NONSOLOGIRO – 2019
maggio 1, 2019 by Redazione
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È arrivato maggio, il mese del Giro e non solo. Contemporaneamente alla 102a edizione della Corsa Rosa il calendario internazionale proporrà altri succulenti appuntamenti a pedali e in particolare risalta sulle altre gare il Giro della California, che da tre stagioni è entrato nel circuito World Tour, lo stesso del quale fanno parte il Giro d’Italia e, altra corsa che si disputerà a maggio, il Gran Premio di Francoforte.
Maggio è un mese particolare, dai mille aspetti. Per gli studenti è il mese nel quale si avvia alla chiusura l’anno scolastico e ci s’impegna in un vero e proprio “sprint” per rimediare a voti bassi o per preparare al meglio gli esami di maturità; per gli amanti del caldo è il mese che traghetta dalla primavera all’estate, con le temperature che si alzano e che invogliano alle prime gite e ai primi bagni in mare; per i credenti è il mese consacrato alla Madonna, nel quale ritrovarsi con altri fedeli a recitare il rosario in chiese e cappellette; per i calciofili è il mese nel quale ha termine il campionato di Serie A, quest’anno già matematicamente conquistato dalla Juventus, che con cinque partite d’anticipo ha portato a casa il suo 35° scudetto, l’ottavo consecutivo. Infine, per tutti – appassionati di ciclismo e non – maggio è il mese di quella festa lunga tre settimane che risponde al nome di Giro d’Italia e che quest’anno, complice lo slittamento in avanti di una settimana dell’intero calendario di gara, “straborderà” per un paio di giorni nel mese di giugno, concludendo il suo cammino in corrispondenza della Festa della Repubblica. E poi ci sono anche i superappassionati dello sport del pedale per i quali il quinto mese dell’anno offrirà una cinquantina di altre gare oltre alla “Corsa Rosa”, tra le quali alcune degne di nota.
Scorrendo il calendario s’incontra per primo il Tour de Romandie, in partenza il 30 aprile da Neuchâtel con un cronoprologo lungo poco meno di 4 Km e caratterizzato da uno strappo di circa 500 metri al 5,5% che, vista la brevità della prova, potrebbe anche rivelarsi determinante ai fini del risultato. Molto insidiosa si presenterà la prima tappa in linea, 168 Km con connotati di media montagna per giungere sul traguardo di La Chaux-de-Fonds dopo aver superato ben otto ascese, cinque della quali valide come GPM di 2a categoria. La seconda sarà l’unica frazione destinata ai velocisti, chiamati alla ribalta al termine dei 174 Km della Le Locle – Morges, con epilogo sulle rive del lago di Ginevra dopo un percorso non del tutto liscio che proporrà anche l’ascesa di 2a categoria del Col du Mollendruz. Un tracciato nervoso sarà quindi proposto dalla frazione di Romont, un circuito collinare di 160 Km il cui percorso ricorda quello di certe tappe marchigiane della Tirreno-Adriatico, pur non essendo prevista la presenza di muri lungo il cammino. La frazione di montagna, momento irrinunciabile del Giro della Svizzera Romanda, si correrà il penultimo giorno di gara partendo da Lucens per andare ad affrontare le salite allo Jaunpass (1507 metri, 5,9 Km all’8,1%) e al Col des Mosses (1445 metri, 13,1 Km al 4,1%), antipasti all’ascesa finale verso Torgon (1063 metri, 10,3 Km al 6,5%), il cui culmine ufficiale è collocato a 3 Km dal traguardo, nelle battute conclusive di una tappa lunga 176 Km. Com’è evidente, non si tratta di difficoltà particolarmente insormontabili e per questo motivo a decidere le sorti della 73a edizione della corsa elvetica sarà, con tutta probabilità, la cronometro conclusiva di 17 Km disegnata sulle strade di Ginevra, scorrevole e veloce negli ultimi 10 Km mentre la prima parte sarà movimentata da un paio di piccoli dislivelli, come lo strappo di 600 metri al 7,7% che si dovrà superare nel corso del primo chilometro di gara.
Il primo maggio sarà il giorno della seconda gara World Tour del mese, l’Eschborn-Frankfurt, corsa in linea nota in Italia come Gran Premio di Francoforte e che anche quest’anno avrà ai nastri di partenza il velocista norvegese Alexander Kristoff, alla caccia del filotto dopo aver vinto le ultime quattro edizioni della corsa tedesca.
La prima corsa a tappe totalmente “maggiolina” sarà il Tour de Yorkshire, giunto alla sua quinta edizione e quest’anno particolarmente interessante perché proporrà un test sul circuito che il 29 settembre ospiterà i campionati del mondo di ciclismo e che il giorno di Pasquetta è già stato visionato da un gruppo di corridori italiani (Bettiol, Colbrelli, Trentin e Viviani) e dal commissario tecnico della nazionale Davide Cassani, che sono tornati in Italia con la convinzione che si tratterà di un mondiale duro, anche se altimetricamente non impegnativo. Ed è anche per questo motivo che corridori del calibro del campione olimpico Greg Van Avermaet, di Mark Cavendish e di Chris Froome, alla sua prima corsa in maglia Ineos, si schiereranno il 2 maggio al via della prima tappa, che in 182.5 Km condurrà da Doncaster a Selby affrontando un percorso prevalentemente pianeggiante e favorevole ai velocisti. Pure adatte agli sprinter saranno la seconda frazione – la più interessante perché a una sessantina di chilometri dalla conclusione della Barnsley – Bedale, di 132.5 Km complessivi, si effettuerà un giro quasi completo sul circuito iridato di Harrogate – ed anche la terza, che darà un po’ più filo da torcere alle loro formazioni perché prima di completare i 132 Km della Bridlington – Scarborough dovranno essere superati alcuni muri, l’ultimo dei quali collocato a una trentina di chilometri dal traguardo. Sarà l’ultima la frazione decisiva per via dei continui saliscendi che caratterizzano gli ultimi 50 Km della Halifax-Leeds (175 Km), sui quali spiccano le salite di Greenhow Hill (3.2 Km all’8%) e di Otley Chevin (1.4 Km al 10.4%).
Il giorno dopo la partenza del Giro d’Italia da Bologna (11 maggio) prenderà le mosse un’altra corsa a tappe della “serie A” ciclistica, l’Amgen Tour of California, che farà dunque a “spallate” con la prima settimana della Corsa Rosa e che, tra i grandi nomi, vedrà in sella sulle strade statunitensi Peter Sagan, Tejay Van Garderen, il velocista tedesco Marcel Kittel e il promettente neoprofessionista sloveno Tadej Pogačar, quest’anno vincitore della Volta ao Algarve. La prima bandiera del via sarà abbassata in quel di Sacramento, la capitale della California alla quale si farà ritorno dopo 143 km completamente pianeggianti. Si salirà subito ad altissima quota il secondo giorno di gara perché, partendo dai 41 metri sul livello del mare di Ranch Cordova, si arriverà ai 2000 metri di South Lake Tahoe dopo aver percorso 214 Km e aver toccato i 2616 metri del Carson Pass senza affrontare, però, pendenze particolarmente impegnative. Lo saranno, invece, quelle del Mount Hamilton (1275 metri), i cui 7.2 Km all’8.4% saranno affrontati l’indomani a una settantina di chilometri dalla conclusione della Stockton – Morgan Hill (208 Km), ma la notevole distanza da percorrere per andare il traguardo potrebbe non invogliare troppo gli scalatori oppure vanificare gli effetti provocati dall’ascesa. Nelle successive 48 ore torneranno protagonisti i velocisti che troveranno pane per i loro denti al termine della Laguna Seca – Morro Bay (214 Km) mentre dovranno digerire qualche difficoltà altimetrica nel corso della Pismo Beach – Ventura, la frazione più lunga delle sette in programma (219 Km), che prevede un GPM di 1a categoria a metà tappa e un secco strappo di 900 metri al 9% a 5 Km dal traguardo. Sarà poi il turno della tappa “regina”, breve ma molto impegnativa, che scatterà da Ontario per concludersi dopo 127 Km ai 1959 metri del Mount Baldy, dove si giungerà dopo aver affrontato un’ascesa finale di 8 Km inclinata all’8.3% di pendenza media, in cima alla quale nel 2015 s’impose un giovane e promettente corridore francese, oggi divenuto uno delle “stelle” del gruppo: Julian Alaphilippe. Un percorso di media montagna, infine, caratterizzerà il tracciato dell’ultima frazione che in 126 Km condurrà da Santa Clarita a Pasadena salendo fino ai 1500 metri dell’Angeles Forest Highway prima di raggiungere il traguardo conclusivo dove dovranno essere ripetuti tre giri di un pianeggiante circuito lungo 6.5 Km.
Negli stessi giorni del California in Francia si disputerà la 65a edizione della Quattro Giorni di Dunkerque, corsa a tappe che, nonostante il nome, si disputa in sei giorni sulle strade della regione dell’Hauts-de-France, territorio privo di grandissime ascese ma che permette di confezionare tracciati non banali a causa del pavè e del vento che spesso spazza queste lande. Non è un caso che, spulciando l’albo d’oro della corsa, risaltino nomi di corridori avvezzi a ben altri e più “alti” traguardi come quello dello scalatore transalpino Charly Mottet, che ricordiamo secondo al Giro d’Italia del 1990 dietro Bugno e che vinse due volte la “Quattro Giorni”, nel 1989 e nel 1991. Si comincerà il 14 maggio con una prima frazione destinata ai velocisti, disegnata per 189 Km tra Dunkerque e Condé-sur-l’Escaut e che prevede un paio di facili ascese collocate nei primi 50 Km e l’attraversamento nel finale delle terre del pavè, anche se non saranno previsti settori da percorrere sulle pietre. Non dovrebbe sfuggire agli sprinter nemmeno la seconda tappa di 178 Km da Wallers a Saint-Quentin e poi anche la terza che vedrà i corridori coprire 156.5 Km da Laon a Compiègne, cittadina conosciuta agli appassionati di ciclismo per essere sin dal 1977 sede di partenza della Parigi-Roubauix. Le due frazioni successive saranno quelle decisive, a partire da quella che si snoderà per 180 Km tra le località di Fort Mahon Plage e Le Portel, entrambe affacciate sulle ventose coste della Manica, e che si concluderà con un circuito di 15,2 Km che prevede di affrontare quattro volte la breve ma ripida salita di Saint-Étienne-au-Mont (1.1 Km al 9.2%), da scavalcare l’ultima volta quando al traguardo mancheranno poco meno di 9 Km. La tappa regina di questa corsa priva di grandissime montagne sarà quella che, partendo da Gravelines, si concluderà dopo 181.5 Km sul tradizionale approdo di Cassel, presenza fissa della Quattro Giorni di Dunkerque: il momento topico del tracciato sarà rappresentato dal circuito finale di 14.6 Km che dovrà essere ripetuto otto volte e che terminerà con la salita in pavè verso il traguardo (3 Km al 4.6%) ma che proporrà un’altra più impegnativa ascesa su asfalto (800 metri al 9.4%), pure da ripetere otto volte per un totale di sedici brevi ascese e di quasi 30 Km di salita complessiva. Torneranno poi protagonisti i velocisti nella conclusiva frazione che da Roubaix riporterà la corsa in quel di Dunkerque dopo aver percorso in totale pianura gli ultimi 187 Km, comprensivi di circuito-passerella finale di 7.5 Km che dovrà essere inanellato dieci volte.
Debole compagna di viaggio alla durissima settimana conclusiva del Giro d’Italia sarà la nona edizione del Giro di Norvegia, corsa che non ha mai potuto o voluto sfruttare il territorio prevalentemente montagnoso offerto dallo stato scandinavo, forse per favorire i corridori locali più celebri, che non sono particolarmente attrezzati per le tappe di montagna. Prova ne sono le tre vittorie conseguite da Edvald Boasson Hagen (2012, 2013 e 2017), velocista che sa sprintare anche al termine di frazioni altimetricamente impegnative e che nella corsa di casa ha ottenuto anche due secondi posti sul podio finale e un terzo nell’edizione dello scorso anno, terminata con il successo dello spagnolo Eduard Prades. La prima delle sei tappe in programma (una in più rispetto alle edizioni fin qui disputate) si correrà martedì 28 maggio tra Stavanger ed Egersund su di un tracciato di 168 Km che presenta solo qualche modesto saliscendi e favorirà l’arrivo in volata; lo stesso discorso vale anche per la successiva Kvinesdal (Liknes) – Mandal (174 Km), il cui finale è leggermente più impegnativo perché si dovranno affrontare tre giri di un circuito lungo circa 10 chilometri che prevede uno strappo di 600 metri al 6.4% posto esattamente a metà dell’anello. Più animata si presenterà l’altimetria della terza frazione che condurrà il gruppo da Lyngdal a Kristiansand in 180 Km e anche in questo caso ci sarà un circuito a fine tappa caratterizzato da una salita – 1500 metri al 5.3% – collocata a 5 Km dalla linea d’arrivo e che dovrà essere ripetuta quattro volte. La quarta sarà la tappa più lunga e quella che più assomiglia a una classica del nord per via dell’altimetria tormentata, pur priva di salite vere e proprie, sulla quale si pedalerà per 224 Km tra Arendal e Sandefjord, dove si giungerà una quindicina di chilometri dopo aver superato uno strappo di mille metri al 7.5% che fa gola ai finisseur. È nelle ultime due giornate che s’incontreranno salite più concrete e degne di questo nome, anche se la volata pare ancora una soluzione molto probabile per l’epilogo della quinta frazione di 160 Km, Skien – Drammen, il cui momento più impegnativo si vivrà a 70 Km dal traguardo, al momento di approcciare la salita che condurrà al GPM di Meheia, classificato di 1a categoria ma in realtà più simile a un colle di terza (l’ascesa si compone di un primo tratto di 6 Km al 4.9%, seguito da una breve discesa intermedia e poi dai conclusivi 3 Km al 6%). Il 2 giugno, giorno della frazione conclusiva del Giro d’Italia, terminerà il suo cammino anche la corsa norvegese con la più difficile tra le sei frazioni in cartellone, che prenderà le mosse da Gran, comune del distretto di Hadeland, per giungere a Hønefoss dopo aver percorso 175 Km e aver superato a 11 Km dall’ultimo traguardo il decisivo GPM di Smeden, che si compone di un muretto di 600 metri al 10.8% e, dopo un lungo tratto in quota intermedio, di un ultimo strappo di 1200 metri all’8,6%.
