″, alla media di 42,046 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Van Dijck e il francese Pichon. Il francese Jeróme Coppel (Saur – Sojasun) si impone in classifica con 1′40″ sul connazionale Baldo e 1′45″ sul russo Firsanov.
TOUR OF JAPAN
L’australiano Michael Matthews (Team Jayco – Skins) si è imposto nella prima tappa, circuito a cronometro di Sakai, percorrendo 2,65 Km in 3′14″, alla media di 49,175 Km/h. Ha preceduto di 6″ il corridore di Hong Kong Lok Cheung e di 7″ il giapponese Mori. Miglior italiano Claudio Cucinotta (De Rosa – Stac Plastic), 5° a 11″.
FROSINONE – CAVA DE’ TIRRENI: LA “QUASI” QUIETE DOPO LA TEMPESTA
Giornata interlocutoria per i corridori, impegnati nella trasferta più meridionale del “Giro” d’andata, prima che inizi la lenta risalita verso le Alpi. Percorso facile, dunque, ma non è “tutto oro quel che luce” poiché un’insidia ci sarà e non di poco conto, almeno per i velocisti. Il finale, infatti, sarà in dolce ascesa e gli sprinter meno resistenti potrebbero perdere con facilità le ruote del gruppo. Difficile che su questo percorso si lascino sorprendere gli uomini che contano, ma non si può mai dire: le distrazioni sono sempre dietro l’angolo e negli ultimi chilometri si potrebbe pagare una partenza a tutto gas, favorita dall’assenza di difficoltà, a parte qualche lieve zampellotto, lungo tutto il tracciato della Frosinone – Cava de’ Tirreni.
“La quiete dopo la tempesta” è una frase piuttosto inflazionata tra i commentatori di percorsi ma ben si adatta a frazioni come quella predisposta tra Frosinone e Cava de’ Tirreni, ideale ponte tra il centro e il meridione d’Italia. Oggi il Giro, o meglio i suoi partecipanti, si leccherà le ferite delle tempeste scoccate sugli sterrati del senese prima e sul Terminillo poi e questa giornata scorrerà sui consueti binari delle tappe di trasferimento. La norma in simili frazioni, almeno qui al Giro, parla di partenze al rallentatore e di medie da crociera nelle fasi iniziali e centrali, prima di un loro vertiginoso aumento nelle battute conclusive. L’eccezione che conferma la regola, invece, è data dall’edizione dello scorso anno quando, forse in omaggio al centenario, quasi tutte le tappe sono state interpretate al massimo, con autentiche partenze-razzo, nelle quali si viaggiava a tutto gas, spesso sfiorando i 50 Km/h nelle primissime ore di gara. Una simile condotta applicata sulla rotta per la Campania potrebbe fare male nel finale e questo spiega quel quasi virgolettato che campeggia nel titolo. La nona tappa presenterà un percorso facile, prevalentemente pianeggiante e a radi tratti mollemente vallonato, ma gli ultimi chilometri di gara saranno all’insù: si comincerà a salire quando mancheranno 6 Km all’arrivo e si smetterà nei pressi dello striscione degli ultimi 1000 metri, superando una lieve ma non trascurabile pendenza che sicuramente provocherà selezione, seppur leggera. A pagare saranno quei velocisti che mal digeriscono le difficoltà poste a ridosso dei finali e, in caso di velocità elevate sin dal mattino (oltre a quelle alle quali di norma si viaggia nei finali di gara), anche qualche grosso nome potrebbe perdere le ruote del gruppo. Nemmeno per le squadre degli sprinter che rimarranno davanti sarà facile tener cucita la corsa, perché la “puzza” del traguardo farà venire l’acquolina in bocca a qualche finisseur, che potrebbero tentare di scompaginare le carte ai treni negli ultimi due-tre chilometri.
La carovana si metterà in moto nel cuore di Frosinone, il capoluogo della Ciociaria, nome col quale sono abitualmente identificati i territori laziali situati a sud-est di Roma. Per oltre 100 Km si pedalerà costantemente sulla SS 6, uno dei principali assi stradali d’Italia, che ricalca le rotte della Via Casilina, la strada consolare che conduceva dalla capitale dell’impero a Casilium (l’odierna Capua), dove si congiungeva con la storica Via Appia. In queste fasi l’itinerario che compiranno i “girini” sarà lo stesso che effettuarono, ma nell’altro senso di marcia, i partecipanti alla prima edizione del Giro, nel corso della tappa che da Napoli portava a Roma, dove giunse primo il futuro vincitore assoluto Luigi Ganna. Le principali difficoltà di quella frazione, a parte l’onnipresenza degli sterrati, erano costituite da una serie di brevi strappetti che si affrontarono in vista di Frosinone e che stavolta s’incontreranno subito dopo il via, entro i primi 6 Km di gara. In questo tratto si transiterà ai piedi del colle di Ripi, il paese natale di Franco Vona, il più famoso dei professionisti ciociari, che ricordiamo vincitore delle tappe di Sulmona e Corvara al Giro d’Italia del 1992, da lui concluso al sesto posto, a 11’12” da Miguel Indurain.
Raggiunta Ceprano la Casilina cambia bruscamente direzione puntando verso il gruppo del Monte Cairo, massiccio che deriva il nome dal santuario greco di Claro, sede di uno degli oracoli del Dio Apollo, al quale era dedicato un tempio eretto nel luogo dove oggi sorge l’abbazia di Montecassino. Procedendo parallelamente alle pendici della catena il Giro 2010 riprenderà la marcia verso il suo estremo vertice meridionale e sfiorerà il centro di Aquino, che molti confondono col paese natale di SanTommaso d’Aquino, il “Doctor Angelicus” della Chiesa Cattolica, in realtà originario della vicina Roccasecca, comune che era un feudo della sua famiglia, i conti d’Aquino. Altri ricordi religiosi saranno offerti dal prossimo passaggio per Cassino, dominanta dalla celebre abbazia fondata da San Benedetto da Norcia nel 529 e la cui storia passò attraverso una lunga serie di distruzioni e ricostruzioni: non patì, infatti, solo il celebre bombardamento dell’ultima guerra, ma anche le scorribande di longobardi e saraceni e pure due violenti terremoti, entrambi avvenuti nel 1349 e che devastarono l’intero arco appenninico, da Perugia a Napoli.
Ancora una dozzina di chilometri sul suolo laziale e poi si passerà in Campania, mentre l’altimetria offrirà una momentanea e fugace ravvivata. In questo tratto l’ostacolo più rilevante sarà rappresentato da una dolce salitella di 3 Km (pendenza massima 7%) che si concluderà dinnanzi al sacrario dedicato alle battaglie di Monte Lungo, combattute nel 1943 e che rappresentarono le prime azioni del nuovo esercito regolare italiano. Per un curioso scherzo del destino, la storia della rinascita della nostra nazione dopo gli anni del fascismo e dell’occupazione nazista passò per le stesse terre dove, quasi ottant’anni prima, accadde uno degli storici episodi del risorgimento e del cammino verso l’Unità d’Italia. Di lì a poco, infatti, sì transiterà dalla Taverna della Catena, che molti storici hanno individuato come il luogo dello storico incontro tra re Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi, atto conclusivo della spedizione dei Mille.
Ora il tracciato della nona frazione, che nel tratto laziale era fiancheggiato solo su di un lato dalle montagne, s’infilerà nel canale che separa la catena dei Monti Trebulani (dall’antico centro di Trebula Baliniensis, sorto nel IX sec. a.C., circa cento anni prima della fondazione di Roma) dal vulcano di Roccamonfina, estintosi 50000 anni fa ma non quiescente del tutto. L’antica attività eruttiva è oggi rammentata da lievi movimenti tellurici e, soprattutto, dalla presenza di sorgenti termali. È in questa zona che sgorga la nota acqua oligominerale Ferrarelle, imbottigliata a Riardo in uno stabilimento costruito su terreni che nel medioevo erano di proprietà dell’Abbazia della Ferrara (da qui il nome dell’acqua), sita nella vicina Vairano Patenora, e che, secondo una leggenda, sarebbero abitati dai pacifici fantasmi degli antichi monaci.
All’uscita di questo tratto inframontano la Casilina sfiora l’area archeologica di Cales, la più importante città degli Aurunci, che ha dato il nome al vicino centro di Calvi Risorta e alla sua piccola ma ricca frazione di Calvi Vecchia, nella quale è possibile ammirare una notevole cattedrale romanica e, raggiungibile a piedi con un’escursione di un’ora circa, la grotta dei Santi, internamente affrescata tra il X e l’XI secolo.
Il “matrimonio” tra la Casilina e l’Appia avviene al margine della “Terra di Lavoro”, vasta area pianeggiante percorsa dal fiume Volturno e un tempo paludosa e malarica. Ingenti opere di bonifica donarono la fertilità a queste terre – oggi famose sopprattutto per gli allevamenti di bufali e per le mozzarelle – ma non il nome poiché il termine “lavoro” è in realtà d’origine più remota e fa riferimento all’antico popolo dei Liburi. I trascorsi malarici di queste terre sono ancora evidenti nella disposizione dei centri più antichi e carichi di storia, fondati ai margini di quest’area, dopo la pianura si fonda con le prime pendici del monte Tifata. È in quella fascia che s’incontrano Capua e Santa Maria Capua Vetere, corrispondenti la prima all’antico centro di Casilium e la seconda alla Capua originaria, definita da Cicerone “l’altra Roma” per essere stata per lungo tempo la più importante città dell’impero dopo la capitale. A Santa Maria sono ancora visibili le vestigia dell’antico centro, tra le quali l’arco dedicato all’imperatore Adriano, sotto il cui fornice i corridori impegnati nel 93° Giro d’Italia transiteranno con un pizzico d’attenzione per non incappare nel tremendo capitombolo che qui accadde al Giro del 1988. Se le medie saranno elevate i “girini” avranno quasi l’impressione di viaggiare sulla DeLorean, la mitica macchina del tempo di “Ritorno al Futuro”: basteranno 6 chilometri per essere sbalzati di quasi 1800 anni, dai tempi degli antichi romani agli anni dell’erezione della Reggia di Caserta, progettata da Lodewijk van Wittel, architetto figlio di genitori olandesi che, trasferitisi nel Belpaese, provvidero ad italianizzargli il nome in Luigi Vanvitelli.
La cavalcata attraverso i secoli continuerà nei successivi 7 Km che colmeranno il gap tra l’epoca borbonica e i giorni nostri. Al passaggio per Maddaloni il pensiero non potrà non innalzarsi alla memoria di Don Salvatore d’Angelo, il sacerdote che nel 1947 vi fondò il “Villaggio dei Ragazzi”, struttura dove furono accolti numerosi ragazzi orfani, poveri, abbandonati ed emarginati: “ragazzi di strada”, insomma. Anche il Giro, nonostante i suoi 101 anni d’età, può definirsi tale e come tale è stato più volte ospitato dal “Villaggio dei Ragazzi”, in occasioni di soste che lasciarono il solco sulla corsa, non solo moralmente ma anche fisicamente: nel 1985 e nel 1995 ebbero come capolinea a Maddaloni due cronometro che furono conquistate da coloro che, due settimane più tardi, indosseranno la maglia rosa finale (Bernard Hinault e Tony Rominger); nel 2000 fu nella tappa di Maddaloni, disputata in linea stavolta, che s’incappò nell’ultima grande giornata di maltempo della corsa rosa, caratterizzata da un violentissimo nubrifragio che si rovesciò sugli ultimi chilometri di gara, provocando anche un piccolo smottamento sulla strada che, proprio in quel momento, stavano percorrendo i “girini”.
Il Giro punterà ora verso il Vesuvio, sul quale l’anno scorso la corsa rosa aveva battuto gli ultimi palpiti. Sono passati 1931 anni dalla distruzione di Pompei ma incute ancora timore lo “Sterminator Vesevo”, la cui attività non è terminata. L’ultima eruzione risale al 1944 e i vulcanologi affermano che, prima o poi, terminerà l’attuale stato di quiescenza e, quando ciò accadrà, è molto probabile che si verifichi un evento simile a quello del 79 d.C.
Il tracciato della tappa solcherà le strade dell’Agro Nolano, il corridoio pianeggiante che isola il Vesuvio dalla catena appenninica, transitando per i centri di Marigliano, Nola e Palma Campania. È proprio Nola, come lascia intuire il nome, il centro principale di quest’area, importante fin dall’epoca romana, quando fu insignita della dignità senatoriale, potendosi così fregiare dell’insegna “S.P.Q.N.”. Oggi è invece nota come “patria delle campane”, secondo la tradizione inventate dal locale vescovo San Paolino, al quale è dedicata la spettacolare “Festa dei Gigli”, la più nota manifestazione nolana, che si celebra la domenica più prossima al 22 giugno e nella quale sono portati in processione i “gigli”, complesse opere architettoniche di cartapesta che possono essere alte fino a 25 metri. Dal 1986 Nola è diventata famosa anche per il C.I.S. (Centro Integrato Servizi), il maggior polo distributivo di merci in Italia e tra i principali al mondo, inaugurato nel 1986 e presso il quale si concluse una tappa del Giro del 1990, vinta allo sprint da Stefano Allocchio, che oggi è rimasto nell’ambiente quale dirigente in seno alla RCS Sport, la società del gruppo RCS che organizza le corse ciclistiche della Gazzetta dello Sport.
Con qualche lieve saliscendi ci si porterà a Sarno, poi il percorso tornerà pianeggiante quando virerà con decisione verso la base della catena dei Monti Lattari, l’ossatura della penisola sorrentina. Attraversate le due “Nocere”, l’Inferiore e la Superiore (da visitare, in quest’ultima, il Battistero di Santa Maria Maggiore), inizierà l’ascesa finale. Dovranno essere superati circa 130 metri di dislivello, affrontando pendenze che non andranno oltre il 6%, per raggiungere i 198 metri sul livello del mare di Cava de’ Tirreni, dove il Giro – nel paese natale di Gino Palumbo, per sette anni direttore della “rosea” – aprirà con un volatone incerto fino all’ultimo colpo di pedale i festeggiamenti per il millenario (che cadrà l’anno prossimo) della fondazione della Badia della Santissima Trinità, originata da un piccolo monastero costruito attorno alla grotta Arsiccia, nella quale si era ritirato a vita eremitica Sant’Alferio Pappacarbone, nobile salernitano di famiglia longobarda che fu inviato ambasciatore presso l’imperatore del Sacro Romano Impero Ottone III di Sassonia. Ammalatosi durante il viaggio, fu accolto nella celebre Sacra di San Michele, presso Torino, dove guarì, si convertì e fece voto di abbandonare la carriera diplomatica e di farsi benedettino.
Il suo volontario isolamento dal mondo, in questo particolare finale di gara, sarà da sprone a chi vorrà fuggire le comodità della pancia del gruppo e lanciarsi verso l’alta meta del traguardo cavese?
I VALICHI DELLA TAPPA
Tutti i valichi odierni si incontrano lungo la SS 6 “Casilina”.
Valico di San Filippo (200m). Attraversato subito dopo la partenza della tappa, si trova tra la città alta di Frosinone e il bivio per Torrice.
Sella delle Pastinelle (102m). Aperta tra i monti Trocchio e Maio, coincide con l’omonima località, situata tra Cassino e Taverna di San Vittore del Lazio. Vi si stacca la strada diretta a Cervaro.
Selletta (152m). Situata tra la località San Cataldo e Mignano Monte Lungo, vi è stato costruito il sacrario delle battaglie di Monte Lungo.
Selletta di Visciano (150m). Situata nei pressi dell’omonimo abitato, tra i bivi per Teano e per Calvi Risorta.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: panorama di Cava de’ Tirreni (www.artcurel.it)