Mauro Facoltosi
I SITI DELLE CORSE
GIRO D’ITALIA
TOUR DE ROMANDIE
TOUR DE YORKSHIRE
www.tour-de-yorkshire.co.uk/en
ESCHBORN-FRANKFURT
www.eschborn-frankfurt.de/de/home
AMGEN TOUR OF CALIFORNIA
4 JOURS DE DUNKERQUE / GRAND PRIX DES HAUTS DE FRANCE
https://www.4joursdedunkerque.com
TOUR OF NORWAY

Vista panoramica dalla cima del Mount Baldy, in California (californiathroughmylens.com)
LIEGI-BASTOGNE-LIEGI 2019: LE PAGELLE
aprile 29, 2019 by Redazione
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Dopo la conclusione dell’ultima delle grandi classiche del Nord ecco i promossi e i bocciati dell’edizione 2019 della “decana” Liegi-Bastogne-Liegi
JAKOB FUGLSANG: Stavolta non c’è sfortuna, avversario, caduta, moto che tenga, niente e nessuno è riuscito a farlo perdere. Vince da dominatore attaccando sulla Roche-aux-Faucons. Sfrutta il lavoro di una grande Astana per vincere la sua prima Classica Monumento. Fa il funambolo in discesa quando per un niente non finisce a terra. Danese Volante. Voto: 10
DAVIDE FORMOLO: Quel viso simpatico e pacioccone che si ritrova lo rende simpatico a chiunque. Non tifarlo è impossibile, ma oggi se lo meritava davvero. Il veneto è stato l’ultimo a cedere a Fuglsang. Per il futuro dovranno tenerlo tutti d’occhio. Voto: 8,5
MICHAEL WOODS: Il canadese è il primo a raggiungere il danese sulla “Roccia dei Falchi” ma non riesce a tenerle sulla seconda accelerata di Fuglsang. Viene riassorbito dal gruppetto Nibali a due chilometri dal traguardo terminando quinto. Voto: 7
MAXIMILIAN SCHACHMANN: Il trittico delle Ardenne si conclude col terzo posto del tedesco della Bora-Hansgrohe. Il pensiero è che in questa settimana ha raccolto poco per la gamba che si ritrova. Paga ancora la poca esperienza e la giovane età. Voto: 7
VINCENZO NIBALI: Il siciliano ha dimostrato di avere una buona condizione, ma gli strappi delle Ardenne non sono il suo piatto preferito. Ha gamba, testa e coraggio e lo dimostra durante tutto l’arco della corsa, purtroppo di più non può fare. Voto: 7
DAVIDE VILLELLA: Anche alla Liegi l’italiano in maglia Astana dimostra di essere uno dei gregari più validi del panorama mondiale. Il suo ritmo in testa al gruppo è uno dei più efficaci. Voto: 6,5
ADAM YATES: Nella prima metà della corsa non sembra avere una buona gamba, poi il britannico si riprende bene nel finale terminando quarto. Voto: 6,5
DAVID GAUDU: Con l’assenza di Pinot, le speranze della Groupama-FDJ erano riposte tutte su di lui. Il francese è uno dei più attivi nel finale, prima dell’attacco decisivo di Fuglsang. Sesto posto meritato. Voto: 6,5
MIKEL LANDA: Uscito di scena Valverde la Movistar gareggia solo per lui. Il basco propva a fare del proprio meglio e, nonostante la sua poca attitudine per le corse di un giorno, conclude con un settimo posto onorevole. Voto: 6,5
TANEL KANGERT: Il cambio di maglia non sembrerebbe avergli fatto bene; oggi prova più volte ad attaccare da lontano per spezzare questo trend. Voto: 6
DYLAN TEUNS: Entra in gioco nel finale come seconda punta in appoggio a Nibali. Fuglsang, Formolo e Woods, però, hanno un altro passo sulla Roche-aux-Faucons. Voto:6
MICHAŁ KWIATKOWSKI: No, il polacco non c’è. La sua pedalata è molto lontana dai suoi standard qualitativi. Il 12° posto odierno non gli rende giustizia. Voto: 5,5
GREG VAN AVERMAET: Prova a partire da lontano, a quasi sessanta chilometri dall’arrivo, ma non riesce a portare via un gruppetto di buoni attaccanti. Esce mestamente di corsa quando l’Astana decide di far sul serio. Voto: 5
DIEGO ULISSI: Il terzo posto della Freccia Vallone lasciava ben sperare, oggi naufraga mestamente concludendo la gara al 39° posto, a 3′34” da Fuglsang. Voto: 4,5
ALEJANDRO VALVERDE: Abbandona la corsa quando di chilometri al traguardo ne mancano ancora 103. La maledizione della maglia tricolore più l’età che avanza lo beffano ancora. Voto: 5
JULIAN ALAPHILIPPE: È il grande sconfitto di giornata. Sulla Roche-aux-Faucons precipita dietro e non si rialza più. La gamba non era delle migliori, come le idee. Logora la squadra nella prima parte di corsa, lasciando le iniziative finali ad una più fresca Astana. Voto: 4
RUI COSTA: Una volta il portoghese dava almeno l’impressione di poter puntare a un buon piazzamento alla Liegi, oggi nemmeno quello. Voto: 4
ROMAN KREUZIGER: Per il corridore ceco vale lo stesso discorso fatto per Rui Costa. Voto: 4
Luigi Giglio
AMSTEL GOLD RACE 2019: LE PAGELLE
aprile 23, 2019 by Redazione
Filed under 5) AMSTEL GOLD RACE, Approfondimenti
Dopo la straordinaria impresa di Van der Poel sulle strade dell’Amstel Gold Race ecco le pagelle dell’unica classica del nord disputata sulle strade dei Paesi Bassi
MATHIEU VAN DER POEL: Fenomeno lui o polli Alaphilippe e Fuglsang? Nel dubbio lui fa il suo dovere, che è qualcosa di straordinario. Ricuce da solo il buco negli ultimi 3 km e sprinta in faccia a gente più forte ed esperta di lui. Un treno che non conosce fermate, sempre dritto! Voto: 10 e lode
MICHAŁ KWIATKOWSKI: Il polacco prova a prendere le ruote di Fuglsang e Alaphilippe; ci riesce solo nell’ultimo chilometro ma, purtroppo per lui, rientra solo poco tempo prima di Van Der Poel. Voto: 7
ALESSANDRO DE MARCHI: Ci prova nel finale e conquista un settimo posto che non è da buttare. Il friulano ha carta bianca e prova a giocarsi tutte le sue chances di vittoria entrando nell’azione decisiva del campioncino della Coredon-Circus, ma allo sprint non è uno dei ciclisti più validi. Voto: 7
SIMON CLARKE: Zitto zitto, si mette a ruota di Van Der Poel e guadagna mesto mesto un ottimo secondo posto. Chi si vuole piazzare si deve attaccare al treno Van der Poel. Voto: 7
DAVIDE VILLELLA: Si mette in testa al gruppo e ricuce il distacco dei fuggitivi in un attimo; è il miglior gregario di giornata per distacco. Voto: 6,5
MAXIMILIAN SCHACHMANN: Si spazientisce quando il gruppo non si organizza per prendere i due in testa, Fuglsang e Alaphilippe, e attacca da solo. Alla fine arriva 5°: contro questo Van Der Poel c’era poco da fare. Voto: 6,5
PHILIPPE GILBERT: Resta nelle retrovie, non spinge data la presenza di Alaphilippe in testa alla corsa, ma nel momento clou non riesce a tenere testa a Van Der Poel. Non era facile e la corsa sembrava ormai finita. Voto: 6
MATTEO TRENTIN: Alla fine arriva 10°, però corre da protagonista, su strade che non sono proprio le sue preferite. Voto: 6
ALBERTO BETTIOL: Prestazione anonima per il toscano della Ef Education First, che aveva saltato la Parigi-Roubaix per prepararsi in vista delle Ardenne. Vedremo tra Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi se riuscirà a stupirci di nuovo. Al momento c’è solo il passaggio a vuoto dell’Amstel. Voto: 5
WOUT VAN AERT: Giornata no. Sembra in fase calante, che abbia bisogno di riposo per ricaricare le pile? Voto: 5
JULIAN ALAPHILIPPE: Se arrivava da solo con Fuglsang al traguardo avrebbe vinto 10 su 10 in volata. Il problema è che da dietro hanno fatto rientrare prima Kwiatkowski e poi Van Der Poel. Voto: 5
ALEJANDRO VALVERDE: Sessantacinquesimo a 4′19”, il campione del mondo proprio non riesce a far sua l’Amstel. Voto: 5
JAKOB FUGLSANG: Il danese attacca nel momento giusto, esce dal gruppo con Alaphilippe ma poi si perde tra errori tattici e incomprensioni con l’ammiraglia. Voto: 4,5
PETER SAGAN: Sparisce subito dal vivo della corsa e non arriverà nemmeno al traguardo. Sconsolante. Voto: 4
MICHAEL VALGREN: Il vincitore della passata edizione termina al 52° posto, senza un guizzo, senza nessuna voglia di conservare il titolo. Alla fine ha fatto quello che sta facendo da inizio stagione: niente. Voto: 3
Luigi Giglio
PARIGI-ROUBAIX 2019: LE PAGELLE
aprile 15, 2019 by Redazione
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Dopo la strepitosa vittoria di Philippe Gilbert, che a 36 anni inserisce nel suo curriculum un’altra classica monumento, diamo i voti ai partecipanti alla 117a edizione della Parigi-Roubaix, che ha promosso parecchi dei suoi interpreti ma ne ha respinti diversi altri
PHILIPPE GILBERT: Intramontabile, eroico e stoico. Una carriera da sogno, un palmarès da paura, quattro classiche monumento vinte su cinque, solo la Milano-Sanremo non fa parte della bacheca del fuoriclasse belga. Trionfa alla Parigi-Roubaix come il suo solito, con un’azione degna di un vero campione, attacca e rilancia, staccando e sfinendo gli avversari. Un Mito. Voto: 10 e lode.
YVES LAMPAERT: Il campione in carica belga oggi era l’unico che poteva mettere in discussione la vittoria di Gilbert, ma senza batter ciglio obbedisce agli ordini di squadra e si mette a lavoro, e che lavoro! Traina il gruppetto in fuga per chilometri e gli fa guadagnare terreno persino nei tratti di pavé, mettendo nel sacco il gruppo all’inseguimento. Attacca Gilbert e gli fa da stopper, alla fine stacca anche un esausto Sagan per andare a chiudere al terzo posto. Voto: 9
NILS POLITT: Il giovane tedesco della Katusha-Alpecin aveva già stupito al Giro delle Fiandre e si riconferma alla Parigi-Roubaix. Sempre nel vivo della corsa, non ha nemmeno timori reverenziali a provare a staccare gente come Sagan e Gilbert. Nel velodromo la differenza di esperienza ha, però, pesato a sfavore di Politt. Voto: 8,5
SEP VANMARCKE: La sfortuna si abbatte sul passistone belga. Costretto a cambiare bici due volte ed entrambe in due momenti cruciali della corsa, prima nella Foresta di Arenberg e poi al momento del decisivo attacco di Gilbert e Politt. Chiude al quarto posto tra tanti rimpianti. Voto: 7,5
WOUT VAN AERT: La classe non si discute, la grinta anche, ma gli manca la fortuna. Cade, va per i prati, rientra e ha guai meccanici, spreca troppe energie per rientrare e nuovamente la sfortuna si abbatte su di lui. Voto: 7,5
FLORIAN SÉNÉCHAL: Il francese resta al coperto quando in avanscoperta ci sono Gilbert e Lampaert. Che fare a questo punto? Mentre gli altri mollano, lui resta sempre a ridosso degli inseguitori per poi beffarli allo sprint finale. Arriva 6°. Un altro campioncino in casa Deceuninck. Voto: 7
SEBASTIAN LANGEVELD: L’olandese è in una forma smagliante. Al Fiandre lavora da stopper per Alberto Bettiol, alla Roubaix è sempre vicino a Sep Vanmarcke e gli dona anche la sua bici quando il capitano fora. Cambia bici, non molla e arriva decimo. Voto: 6,5
PETER SAGAN: Va incontro a varie vicessitudini che supera brillantemente e non corre nemmeno male. Perde prima del tempo Oss e Burghardt, ma trova Selig al punto giusto. Nel finale resiste agli attacchi di Gilbert, ma non ha più la forza di replicare, finché cede mestamente. Oramai privo d’energie, non sprinta nemmeno per il quarto posto. Sembrerebbe che il motore del campione slovacco stia diminuendo di potenza, ma speriamo di sbagliarci. Voto: 6
DAVIDE BALLERINI: Il ciclista italiana dell’Astana è alla sua prima partecipazione alla Parigi-Roubaix e al traguardo sarà il primo degli italiani, 31° a 4’25″ da Gilbert. Prova da solo a rientrare sul gruppetto Sagan-Gilbert lanciato verso il traguardo, in precedenza era entrato anche nella prima fuga di giornata. Tanta generosità per lui, ma la pagherà nel finale. Voto: 6
OLIVER NAESEN: Si vede già dai primi chilometri di corsa che non sarà una bella giornata per il belga. Rimasto nel secondo troncone quando il gruppo si spezza nella Foresta di Arenberg, sfianca i suoi per rientrare, ma si sfianca anche lui. Resta nel gruppo inseguitore senza mettere mai la testa fuori dal guscio. Voto: 5,5
ARNAUD DÉMARE: Da anni dice che gli piacerebbe vincere la Parigi-Roubaix, ma oggi non fa nulla per provare a vincerla. Voto: 5,5
GREG VAN AVERMAET: Il belga della CCC Team corre sempre nelle prime posizioni ma, come lo scorso anno, perde l’attimo decisivo e non rientra più. Sarà uno dei pochi a provare a rientrare nel gruppetto di testa lanciato verso Roubaix, ma non ha le gambe per reggere a Lampaert prima e a Gilbert poi. Chiude al dodicesimo posto. Voto: 5
DYLAN VAN BAARLE: Dopo gli sprazzi al Giro delle Fiandre, si aspettavano in molti l’olandaese del team Sky, ma purtroppo non entra mai nel vivo della corsa. Voto: 5
JOHN DEGENKOLB: Al Tour de France dello scorso anno, su queste strade, si assisteva alla rinascita sportiva del tedesco della Trek-Segafredo. Prova ad un certo punto ad allungare, ma non lo hanno lasciato andare. Perde il treno giusto e si perde. Voto: 5
MATTEO TRENTIN: Entra nella prima fuga di giornata e sui primi due tratti di pavé sembrava uno dei più in forma. Poi fora e da lì inizia la sua giornata nera che conclude la serie delle classiche del pavé con un bilancio molto negativo. Solo 43° all’arrivo a 10′20”. Voto: 5
ALEXANDER KRISTOFF: Giornata no per il ciclista norvegese. Dice subito addio ai sogni gloria, quando mancano ancora 100 km all’arrivo. Voto: 4,5
GIANNI MOSCON: Per il trentino non è un bel periodo, nulla da fare. Voto: 4
LUKE ROWE: Un fantasma. Voto: 4
TIESJ BENOOT: Non si hanno sue notizie finché, a 70 km dall’arrivo, non inquadrano il lunotto posteriore dell’ammiraglia del Team Jumbo-Visma sfondato da Benoot in una caduta. Ritiro e check-up all’ospedale. Forza Benoot. Voto: S.V.
Luigi Giglio

Il gruppo di testa imbocca uno dei tratti storici della Parigi-Roubax, il settore di pavè di Mons-en-Pévèle (foto Bettini)
GIRO DELLE FIANDRE 2019: LE PAGELLE
aprile 8, 2019 by Redazione
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Poche ore dopo la conclusione della classica fiamminga ecco le pagelle dell’edizione 2019 del Giro delle Fiandre, partendo ovviamente da Alberto Bettiol
ALBERTO BETTIOL: In un Fiandre dove le stelle si nascondono, splende il sole della giovane promessa italiana. Il toscano sfrutta alla perfezione il lavoro della EF Education First e sull’Oude Kwaremont lascia tutti di sasso involandosi da solo verso il traguardo. Disputa gli ultimi 18 chilometri con la consapevolezza di un veterano, non si volta mai indietro, spinge e guadagna addirittura terreno sul Pateberg, stringe i denti sull’asfalto per poter andare finalmente ad esultare con largo anticipo sulla linea dal traguardo. Dopo gli infortuni delle ultime stagioni che lo hanno frenato, il talento cristallino di Bettiol è finalmente sbocciato, e chi lo ferma ora? Voto: 10
KASPER ASGREEN: In una Deceuninck – Quick Step nella quale le punte si chiamano Štybar, Jungels, Lampaert e Gilbert, nessuno si sarebbe aspettato il danese come primo classificato della squadra di Lefevere. Asgreen è sempre sul pezzo, attacca con Vandenberg, Vanmarcke e Van Baarle, viene raggiunto e assorbito dal gruppo ma resiste sull’Oude Kwaremont e, soprattutto, sul Pateberg. È l’unico ciclista a sfuggire dal controllo di Langeveld, ma Bettiol è ormai andato e per lui ‘’solo” un secondo posto. Voto: 8,5
SEP VANMARCKE: Sul secondo passaggio dell’Oude Kwaremont attacca insieme a Vandenberg, Asgreen e Van Baarle. Quando l’azione sembra avere il destino segnato si stacca e si mette a tirare il gruppo principale dando il via all’azione che lancerà Alberto Bettiol verso il successo nella Classica dei Muri. Voto: 8
MATHIEU VAN DER POEL: Il talentino olandese ha una gamba da far invidia a molti ma alla sua prima ”Ronde” paga lo scotto dell’inesperienza. Purtroppo scivola e cade rovinosamente, si rialza e spreca energie per rientrare. Una volta rientrato rimane sempre nelle prime posizioni del gruppo, specie sui muri dove cerca di forzare. Ben marcato da Langeveld, viene battuto in volata da Kristoff, terminando fuori dal podio il suo primo Fiandre. Se il buongiorno si vede dal mattino, abbiamo trovato un predestinato. Voto: 8
SEBASTIAN LANGEVELD: L’olandese è una pedina fondamentale della EF Education First. Negli ultimi chilometri, quando Bettiol è lanciato da solo verso il traguardo, si sacrifica a fare lo stopper ai vari tentativi di rimonta. Gli sfugge il solo Asgreen, ma solo nel finale quando la vittoria di Bettiol è ormai sicura. Voto: 7,5
ALEXANDER KRISTOFF: Il norvegese della UAE-Team Emirates, fresco vincitore della E3 Harelbeke, riesce a salire anche sul podio del Fiandre. Regge sui muri, soffre ma non si stacca, resiste bene e allo sprint riesce a regolare il pimpante Van Der Poel. Voto: 7
ALEJANDRO VALVERDE: Il campione del mondo in carica partecipa alla sua prima ”Ronde”. Lo spagnolo corre in modo astuto, non da mai l’impressione di poter fare di più, ma con intelligenza riesce a terminare all’ottavo posto. Voto: 6,5
HUGO HOULE: Il canadese dell’Astana è il primo ciclista che in fuga riesce a passare sull’Oude Kwaremont, conquistando così il GP Stig Broeckx che vale 5000 € da destinare a un’associazione benefica belga a scelta. Voto: 6,5
NILS POLITT: Sorpreso sul Grammont, mette tre uomini dei suoi a tirare per rientrare nel gruppo principale. Giovanissimo, classe ‘95 come Bettiol, una volta rientrato il tedesco non si fa sorprendere più, a parte l’azione vincente della EF Education First. Ottiene un buonissimo 5° posto. Voto: 6,5
OLIVER NAESEN: Il belga dell’Ag2r La Mondiale, reduce da un malanno provocatogli dallo champagne versato addosso da Kristoff sul podio della Gand-Wevelgem, corre in modo intelligente, forse troppo. Non riesce a mettere mai il naso fuori dal gruppo, ma è sempre lì, a ridosso dei primi. Termina al settimo posto. Voto: 6
WOUT VAN AERT: Il corridore belga della Jumbo-Visma è sempre tra i primi, ma non ha la gamba per forzare. Corre in modo intelligente ma meno sprezzante rispetto al suo rivale ‘’storico” Van Der Poel. Voto: 6
JENS KEUKELEIRE: Il corridore della Lotto-Soudal prova più volte col compagno di squadra Tim Wellens (voto 6) a far saltare il banco negli ultimi 30 chilometri. La Deceuninck – Quick Step e la Ef Education First lo bloccano, ma sarà da tenere d’occhio per le prossime corse sul pavè. Voto:6
BOB JUNGELS: Corre troppo in avanscoperta, troppo generoso e alla fine, quando prova ad inseguire Bettiol lanciato verso il traguardo, si deva fare da parte a causa dei crampi. Voto: 5,5
GREG VAN AVERMAET: Uno dei favoriti di giornata, sempre attento e nel vivo della corsa. Sorpreso da Bettiol, tergiversa troppo a guardare i movimenti degli altri big per chi si sarebbe messo ad inseguire l’italiano. Come l’anno scorso, quando gli scappò Terpstra, non riesce più a recuperare nonostante sul Pateberg sia il più generoso. Termina al decimo posto. Voto: 5,5
MATTEO TRENTIN: Anche questo Fiandre non va per il verso giusto. L’uomo di punta della Mitchelton-Scott per questa corsa non riesce nemmeno ad entrare nei primi 20 di giornata. Voto: 5
PETER SAGAN: Un campione come lui parte sempre tra i favoriti. Che non sia una bella giornata per lui si vede già sul Grammont, dove rimane nella seconda parte del gruppo. Rientrerà, ma non darà mai l’impressione di provarci sul serio. Si vede solo nei chilometri finali, quando ormai la corsa aveva preso binari diversi. Che sia più un problema di testa che di gambe? Voto: 5
NIKI TERPSTRA: Una caduta lo costringe al ritiro dopo pochi chilometri dalla partenza. Il campione in carica del Fiandre abdica così, senza poter combattere. Rimandato
GIANNI MOSCON: Il trentino della Sky non entra mai nel vivo della corsa. Sulla carta doveva dividersi i gradi di capitano con Van Baarle e Rowe, la strada lo respingeva inesorabilmente. Voto: 5
ZDENĚK ŠTYBAR: Alla partenza era il favorito numero 1, ma non riuscirà mai ad entrare nel vivo della corsa. Terminerà il suo Fiandre al 36° posto a oltre 2′ da Bettiol. Giornata nera per il ceco. Voto: 4,5
PHILIPPE GILBERT: Il campione belga disputa il Fiandre più negativo della sua lunga carriera ciclistica. Si perde sul Grammont e non si vede più. Voto: 4
Luigi Giglio

Le pagelle della 103a edizione del Giro delle Fiandre (foto Bettini)
STAGIONE 2019: APRILE, NON C’È DA DORMIRE
aprile 3, 2019 by Redazione
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È un mese ricco quello di Aprile, quest’anno ancor più rispetto al 2018 per la presenza di tre nuove corse, frutto dei ricollocamenti di due gare che prima si disputavano in altri mesi e del ritorno in calendario del Giro di Sicilia. Chi punta a fare bene al Giro d’Italia avrà diverse corse a tappe nelle quali affinare la gamba, dal Giro dei Paesi Baschi a quello della Romandie passando per il Tour of The Alps. Poi, ovviamente, ci saranno le grandi classiche del nord, corse che non hanno bisogno di presentazioni….
Un vecchio adagio recita “Aprile, dolce dormire”, ma questo proverbio non calza per niente al quarto mese dell’anno dal punto di vista del ciclismo. Tra grandi classiche del nord e la serie di corse a tappe che anticipano il Giro d’Italia non ci sarà certamente il tempo d’annoiarsi, quest’anno più che in passato perché il calendario di aprile, già affollato di suo, s’è arricchito di tre nuove corse, anche se in realtà si tratta, in un paio di casi, di vecchie conoscenze del gruppo. Sia il Tour de Langkawi, sia il Giro di Turchia sono stati, infatti, ricollocati spostandoli dalle loro precedenti date, mentre può essere considerata una gradita novità il Giro di Sicilia, anch’essa tornato a far parte del calendario ma dopo ben 42 anni dall’ultima edizione disputata. E ci sarebbe dovuta essere anche una quarta corsa, questa totalmente inedita, ma qualche mese fa, dopo che era stata inserita in calendario dall’UCI, gli organizzatori del Tour of Israel hanno preferito rimandare di dodici mesi la partenza di questa competizione, creata sulla scia dell’entusiasmo nato in seguito alla partenza del Giro d’Italia dello scorso anno da Gerusalemme.
Il primo appuntamento da non perdere sarà una classica del nord, la Dwars door Vlaanderen (letteralmente “Attraverso le Fiandre”) del 3 aprile, gara appartente al circuito dell’UCI World Tour che si disputerà sulla distanza di 183 Km, tra i centri di Roeselare e Waregem, affrontando lungo la strada undici “berg” e sei tratti in pavè.
Lo stesso giorno scatterà il Giro di Sicilia, risorto grazie alla regione che ne ha affidato l’organizzazione alla Gazzetta dello Sport, già artefice dei recenti passaggi della corsa rosa. RCS Sport ha imbastito così quattro frazioni e si comincerà con quella più semplice, 165 Km da Catania a Milazzo transitando per le pedalabili ascese di Taormina (3,6 Km al 4,6%) e Portella San Rizzo (9,2 Km a 4,9%), poco temibili per i velocisti così come lo strappo di Capo Milazzo (1,8 Km al 4%) da superare a 8 Km dall’arrivo. La seconda tappa sarà la più lunga (Capo d’Orlando – Palermo, 236 Km) ma, tolto l’attraversamento delle Madonie a metà frazione con la lunga salita verso i 1090 metri di Geraci Siculo (15.4 Km al 4,7%) e i successivi saliscendi in quota, si pedalerà in totale pianura nell’ultima quarantina di chilometri e anche in questo caso a imporsi potrebbe essere uno sprinter, anche se al termine di una volata di un gruppo decisamente più selezionato rispetto al giorno precedente. Fa gola ai finisseur il finale della Caltanissetta-Ragusa (188 Km), non tanto per la presenza della salita della Serra di Burgio (7,8 Km al 5,5%) a 21 Km dall’arrivo quanto per le due rampe consecutive che ne caratterizzano gli ultimi 3 Km, la prima con pendenze fino al 12% e alcuni tratti in lastricato, l’ultima più dolce che termina a poche centinaia di metri dal traguardo. A decidere le sorti della corsa sicula sarà l’unica frazione di montagna prevista dal tracciato, inserita all’ultimo giorno di gara con partenza da Giardini-Naxos e arrivo dopo 128 Km ai 1892 metri del Rifugio Sapienza, affrontata l’ascesa finale all’Etna dal versante più classico, quello di Nicolosi (19,5 Km al 6,1%.)