Frosinone (www.italynet.it)

Monte Cairo (panoramio)

Abbazia di Montecassino (agriturismo.agraria.org)

Sacrario militare di Mignano Monte Lungo (panoramio)

Calvi Vecchia, cattedrale (panoramio)

Santa Maria Capua Vetere, Arco di Adriano (www.juventusclubsmcv.it)

Reggia di Caserta (www.qviaggi.it)

Il Vesuvio visto da Nola (panoramio)

Nola, preparativi per la Festa dei Gigli (panoramio)

Nocera Superiore, battistero di Santa Maria Maggiore (panoramio)
Cava de’ Tirreni, Badia della Santissima Trinità (www.artcurel.it)
LA SALITA DEL GIORNO: CAVA DE’ TIRRENI
Nessuno GPM è previsto lungo i 187 Km della Frosinone – Cava de’ Tirreni, ma anche questa frazione proporrà una salita, piazzata proprio nella fasi salienti della gara: in lieve ascesa, infatti, si svolgeranno gli ultimi chilometri e potrebbero costituire un handicap per i velocisti. Ce li descrive Francesco, un cicloamatore salernitano.
Foto copertina: panorama di Cava de’Tirreni (panoramio)
Più che di una vera e propria salita, la strada che da Nocera Inferiore porta al traguardo di Cava de’ Tirreni puà definirsi un lungo falsopiano che il gruppone, lanciato ad alte velocità, probabilmente percorrerà senza nemmeno percepire la lieve pendenza, guidato dai treni delle squadre dei velocisti.
I primi metri presentano un breve dentino con pendenze intorno al 4%, subito dopo un chilometro di vera e propria pianura prima del falsopiano finale.
La strada sale molto regolarmente sempre al 2-3%; solo in alcuni brevi tratti si arriva al 5% ma si tratta di semplici avvallamenti che si superano di slancio con rapporti da pianura.
Il finale presenta strade larghe e con pochissime curve, di ampio raggio, poco adatte a qualunque tentativo di colpo di mano di qualche finisseur.
La sede stradale è sempre ampia ma il fondo nasconde diverse insidie, pochè in alcuni punti l’asfalto è reso sconnesso dalla presenza di tombini o rattoppi vari; inoltre conviene evitare di pedalare troppo a destra perché il ciglio della strada presenza dei detriti provenienti dai vari cantieri presenti sulla zona. Alcuni tratti però saranno asfaltati a nuovo per l’occasione.
Le squadre che vorranno organizzare un treno per portare il proprio velocista allo sprint dovranno considerare anche l’incognita del vento che, provenendo dal Golfo di Salerno, soffia spesso in senso contrario alla direzione di marcia; in ogni caso nulla a che vedere con le bizze del tempo olandese.
Dai 45 m di Nocera si arriva ai 195 di Cava, con una pendenza media di circa il 2%.
Prima del rettilineo finale bisogna fare attenzione in un paio di punti dove la carreggiata si restringe per poi tornare ampia nell’ultimo chilometro, praticamente tutto rettilineo dove si può lanciare lo sprint finale. Gli apripista dovranno però cercare di non lasciare troppo presto i loro capitani al vento perché il rettilineo finale, seppur in modo impercettibile, continua comunque a salire. Per questo chi parte in anticipo rischia di piantarsi.
Una volata che sembra adatta a quei velocisti che sanno sfruttare la ruota degli avversari per poi uscire di scia negli ultimi metri.
Francesco
ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI TERMINILLO
maggio 17, 2010 by Redazione
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Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: pareri tecnici di campioni del passato, che conoscerete nelle prossime giornate; le notizie sulle condizioni di Damiano Cunego, pervenute direttamente dal suo direttore sportivo; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; una rubrica umoristica in ricordo di Raimondo Vianello; le “perle” dei telecronisti e le previsioni del tempo per la tappa che verrà. Seguiteci.
Foto copertina: Simone Stortoni, miglior italiano di giornata, avvolto nella nebbia del Terminillo (foto Bettini)
LA VOCE DI FRANCO VONA
Abbiamo chiesto all’ex professionista Franco Vona di commentare le frazioni più attese del 93° Giro d’Italia.
La quiete dopo la tempesta.
Se la tappa di Montalcino è stata entusiasmante, dal primo arrivo in salita ci si attendeva molto di più.
Dal Terminillo non mi aspettavo certo delle sentenze definitive per quanto riguarda la classifica generale, ma di solito questo arrivo permetteva di delineare in modo più chiaro i valori in campo.
I motivi di questa “quiete” non li conosciamo, possiamo solo ipotizzare che la fatica accumulata nella tappa di ieri abbia influito nella condotta di corsa, facendo sì che il primo arrivo in salita non abbia offerto lo spettacolo che ci si attendeva.
La tappa è stata corsa un po’ alla “francese”, una fuga da lontano, fra l’altro con molti uomini in avanscoperta e alle spalle la Lampre di Cuengo, sola formazione che ha preso in modo deciso le redini del gruppo.
L’ unica sentenza che la tappa di oggi ci ha fornito è la bandiera bianca alzata da Sastre, unitamente a quella di Millar dal quale però ci si aspettava una flessione nelle tappe di montagna.
Mi hanno deluso uomini che ieri avevano fatto bene, in primis Garzelli e Scarponi, i quali hanno sbagliato completamente l’approccio alla tappa sprecando una giornata sulla carta favorevole; soprattutto Scarponi oggi ha perso una bella occasione perché l’ascesa poteva esaltare le sue doti. Sicuramente le formazioni dei due atleti avrebbero potuto aiutare la Lampre per permettere ai propri capitani di giocarsi almeno la vittoria di tappa.
Un elogio va fatto a Cunego, che a mio parere ha tutte le carte in regola per giocarsi la vittoria del Giro nella terza settimana. Oggi Damiano mettendo davanti la squadra ha dimostrato di non aver paura a prendersi responsabilità e anche questo è un ottimo segno. Nonostante le belle prestazioni di questi giorni per le salite della terza settimana vedo meglio Cunego rispetto ad Evans.
Franco Vona
(a cura di Matteo Colosio)