Lo stesso giorno della tappa dell’Etna nella lontana Malaysia scatterà il Tour de Langkawi, corsa di categoria H.C. giunta quest’anno alla sua 24a edizione e che si disputerà tre settimane più avanti rispetto al 2018 per evitare la concomitanza con un altro evento. La vera novità della corsa sarà, però, il ritorno nel tracciato della dura salita di Genting Highlands (20,5 Km al 7,5%) affrontata l’ultima volta nel 2014 e la cui assenza si era fatta sentire in una gara che ha perso negli anni il fascino delle prime edizioni, sia causa dell’isolamento geografico (non ci sono altre corse in zona, come avviene invece per le gare disputate sulla penisola araba e in Australia), sia per la totale mancanza di ulteriori difficoltà. Tolta la tappa di montagna, infatti, le rimanenti sette frazioni si annunciano abbastanza “sciape”, tutte predestinate all’arrivo allo sprint.
Decisamente più interessante e movimentato si annuncia l’itinerario dell’Itzulia Basque Country, corsa in Italia nota come Giro dei Paesi Baschi, che nei suoi sei giorni di gara – partenza l’8 aprile – proporrà ben 22 GPM, il primo dei quali inserito nella cronometro d’apertura, quando si dovranno percorrere contro il tempo 11 Km sul circuito di Zumarraga, che prevede la salita di Antio, 2,3 km al 9,7% con un muretto finale di 700 metri al 16%. La seconda frazione altimetricamente sarà una delle meno impegnative ma potrebbe, invece, rivelarsi come una delle più insidiose perché 4 Km dei 149 della Zumarraga – Gorraiz si dovranno pedalare sullo sterrato, suddiviso in sei settori di strada bianca. Finali adatti ai finisseur presentano, invece, sia la Sarriguren – Estíbaliz (il chilometro conclusivo sale al 4% di pendenza), sia la successiva Vitoria-Gasteiz – Arrigorriaga, che prevede il GPM di Zaratamo (3,1 Km al 3,6% con gli ultimi 1000 metri al 7,3%) a poco più di 2 Km dal traguardo mentre non dovrebbe lasciare troppo il segno la salita di prima categoria di Bikotz (4,9 Km all’8,5%), da affrontare a circa 40 km dall’arrivo. Saranno le ultime due frazioni a decretare il nome del successore di Primož Roglič e in particolare la più attesa sarà la penultima che proporrà il tradizionale arrivo in salita al Santuario della Virgen de Arrate, quest’anno affrontato dal meno impegnativo tra i due versanti possibili (6 Km al 7,4%), anche se si salirà comunque su quello più ripido (4,2 Km al 9,4% e punte fino al 24%), in vetta al quale si scollinerà a 50 Km dall’arrivo. Se le difficoltà di questa frazione non saranno bastate a definire la classifica la parola “fine” la metterà la meno difficile tappa conclusiva, che si disputerà in circuito attorno ad Eibar salendo su due colli di prima categoria nella fase centrale del tracciato mentre a ridosso del traguardo si affronterà il GPM di seconda categoria di Asensio (3,4 Km al 7,8%).
Nel frattempo la “Campagna del Nord” avrà proposto una delle sue battaglie più epiche, quella del Giro delle Fiandre che quest’anno si correrà il 7 aprile e che, come avviene dal 2017, presenterà la partenza da Anversa e l’arrivo a Oudenaarde dopo la consueta “sbornia” di muri, pavè e stradine strette che andranno a comporre un tracciato di 270 Km e 17 muri, sui quali spiccano il Grammont, il vecchio Kwaremont, il Koppenberg e il Paterberg, ultimo in programma a 13 Km dal traguardo.
Tre giorni più tardi sarà di scena lo Scheldeprijs (Gran Premio della Schelda), semiclassica tra le più semplici dal punto di vista del grafico, totalmente pianeggiante nei 202 Km da percorrere tra Terneuzen e Schoten, dai Paesi Bassi al Belgio, ma resa complicata dal vento che spesso spazza quelle lande e dal pavè della Broekstraat, 1700 metri sulle pietre da imboccare due volte nel corso del circuito finale, anche se si tratta di un “velluto” se paragonato ai tremendi settori della Parigi-Roubaix, in calendario alla fine della medesima settimana, la Domenica delle Palme.
Il percorso dell’”Inferno del Nord” sarà in sostanza identico a quello sul quale si gareggiò lo scorso anno poiché identici saranno sia il chilometraggio (257 Km), sia la successione e il numero dei tratti in pavè (29) e l’unica variazione, se si può considerarla così, sarà la lunghezza del settore più celebre, quello della Foresta di Arenberg. Gli organizzatori, infatti, in occasione dei recenti lavori di sistemazione del settore ne hanno ricalcolato la lunghezza scoprendo che in passato erano stati conteggiati 100 metri di troppo e l’attraversamento della foresta misura esattamente 2,3 Km e non 2,4 Km. Da segnalare che il secondo settore, quello da Viesly a Briastre, a partire da questa edizione sarà intitolato a Michael Goolaerts, il corridore belga deceduto l’8 aprile dello scorso anno dopo un arresto cardiaco che lo aveva colpito mentre affrontava questo tratto di pietre.
Quarantotto ore dopo la Roubaix scatterà la 55a edizione del Presidential Cycling Tour of Turkey, che tornerà nella sua tradizionale collocazione in calendario dopo che, nelle ultime due edizioni, la corsa turca aveva “traslocato” a ottobre. Il trasferimento in autunno aveva comportato un ridimensionamento del tracciato con la cancellazione della tappa di montagna, reintrodotta quest’anno con la novità riguardante Istanbul, che nelle scorse edizioni era stata o sede di partenza o sede di arrivo, mentre stavolta ospiterà entrambe. Dall’antica Costantinopoli prenderà così il via la prima frazione, destinata ai velocisti anche se una salita di 2 Km al 4,9% da affrontare a circa 13 Km dal traguardo di Tekirdağ potrebbe dare qualche grattacapo alle loro formazioni. Sulle strade della Turchia Europea si svolgerà anche la seconda tappa, che terminerà a Eceabat con una salitella finale di 3 Km al 3,6% che chiamerà alla ribalta i finisseur. Attraversato il Canale dei Dardanelli in traghetto la corsa si sposterà nel continente asiatico per la Çanakkale – Edremit, seconda frazione che dovrebbe terminare allo sprint, poi nuovamente spazio agli uomini delle sparate finali nella Balıkesir – Bursa, la tappa più lunga (194.3 Km) il cui finale prevede una salita di 2,7 Km al 4,5% che si concluderà all’altezza della “flamme rouge” dell’ultimo chilometro. Al penultimo giorno di gara si correrà quindi la tappa regina del Monte Kartepe la cui salita, che ha una pendenza media del 7,4%, presenta una natura “double face” con una prima parte cattiva – nei 12 Km iniziali la strada sale al 9,1% – e un finale più pedalabile poiché nei 5000 metri conclusivi l’inclinazione media si “abbatte” al 2,8%. L’indomani atto terminale partendo da Sakarya per far ritorno a Istanbul in capo ad una frazione di 172 Km favorevole sia ai velocisti, sia ai finisseur per la presenza di una breve rampetta finale.
Il giorno di Pasqua il gruppo festeggerà sulle strade dell’Amstel Gold Race, l’unica classica del Nord interamente disegnata sul suolo olandese, 265 km tormentati dall’infinita successione di “berg”: se ne incontreranno ben 32 tra il raduno di partenza di Maastricht e il traguardo di Berg en Terblijt, tra i quali l’immancabile Cauberg (0,9 Km al 5,9%), che dovrà essere ripetuto tre volte.
Niente scampagnata di Pasquetta per i corridori che dal 22 aprile saranno impegnati nella terza edizione del Tour of The Alps, la corsa a tappe disegnata tra Austria e Italia che costituisce l’evoluzione del vecchio Giro del Trentino, disputato per l’ultima volta con questo nome nel 2016. Rispetto alle prime due edizioni non saranno previsti arrivi in salita (Scena a parte, che è facilissimo) ma il tracciato favorirà lo stesso la vittoria di uno scalatore, stavolta strizzando l’occhio anche ai “grimpeur” dotati di fondo e che sanno pedalare in discesa. Si partirà dalla località tirolese di Kufstein, attorno alla quale è stato predisposto un circuito di media montagna che avrà il suo culmine nella salita di Hinterthiersee (2,6 Km all’8,1%), da affrontare l’ultima volta a 13 Km dal traguardo. Si entrerà subito in Italia con la Reith im Alpbachtal – Scena, prima delle tre frazioni di alta montagna che proporrà l’ascesa agli oltre 2000 metri del Passo di Monte Giovo (15,8 Km al 7,3%), collocata a 45 Km dal traguardo, posto al termine di una salita di 4 Km al 5,5%. È ancora di media montagna la successiva Salorno – Baselga di Pinè, nella quale potrebbero però ispirare chi punta alla classifica o a vestire la maglia di leader in attesa della frazione decisiva le salite del Lago di Santa Colomba (5,9 Km al 7,3%) e di Montagnana, 3 Km al 9,5% che non saranno seguiti da una discesa ma da un tratto in quota di 3500 metri che terminerà sulla linea d’arrivo. Al penultimo giorno si gareggerà tra i meleti della Val di Non andando a ripercorrere le strade del Trofeo Melinda tra Baselga e Cles, dove si giungerà dopo aver affrontato le due tradizionali salite della scomparsa gara, la Forcella di Brez (5,9 Km al 10,1%) e il Passo Predaia (10,9 Km al 7,1%). A decidere il nome del vincitore del Tour of The Alps sarà la conclusiva frazione di 148 Km che si correrà da Caldaro sulla Strada del Vino a Bolzano superando due salite inedite, mai affrontate prima in nessuna corsa professionistica, prima quella di Collalbo e poi quella di San Genesio Atesino, poco meno di 10 Km all’8,4% seguiti da un lungo tratto in quota sull’Altopiano del Salto e poi dalla ripida discesa che da Meltina ricondurrà i corridori in pianura, sulla quale si percorreranno gli ultimi 8 Km.
Dopo le Fiandre i riflettori si accenderanno sulla Freccia Vallone (24 aprile), la cui 83a edizione scatterà da Ans, il comune che fino allo scorso anno ospitava l’arrivo della Liegi, per arrivare come il solito in cima all’aspro Muro di Huy, i cui 1300 metri al 9,6% dovranno essere presi di petto tre volte all’interno del circuito finale di circa 30 Km che comprende anche le “côtes” di Ereffe (2,4 Km al 4,7%) e di Cherave (1,6 Km al 7,2%).
Come anticipato, la Liegi-Bastogne-Liegi, in calendario il 28 aprile, proporrà un finale inedito anche se si dovrebbe parlare di ritorno al passato. Infatti, la “Doyenne” tornerà a concludersi nel centro di Liegi, cosa che non capitava dal 1991, e dunque non si affronterà più né la salita finale verso Ans, nè la Côte de Saint-Nicolas, ascesa che era divenuta tradizionale e che era stata ribattezzata “salita degli italiani” perché attraversava un quartiere di Liegi abitato da molti nostri connazionali. Nel nuovo tracciato – che complessivamente misurerà 256 Km – l’ultima delle 11 salite previste diventerà così la Roche-aux-Faucons, una delle più impegnative (1300 metri al 10% spaccato), superata la quale si dovranno percorrere 15 Km per andare al traguardo. Non hanno subito grosse modifiche, invece, i chilometri precedenti che prevedono l’ascesa simbolo della “Doyenne”, la Redoute (2,2 Km all’8% con punte fino al 22%), collocata a 37 Km dall’epilogo, mentre sono state reintrodotte le storiche salite di Wanne (2 Km all’8,1%), dello Stockeu (900 metri al 12,3%) e della Haute-Levée (4,4 Km al 5,2%), che nelle edizioni più recenti erano state depennate a causa di lavori in corso.
Infine, l’ultima corsa a tappe del mese sarà il Tour de Romandie, che scatterà il 30 aprile da Neuchâtel con un cronoprologo lungo poco meno di 4 Km e caratterizzato da uno strappo di circa 500 metri al 5,5% che, vista la brevità della prova, potrebbe anche rivelarsi determinante ai fini del risultato. Molto insidiosa si presenterà la prima tappa in linea, 168 Km con connotati di media montagna per giungere sul traguardo di La Chaux-de-Fonds dopo aver superato ben otto ascese, cinque della quali valide come GPM di 2a categoria. La seconda sarà l’unica frazione destinata ai velocisti, chiamati alla ribalta al termine dei 174 Km della Le Locle – Morges, con epilogo sulle rive del lago di Ginevra dopo un percorso non del tutto liscio che proporrà anche l’ascesa di 2a categoria del Col du Mollendruz. Un tracciato nervoso sarà quindi proposto dalla frazione di Romont, un circuito collinare di 160 Km il cui percorso ricorda quello di certe tappe marchigiane della Tirreno-Adriatico, pur non essendo prevista la presenza di muri lungo il cammino. La frazione di montagna, momento irrinunciabile del Giro della Svizzera Romanda, si correrà il penultimo giorno di gara partendo da Lucens per andare ad affrontare le salite allo Jaunpass (1507 metri, 5,9 Km al 8,1%) e al Col des Mosses (1445 metri, 13,1 Km al 4,1%), antipasti all’ascesa finale verso Torgon (1063 metri, 10,3 Km al 6,5%), il cui culmine ufficiale è collocato a 3 Km dal traguardo, nelle battute conclusive di una tappa lunga 176 Km. Com’è evidente, non si tratta di difficoltà particolarmente insormontabili e per questo motivo a decidere le sorti della 73a edizione della corsa elvetica sarà, con tutta probabilità, la cronometro conclusiva di 17 Km disegnata sulle strade di Ginevra, scorrevole e veloce negli ultimi 10 Km mentre la prima parte sarà movimentata da un paio di piccoli dislivelli, come lo strappo di 600 metri al 7,7% che si dovrà superare nel corso del primo chilometro di gara.
Mauro Facoltosi
DWARS DOOR VLAANDEREN
GIRO DI SICILIA
TOUR DE LANGKAWI
ITZULIA BASQUE COUNTRY
GIRO DELLE FIANDRE
SCHELDEPRIJS
PARIGI-ROUBAIX
PRESIDENTIAL CYCLING TOUR OF TURKEY
AMSTEL GOLD RACE
TOUR OF THE ALPS
FRECCIA VALLONE
LIEGI-BASTOGNE-LIEGI
www.liege-bastogne-liege.be/en/
TOUR DE ROMANDIE

Il Carrefour de l'Arbre, uno dei più celebri tratti della Parigi-Roubaix (fr.sports.yahoo.com)
SANREMO 2019 – LE PAGELLE
marzo 24, 2019 by Redazione
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Ecco le pagelle della 101a edizione della Classicissima, quest’anno magistralmente vinta da Julian Alaphilippe
JULIAN ALAPHILIPPE: Il vincitore di oggi, senza se e senza ma. All’inizio di Capo Mele le telecamere lo inquadrano nella coda del gruppo, un segno che lasciava presagire un finale negativo, invece da lì inizia la risalita. Sfrutta il lavoro dei compagni di squadra, prova l’affondo sul Poggio e dà il via all’azione che segnerà l’esito della corsa. Vince di prepotenza, entrando nel gotha del ciclismo mondiale. Appena 15 giorni fa vinceva alle Strade Bianche, oggi alla Milano-Sanremo. Dominatore. Voto:10
OLIVER NAESEN: Il velocista dell’Ag2r La Mondiale, lontano dai riflettori, arriva ad un soffio dalla vittoria più importante della sua carriera. Arriverà secondo, alle spalle di Alaphilippe. Classe 1990, potrà riprovarci ancora, ma un po’ di rammarico resta. Voto: 8
MICHAŁ KWIATKOWSKI: Il polacco, vincitore della Milano-Sanremo 2017, si presentava al via in forma calante, come dimostrato alla Parigi-Nizza. Eppure il corridore del Team Sky tiene sul Poggio, ma in volata non può far meglio di un terzo posto. Voto: 7
FAUSTO MASNADA: Parte in fuga dopo pochi chilometri dalla partenza. Dopo Capo Mele, quando il gruppo inizia ad avvicinarsi, allo scatto di Schönberger risponde prontamente per poi staccarlo. Da solo, è il primo a imboccare la salita della Cipressa. Supercombattivo. Voto: 7
WOUT VAN AERT: Dove potrà arrivare il talentino belga? 3° alle Strade Bianche, 6° alla Milano-Sanremo, lui che nasce e si prodiga nel ciclocross. Corre con sagacia e intelligenza tattica e ha un motore niente male. Futuro campione. Voto: 7
ALEJANDRO VALVERDE: La Milano-Sanremo è una delle poche corse che mancano nel suo palmarès e oggi ci teneva molto a vincere. Corre sempre in modo inteligente e ordinato, scollina col grupetto Alaphilippe, ma termina solo 7° in volata. Onora egregiamente la maglia iridata. Voto: 6,5
ZDENĚK ŠTYBAR: Oggi in versione gregario di lusso, prepara alla grande l’azione sul Poggio che porterà Alaphilippe ad attaccare. Voto: 6,5
VINCENZO NIBALI: Lo “Squalo” arriva 8° al traguardo e come spesso accade, anzi troppo spesso, risulta il migliore degli italiani. Vederlo vincere allo sprint in un gruppetto contenenete dei velocisti era impensabile, ma lui a differenza di molti altri c’era. Non riesce a scattare sul Poggio, si fa sorprendere dall’azione di Alaphilippe ma rimedia recuperando in discesa. Vincere è difficile, ripetersi ancora di più. Comunque Nibali c’è e onora la corsa nel migliore dei modi. Voto: 6,5
JONAS HENTTALA, ANDREA PERON, CHARLES PLANET E UMBERTO POLI: I quattro ciclisti diabetici del Team Novo Nordisk attaccano inserendosi nella fuga di giornata. Per il messaggio e l’iniziativa sociale che portano fanno un bel figurone. Voto: 6,5
ADAM HANSEN: Lo stacanovista della Lotto Soudal spiana Capo Mele dimezzando in pochi chilometri il vantaggio dei fuggitivi. Instancabile. Voto: 6
NICCOLÒ BONIFAZIO: Il ligure prova a sorprendere tutti nella discesa della Cipressa, scende che è un piacere ma purtroppo il gruppo lo riprenderà sul Poggio. Voto: 6
PETER SAGAN: Riuscirà a vincere un giorno la Milano-Sanremo? Il tre-volte campione del mondo ha tutte le carte a disposizione per farlo, ma in un modo o nell’altro non riesce mai nel compito. Oggi arriva quarto, ma corre in sottotono, non da lui. In questo inizio di 2019 stiamo vedendo un Sagan lontano dalla forma fisica migliore, che si stia concentrando al meglio per arrivare al top alla stagione del pavé? Voto: 6
MATTEO TRENTIN: Terminerà la corsa al 10° posto, eppure quel suo tentativo a meno due chilometri dall’arrivo, quel suo attacco che tante energie gli ha portato via, se non lo avesse fatto risparmiandosi per lo sprint finale? Molto probabilmente sbaglia i tempi, in un’azione che avrebbe potuto portare più soddisfazioni. Chissà, nessuno potrà avere mai la certezza, anche se l’amaro in bocca rimane. Voto: 5,5
FERNANDO GAVIRIA: Il colombiano non riesce ad esprimere le sue potenzialità e si perde sul Poggio, finendo lontano dai primi. Voto: 5
ARNAUD DÉMARE e CALEB EWAN: Il francese e l’australiano, come gli altri velocisti, si fanno sorprendere sul Poggio dall’attacco della Deceuninck Quick-Step, venendo tagliati fuori dalla possibilità di giocarsi la vittoria finale. Voto: 5
ELIA VIVIANI: Il veronese è uno dei favoriti principali di giornata. Arriva in forma eccelsa, nel pieno della maturità, ma purtroppo la Classicissima lo respinge ancora. Arriverà addirittura 65°. Voto: 4,5
DYLAN GROENEWEGEN: Il giovane velocista olandese del Team Jumbo-Visma era alla sua prima partecipazione alla Milano-Sanremo. Si stacca già sulla Cipressa. Rimandato. Voto: 4
Luigi Giglio
STAGIONE 2019, MARZO ERA (ED È ANCORA) IL MESE DELLA SANREMO
marzo 10, 2019 by Redazione
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Non c’è più solo la Milano-Sanremo a calamitare le attenzionI degli appassionati nel mese di marzo e la fama acquisita in sole tredici edizioni dalle Strade Bianche lo testimonia. Anche Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico in queste ultime stagioni hanno acquisito maggiore autonomia rispetto alla Classicissima, smettendo i panni di mere gare di preparazione alla Sanremo, quest’anno in calendario il 23 marzo. E poi, per continuare il discorso corse a tappe, nell’ultima decade si disputeranno anche il Giro della Catalogna e la Settimana Internazionale di Coppi e Bartali.
Marzo era il mese della Milano-Sanremo e lo è ancora, non preoccupatevi. Ma da alcune stagioni è diventato anche il mese della Parigi-Nizza e della Tirreno-Adriatico, corse che tradizionalmente erano considerate come apripista della Classicissima ma che da una decina d’anni hanno smesso di vivere solamente della luce riflessa della Sanremo per elevarsi al rango di corse a tappe tra le più prestigiose della stagione, prendendo a camminare con le proprie gambe. Tutta “colpa” degli organizzatori della Tirreno che, nel tentativo (riuscito) di accaparrarsi i migliori big del pedale al via, hanno via via infarcito di difficoltà il tracciato della loro gara introducendo tappe a cronometro e frazioni di montagna, facendo della “Corsa dei Due Mari” una sorta di Giro d’Italia in miniatura. Gli organizzatori della Parigi-Nizza non sono stati certo a guardare e hanno tentato di rimediare inizialmente imboccando una strada diametralmente opposta a quella della Tirreno, “spogliando” il più possibile dalle difficoltà il tracciato della corsa francese, salvo poi capire che era meglio ricalcare le rotte intraprese dagli italiani e così da alcune edizioni anche alla “Corsa del Sole” sono tornate a detter legge le prove contro il tempo e le salite.
Nel 2019 ci sarà, però, un clamoroso colpo di scena perché Mauro Vegni ha fatto un inatteso “dietro-front” e dalla 54a edizione della Tirreno-Adriatico ha escluso le montagne, sostituendole con un paio di tappacce di collina che, a detta di Ivan Basso che ha testato la frazione di Recanati, saranno comunque decisive e per controbatterle potrebbero non bastare i quasi 31 km da percorrere a cronometro. I primi 21.5 saranno quelli della cronosquadre del giorno d’apertura, prevista mercoledì 13 marzo sul velocissimo tracciato di Lido di Camaiore, lo stesso che ha “lanciato” le ultime tre edizioni della Tirreno e sul quale si è sempre imposta la BMC, la formazione statunitense che quest’anno ha cambiato affiliazione e sponsor divenendo il polacco CCC Team. Il giorno successivo si partirà da Camaiore alla volta di Pomarance, traguardo collinare posto al termine di un’ascesa lieve – 8.3 Km al 3.6% – che potrebbe, però, già ispirare i grandi campioni al via, come accadde nel 2017 quando in questo piccolo centro della provincia di Pisa s’impose il futuro vincitore del Tour de France Geraint Thomas con una manciata di secondi su Tom Dumoulin e Peter Sagan. Grosse sorprese, invece, non dovrebbero esserci l’indomani perché la frazione con arrivo a Foligno sarà una delle meno impegnative di questa edizione, destinata ai velocisti alla vigilia delle due attese tappe dei muri marchigiani. Nel volgere di 48 ore se ne dovranno affrontare ben dieci, i primi tre dei quali lungo la strada che condurrà a Fossombrone: su quello di Villa del Monte (1000 metri all’11.7%) si salirà a una novantina di chilometri dal traguardo, mentre l’ascesa dei Cappuccini (2.8 Km al 10.6%) dovrà essere ripetuta due volte nel breve circuito finale, con l’ultimo passaggio collocato a 5.6 Km dal traguardo e, in entrambi i muri, pendenze massime del 19%. Come anticipato, sarà la successiva Colli sul Metauro – Recanati a monopolizzare le attenzioni di chi punterà al successo per la presenza dei rimanenti sette muri, concentrati nel circuito finale: per tre volte si dovrà superare quello di San Pietro (max 20%) mentre un passaggio in più ci sarà su quello di Porta d’Osimo, 1200 metri al 13.9% (max 19%), che terminerà a circa 2 Km dal traguardo, a sua volta posto al termine di un tratto in ascesa. Si tratta di un tracciato che ricorda molto – anche se in quell’occasione non c’erano muri da scalare – quello tormentato della tappa terminata nella vicina Loreto al Giro d’Italia del 1995 e che si concluse con il successo di Tony Rominger, l’asso elvetico che quell’anno dominò la Corsa Rosa stracciando la concorrenza. Altri dislivelli (pedalabili) caratterizzeranno le fasi iniziali della successiva Matelica – Jesi, ma l’assenza di sensibili difficoltà negli ultimi 50 Km deporranno a favore di un secondo arrivo allo sprint, anche se qualche velocista potrebbe non digerire la lieve pendenza del chilometro conclusivo (2.1%). Se i muri non saranno stati risoluturi a decretare il nome del successore di Michał Kwiatkowski sarà la tradizionale cronometro dell’ultimo giorno, 10 Km da percorrere in andata e ritorno sul lungomare di San Benedetto del Tronto, atto conclusivo della Tirreno da 10 anni a questa parte, finora risultata determinante solamente nel 2012, quando Vincenzo Nibali riuscì a togliere proprio in extremis la maglia azzurra allo statunitense Chris Horner.