Franco Vona (www.silvasplendid.it)
GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO
Vinokourov snobba i nostri “Ho guardato solo Evans” (Gazzetta dello Sport)
Sorensen vince l’8ª tappa, Vinokourov maglia rosa(Corriere dello Sport – Stadio)
Sorensen wins stage, Vinokourov retains lead (The Daily Telegraph)
Super Sorensen blazes a trail through the mist (The Independent)
Sörensen seul au sommet(L’Equipe)
Vinokourov : “Une journée parfaite pour nous” (Le Monde)
Tondo se independiza en el alto del Terminillo (As)
Sorensen se lleva la octava etapa(Marca)
Sorensen se luce y Vinokourov sigue líder (El Mundo Deportivo)
Victoire de Chris Sörensen (Le Soir)
Victoire en solitaire de Sorensen dans la 8e étape(La Dernière Heure/Les Sports)
Deen Chris Sörensen wint eerste bergrit in Giro (De Standaard)
Abandon d’Alessandro Petacchi(Sud Presse)
Deen Chris Sörensen wint eerste bergrit in Giro (Het Nieuwsblad)
Chris Sorensen wins eighth stage, Vinokourov retains Giro lead(USA Today)
Italians are struggling in the Giro d’Italia (The New York Times)
Dane’s stage but Evans stays second (Herald Sun)
Sorensen climbs to stage eight win, Evans still second (The Age)
Cadel stlil in race after home-grown heroics (The Australian)
Evans holds on to second place (The Daily Telegraph – Australia)
Chris Anker: Det er kæmpestort (Jyllands-Posten)
Chris Anker vandt Giro-etape (sporten.dk)
Chris Anker: Jeg led maksimalt hele vejen op (Politiken)
BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.
M: Alla luce della tappa di ieri, cosa potrà accadere sul Terminillo?
J: Non ci saranno grossi distacchi, ma sono convinto che i big si muoveranno ancora. Basso e Nibali devono cercare di recuperare. Sastre, probabilmente vistosi fuori classifica, ha risparmiato energie per vincere la tappa. Vino e Cunego saranno certamente vogliosi di riscatto…
H: tappa spettacolarmente orrenda… bravo Sorensen che ha beneficiato del fatto che dietro si guardassero e bravo Stortoni che tutto sommato dimostra di meritare eccome di essere al Giro. Per il resto imbarazzante la Liquigas che non ha fatto niente e non si capisce come possa Basso vincere il Giro se non ci prova neanche; mi aspettavo attacchi anche da parte di Evans ma comunque in prospettiva futura abbiamo visto un’Astana molto debole con il solo Jufre a supportare Vinokourov. Brava questa volta la Lampre, con Cunego che ha confermato di stare bene, ma hanno pagato l’ignavia del resto del gruppo.
P: Tappa veramente sconfortante, ma dopo la giornata che i corridori hanno passato ieri era da aspettarselo. Circa Basso vorrei far notare che ieri è caduto e come lui Scarponi, Sastre e Nibali. Io sono caduto una paio di volte a 40/50 al’ora e so che bene non fa….e il giorno dopo le botte si sentono eccome.
Io credo che i big aspetteranno l’ultima settimana per darsi battaglia: sarà quasi decisivo lo Zoncolan e spero di vederli combattivi sulla mia montagna sabato 22.
con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)
GIRO A SEGNO
Rubrica semiseria sul Giro 2010, in ricordo del grande Raimondo Vianello
“La nebbia c’è ma non si vede”
La corsa pure; i campioni anche
Vianello e Tognazzi (trailrealeelimmaginario.typepad.com)
METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Frosinone – Cava de’ Tirreni.
Frosinone : alternanza di piogge deboli e schiarite (0,3 mm), temperatura 18,2°C, venti moderati da W (12-13 km/h), umidità al 61%
Cassino (51,7° Km): pioggia debole (1,4 mm), temperatura 15,7°C, venti deboli da WSW (5 km/h), umidità al 79%
Caserta (123,6° Km): pioggia debole (1,3 mm), temperatura 16,4°C, venti deboli da W (8-11 km/h), umidità al 77%
Nola (153,6° Km): pioggia debole (1,2 mm), temperatura 15,7°C, venti deboli da W (10 km/h), umidità al 78%
Cava de’ Tirreni: pioggia debole (1,6 mm), temperatura 14,9°C, venti deboli da W (9 km/h), umidità al 81%
I MISTERI DELLA CASSAPANCA
Tra nebbia e condotta di gara… vuoi vedere che sono forse questi gli spunti di cronaca più interessanti?
De Luca, parlando della caduta di Scarponi alla Tirreno: “Caduta dal sotto tetto” (Sasso Tetto)
Pancani: “Oggi apertura straordinaria delle Marmore, apposta per il Giro” (Giro o non Giro, le cascate vengono sempre riattivate la domenica)
Pancani: “Questo del terminillo è il primo dei 5 arrivi in salita”. Dopo quest’uscita Pancani li ha pure elencati: con Terminillo, Zoncolan, Plan, Peio, Aprica e Tonale fanno 6.
Savoldelli: “E’ calata un po’ l’andatura del gruppo dalla maglia rosa”
Savoldelli: “Penso che avesse problema con la sua fotocellula che rileva la posizione all’arrivo” (sulla bici dei corridori c’è un microchip; sarebbero dei nababbi alla RCS se potessero permettersi di fornire una fotocellula per ciascun corridore”.
Cassani: “Si staccano Karpets e Sastre”. Dopo un secondo Pancani ribatte: “Intanto perdono contatto Karpets e Sastr(e)”. Cps’è? Una gara di ciclismo o di ping-pong ai microfoni?
Pancani: “Un’altra splendida vittoria di Chris Sørensen” (è due anni che non vinceva e prima non è che abbia combinato granchè)
Pancani: “Sì, è lui che vince la tappa del Terminillo” (Qualche dubbio, Francè? Va bene la nebbia, ma era in fuga da un bel po’!!!)
Approfittiamo dell’occasione per andare a ravanare sul fondo della cassapanca (l’avete notato, è il soprannome che è stato affibbiato al duo microfonato della RAI) e a pescare qualche strafalcione storico.
Ieri abbiamo elogiato gli organizzatori…. ma anche loro non sono esenti da scivoloni!!!
Carmine Castellano, intervistato al termine di una tappa particolarmente spettacolare: “Giornate come questa sono come la manna portata dai Re Magi”
Alla presentazione del Giro 1997: “Nel finale della tappa di Arezzo si fa lo Scopetone”. Cipollini ribatte: “Attento a non raddoppiare la t, altrimenti facciamo lo scopettone”
Vincenzo Torriani, rispondendo piuttosto sgarbatamente a Mario Beccia, lamentatosi del fatto che le moto ne avevano ostacolato l’azione sul Poggio: “Un raglio d’asino non sale in cielo!”
Lo stesso mitico patron fu protagonista di un incidente in stile “Paperissima” alla presentazione del Giro 1993: indietreggiando diede un’involontaria spallata al cartellone del percorso, facendo cadere il drappo che lo celava e rovinando così la magia della presentazione.
ARCHIVIO ALMANACCO
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3a tappa Amsterdam – Middelburg
4a tappa Cuneo – Savigliano (cronosquadre)
NELLA NEBBIA, PAURA E STANCHEZZA: LA GUERRA MANCATA DEL TERMINILLO
Chris Sorensen, privato da un infortunio durante la preparazione della possibilità di dare spessore al ruolo di capitano finalmente concessogli dalla squadra, è quello che ha più fame di tutti in una giornata in cui la stanchezza e la paura impastano le gambe dei protagonisti più attesi. Il danese va in fuga, e quando questa si sgrana emerge solo tra le nuvole del Terminillo. Poche novità in classifica generale.
Foto copertina: Chris Anker Sørensen taglia nella nebbia il traguardo del Terminillo (foto Riccardo Scanferla)
Siamo tornati nei binari consueti del Giro, a coronamento di una prima settimana stravolgente: come da frequente copione, il primo arrivo in salita – benché quest’anno più impegnativo della media – si rivela a conti fatti una piccola delusione.
La tappa si avvia velocissima, sul filo dei 50km/h (ma la media permarrà sempre sensibilmente sopra ai quaranta fino all’erta conclusiva), anche in virtù del controllo serrato da parte dell’Omega Pharma Lotto che trova nella maglia verde di Lloyd un senso per la propria gara, bloccando ogni evasione fino al primo Gpm conquistato in effetti dall’australiano.
Si susseguono poi una raffica di tentativi pressoché individuali, abortiti ogni volta da una Lampre fin troppo spietata; con lo scarso sostegno di una traballante Astana, era ovvio che sarebbe stato impossibile chiudere del tutto la corsa per il resto del percorso, e quindi forse sarebbe stato più opportuno lasciare scientemente via libera a un tentativo ben selezionato. Invece si tenta di stringere il pugno a oltranza, fino a che le forze non vengano meno, consentendo l’involarsi di un tentativo assai pericoloso precipitatosi rapace giù dal Monte Nibbio. Sono ben 17 gli uomini in fuga, tra i quali sono degni di nota Ochoa e Rodriguez in quanto possibili teste di ponte per Scarponi, i giovani e talentuosissimi sudamericani Uran (Caisse) e Sarmiento (Acqua&Sapone), Petrov della Katusha per le sue doti di grande fondista, il capitano designato della Saxo Chris Sorensen, ottimo grimpeur, la coppia BBox con Tschopp e Voeckler, nella quale sarà il secondo a profondere un’enormità di energie a favore del mantenimento delle distanze sul gruppo. Evidentemente mal riposta la fiducia in Tschopp, giusto però provarci nei limiti dei propri mezzi: magari una strategia a due per provare a prevalere sui compagni di fuga, però, sarebbe stata più sensata, anche a rischio di essere ripresi. Unico italiano, il giovane Stortoni della CSF.
Il velocista Hinault prevale in cima alla salita delle Marmore, mentre il distacco oscilla costantemente tra i due e i tre minuti. Dietro tira sempre e solo la Lampre, nella quale si ritira Petacchi per via della bronchite che lo perseguita da diverso tempo: il tempo da lupi (temperature prossime allo zero, pioggerellina, nubi basse con effetto nebbione) che avvolge la vetta scoraggia dall’insistere.
Un vero peccato per Cunego la scarsa assistenza trovata in gruppo: agli uomini di classifica dopo tutto sembra importare poco della tappa, evidentemente contano che se c’è da assestare distacchi essi possano arrivare comunque, o su azioni d’attacco o più probabilmente per cedimenti da dietro. I meno velocisti, tra i quali ovviamente gli uomini Liquigas, possono persino temere che arrivi in cima per primo un gruppetto con tutti i migliori, perché gli uomini più esplosivi raccoglierebbero addirittura abbuoni.
Anche qui è fatale l’alto numero di uomini in fuga: con svariate squadre presenti davanti, si riducono sensibilmente quelle disposte a operare un ricongiungimento per puntare a rimettere in gioco la tappa.
Già sui falsipiani e sugli zampellotti prima del Terminillo l’accordo tra i 17, che capiscono forse anche grazie alle radio di aver ricevuto un più o meno implicito via libera, si incrina. Chris Sorensen prova una, due volte, perseguitato però dalla tenacia di T-Blanc. Davvero peculiare questo eccesso di fiducia nei propri mezzi da parte del danese, disposto a sobbarcarsi ancor più km in solitaria… o è forse sfiducia sulla propria tenuta in salita? Difficile a credersi per l’uomo senz’altro più titolato di quel gruppetto, ma forse dopo l’infortunio nemmeno lo stesso Chris confidava nella propria condizione, che invece si rivelerà straordinaria.
In gruppo la Lampre esaurisce definitivamente le proprie forze residue, e al comando si porta l’Astana che però non ha un grandissimo interesse a ricucire: ciò stimolerebbe senz’altro nuovi sommovimenti e attacchi; davanti son ridottissimi i rischi per la classifica. Nel gruppo si nota solo, per onor di cronaca, un allungo di Wegelius.
Sorensen, il volto deformato dalla sofferenza, attacca ancora: Stortoni cede, e la tappa si decide.
In gruppo prevale l’impalpabile fumosità che hanno le nuvole sul Terminillo: spettri, più che arrembanti campioni, propongono scatti accennati, quasi timorosi, immediatamente stoppati dal resto del gruppetto. Gadret, Cunego e Scarponi tra i più attivi, qualche abbozzo anche per Mollema e Garzelli; è però il solo Tondo Volpini, forse da ora capitano di una Cervélo che vede Sastre arenarsi, a riuscire a prendere una dozzina di secondi di vantaggio. Kiserlovski copre bene la Liquigas, stoppando e piazzando qualche accelerazione strategica. Senz’altro conforta un senso di umanità il vedere pagati a caro prezzo gil sforzi di ieri, benché l’idea che sia la paura il fattore più incisivo è confermata dal ritmo che si imprime al gruppetto: come una muta si bloccano collettivamente gli “azzardi” di chi cerchi lo scatto, poi ci si spancia larghi larghi sulla sede stradale a velocità più blande.
Finisce così, con Volpini che anticipa Cunego il quale a propria volta regola la volata di gruppetto. A pie’ di pagina possiamo segnalare i più prevedibili dei cedimenti: Millar pesantemente, meno (resta nei 10) Karpets. Nella nebbia della guerra (qui…mancata), la prima vittima è l’informazione: anche oggi spariscono indicazioni dei distacchi – fors’anche per le ammiraglie – e questo può aver condizionato l’evoluzione della corsa. E le classifiche sono assai carenti a quasi due ore dalla conclusione della competizione…
Gabriele Bugada
15-05-2010
maggio 16, 2010 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
GIRO D’ITALIA
L’australiano Cadel Evans (BMC Racing Team) si è imposto nella settima tappa, Carrara – Montalcino, percorrendo 220 Km in 5h13′37″, alla media di 42,089 Km/h. Ha preceduto di 2″ l’italiano Damiano Cunego (Lampre-Farnese Vini) e il kazako Alexandre Vinokourov (Astana). Maglia rosa è Vinokourov, con 1′12″ su Evans e 1′29″ sul britannico Millar.
Miglior italiano Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo), 5° a 1′33″.