Dopo avervi illustrato il programma della “Corsa dei due mari” riavvolgiamo il nastro del calendario per tornare indietro fino a domenica 10 marzo, giorno nel quale salperà la Parigi-Nizza, la cui 77a edizione si comporrà di otto frazioni (una in più rispetto alla Tirreno), delle quali una di montagna, una a cronometro, due di media montagne e le restanti quattro destinate ai velocisti. Sarà proprio uno sprinter il primo a vestire la maglia gialla di leader della classifica a Saint-Germain-en-Laye, sede di partenza e arrivo della prima frazione, un circuito di 138.5 Km movimentato negli ultimi 30 Km da una “côte” di terza categoria e da due traguardi volanti che metteranno in palio abbuoni validi per la classifica. Anche le successive due frazioni (la seconda da Les Bréviaires a Bellegarde, la terza da Cepoy a Moulins / Yzeure) avranno per protagonisti i velocisti grazie a percorsi più filanti rispetto a quello della tappa d’apertura, anche se stavolta potrebbe entrare in gioco l’incognita vento, spesso in agguato nelle lande pianeggianti a sud della capitale francese. Il giorno della partenza della Tirreno si disputerà in terra di Francia una frazione che, pur senza muri, ricorda molto le tappe marchigiane grazie ai continui saliscendi che s’incontreranno negli ultimi 60 Km della Vichy – Pélussin, la tappa più lunga della Parigi-Nizza 2019 (212 Km totali), che proporrà un dislivello complessivo quasi identico a quello della giornata di Recanati (2900 metri circa): il tratto più impegnativo sarà rappresentato dai quasi 2 Km all’8.5% della Côte de Condrieu, collocata a circa 43 Km dall’arrivo e seguita da altre due ascese, l’ultima delle quali (Côte de Chavanay, 3.1 Km al 4.9%) sarà seguita da un tratto in lieve salita di poco meno di 10 Km che terminerà alle porte del traguardo. Si tratterà di una frazione molto delicata anche perché precederà la prima tappa a “cinque stelle” di questa edizione della corsa transalpina, la cronometro individuale di Barbentane che vedrà i corridori percorrere un circuito di 25 Km quasi del tutto pianeggiante, con le sole intrusione della breve e pedalabile “Montée de Frigolet” (1 Km al 4.2%) e dell’ancora più corto strappo che condurrà al traguardo. L’indomani i 176 Km che conduranno il gruppo da Peynier a Brignoles dovrebbero costituire l’ultima occasione per i velocisti, nonostante le difficoltà altimetriche che costellano gli ultimi 70 Km, poi nelle ultime due giornate di gara i protagonisti torneranno a essere i primattori della Parigi-Nizza 2019, in particolare nella frazione che scatterà da Nizza per arrivare fino ai 1607 metri del Col de Turini. Si tratterà del secondo arrivo di tappa più alto della storia della corsa francese, che si raggiungerà dopo aver affrontato una salita di 15.3 Km al 7.2% di pendenza media e aver superato altre cinque ascese. Se tutto ciò non dovesse bastare sarà la conclusiva frazione di Nizza a rivelarsi determinante, nonostante l’aspetto di media montagna, come accaduto lo scorso anno con il “ribaltone” che portò al vertice della classifica lo spagnolo Marc Soler per appena 4 secondi e come si rischiò nelle precedenti due edizioni, che videro rispettivamente salvare la rispettiva leadership per un amen il colombiano Sergio Henao nel 2017 e Geraint Thomas nel 2016: come dodici mesi fa il ruolo di giudice spetterà al Col des Quatre Chemins (5.5 Km al 5.5%), da scavalcare a poco più di 8 Km dal traguardo e preceduto dai 6.6 Km al 6.8% della Côte de Peille e dai 1600 metri all’8.1% del Col d’Èze, salita simbolo della Parigi-Nizza.
Il tempo di consegnare alla storia la Milano – Sanremo – prevista il 23 marzo sul tracciato tradizionale che inanella Turchino, i capi dell’Aurelia, Cipressa e Poggio – e due giorni dopo i riflettori s’accenderanno su di un’altra corsa a tappe targata World Tour perché il 25 sarà prevista la partenza della 99a edizione della Volta Ciclista a Catalunya, che quest’anno si presenterà con una “veste” inedita, quella di corsa targata ASO. È cambiato il padrone del vapore, dunque, ma non l’aspetto tecnico della corsa spagnola, la cui edizione 2019 può essere considerata quasi una fotocopia dell’ultima disputata essendo stati confermati entrambi i traguardi delle tappe di montagna, quello onnipresente della Molina e quello di Vallter 2000, che lo scorso anno saltò a causa della neve. Salite saranno presenti fin dalla prima tappa di Calella che prevede le ascese al Port de Santa Fe del Montseny (1304 metri, 18.6 Km al 5.4%) e al Coll Formic (1132 metri, 7.3 Km al 5%), anche se alla fine potrebbe arrivare la vittoria di un velocista come accadde nel 2017 quando, su questo stesso traguardo e al termine di un tracciato molto simile, a imporsi fu l’italiano Davide Cimolai davanti al francese Bouhanni. Stesso discorso per la seconda frazione da Mataró a Sant Feliu de Guíxols, anche se in quest’occasione i finisseur potrebbero dire la loro grazie alla pendenza del 3.8% che caratterizza gli ultimi 1000 metri, ai quali si giungerà 24 km dopo aver scavalcato la principale difficoltà altimetrica di giornata, l’Alt de Romanyà (4.6 km al 5.6%). Entreranno quindi in scena gli uomini di classifica nella prima delle due frazioni pirenaiche, quella dell’approdo ai 2150 metri della stazione di sport invernali di Vallter 2000, dove in passato si sono imposti Nairo Quintana nel 2013 e Tejay van Garderen nel 2014 mentre lo scorso anno, come ricordavamo sopra, furono tagliati gli impegnativi 11 km dell’ascesa finale, che sale al 7.7% di pendenza media. Il giorno successivo era in programma la tappa Llanars – La Molina, che si svolse sul tracciato prestabilito e che è stata confermata anche nel 2019 ma con un’aggiunta: per “pararsi” le spalle in caso di un altro taglio di Vallter – sempre possibile, viste la quota e la stagione – gli organizzatori hanno raddoppiato l’ascesa finale (12.2 Km al 4.4%), come il solito preceduto dal passaggio ai quasi 2000 metri del Port de la Creueta (18.6 Km al 5.5%). Lasciata la scena agli scalatori i velocisti torneranno a calcare il palcoscenico del Giro della Catalogna nelle due successive frazioni, la prima disegnata tra Puigcerdà e Sant Cugat del Vallès (con i quasi 1800 metri della Collada de Toses da affrontare in partenza che potrebbe rimanere nelle gambe di qualche sprinter) e la seconda prevista da Valls a Vila-seca. Domenica 31 marzo l’atto terminale della corsa iberica si svolgerà come tradizione sulle strade di Barcellona, dove si dovranno compiere otto giri del celebre circuito del Montjuïc, con l’omonimo “alto” di 2.2 Km al 5.3% sul quale si scollinerà l’ultima volta a 4.3 Km dal traguardo e che potrebbe rivelarsi fondamentale se si sarà usciti dalla due giorni pirenaica con una classifica ancora instabile.
Alla fine del mese si tornerà a pedalare in Italia con la 19a edizione della Settimana Internazionale di Coppi e Bartali, che quest’anno tornerà a disputarsi nel formato di cinque tappe che era “abbandonato” nel 2014. La prima giornata di gara sarà suddivisa in due appuntamenti, al mattino una semitappa in linea lunga poco meno di 100 Km disegnata attorno a Gatteo e destinata ai velocisti (nonostante la triplice ascesa al secco strappo di Longiano, 900 metri al 10.1%), nel pomeriggio una cronometro a squadre di 13,3 Km con arrivo nel medesimo centro dopo la partenza da Gatteo a Mare. Si annuncia interessante la seconda tappa e non solo ai fini della classifica generale perchè nel tratto iniziale della Riccione – Sogliano al Rubicone (140 Km) sarà affrontata la salita di San Marino dallo stesso versante della cronoscalata del Giro d’Italia, in programma domenica 19 maggio. Dopo questo assaggio della Corsa Rosa 2019 una prima fetta del successo finale in questa edizione della “Coppi e Bartali” la si giocherà nel circuito finale di Sogliano che prevede la salita di Ville di Monte Tiffi (4.5 Km al 7.5%), da ripetere 3 volte con l’ultimo scollinamento collocato a 9 Km dal traguardo. Rilevante sarà anche la tappa numero 3 che prevede la partenza da Forlì e il ritorno nella medesima città dopo aver percorso 166 Km ed essere saliti per ben 7 volte alla Rocca delle Caminate, i cui 3.3 Km al 6.6% svettano per l’ultima volta sull’altimetria quando mancano 16 Km alla linea d’arrivo. La quarta frazione sarà la più lunga ma anche la più facile perchè non s’incontrerà nemmeno un cavalcavia percorrendo i 171 Km del circuito di Crevalcore, ultima occasione per i velocisti prima che i corridori che puntano al successo in questa edizione della corsa emiliana tornino a sfidarsi nella tappa conclusiva, che lo scorso anno fu una cronoscalata. Nel 2019 si tornerà ad un percorso in linea ma ad essere affrontata sarà sempre l’ascesa che dodici mesi fa accolse la prova contro il tempo, il breve ma ripido Valico di Fazzano (2 Km dal 9.5%), sul quale sono previsti quattro passaggi nel finale della decisiva Fiorano Modenese – Sassuolo (153 Km), con l’ultima scalata da affrontare quando mancheranno una decina di chilometro all’ultimo traguardo
Mauro Facoltosi
I SITI DELLA CORSE
PARIGI-NIZZA
TIRRENO-ADRIATICO
MILANO-SANREMO
VOLTA CICLISTA A CATALUNYA
SETTIMANA INTERNAZIONALE DI COPPI E BARTALI
Nizza, Promenade des Anglais
STAGIONE 2019, UN FEBBRAIO CORTO MA INTENSO
gennaio 25, 2019 by Redazione
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In 28 giorni – anche qualcuno in più strabordando tra gennaio e marzo – il mese di febbraio concentra già una trentina d’importanti appuntamenti del calendario ciclistico, che vede il debutto del gruppo in Europa. La maggior parte delle corse organizzate nel vecchio continente nel secondo mese dell’anno si svolgeranno in Spagna, ma si comincerà “timidamente” a correre anche in Francia e in Italia, mentre i paesi extraeuropei saranno ancora protagonisti con la Vuelta Colombia 2.1 e le corse arabe.
Sarà anche il mese più corto che ci sia, ma i 28 giorni di febbraio sembrano non finire mai per l’appassionato di ciclismo grazie alle quasi 30 gare – tra corse in linea e a tappe – concentrate in questa fase dell’anno. Qui ci limiteremo a presentarvi gli appuntamenti principali, comunque non pochi, che propone il calendario, per il quale il mese inizia con un giorno d’anticipo perché è fissata al 31 gennaio la partenza della prima corsa europea del 2019, la Challenge Ciclista Mallorca, gara a tappe atipica perché non è prevista nessuna classifica generale mentre i corridori possono scegliere a quale delle cinque frazioni prendere il via. Giunta alla sua 28a edizione, la corsa organizzata alle Baleari quest’anno presenterà un tracciato più impegnativo del solito per la scelta di inasprire il percorso inserendo un arrivo in salita, pur se non difficile, e raddoppiando la tradiziona ascesa al Puig Major, mentre ai velocisti rimarranno i bruscolini della frazione conclusiva. Si comincerà con i 177 Km del “Trofeo Ses Salines-Campos-Porreres-Felanitx”, solitamente preda per gli sprinter ma non sarà così stavolta perché sarà questa la tappa dell’arrivo in salita, posto in vetta al Puig de Sant Salvador, percorsi 5 Km al 6.2% di pendenza media. Il giorno dopo nel corso del “Trofeo Andratx-Lloseta” (172 Km) si salirà per la prima volta sul Puig Major, la montagna più alta dell’isola di Maiorca, affrontandola dal versante più impegnativo (851 metri, 14 Km al 6%) a una cinquantina di chilometri dal traguardo. Seguirà l’appuntamento con il “Trofeo Serra de Tramuntana”, vero e proprio tappone in miniatura perché in 140 Km dovranno essere superate sette salite, con il ritorno sul Puig Major (dal lato più facile) e il Coll den Bleda (4.2 Km al 5.1%) da affrontare quale ultima difficoltà di gara a 5 Km dal traguardo di Deià. Come il solito sarà il “Trofeo Playa de Palma-Palma” a chiudere la corsa spagnola, che terminerà sul lungomare di Palma di Maiorca dopo quasi 160 Km che prevedono l’unica salita a 34 Km dall’arrivo e un circuito conclusivo di 11 Km che dovrà essere ripetuto una volta.
Dopo la Spagna il ciclismo si risveglierà dal letargo anche in Francia dove, dopo il Grand Prix Cycliste la Marseillaise del 3 febbraio, il sette del mese scatterà la prima corsa a tappe transalpina dell’anno, l’Étoile de Bessèges, dove si assisterà a un cambio di rotta esattamente inverso rispetto a quello intrapreso dagli organizzatori della challenge maiorchina. Se nel cuore del Mediterraneo si era optato per un indurimento del tracciato, al contrario la corsa francese è stata nettamente addolcita togliendo un giorno di gara e piallando il più possibile le prime tre frazioni, che saranno terreno di conquista per i velocisti, mentre è stata confermata la cronometro dell’ultimo giorno, quest’anno unica tappa decisiva. Si comincerà con una frazione di 145 Km che vedrà i corridori pedalare da Bellegrade a Beaucaire transitando per due volte sulla modesta Côte de la Tour (700 metri al 5.8%), da superare l’ultima volta a 45 Km dall’arrivo. 158 Km misurerà la seconda tappa, che da Saint-Geniès-de-Malgoirès porterà il gruppo a La Calmette, dove si giungerà dopo aver affrontato un altro tracciato privo di grandi difficoltà. Anche la tappa “titolare” della corsa, disegnata per 158 Km attorno a Bessèges, non dovrebbe sfuggire al controllo delle squadre degli sprinter poichè l’ascesa al Col de Trélis (3 Km al 6.1%), della quale venivano solitamente proposti più passaggi, dovrà esser scavalcata una sola volta e subito dopo il via, non incontrando poi più grandissime difficoltà altimetriche fino al traguardo: non possono, infatti, essere ritenuti rilevanti i 5.5 Km al 3% della Côte de Méjannes-le-Clap da scavalcare a 60 Km dall’arrivo e nemmeno lo strappo di mille metri al 6% che s’incontrerà ai meno 16. Così il nome del 49° vincitore dell’Étoile lo conosceremo solo al traguardo della conclusiva cronometro individuale in programma sulle strade di Alès, 11 Km pianeggianti fino ai piedi dell’ascesa verso il belvedere dell’Ermitage, un chilometro e 700 metri al 7,5% che sanciranno il nome del successore di Tony Gallopin, che lo scorso anno fece l’en plein portandosi a casa sia la vittoria di tappa, sia il successo in classifica generale.
Ci si sposterà nuovamente in Spagna per la 70a edizone della Volta a la Comunitat Valenciana, nella quale il campione del mondo in carica Alejandro Valverde dovrà difendere il titolo di recordman di successi (3 volte, l’ultima lo scorso anno) e avrà come principali avversari il britannico Geraint Thomas e il colombiano Esteban Chaves, voglioso di riscatto dopo due stagioni decisamente fallimentari. Chi punterà al successo finale sarà già all’opera nella giornata inaugurale del 6 febbraio, quando si disputerà una cronometro individuale lunga poco più di 10 Km sulle pianeggianti strade di Orihuela, che terminerà in cima a un secco strappo di 700 metri all’8.2%. Attorno ad Alicante si dipanerà la seconda frazione, un anello di 166 Km con un profilo di media montagna nei primi 125 Km – che culminano con l’ascesa ai 1017 del Puerto de la Carrasqueta (7.8 Km al 3.4%) – mentre il restante tratto non riserverà più difficoltà e potrebbe consentire ai velocisti di lasciare il segno in questa giornata. Due sono gli arrivi in salita che caratterizzeranno il percorso della Vuelta Valenciana 2019 e il primo di questi, il più facile, sarà affrontato l’indomani al termine della Quart de Poblet – Chera, 194 Km che prevedono due pedalabili ascese a ridosso del finale, il Sot de Chera (4.1 Km al 5.8%) e il Salto de la Mora (5.4 km al 4.5%), superato il quale si continuerà debolmente a salire anche nei 2.7 Km conclusivi. A decidere la corsa sarà la successiva frazione di 188 Km che scatterà da Vila-real per terminare in vetta all’impegnativa ascesa dell’Ermita de Santa Lucía, sopra la località di Alcossebre, i cui 3.4 Km al 9.7% (con un picco del 20% a 1500 metri dall’arrivo) non costituiranno una novità per il gruppo essendo questa salita già stata affrontata al Giro di Spagna nel 2017, quando qui si era imposto il kazako Alexey Lutsenko mentre avevano ceduto qualche secondo Aru e Nibali. L’atto conclusivo della corsa sarà, invece, una pura formalità perché gli appena 88 Km che si dovranno percorrere tra Paterna e Valencia non presenterano il becco d’una salita.
Sempre in terra di Spagna quest’anno tornerà a essere una corsa a tappe la Vuelta Ciclista a la Región de Murcia Costa Cálida, ridotta a gara di un giorno nelle ultime sei stagioni. La 34a edizione della corsa di casa di Valverde, che pure dovrebbe essere ai nastri di partenza, si snoderà nell’arco di 48 ore, tra il 15 e il 16 febbraio, e il primo giorno proporrà un tracciato di 189 Km favorevole ai velocisti tra Yecla e San Javier mentre la seconda e ultima frazione sarà quella più impegnativa con i 180 Km che si dovranno percorrere tra Beniel e Murcia che prevedono prima la salita simbolo della corsa iberica, il Collado Bermejo – Cima Marco Pantani (1199 metri, 7.2 Km al 7.1%), e poi la non meno tradizionale ascesa della Cresta del Gallo (4.4 Km al 6.5%), da alcuni anni presenza praticamente fissa delle corse professionistiche con arrivo a Murcia e che dovrà essere scalata a 12 Km dal traguardo.
Si tornerà quindi a volare oltreoceano per la seconda edizione del Tour Colombia 2.1 (12-17 febbraio), disputata per la prima volta lo scorso anno con il nome di “Colombia Oro y Paz” e che non va confusa con la storica Vuelta a Colombia, che si corre dal 1951 nel mese di agosto. Se lo scorso anno le “stelle” al via erano tutte colombiane, stavolta gli organizzatori sono riusciti ad ampliare il “parterre de roi” e accanto ai locali Quintana, López e Urán ci saranno anche il francese Alaphilippe e, udite udite, il quattro volte vincitore del Tour de France Chris Froome. Ancora non sappiamo se sarà l’uomo da battere, essendo questa la sua prima uscita stagionale, ma potrebbe comunque essere lui il primo a vestire la prima maglia di leader perché la tappa d’apertura sarà una cronometro a squadre di 12 Km a Medellin, disegnata su di uno scorrevole circuito che la Sky non dovrebbe aver troppi problemi a interpretare grazie alle rare curve proposte dal tracciato.
Il gruppo si sposterà quindi a La Ceja attorno alla quale si disputerà la prima delle due frazioni riservate ai velocisti, un circuito ad altissima quota (la sede d’arrivo è a più di 2100 metri sul livello del mare) privo di difficoltà in grado d’impensierire gli sprinter. L’indomani nella stessa zona si correrà una frazione più movimentata che prevede di ripetere quattro giri di un circuito di 42 Km, con l’arrivo a Llano Grande e l’ascesa dell’Alto El Nano (3.9 Km al 5.6%) da affrontare l’ultima volta a 17 Km dal traguardo, a sua volta preceduto di 6 Km da uno strappo di mille metri al 4.9%. Si tornerà a Medellin per la quarta frazione, costituita da un anello cittadino di 24 Km da ripetere sei volte e caratterizzato da una salita di 1.3 Km al 6.6% che non dovrebbe far troppa paura agli sprinter anche se, affrontata l’ultima volta a circa 13 Km dall’arrivo, potrebbe ispirare qualche tentativo o rimanere nelle gambe dei velocisti più stanchi. Cambierà decisamente la musica nelle ultime due frazioni, deputate a costruire la classifica generale finale e inserite in ordine crescente di difficoltà cominciando con la tappa disegnata attorno alla cittadina di La Unión, dove il traguardo sarà anticipato di 4.5 Km dalla cima dell’omonimo “alto” (7.5 Km al 5.2%), in vetta al quale si toccheranno i 2534 metri di quota, tetto massimo del Tour Colombia 2.1. Leggermente più basso ma molto più esigente nella lunghezza e nelle pendenze sarà l’Alto de Palmas, ai cui 2519 metri si concluderà il giorno dopo l’ultima e più impegnativa tappa, percorsi dal raduno di partenza di El Retiro 174 Km, gli ultimi sedici dei quali in salita al 6,6%.
In un vero e proprio ping pong mondiale, i riflettori dei media ciclistici si accenderanno ora sulla penisola araba, dove dal 16 al 21 si correrà la decima edizione del Tour of Oman, il cui percorso – a livello difficoltà altimetriche – non si discosterà di una virgola dal classico clichè della corsa organizzata da ASO e che offrirà anche in questo caso grosse opportunità agli scalatori, come ci ricordano il successo di Vincenzo Nibali nell’edizione disputata nel 2016 e le due vittorie consecutive conseguite da Froome nel bienno 2013-14. Il primo giorno saranno indubbi protagonisti i velocisti, complice l’unica frazione totalmente piatta prevista dal percorso, che condurrà in 138.5 Km da Al Sawadi Beach a Suhar Corniche, dove potrebbero però esserci delle sorprese perché, gareggiando costantemente lungo le coste dell’Oceano Indiano, il vento potrebbe provocare pesanti distacchi in caso di ventagli. Le successive due frazioni saranno, invece, tarate sulle misure dei finisseur, ai quali sarà offerta la possibilità d’affermarsi prima sul traguardo di Al Bustan – preceduto di 5 Km dalla salita di Al Jissah (1.4 Km al 9%) – e poi a Qurayyat, dove l’arrivo sarà collocato al termine di un’ascesa di 2.8 Km al 6.5%. Il quarto giorno di gara la protagonista sarà la salita di Bousher Al Amerat, da ripetere tre volte (da due versanti differenti) percorrendo i 125 Km previsti tra Yiti e Mascate, dove il traguardo sarà collocato presso l’Oman Convention and Exhibition Centre, 27 Km dopo l’ultimo scollinamento e questo potrebbe consentire anche un arrivo allo sprint a ranghi ridotti. Sarà la penultima la frazione decisiva, che proporrà l’immancabile arrivo in salita sulla Jabal al Akhdhar, presenza fissa della corsa araba fin dalla seconda edizione, quando per la prima volta il gruppo scoprì i quasi 6 Km dall’ascesa omanita, che si arrampica fino a 1235 metri di quota superando una pendenza media del 10.5%.
Protagonisti il primo giorno, i velocisti torneranno a calcare il palcoscenico del Tour of Oman nella conclusiva frazione di 135 Km che prevede nel finale tre giri del tradizionale circuito disegnato sulla corniche di Matrah.
Si farà quindi ritorno in Europa per la prima corsa italiana (Trofeo Laigueglia, quest’anno in calendario il 17 febbraio sul medesimo tracciato che nel 2018 vide imporsi Moreno Moser e che ha il suo punto di forza nella quadruplice ascesa a Colla Micheri) e quindi per due gare a tappe in contemporanea (20-24 febbraio) che avranno come terreno di svolgimento la penisola iberica, la Volta ao Algarve em Bicicleta in Portogallo e la Vuelta a Andalucía in Spagna. Cominciamo con la corsa geograficamente a noi più lontana, quella portoghese, il cui percorso può essere considerato una fotocopia delle ultime edizioni perché continueranno a farne parte, nella medesima posizione temporale, gli arrivi in salita agli “alti” di Fóia e di Malhão e la cronometro individuale del terzo giorno. Il primo saranno in scena i velocisti, chiamati a esibirsi al termine del 199 Km della Portimão – Lagos, tappa che prevede un paio di pedalabili ascese da affrontare nelle fasi centrali mentre gli ultimi 70 Km si presentano leggermente nervosi. Una prima fetta della vittoria finale sarà giocata al secondo giorno di gara sulla salita che condurrà, dopo la partenza da Almodôvar e percorsi 187 Km, agli 887 metri l’Alto da Fóia, il punto più elevato della regione dell’Algarve. 8 Km è lunga l’ascesa finale, che sale al 6.1% di pendenza media e che l’anno scorso è stata conquistata dal polacco Michał Kwiatkowski, vincitore anche della classifica finale, mentre nel passato recente si sono imposti lassù l’irlandese Daniel Martin (2017) e lo spagnolo Luis León Sánchez (2016). Gli esiti di questa frazione potranno già l’indomani essere ribaltati dalla tappa contro il tempo, che si correrà in circuito a Lagoa, sulla distanza di 20 Km e su di un tracciato abbastanza veloce, nel quale il tratto più impegnativo sarà costituito da uno strappo di 600 metri al 5,3% da superare nelle fasi iniziali. Archiviata la successiva Albufeira – Tavira, 198 Km nervosi ma ancora favorevoli alla volata finale, a determinare il nome del vincitore della 46a edizione della corsa lusitana sarà la conclusiva frazione di 173 Km che scatterà da Faro per terminare ai 512 metri dell’Alto do Malhão, ascesa più breve dell’Alto do Fóia, ma pure in grado di stuzzicare i garretti dei grandi campioni grazie all’elevata pendenza media (9,2%) che si registra nello spazio di 2700 metri: basti ricordare che il plurivincitore in vetta al Malhão è stato Alberto Contador, che ha messo la sua firma lassù in tre occasioni, nel 2010, nel 2014 e nel 2016.
Pur non proponendo nessun arrivo in salita, nettamente più impegnativo si annuncia il percorso della “parallela” Vuelta a Andalucía e potremmo vedere le “stelle” al via della corsa spagnola sgomitare già nel finale della prima tappa che, 170 Km dopo la partenza da Sanlúcar de Barramed, si concluderà ad Alcalá de los Gazules in cima a un muro di 1200 metri al 10.8%, lo stesso che dodici mesi fa ha accolto un arrivo di questa stessa corsa con la vittoria di Tim Wellens. La seconda frazione sarà la più semplice delle cinque in programma, ma quest’anno chanches per i velocisti non dovrebbero essercene poichè la strada salirà anche nel finale della Siviglia – Torredonjimeno, pur se stavolta su tenere pendenze (5.6 Km al 2.7%). Le rimanenti tre giornate di gara saranno quelle decisive, introdotte da una breve ma difficile cronometro individuale di 16 Km disegnata tra Mancha Real e La Guardia de Jaén con due tratti da percorrere in salita, prima verso i quasi 930 metri dell’Alto de Siete Pilillas (4.5 Km al 3.6%) e poi per raggiungere il traguardo e a questo punto potrebbero risultare determinanti per sancire l’ordine d’arrivo i 1800 metri conclusivi al 7.6%. La tappa regina della corsa sarà la penultima, corta ma molto difficile perché nel corso dei 120 Km che condurrano il gruppo da Armilla a Granada si dovranno affrontare due tra le più impegnative salite che risalgono le pendici della Sierra Nevada, prima l’Alto del Purche (8.9 Km al 7.7%) – conosciuto anche con il nome di Puerto de Monachil – e poi l’Alto de Hazallanas, 7.3 Km al 9.6% che nel 2015 erano stati arrivo di tappa proprio alla corsa andalusa, quando vinse Alberto Contador, mentre stavolta saranno seguiti da una velocissima discesa di 17 Km che si concluderà a 5 Km dal traguardo. Il giorno dopo la parola “fine” alla 65a edizione della “Ruta del Sol” sarà vergata al termine di una frazione di media montagna di 165 Km che sulla carta non pare particolarmente impegnativa, perché i primi 4 GPM – tutti pedalabili – sono “confinati” nei primi 74 Km della Otura – Alhaurín de la Torre, mentre l’ultima ascesa dovrà essere superata quando al traguardo mancheranno ancora 30 Km. Ma quest’ultima difficoltà potrebbe rivelarsi un boccone indigesto per qualcuno se si sarà usciti dalla frazione granadina con le ossa peste: l’Alto della Valle de la Vida potrebbe rappresentare la “muerte” per le ambizioni di classifica a chi rimarranno sullo stomaco i suoi 2.3 Km al 10% di pendenza media, dove si raggiungerà un picco del 20% e che saranno resi ancor più selettivi dalla sede stradale notevolmente ristretta.