TOUR DE PICARDIE
Il britannico Ben Swift (Sky Professional Cycling Team) si è imposto nella seconda tappa, Friville-Escarbotin-Belloy – Cires-lès-Mello, percorrendo 186 Km in 4h08′30″, alla media di 44,909 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’australiano Davis e il britannico Downing. Miglior italiano Davide Viganò (Sky Professional Cycling Team), 12° a 20″. Swift è il nuovo leader della classifica, con lo stesso tempo del belga Van Stayen e 6 sullo spagnolo Rojas Gil. Miglior italiano Mirko Selvaggi (Astana), 13° a 15″.
FLÈCHE DU SUD (Lussemburgo)
in aggiornamento
DOBLE SUCRE POTOSI’ – GP CEMENTO FRANCESA (Bolivia)
Il colombiano José Daniel Rincon (Boyaca Orgullo De America) si è imposto nella quarta tappa, circuito di Sucre, percorrendo 128 Km in 3h36′44″, alla media di 35,435 Km/h. Ha preceduto di 12″ il boliviano Quispe e di 39″ l’ecuadoriano Caicedo. Il boliviano Oscar Soliz (Ebsa) conserva la maglia di leader con 1′09″ e 3′21″ sui colombiani Niño e Ojeda.
RHÔNE-ALPES ISÈRE TOUR
Il belga Andy Cappelle (Verandas Willems) si è imposto nella terza tappa, Domessin (Val Guiers) – St Maurice l’Exil, percorrendo 152,2 Km in 3h52′03″, alla media di 39,353 Km/h. Ha preceduto di 36″ il francese Baldo e russo Firsanov. Il francese Jeróme Coppel (Saur – Sojasun) conserva la maglia di leader con 1′42″ su Baldo e 1′45″ su Firsanov.
INTERNATIONAL PRESIDENCY TOUR (Iran)
in aggiornamento
CHIANCIANO TERME – TERMINILLO: INIZIA IL GRAN BALLO DELLE MONTAGNE
È scoccata l’ora delle montagne e, per la prima volta in questa edizione, i pretendenti alla maglia rosa dovranno misurarsi con una salita vera. Il Terminillo non ci dirà chi potrà vincere il Giro, ma sicuramente metterà in evidenza lo stato di forma dei pretendenti al successo finale. Per qualcuno i giochi potrebbero già concludersi qua mentre chi si troverà sul groppone un ritardo da colmare, accumulato nelle due crono e andando verso Montalcino, dovrà sfruttare quest’occasione al massimo, cercando di rendere l’ascesa finale più dura di quello che è. Ci si può anche permettere di strafare, senza esagerare, perché le prossime tappe saranno poco dispendiose e di montagne vere non se ne parlerà più per quasi una settimana.
Le battaglie sugli sterrati toscani avranno lasciato diversi “feriti” sul campo e, per loro, da subito incomincerà la rincorsa a sogni rosa fattisi più sfuggenti. Già dalla frazione successiva a quella di Montalcino il Giro offrirà l’occasione per riscattarsi e recuperare il tempo perduto, in particolar modo agli scalatori. L’arrivo, infatti, sarà sul Terminillo, in vetta a un’ascesa impegnativa ma non troppo, certo non l’ideale per un’azione solitaria, eventualità di corsa che, in effetti, non si è mai vista sulla “Montagna di Roma”. Per chi vorrà sfruttare al massimo quest’occasione, la soluzione migliore resta quella attaccare la salita a tutta o, meglio ancora, di tenere alta l’andatura sin dai chilometri iniziali. Se affrontati di gran carriera, infatti, i continui saliscendi proposti dalla marcia d’avvicinamento al Terminillo causeranno un notevole esborso di energie, che poi si pagherà a caro prezzo nel finale di gara. Difficilmente quest’ottava tappa provocherà grossi distacchi tra i primi, che potrebbero anche arrivare a giocarsela in uno sprint ristrettissimo, mentre la vera selezione avverrà nelle retrovie, dove potrebbe ritrovarsi qualche “pesce grosso”. Non si tratterebbe di una novità per il Terminillo, abituato a “immolare” vittime sacrificali: nel 1960, la prima volta che si potè affrontarne entrambi i versanti, acuì lo stato di crisi di Romeo Venturelli – pupillo di Fausto Coppi, maglia rosa a sorpresa dopo la crono di Sorrento – delibitato da giorni a causa di una congestione; nel 1992 tarpò le ali a Chioccioli, che ambiva a uno strepitoso bis consecutivo alla corsa rosa; nel 1997 trascinò giù Berzin nel baratro della classifica, facendolo precipitare dal misero secondo che lo staccava al mattino dalla maglia rosa Tonkov a un abisso di quasi 5 minuti e mezzo. L’unica volta che il monte laziale fece male un po’ a tutti fu proprio l’ultima volta, il 17 maggio del 2003: quel giorno i distacchi furono sensibili anche tra i primi poiché l’accoppiata Garzelli – Simoni aggredì il monte come mai si era visto e s’issò al vertice del Giro, dal quale più nessuno li scalzerà.
La partenza sarà ancora sul suolo toscano ma, dopo i primi 15 Km in lenta discesa, lambita l’antica cittadina di Chiusi si entrerà in Umbria, regione naturalmente addizionata di colline. Infatti, poco dopo il confine inizieranno subito i saliscendi, circoscritti in tre momenti, alternati ad altrettanti settori nei quali sarà la pianura a farla da padrone. La prima porzione di colli si protrarrà per una buona quarantina di chilometri, sinuosamente tracciati ai margini della valle del torrente Chiani e introdotti dalla facile ascesa (7 Km al 3,5% circa) verso Città della Pieve, suggestivo borgo che agli appassionati d’arte è noto per essere il paese natale di Pietro di Cristoforo Vannucci, pittore più famoso col soprannome di “Perugino” e del quale è possibile ammirare in loco quattro opere (su tutte, da non perdere l’Adorazione dei Magi affrescata nella chiesa di Santa Maria della Mercede, chiamata anche Oratorio dei Bianchi). Al “volgo”, invece, Città della Pieve è nota per essere entrata nelle case degli italiani grazie alla popolare fiction “Carabinieri”, le cui prime sei stagioni sono state girate tra gli edifici in mattoni a vista del centro storico. Dopo un panoramico tratto in quota, con viste sulla sottostante valle, sfiorata Monteleone d’Orvieto (vi si trova un’altra interessante opera legata alla figura del Perugino ma realizzata dalla sua scuola, la tavola della Madonna con Bambino tra i Santi Pietro e Paolo visibile nella collegiata dedicata ai due santi) si scenderà a valicare il Chiani e immantinente lo si lascerà, riprendendo a salire in direzione di Ficulle e dei 544 metri del Valico di Monte Nibbio, spettacolare balconata panoramica – da qua l’occhio riesce a spingersi fino all’Amiata – presso la quale sarà collocato il primo dei tre traguardi GPM giornalieri. Come tutte le ascese di modesta entità (sono poco più di 8 Km al 3,5%, spezzati in due tronconi da una blanda discesa di 2 Km), sarà considerata di terza categoria e premierà i primi tre corridori a transitare sotto lo striscione con 3, 2 e un punto. Sono cinque, al Giro, le classificazioni dei GPM poiché oltre alle tre categorie normali, punteggi straordinari sono assegnati agli arrivi in salita e sulla Cima Coppi. Eccezionalmente, nell’edizione 2005 fu coniata anche una categoria speciale, assegnata a Danilo Di Luca, vincitore del GPM posto sul Colle delle Finestre. Per fare un paragone con gli altri GT, al Tour de France pure cinque sono i gradi di classificazione, ma distribuiti diversamente poiché si va dalla quarta categoria alla “hors-categorie” (assegnata non solo alle salite più impegnative ma anche a quelle storiche), mentre non esistono punteggi particolari per gli arrivi in salita (conta la categoria specifica) e per il Souvenir Desgrange, la Cima Coppi d’oltralpe. In terra di Spagna, infine, ci sono quattro categorie, dalla quarta alla “especial”, riservata alle ascese più toste, mentre la cima più alta è intitolata ad Alberto Fernández, corridore scomparso in un tragico incidente automobilistico nel 1984 e che, ottimo scalatore, aveva entusiasmato anche i tifosi italiani, imponendosi sui traguardi di Campitello Matese e Colli di San Fermo al Giro del 1983.
La prima tranche di colline terminerà alla periferia di Orvieto, che occhieggia dall’alto della sua rupe tufica con i suoi magnifici monumenti, meritevoli di una deviazione dal percorso di gara. Questo, infatti, non entrerà in città ma ne attraverserà i quartieri periferici, varcando il fiume Foglia sul ponte dell’Adunata e andandosi poi a lanciare nella prima tratta pianeggiante, poco meno di 10 Km durante i quali si procederà parallelamente all’Autostrada del Sole e al corso del Paglia, fino alla sua foce nel Tevere, a occidente del lago artificale di Corbara, creato negli anni sessanta sbarrando il corso del fiume di Roma e sulle cui rive si trova uno dei più rinomati ristoranti d’Italia, gestito dal famoso gastronomo Gianfranco Vissani, umbro di Civitella del Lago. Questo borgo è una frazione del centro di Baschi, pittoresco paese adagiato su di uno sperone che sarà la prossima meta dei “girini”, all’inizio del secondo tratto collinare, lungo quasi 50 Km e complessivamente meno impegnativo del precedente. Si affronterà una sola salita degna di questo nome, e comunque pedalabile, quando subito dopo Baschi si saluterà il Tevere per arrampicarsi verso Guardea. Superato questo tratto di 9 Km al 3,2%, la strada procederà per una quindicina di chilometri in quota, proponendo quelli che in gergo sono definiti “mangia e bevi”, pieghe del terreno nelle quali si nascondono tesori come quelli visibili a Lugnano in Teverina: la collegiata romana di Santa Maria Assunta e l’eccezionale necropoli di epoca tardo romana scoperta nell’800 ma scavata solo negli anni ’80, caratterizzata dalla sola presenza di sepolture di bambini. Una discesa più consistente separa questo tratto da un altro simile e più breve, all’inizio del quale si attraverserà il centro di Amelia, cittadina ancora cinta da una poderosa cerchia di mura poligonali, alcuni tratti delle quali risalgono al V secolo a.C.
Scesi a varcare la Nera, concluderà questo settore lo zampellotto che porterà il Giro ai piedi del colle di Narni, la Narnia dei romani, il cui antico nome sembra abbia ispirato lo scrittore Clive Staples Lewis, autore delle celebri “Cronache”. Qui non ci sono spazi per suggestioni fantasy, ma c’è la bella realtà di un centro che ha conservato la sua impronta medioevale, forte di monumenti come il Duomo di San Giovenale, il Palazzo Comunale, la Rocca dell’Albornoz e le chiese di Santa Maria in Pensole e di San Domenico.
Il percorso tornerà a snodarsi su binari scorrevoli nei successivi 12 Km, tagliando nel mezzo la conca ternana e diretti alla città degli innamorati, com’è soprannominata per essere stata la sede di San Valentino, vescovo di Terni dal 197 al 273, l’anno del suo martirio. È una città le cui fortune non sono mai venute meno e che sono fin dall’inizio legate alla ricchezza d’acque della conca: il suo primo nome fu Interamna Nahars per la sua posizione tra i corsi della Nera e del Serra, la sua attuale prosperità è dovuta all’industrializzazione della zona, avvenuta alla fine del XIX secolo in un’area ideale per impiantarvi le acciaierie. La necessità di acque e di energia elettrica in quantità sempre crescenti ha, però, costretto l’uomo a sfruttare a tutto tondo l’ambiente circostante e ciò ha portato alla riduzione a un torrente della vicina e celeberrima Cascata delle Marmore, visibile nel pieno della sua irruenza solo per poche ore il giorno. Se le acque delle Marmore precipitano, il Giro compierà il percorso inverso e, per avvicinarle, affronterà la penultima ascesa di giornata, un ostacolo risibile che impegnerà i corridori per circa 7 Km, ma con qualche strappo fino al 12%. La traversata del “cuore verde d’Italia” giungerà al suo capolinea sulle rive del lago di Piediluco, la culla del canottaggio italiano, dove la federazione ha aperto il Centro Nazionale Remiero, sede stabile della nazionale olimpionica. Entrati in Lazio, si tornerà a pedalare sul velluto per una trentina di chilometri, solcando le strade della “Valle Santa Reatina”, così chiamata per la presenza di quattro monasteri fondati e legati alla figura di San Francesco: a Greccio fu allestito il primo presepe, la notte di Natale del 1223; nel Convento di Fonte Colombo il “poverello d’Assisi” stese nello stesso anno la “Regola Bollata” dell’ordine francescano; nel Convento della Foresta fu composto il celebre “Cantico delle Creature” mentre a Poggio Bustone (paese natale di Lucio Battisti) sono visibili alcune reliquie “miracolose”, come l’impronta lasciata sulla roccia da un angelo, apparso in forma umana al santo.
Con l’approssimarsi della città di Rieti, se non lo avranno fatto prima, i migliori cominceranno a scaldare i motori, per non ritrovarseli imballati di lì a poco: ancora un breve tratto di strada facile e poi si ballerà la rumba.
AVVISO AI LETTORI: alla salita del Terminillo sarà dedicato un capitolo straordinario della guida del Giro.
I VALICHI DELLA TAPPA
Valico di Monte Nibbio (544m). Questo valico non è riportato sul nostro testo di riferimento “Valichi stradali d’Italia” (Georges Rossini, Ediciclo). Vi transita la SS 71 “Umbro Casentinese Romagnola”, tra Ficulle e la località Bagni, frazione del comune di Orvieto. Come GPM è stato affrontato una sola volta al Giro d’Italia, nel corso della tappa Avezzano – Chianciano Terme dell’edizione 1988, quella della storica scalata al Gavia. La frazione fu vinta dal francese Jean-François Bernard, dopo che sul Nibbio era transitato in testa lo svedese Kjell Nilsson.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: la cima del Terminillo (panoramio)

Chianciano Terme (panoramio)

Chiusi (www.comune.chiusi.si.it)

Città della Pieve (panoramio)

Valico di Monte Nibbio

La rupe di Orvieto (www.prestotours.com)

Lago di Corbara (foto di Roberto Pierangeli)

Baschi (panoramio)

Lugnano in Teverina, collegiata (lnx.comunedilugnano.it)

Amelia, scorcio delle mura (wikipedia)

Narni, Rocca dell’Albornoz (www.museiprovinciaterni.it)

Cascata della Marmore

Lago di Piediluco (www.agriturismodomusumbra.it)

Santuario di Greccio (www.lechiusedireopasto.it)

Fonte Colombo (www.virtualtourist.com)

Convento della Foresta (www.biciclubspoleto.it)

Convento di San Giacomo a Poggio Bustone (www.lechiusedireopasto.it)
TERMINILLO: STORIE DI FASCISMO, SCI E CICLISMO
È nata nel 1933 dall’intuizione di un gerarca fascista ed è divenuta nel volgere di pochi anni una delle principali località di sport invernali dell’Appennino centrale. Stiamo parlando del Terminillo, la sede del primo arrivo in salita del Giro 2010. In quest’articolo vi raccontiamo la sua storia, dai primi vagiti alpinistici del XIX secolo al battesimo sciistico degli anni ‘30, dalle prime promozioni ciclistiche in rosa alla travolgente tappa di Garzelli e Simoni del 2003, fino agli odierni sviluppi del compresorio della “Montagna di Roma”, distante appena un centinaio di chilometri dalla capitale. Dopo la storia lasciamo il campo alla tecnica, con i dettagli dei tre versanti praticabili, uno dei quali riservato ai patiti della mountain bike.
A seguire la descrizione della tappa Chianciano Terme – Terminillo
Le pagine della storia d’Italia scritte nel periodo del ventennio fascista sono vergate con inchiostro nero, nerissimo e non è questo il luogo idoneo per andare a rivangare episodi spiacevoli del nostro passato, con il loro carico di dolore. Ma non fu tutto negativo quello che avvenne durante gli anni del regime di Mussolini, anche fautore d’iniziative positive, delle quali tuttora stiamo ancora godendone i benefici. Basta pensare all’istituzione delle pensioni, alla lotta all’analfabetismo, alle ingenti opere di bonifica delle paludi dell’Agro Pontino e…. al Terminillo.
Se il “Mons Tetricus” degli antichi sabini è divenuto una delle principali stazioni di sport invernali dell’Appennino lo si deve a una felice intuizione di Benito Mussolini che, un pomeriggio, sorseggiando un drink – scusate… aperitivo, mai usare termini stranieri nel periodo fascista – in un bar di Piazza delle Muse a Roma ebbe l’illuminazione di fare del monte che ammirava dalla terrazza del pubblico esercizio (nelle giornate invernali più fredde e limpide, la cima del Terminillo è visibile con chiarezza, distante in linea d’aria una settantina di chilometri dalla capitale) una località in grado di competere con i più celebrati centri alpini, molto scomodi da raggiungere per gli sportivi dell’Italia centrale.
Così si raccontò per far risaltare ancora una volta la figura del duce e per dare un po’ di colore alla storia, che in realtà, presa la decisione di dotare Roma di un luogo idoneo per la pratica degli sport alpinistici, vide il Terminillo uscire vittorioso dal ballottaggio con la località frusinate di Campocatino e il Monte Gennaro, molto vicino alla capitale ma poco elevato. Il monte reatino aveva tutte le carte in regola, forte anche di precedenti avventure sciistiche e prima ancora escursionistiche, iniziate negli anni ’60 del XIX secolo e che portarono alla costruzione del rifugio Re Umberto I, innalzato nel 1901 proprio sulla vetta del monte, appositamente spianata. Inizialmente meta di geologi, geografi e botanici (come Carlo Jucci, che nel 1949 vi fonderà l’importante Centro Appenninico di Genetica), dal 1927 il rifugio comincerà ad essere raggiunto con ai piedi un paio di rudimentali sci realizzati in legno di frassino, mentre di nocciolo erano i bastoncini, antesignani delle racchette. Erano ancora strumenti di lavoro, per vedere gli sci al Terminillo inforcati per puro diletto bisognerà attendere ancora qualche anno. L’artefice della nascita sportiva di questi luoghi fu Angelo Manaresi, comandante del X Alpini e Sottosegretario al Ministro della Guerra, che salì sul monte per mantenere una promessa fatta ai reatini il 24 maggio del 1932 quando, in occasione dell’anniversario della vittoria, pronunciò un discorso carico d’enfasi ai reduci della Grande Guerra, esaltò i montanari sabini impegnatisi al fronte e s’impegnò a salire con loro fin sulla vetta del Terminillo. Nonostante la data non felicissima scelta per l’escursione, il 21 dicembre, il Manaresi rimase colpito dalla bellezza del luogo e promise di sottoporre al duce, sul quale aveva notevole influenza, il progetto di una stazioneturistica in quel luogo.
Un mese più tardi Mussolini in persona salì sul monte, accompagnato dai figli Vittorio e Romano e dalla moglie, Donna Rachele. La gita sulla neve, piuttosto spartana (viaggio a dorso di mulo, pranzo al sacco), piacque molto anche al duce che chiese alla locale amministrazione di realizzare una strada, essendo finora il monte accessibile esclusivamente tramite sentieri. I lavori iniziarono subito e nel dicembre del 1933 fu inaugurato il primo troncone, che da Lisciano saliva fino al Pian di Rosce; nei mesi successivi sarà ultimato il tratto che permetteva di giungere sino a Campoforogna, che poi diventerà il più elevato dei tre nuclei che andranno a costituire la nascente stazione invernale.
Bisognava ora pubblicizzare il Terminillo su scala nazionale e il regime trovò un’ottima cassa di risonanza nel Giro d’Italia, che già aveva reso omaggio al duce nel 1928, facendo partire una tappa della corsa rosa dalla natia Predappio. A partire dal 1936 e per quattro anni consecutivi la cronoscalata alla neonata stazione di sport invernali costituirà una delle tappe clou del Giro, che aveva introdotto le prove individuali tre anni prima e mai, finora, aveva proposto un arrivo in salita. La prima edizione della Rieti – Terminillo fu conquistata da Giuseppe “Gepin” Olmo, recordmen dell’ora in carica, che volò i 20 Km del tracciato in 55’12” ad una media di 21,739 Km/h, staccando di 19” Aladino Mealli e di 35” Gino Bartali, da due giorni maglia rosa e lanciatissimo verso la sua prima vittoria al Giro. L’anno successivo sarà proprio Ginettaccio a fare sua la cronoscalata – con grande scorno dei fascisti, ai quali non andava molto a genio il “pio” Bartali – con Mealli ancora piazzato (41”) e terzo il capoclassifica Valetti (1’03”), definitivamente spodestato in questa giornata. Sarà proprio Giovanni Valetti, piemontese di Avigliana, a essere consacrato “re del Terminillo” imponendosi nelle altre due cronoscalate effettuate, staccando nella prima occasione di ben un minuto Giordano Cottur e nell’altra ancora Bartali, sopravanzato di 28”.
Caduto il fascismo e con un’Italia da ricostruire, nel secondo dopoguerra il Giro si dimenticherà del Terminillo. Almeno fin quando, alla fine degli anni ’50, sarà completato il collegamente stradale con Leonessa, che consentirà di proporlo come Gran Premio della Montagna “en passant”, semplice passaggio e non più sosta, quasi a voler scacciare i fantasmi dei passati trascorsi col regime, seppur con positivi scopi pubblicitari. Nel 1960 scollinò in testa ai quasi 1900 metri della Sella di Leonessa un asso della montagna del calibro di Charly Gaul, prima che nella picchiata verso Rieti s’isolino in testa alla corsa Gastone Nencini, vincitore di tappa, e Guido “Coppino” Carlesi. Due anni più tardi, nel corso della cosiddetta “tappa della Valle Santa”, fu addirittura proposta una doppia scalata al Terminillo, in una giornata nella quale fu autentico mattatore il francese Joseph Carrara, primo su entrambi i GPM e anche al traguardo di Rieti, dove giunse con quasi due minuti di vantaggio sul gruppo maglia rosa.
Dopo questa “sbornia” seguirà un altro lungo digiuno, protrattosi per 16 anni e terminato il 17 maggio del 1978, quando si salì sul “Mons Tetricus” nel finale della tappa Latina – Lago di Piediluco, che vide disputarsi i premi giornalieri due futuri direttori sportivi: Rudy Pevenage conquistò il GPM, Giuseppe Martinelli il traguardo finale. Nel 1981 Bortolotto fece sua la “Montagna di Roma”, affrontata nella tappa Roma – Cascia, che vide Gianbattista Baronchelli imporsi nella città di Sant Rita. Nel 1986 l’onore di scollinare per primo toccò ad Alfio Vandi, mentre il successo nella tappa Avezzano – Rieti andò al portoghese Acacio da Silva.
Bisognerà attendere il 1987 perché il Giro ritrovi il “coraggio” di porre un traguardo al Terminillo, al termine di una tappa breve (134 Km) ma intensa, vinta dal francese Jean-Claude Bagot. Dopo il Carrara del 1962, un altro “carneade” del ciclismo tornerà a incidere il suo nome nelle roccie del Terminillo: il colombiano Demetrio Cuspoca Fonseca, nessun successo all’attivo in carriera, riuscirà a svettare per primo, sotto un acquazzone che renderà la discesa più selettiva della salita, nella Scanno – Rieti del 1991, vinta dal russo Vladimir Pulnikov. L’anno dopo sarà “Lucho” Herrera, un altro colombiano, a tagliare per primo il traguardo con un margine di appena due secondi sul gruppo maglia rosa, un distacco ridicolo rispetto a quelli che era solito affibbiare nel periodo d’oro della sua carriera, conclusasi proprio dopo quella stagione. Ci sarà addirittura un arrivo in volata nel 1997, ovviamente a ranghi ristretti, con la crème della classifica a giocarsi il successo nella quinta frazione: primo il russo Pavel Tonkov, che corre con la maglia rosa indosso, battuti il francese Leblanc e gli italiani Pantani e Gotti. Ancor più “esclusiva” fu la volata a due del 2003, con Stefano Garzelli che precede Simoni e intasca la maglia rosa.
L’ultima presa di contatto del Giro col Terminillo risale alla tappa Tivoli – Spoleto del Giro “garibaldino” del 2007, vinta dal colombiano Luis Felipe Laverde, primo anche sulla Sella di Leonessa.
Mentre si scrivevano queste pagine di storia a due ruote la stazione del Terminillo cresceva sempre più e si affermava come una delle principali località di sport invernali dell’Appennino. Al giorno d’oggi la “Montagna di Roma” offre all’appassionato 60 Km di piste e 8 impianti di risalita che permettono di superare un dislivello di quasi 600 metri. In questi ultimi anni si è verificata anche una “timida” apertura (gli sforzi degli amministratori sono ancora quasi tutti incentrati sullo sci) verso altri sport come il trekking e l’escursionismo estivo mentre fin dal 1966 la strada che sale da Rieti è teatro di una cronoscalata automobilistica, la “Coppa Bruno Carotti”.
Il futuro del Terminillo prevede, dopo l’apertura negli ultimi anni di nuove seggiovie quadriposto, la creazione di nuove piste, che saranno realizzate nell’area nord del comprensorio, nella quale la neve solitamente permane fino a giugno inoltrato.
LA SALITA
La strada inizia a salire già all’uscita da Rieti, ma generalmente le cartografie non considerano mai i quasi 5 Km conducono dal centro geografico d’Italia (“Umbilicus Italie” è talvolta definito il capoluogo della Sabina) alla frazione di Vazia, situata all’altezza del crocevia con le rotabili provenienti da Cittaducale e da Cantalice. Fin lì la pendenza è molto lieve e quel tratto può essere utilizzato come riscaldamento prima di approcciare il Terminillo, la cui cima dista 21 Km da Vazia (solo 16 Km se ci si ferma a Campoforogna, come faranno i “girini”). Anche l’approccio è, comunque, molto pedalabile e una pendenza media del 4,2% presentano i 1,5 Km che si concludono a Lisciano, il borgo presso il quale terminava la strada fino al 1933. Chi vorrà iniziare l’ascesa affrontando subito i tronconi più impegnativi può evitare questi 1500 metri, scendendo direttamente da Cantalice a Lisciano, saltando così anche il passaggio per Vazia (questa strada, non riportata sull’atlante stradale TCI, misura circa 3,5 Km e presenta una pendenza del 5,7%).
Intagliata a tratti nella roccia, la strada aggredisce con decisione le pendici del “Mons Tetricus” e propone subito le maggiori difficoltà: fino all’imbocco del Pian di Rosce, stretto pianoro che costituisce il più basso avamposto della stazione del Terminillo, si affrontano 6 Km all’8,3%, con il picco massimo di tutta l’ascesa (12%) toccato a 4,5 Km da Vazia, poco prima raggiungere il primo dei quattro tornanti che s’incontreranno. La carreggiata è sempre ampia (va ricordato che questa strada fu tracciata in periodo fascista per servire la “Montagna di Roma” e le sue proporzioni dovevano ricordare anche le monumentalità tipiche dello stile littorio) e questo può costituire un’insidia, poiché l’occhio è facilmente ingannato dalle proporzioni e finisce per percepire una pendenza più lieve di quella reale. L’attraversamente del Pian di Rosce, particolarmente spettacolare in autunno, permette di tirare un momento il fiato perché in quel breve tratto la pendenza si addolcisce e la strada perde addirittura qualche metro di quota. Tutto si esaurisce nel volgere di 700 metri, poi la salita riprende caparbia e nei successi 3 Km torna sui livelli precedenti, inclinata al 7,3% medio fino all’ultimo tornante, che si supera a 1335 metri di quota, quando si saranno percorsi 11,7 Km da Vazia e ne mancheranno poco più di 4 al traguardo. Un altro brevissimo istante di requie, proprio a cavallo del tornante, e poi ci saranno ancora 3800 metri di ascesa impegnativa, all’8,2%, che condurranno al Pian de’Valli, il cuore del Terminillo, nucleo prevalentemente costituito da alberghi in mezzo ai quali spicca la chiesa di San Francesco, costruita tra il 1949 ed il 1956 sbancando più di 25000 metri cubi di roccia e riconoscibile da lontano grazie all’affusolato campanile a cuspide. Qui si conclusero le quattro cronoscalate degli anni ’30 e i primi due arrivi in linea mentre, come nei più recenti ritorni al Terminillo, si dovrà affrontare un ulteriore chilometro. Oramai, però, il più si sarà affrontato e quest’ultimo tratto presenterà difficoltà decrescenti approssimandosi al piazzale di Campoforogna (1668m), entrando nel quale la strada si “permette” di diventare quasi pianeggiante. Qui, a 16 Km da Vazia (1168 m di dislivello complessivi, media del 7,3%), si concluderà la giornaliera fatica dei corridori e con essa l’ex SS 4 bis “del Terminillo”, che termina affrontando un circuito di 1,5 Km attorno a Campoforogna, concepito al momento della creazione della stazione invernale per permettere di “girare” ai torpedoni e alle vetture che portavano i turisti alle piste.
Per gli appassionati salitomani, invece, ci sono ancora 4,9 Km di strada d’affrontare per giungere fino alla Sella di Leonessa, il valico che introduce la discesa verso l’omonimo centro. Si tratta di un’appendice facilmente digeribile poiché inizia pianeggiante e tale rimane per quasi 2 chilometri e mezzo, prima d’affrontare il balzo finale di 3 Km al 6%, nel corso del quale si superano 5 tornanti e si sfiora il Rifugio Sebastiani, ultimo segno della presenza umana prima dell’ormai prossimo scollinamento.
Una precisazione sulla quota finale. Tutte le cartografie riportano la quota di 1901 metri, per anni attribuita alla Sella di Leonessa e talvolta “gonfiata” sino a 2002 metri (vedasi le cartine delle vecchie edizione della Gran Fondo del Terminillo). Recenti rilevazioni, effettuate altimetro alla mano dall’ingegner Stefano Di Santo, cartografo della corse Gazzetta, hanno permesso di rettificare questa quota, “svalutandola” a 1894 metri. I sette metri persi non hanno insidiato il terzo posto della Sella di Leonessa nella classifica dei valichi asfaltati più elevati dell’Appennino, che la vede preceduta dalla Sella Scrima del Cavallo (2074m, Block Haus) e dalla Sella di Pratoriscio (2130m, Gran Sasso).
GLI ALTRI VERSANTI
Altri due versanti permettono di scavalcare il Terminillo, salendo rispettivamente da Leonessa e da Micigliano.
Il primo versante inizia all’uscita dall’omonimo centro e raggiunge la sella in 16 Km spaccati, risalendo la Vallonina e affrontando una pendenza media del 5,9%. Tecnicamente è divisibile in due parti distinte: facili i primi 5400 metri, che salgono alternando tratti pedalabili ad altri in falsopiano (media del 3,3%), impegnativi i rimanenti 10,6 Km al 7,3%, caratterizzati da un picco all’11%.
Il versante di Micigliano è solo parzialmente ciclabile in bici da corsa: dei suoi 19,4 Km (media complessiva del 6,9%) sono asfaltati solo i primi 6 Km (dal bivio sulla statale Salaria in località San Quirico a poco oltre Micigliano) e gli ultimi 1500 metri, che coincidono col tratto terminale del versante di Rieti. Infatti, si confluisce sulla strada provinciale a quota 1794, esattamente all’altezza del primo dei cinque tornanti finali, dopo aver affrontato una dozzina di chilometri di strada sterrata. È un itinerario ideale per gli amanti delle rotabili a tornanti poiché percorrendo il tratto di strada bianca, nel corso del quale la pendenza media si attesta sul 7,4% (ma l’ultimo tratto sterrato è in quota), si superano 20 tornanti, 15 dei quali racchiusi nello spazio di 4,3 Km.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: Pian de’Valli, la chiesa del Terminillo e, sullo sfondo, la Valle Santa Francescana.

Il Terminillo visto da Rieti (panoramio)
Vazia (www.vazia.it)

Lisciano (panoramio)

Attraversamento del Pian di Rosce (panoramio)

Pian de’ Valli (panoramio)

Chiesa di San Francesco (panoramio)

Campoforogna, il piazzale nel quale si concluderà la tappa (polisportivaveloclubadelfia.blogspot.com)

Rifugio Sebastiani (panoramio)

L’ultimo tratto della salita verso la Sella di Leonessa (panoramio)
-Sella-di-Leonessa.jpg)
Sella di Leonessa (www.claudiocolombo.net)

Leonessa (panoramio)

Micigliano (panoramio)
Versante di Micigliano (sterrato): visione aerea del tratto più spettacolare (www.paginebianche.it)
ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI MONTALCINO
maggio 16, 2010 by Redazione
Filed under Approfondimenti
Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: pareri tecnici di campioni del passato, che conoscerete nelle prossime giornate; le notizie sulle condizioni di Damiano Cunego, pervenute direttamente dal suo direttore sportivo; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; una rubrica umoristica in ricordo di Raimondo Vianello; le “perle” dei telecronisti e le previsioni del tempo per la tappa che verrà. Seguiteci.
Foto copertina: una maglia rosa per davvero “nera” sul traguardo di Montalcino
LA VOCE DI FRANCO VONA
Abbiamo chiesto all’ex professionista Franco Vona di commentare le frazioni più attese del 93° Giro d’Italia.
Signori che tappa!!!
Giù il cappello davanti allo spettacolo che ci ha regalato oggi il Giro. Una tappa molto bella, insidiosa, che ha dato una bella botta alla classifica, anche se ricordiamo che il Giro vero deve ancora iniziare, sono solo le prime scaramucce. Purtroppo ci sono state anche le prime polemiche per una tappa resa ancora più pericolosa dalle condizione climatiche avverse, ma a queste polemiche comunque non darei troppo peso, alla fine i ciclisti sono abituati e si adattano ad ogni terreno, sono stato ciclista e ne ho viste anche di peggio. La tappa di oggi è stata davvero una bella trovata e approvo la decisione di inserire un percorso del genere, non vedo perché al Tour vada bene il pavè mentre qui invece non possiamo inserire qualche ostacolo in più.
La gara si è accesa con la caduta di Nibali, Basso e Scarponi. La Liquigas è stata parecchio sfortunata, ma al di là della sorte avversa ci ha messo del suo. Le assegnerei la maglia nera giornaliera perché ha cercato di salvare tutto, Basso e Nibali, non salvando nulla. Il distacco non è stato poi così grosso e alla fine hanno ancora due uomini in classifica, ma se fosse stato chiaro chi doveva essere il capitano non avrebbero perso tempo ad aspettarsi l’un l’altro senza una tattica chiara in testa, e se fosse per me il capitano doveva essere Nibali. Al di là del distacco odierno quello che è negativo è che lo sforzo rischiano di pagarlo nel prosieguo, serviva una tattica più corale. Per domani avrei visto bene Basso, ma oggi ha speso tanto e dipenderà moltissimo dal recupero. Non è comunque il caso di fasciarsi la testa perché di strada ne manca tantissima, dico solo che devono darsi una mossa a scegliere il capitano e non ripetere l’errore dello scorso anno.
La maglia rosa odierna invece va al campione del mondo Cadel Evans, l’australiano ha messo in gioco tutta la sua esperienza su terreni di questo tipo, ha fatto valere il suo passato di ciclocrossista andando ad aggiudicarsi la gara. Il migliore, non saprei che altro aggiungere su di lui.
Nella classifica odierna tra i positivi inserirei poi Cunego, Scarponi e Garzelli, mentre tra i flop vedo Sastre su cui evidentemente manca la gamba, al di là dell’errore di finire nel secondo gruppetto a metà gara.
Il veronese della Lampre è invece uno dei miei preferiti e sono molto contento per lui, poteva starci la vittoria, è arrivato uno splendido secondo posto, peccato, ma credo che ora potrà uscire fuori anche per la generale. Dopotutto può finalmente correre tranquillo e, per lui che sembra soffrire la pressione di dover dimostrare di essere il migliore, è davvero un’ottima cosa. Me lo aspetto competitivo per tutta la corsa rosa.
Scarponi e Garzelli sono stati autori di due gare epiche, diverse tra loro, ma davvero emozionanti. Il primo ha dovuto correre in rimonta dopo la caduta, il secondo ha resistito coi denti agli attacchi dei migliori cedendo qualcosa solo all’ultimo chilometro. Per entrambi una tappa condita da grande esperienza, forza, ma soprattutto grinta. A Stefano credo non si potesse chiedere di più, alla fine non aveva le gambe per tenere il passo, ma il risultato è splendido.
Per il corridore della Diquigiovanni, invece, è davvero un peccato che non abbia potuto giocarsi la tappa, non lo vedo tra i favoriti per la generale, ma lo avrei visto bene oggi e forse pure lui aveva puntato molto su questa giornata rivelatasi sfortunata.
Franco Vona
(a cura di Andrea Mastrangelo)

Franco Vona (www.silvasplendid.it)
IL POLSO DI DAMIANO
Fatica e ricerca della gloria: questi i termini che descrivono bene la giornata di Cunego, giunto vicino alla realizzazione di un’impresa in una tappa resa ancor più difficile per la pioggia, che ha trasformato i settori di sterrato in nastri di fango.
Ottima la condotta di gara di Damiano: attento in ogni fase della tappa, più volte propositivo all’attacco, bravo a rientrare sulla testa della corsa. E’ mancata solo la vittoria!
Brent Copeland
GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO
Evans: “Giornata incredibile” Vino: “Dura come una Roubaix”(Gazzetta dello Sport)
Nibali scivola, Evans vince, Vinokourov in maglia rosa(Corriere dello Sport – Stadio)
Cadel Evans wins seventh stage (The Daily Telegraph)
Dirt suits Evans as Giro lead changes (The Times)
Evans héroïque(L’Equipe)
Evans : “C’était une étape incroyable”(Le Monde)
Un infierno de lluvia, barro y caídas (El Mundo Deportivo)
Evans y Vinokourov sobreviven al barro en una etapa brutal (As)
Evans fue el rey sobre el barro(Marca)
Evans gagne la 7e étape, Vinokourov en rose (Le Soir)
Evans vainqueur d’une étape démentielle(La Dernière Heure/Les Sports)
Cadel Evans wint legendarische Giro-rit (De Standaard)
La 7e étape pour Evans (actu24.be)
Victoire d’Evans dans une étape pas banale (Sud Presse)
Cadel Evans wins 7th stage of Giro, moves into second overall(USA Today)
Cadel Evans Wins Giro Stage (The New York Times)
Cadel Evans wins seventh stage of Giro d’Italia (Herald Sun)
Courageous Evans fights back to win Giro’s seventh stage (The Age)
Evans handles the mud best to take leg (The Australian)
Aussies continue to dominate Grand Tour (The Daily Telegraph – Australia)
BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.
M: Prima ora percorsa a 52,500 Km/h!!!
P: Sto rivedendo le mie posizioni pre-Giro. Ero abbastanza scontento della qualità dei corridori presento alla corsa rosa, ma fin’ora mi sembra si stiano impegnando a rendere la corsa piacevole e a tratti interessante.
Fra poco accenderò la tv e spero di vedere una tappa combattuta, che il tratto sterrato dovrebbe alzare dal punto di vista spettacolare.
Di una cosa sono certo: i percorsi del ns. Giro sono sempre molto più belli di quelli del Tour. In Francia la differenza la fa la grande qualità dei partecipanti…ahinoi !!!
E: L’hanno presa tranquilla…
A: Incredibile ciclismo. Queste strade sono emozione.
P: Immagino soltanto quando dovranno pulire tutta l’attrezzatura
G: Frazione magnifica, concordo con chi dice che ogni tanto un arrivo del genere va riproposto.
V: Ho visto solo gli ultimi 45 Km, ma è stata molto spettacolare. Peccato per la caduta di Nibali e Basso, ma secondo me si sarebbero staccati e non sarebbero comunque arrivati con i primi.
Fantastica la prova di Cunego e Pinotti (che curi, per quanto potrà, la classifica? Me lo auguro!!). Buona quella di Garzelli, peccato abbia pagato proprio nel finale.
Molto in palla sia Evans (il rettilineo d’arrivo era duro e ha vinto di potenza su Cunego) sia Vino, con la bilancia del Giro che ora tende ancor più verso il secondo… Ma ci sarà ancora da divertirsi! (Non so però quanto domani, dove credo i distacchi saranno molto inferiori ad oggi).
NB: Da rivedere un po’ “l’organizzazione” delle moto nei tratti sterrati… Spesso, dovendo stare attente anche loro a non cadere, creavano fastidio ai corridori. Come ho notato anche ieri, la regia quest’anno sta saltellando un po’ troppo da una telecamera all’altra e spesso non aiuta a comprendere l’andamento della corsa (che già è movimentata!)
P: Non se Nibali senza la caduta ora sarebbe senza la rosea sulle spalle. Secondo me non avrebbe perso tanto, devo dire che il siciliano ha perso tempo per aspettare Basso altrimenti avrebbe recuperato senza dubbio. Forse è giusto così, Basso è il capitano, Nibali, arrivato al Giro all’ultimo momento, deve rispettare le gerarchie.
A: Comincia il pippero del “non ha senso una tappa del genere in un grande Giro”. Hanno ragione: ce ne vorrebbero molto di più.
P: Quoto alla grande, questo è spettacolo vero !!!
P: Se mi regalano una bici, mi arrangio a pulirmela da me!!!
M: Che spettacolo di tappa! Ha vinto meritatamente Evans, che sullo sterrato era quello che pedalava meglio: agile e potente, memore dei suoi trascorsi sulle ruote grasse.
Bene Cunego (mi ha sorpreso), ottimo Scarponi, nonostante tutto (grande e commovente inseguimento); Nibali, se non avesse aspettato Basso in un frangente, secondo me avrebbe perso una quarantina di secondi in meno.
Mi sarei aspettato qualcosa in più da Pozzato.
Piuttosto, questo Karpets… sta’ a vedere che quatto quatto sfiora il podio finale. Ottimo anche Pinotti (non lo avrei mai pensato).
P: Sono d’accordo. Una tappa che è stata un’ottimo spot per il ciclismo. Ce ne vorrebbero di più di spettacoli del genere. Ovviamente i corridori farebbero volentieri a meno della pioggia, del vento e del fango…ma noi faremmo mooooolto volentieri a meno dei casi di doping che flagellano il ns. amato sport (Vi ricordo 300 corridori scovati in 10 anni)!!!
M: E domani non ci saranno i distacchi avuti oggi.
M: Grande tappa, finalmente spettacolo! Evans ha una gamba da paura, bene Cunego, Vinokurov e Nibali.
Ottimo Scarponi, deludente Basso. Sastre non pervenuto.
Sono curioso di vederli nelle salite lunghe. Penso che Evans sia il favorito per la vittoria finale, ma sono curioso di vedere Vinokurov. E a chi dice che tappe così non vanno bene per una gara a tappe, dico di seguire un altro sport. Magari il curling!!! Pensate una tappa al Finestre con questo tempo.
P: Se le previsioni meteo a lungo termine sono azzeccate almeno per il 50/60%… mi sa che ci saranno altre giornate toste come quella di oggi da qui a fine Maggio.
V: Premesso che il carling ha un suo fascino (con il commento di Eurosport però!; penso che l’osservazione era rivolta a quanto avevo scritto l’altro giorno… Forse sono stato frainteso: io esprimevo perplessità sulla pericolosità di strade strette nei finali soprattutto (anche certi arrivi velocissimi di tappe per velocisti!). Quella di oggi non era una tappa pericolosa, nonostante ci fossero sterrato e pioggia! L’unico piccolo elemento di pericolosità era dato dalle moto, che ho intravisto in alcune immagini sfiorare più volte i corridori o inchiodargli davanti nelle curve sul fango.
La tappa del Colle delle Finestre era stata uno spettacolo, come quella di oggi. Quando poi il gruppo si sfilaccia e fraziona i rischi solitamente diminuiscono.
Spero d’essermi spiegato meglio!
C: La tappa più bella del Giro da 10 anni a questa parte
(assieme a quella del finestre). Al di là del risultato finale.
In prospettiva classifica impressionante Evans che ha sempre dato la sensazione di averne più degli altri, ottimi Vino, Cunego e Scarponi, mentre pensavo potessero fare meglio i Liquigas, caduta a parte.
Io non capisco poi perchè si continui a considerare Pozzato un big. E’ il ciclista più sopravvalutato del gruppo. Odiosi i tappeti che gli stende la De Stefano.
A: Pinotti ha corso da gradissimo e chissà che non regga anche domani. Purtroppo il Giro non propone una crono importante a metà percoso (errore).
J: E’ questo il bello del ciclismo. Bisogna che i gregari, da metà tappa in poi, restino tagliati fuori. Meglio tante piccole squadre con un buon capitano che 3 squadroni superattrezzati che tengono bloccata la corsa.
M: Oddio, guidare una moto in quelle condizioni è molto più difficile che guidare una bicicletta. Se addirittura un’ammiraglia è andata dritta… E’ andata bene che se ne siano rovesciate poche.
M: No V scusa, la critica non era affatto nei tuoi confronti, mi riferivo ai giornalisti bacchettoni che nel Processo alla tappa in tv, dubitavano della bellezza di queste tappe.
Per me, ribadisco, è stata bellissima.
E mi scuso con gli eventuali appassionati di curling che comunque è più divertente della formula 1
V: Infatti! In certe curve si vedeva che le moto inchiodavano terrorizzate di finire per terra, non essendo abituate a quel fondo stradale. Non volevo accusare i motociclisti, che han già il loro bel da fare, ma sottolineare come è stato un piccolo (o grande) problema, da tenere in considerazione per cercare di rimediarvi in prossimi casi (che so: aumentare la distanza obbligatoria delle moto dai vari gruppetti?)
Per M: La “difesa” del curling era semiseria, per quanto non mi vergogno di aver visto della partite (anche delle Olimpiadi) e di trovarlo un GIOCO interessante! Concordo: molto meglio di F1 e – aggiungo io – di calcio & co!
Non azzarderei a dire che è stata addirittura la tappa più bella degli ultimi 10 anni, ma di certo una molto bella!
N: Straquoto tutto!! Per me la più bella tappa di un giro con la Merano-Aprica del 94′. Sono ancora emozionato.
Un Brunello d’annata anche nel ciclismo!!
GRAZIE ZOMEGNAN PER IL CORAGGIO RIPAGATO DAI CORRIDORI!!
PS: Non è caduto nessuno sugli sterrati mentre sull’asfalto… riflettere…
PPS: Commenti entusiasti anche sui giornali esteri!!
G: Fai i nomi che me li vado a leggere
N: Marca: Etapa para la historia la que se pudo vivir en la séptima jornada del Giro de Italia entre Carrara y Montalcino sobre un recorrido de 215 kilómetros. Cadel Evans se impuso en la línea de meta demostrando un brutal estado de forma y Vinokourov, que fue tercero después de Cunego, se coloca como nuevo líder de la general.
Sin duda alguna, el de hoy es un día para recordar y enmarcar. La jornada de hoy es de esas que hacen afición y que nos vuelven a demostrar que el ciclismo es uno de los deportes más espectaculares del mundo. La épica, la fuerza, el desgaste y el pundonor se unieron en la carretera para ofrecer un momento mágico.
As: Fue una jornada más dura de lo esperado y previa al primer envite serio de la montaña, con final en el temido Monte Terminillo. Muchos kilómetros, viento y lluvia, varios tramos de carretera sin asfalto que pusieron la guinda a una etapa que resultó un tanto épica debido a las diferencias y el estado en que llegaron la totalidad de los corredores “maquillados” en barro.
Equipe: Evans héroïque.
G: mi son letto i commenti dei lettori sul sito dell’Equipe: semplicemente entusiastici verso la corsa rosa e tante critiche agli organizzatori del tour per non avere lo stesso coraggio di Zomegnan. Non ci sarebbe potuto essere uno spot migliore al giro di questa tappa.
con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)
GIRO A SEGNO
Rubrica semiseria sul Giro 2010, in ricordo del grande Raimondo Vianello
Vino in rosa, Nibali in bianco e… tutti gli altri neri!!!
by N@po

Il ciclista Birocci affronta il <<muro di Falango>> ((Tante Scuse, 1974, RAI)
METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Chianciano Terme – Terminillo.
Chianciano Terme : pioggia debole (0,1 mm), temperatura 13,1°C, venti deboli da NNW (9-14 km/h), umidità al 71%
Orvieto (63° Km): cielo coperto, temperatura 16,4°C, venti moderati da N (11-14 km/h), umidità al 53%
Amelia (105,4° Km): cielo coperto, temperatura 15,7°C, venti moderati da N (13-16 km/h), umidità al 57%
Terni (129,3 Km): sole e nuvole sparse, temperatura 16,3°C, venti deboli da NNW (5-7 km/h), umidità al 56%, possibilità di debolissimi piovaschi (0,1 mm)
Rieti (167,5° Km): poco nuvoloso, temperatura 16°C, venti moderati da NNW (12-13 km/h), umidità al 56%, possibilità di debolissimi piovaschi (0,2 mm)
Terminillo: sole e nuvole sparse, temperatura 7,3°C, venti moderati da NW (10-13 km/h), umidità al 61%, possibilità di debolissimi piovaschi (0,1 mm). Nella ore mattutine possibilità di pioggia mista a neve
I MISTERI DELLA CASSAPANCA
La quotidiona infornata di croccanti bocconcini spizzicati dalla cronaca
Sgarbozza: “Non è facile indovinare un corridore che va in fuga su 150″ (sono quasi 200 i corridori in gara)
De Stefano: “Auguri di buon guarimento a Paolo Tiralongo”
Savoldelli: “I corridori mi si sono fermati”
De Luca: “L’ammiraglia della Saxo Bank si è parcheggiata in un fosso”
Cassani: “Uscita del sterrato”
Pancani: “Doti di guidabilità dei ciclisti” (Li manovrano col joystick dall’ammiraglia?)
Pancani: “Sotto quei centimetri di fango c’è la maglia rosa” (RIP)
Pancani: “Evans è stato campione nel mountain bike”
Approfittiamo dell’occasione per andare a ravanare sul fondo della cassapanca (l’avete notato, è il soprannome che è stato affibbiato al duo microfonato della RAI) e a pescare qualche strafalcione storico.
Le strade bianche odierne ci hanno fatto tornare alla mente la mitica frase pronunciata da Luigi Ganna al termine del primo Giro d’Italia, quando gli chiesero un’impressione a caldo:
“Me brusa el cù”
ARCHIVIO ALMANACCO
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3a tappa Amsterdam – Middelburg