Infine, il corto ma ricco mese di febbraio si concluderà con una novità, anche se – a ben guardare – non si tratta di una “primizia” vera e propria l’UAE Tour che si disputerà tra il 27 e il 2 marzo, corsa nata dalla fusione dei preesistenti giri a tappe di Dubai e Abu Dhabi, come questi organizzati dalle mani italiane di RCS Sport. Dopo aver ottenuto dall’Unione Ciclistica Internazioni un giorno di gara in più (la prima versione del calendario prevedeva la partenza il 28) Vegni e soci hanno allestito un interessante palcoscenico che affianca i due “pilastri” delle precedenti gare (il muro di Hatta del Dubai Tour e la Jebel Hafeet dell’Abu Dhabi Tour) a un secondo arrivo in salita e a una cronometro a squadre di 16 Km, che sarà frazione d’apertura disegnata sulle ventose strade dell’isola artificiale di Al Hudayriat. La seconda tappa del Giro degli Emirati Arabi Uniti sarà la prima delle quattro riservate ai velocisti e vedrà il gruppo percorrere 184 Km sulle strade della capitale Abu Dhabi, con partenza da Yas Marina e l’arrivo situato sull’isola di Al Marina, con l’unica insidia rappresentata dal vento che spira dal Golfo Persico e che potrebbe condizionare la gara. Gli scalatori entreranno per la prima volta in scena il giorno successivo affrontando i 9.5 Km al 7.4% dell’ascesa verso la Jebel Hafeet (1024 metri), la “Montagna Vuota”, atto terminale di una frazione per il resto completamente pianeggiante ma resa insidiosa dagli ampi tratti che si dovranno percorrere nelle terre desertiche che circondano la città di Al Ain. La carovana si sposterà poi nell’emirato di Dubai per una frazione che collegherà due “location” tradizionali della soppressa corsa araba, l’isola artificiale di Palm Jumeirah e la spettacolare diga di Hatta, ai confini con l’Oman: si tratterà della tappa più lunga (205 Km), che riserverà i momenti più palpitanti nel muro conclusivo di 100 metri al 15.2%, sì ripido ma anche troppo breve per impedire ai più resistenti tra i velocisti di sprintare su questo traguardo che, negli scorsi anni, è stato conquistato dal tedesco John Degenkolb, dallo spagnolo Juan José Lobato e dall’italiano Sonny Colbrelli. Si tornerà ad assistere a uno sprint più tradizionale l’indomani quando sarà in programma la traversata del “Corno d’Arabia”, 181 Km dalle rive del Golfo Persico (Sharjah) a quelle dell’Oceano Indiano (Khor Fakkan), lungo le quali si snoderanno gli ultimi 40 Km di gara, nei quali il vento potrebbe ancora rivelarsi un’insidia di non poco conto. Al penultimo giorno di gara il ciclismo scoprirà – novità nella novità – una salita inedita, quella che condurrà il gruppo verso la Jebel Jais (1934 metri), la montagna più alta degli Emirati Arabi. In attesa del completamento della strada che la risale fin quasi alla vetta, previsto alla fine della prossima estate, i corridori per quest’anno si limiteranno a percorrerne i primi 14 Km, che salgono fino a quota 1325 metri affrontando sette spettacolari tornanti e superando una pendenza media del 5.8%, ultima possibilità di lottare per la classifica prima della conclusiva frazione di Dubai riservata alle ruote veloci.
Mauro Facoltosi
I SITI DELLA CORSE
CHALLENGE CICLISTA MALLORCA
http://vueltamallorca.com/challenge-mallorca/
GRAND PRIX CYCLISTE LA MARSEILLAISE
http://www.lamarseillaise.fr/sports/grand-prix-la-marseillaise
ÉTOILE DE BESSÈGES
http://www.etoiledebesseges.com/
VOLTA A LA COMUNITAT VALENCIANA
VUELTA CICLISTA A LA REGIÓN DE MURCIA COSTA CÁLIDA
TOUR COLOMBIA 2.1
TOUR OF OMAN
https://www.tour-of-oman.com/fr
TROFEO LAIGUEGLIA
https://trofeolaigueglia.wordpress.com/
VOLTA AO ALGARVE EM BICICLETA
http://voltaaoalgarve.com/en/home-2/
VUELTA A ANDALUCÍA
http://www.vueltaandalucia.es/
UAE TOUR

La spettacolare strada che risale la Jebel Jais, l'inedita salita degli Emirati Arabi Uniti che il gruppo scoprirà all'UAE Tour (www.drive.com.au)
STAGIONE 2019, ROMBANO I PEDALI
gennaio 14, 2019 by Redazione
Filed under Approfondimenti
È già giunta l’ora di ripartire. Il 15 gennaio inizia ufficialmente la stagione 2019 dek ciclismo che conta con il Santos Tour Down Under, prova d’apertura dell’UCI World Tour, la serie A delle corse ciclistiche, il circuito di gare che affianca corse blasonate come Giro, Tour e le grandi classiche ad altre competizioni meno prestigiose ma non meno attraenti. Subito dopo l’attenzione dei media ciclistici si sposterà dall’Australia all’Argentina, dove andrà in scena la Vuelta a San Juan Internacional con la partecipazione del colombiano Nairo Quintana.
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L’Epifania tutte le feste si porta via, recita un vecchio adagio. Ma non è del tutto vero poiché la grande festa del ciclismo, quella che accompagna calorosamente lo svolgimento delle competizioni fino alla fine della stagione, deve ancora cominciare e bisognerà attendere la metà del mese di gennaio per la prima grande corsa dell’anno. Come puntualmente avviene dal 2008, il sipario sull’UCI World Tour – la “serie A” delle corse su strada – si alzerà con il Santos Tour Down Under, il giro a tappe dello stato dell’Australia Meridionale che nel 2019 vedrà ai nastri di partenza “stelle” del calibro del tre volte campione del mondo Peter Sagan e della medaglia d’oro a Rio Elia Viviani, mentre per la vittoria finale sarà sfida tra quattro degli ultimi cinque vincitori della corsa, l’olandese Tom-Jelte Slagter (2013), il sudafricano Daryl Impey (2018) e gli australiani Rohan Dennis (2015) e Richie Porte (2017) mentre non sarà della partita il plurivincitore della corsa Simon Gerrans (2006, 2012, 2014, 2016), ritiratosi dall’attività agonistica lo scorso autunno. Per i corridori italiani, oltre a Viviani va segnalata la presenza di Diego Ulissi, che nelle ultime due edizioni è stato il migliore dei nostri in classifica generale, e Domenico Pozzovivo, fresco reduce da una caduta che, però, non ha compromesso la sua presenza.
Martedì 15 gennaio l’atto d’apertura del Down Under sarà la “Ziptrack Stage”, frazione di 129 Km che condurrà il gruppo da North Adelaide a Port Adelaide e che, movimentata da una fase centrale collinare ma totalmente pianeggiante negli ultimi 20 Km, costituirà la prima delle quattro riservate ai velocisti, resa più impegnativa dal vento che, ancor prima di partire, ha costretto gli organizzatori ad accorciare il tracciato tagliando il circuito finale. Anche la Novatech Stage – 122 Km da Norwood ad Angaston – dovrebbe terminare allo sprint, stavolta con qualche insidia in più perché negli ultimi 2000 metri la strada tenderà leggermente a salire. Più accidentato appare il percorso della Subaru Stage perché i 146 Km che si dovranno percorrere tra Lobethal e Uraidla sono costellati da tanti piccoli saliscendi, in particolare nel circuito finale di una quindicina di chilometri che dovrà essere ripetuto sei volte e mezza: anche in quest’occasione, però, l’arrivo in volata sarà molto probabile e tra i “papabili” vincitori potrebbe esserci lo stesso Sagan, che sul traguardo di Uraidla si è imposto lo scorso anno precedendo allo sprint il futuro dominatore della classifica finale Impey. Quella tappa, però, era decisamente più impegnativa rispetto a quella disegnata quest’anno e così, in attesa della frazione regina, chi punterà alla vittoria finale metterà per la prima volta fuori il naso dal gruppo l’indomani nel finale della “100% Stage”, che prevede a 6 Km dal traguardo della Unley – Campbelltown (129 Km) la breve ma ripida ascesa di Montacute, 2.3 km di salita all’8.9% di pendenza media. Archiviata la poco impegnativa SouthAustralia.com Stage (149.5 Km da Glenelg a Strathalbyn, quarta e ultima “preda” per gli sprinter), quest’anno il Tour Down Under non concluderà il suo cammino ad Adelaide perché l’organizzazione ha deciso di posticipare all’ultimo giorno di gara la frazione più impegnativa e attesa, l’immancabile “Be Safe Be Seen MAC Stage” che prenderà il via da McLaren Vale per concludersi dopo 151.5 Km in vetta alla salita simbolo della corsa australiana, Willunga Hill. Sono 3.6 Km al 7.1% che dovranno essere presi di petto due volte negli ultimi 25 Km e che hanno trovato un vero e proprio mattatore in Richie Porte, che negli ultimi cinque anni ha sempre fatto suo questo traguardo.
A questo punto ci sarà la prima grande novità della stagione 2019 poichè tutte le corse successive al Down Under – e sarà così fino al Tour de France – si disputeranno con una settimana di ritardo rispetto al 2018 e questo, in particolare, costituirà un vantaggio per il Giro d’Italia che, spostato in avanti, correrà meno rischi di trovare la neve sui passi alpini. La prima corsa a subire questo slittamento in avanti sarà la Vuelta a San Juan Internacional, che scatterà il 27 gennaio e che avrà al via il colombiano Quintana, il francese Alaphilippe e l’atteso giovane talento belga Remco Evenepoel, passato direttamente dalla categoria juniores a quella dei professionisti – saltando quindi gli under23 – grazie ai successi conseguiti lo scorso anno prima ai campionati europei e poi ai mondiali di Innsbruck, dove si era imposto sia nelle prove in linea, sia in quelle a cronometro. In quanto al tracciato, salvo qualche piccolo ritocchino, il percorso della prova argentina sarà molto simile a quello proposto nelle ultime due edizioni e avrà i suoi momenti cardine nella tappa a cronometro del terzo giorno e nell’arrivo in salita sull’Alto Colorado. Come in Australia il primo giorno sarà favorevole ai velocisti, che si sfideranno al termine dei 159 Km che dalla capitale della provincia di San Juan conduranno a Villa Aberastain, capoluogo del dipartimento di Pocito. Ci sarà poi spazio per i finisseur, chiamati alla ribalta dall’Alto Punta Negra, ascesa di 1 Km all’8,3% che dovrà essere affrontata ben 5 volte, l’ultima a 3 Km dal traguardo fissato presso l’omonimo lago artificiale, percorsi 160 Km dalla partenza da Chimbas. Si farà quindi ritorno a Villa Aberastain per la disputa della cronometro individuale, 12 velocissimi chilometri da percorrere sul medesimo rettilineo, 6 Km per l’andata e altrettanti per il ritorno, sempre in condizione di pianura. L’indomani sarà in programma la lunga ascesa verso il parco naturale di Ischigualasto, ma la docilità della sua pendenza (14.5 Km al 3.5%) e i quasi 90 Km che, privi d’ulteriori difficoltà, si dovranno poi percorrere per completare i 186 Km della San José de Jáchal – Villa San Agustín torneranno ancora a vantaggio dei velocisti che, infatti, lo scorso anno giunsero a giocarsi questa stessa tappa, vinta dal corridore di casa Maximiliano Richeze davanti agli italiani Giacomo Nizzolo e Matteo Pelucchi. Ben più impegnativa sarà l’ascesa che il gruppo dovrà affrontare 48 ore più tardi, dopo avver osservato una giornata di riposo: il primo febbraio sarà, infatti, in programma l’arrivo ai 2624 metri dell’Alto Colorado, percorsi 169 Km dei quali gli ultimi diciannove in costante ascesa, pur se facilissima nelle pendenze (la media è del 4,4% appena). Sono, infatti, le alte quote a rendere selettiva questa salita, il cui “potere” è anche testimoniato dai distacchi fatti registrare negli scorsi anni, quando questo traguardo è stato conquistato dal portoghese Rui Costa nel 2017 e dallo spagnolo Óscar Sevilla nel 2018. Chi uscirà da questa frazione con la maglia di leader sulle spalle ben difficilmente se la vedrà sfilare perché poco o nulla potrà succedere nelle due rimanenti frazioni, la penultima con il traguardo fissato sulla pista del nuovissimo Autódromo El Villicúm, inaugurato il 14 ottobre scorso, e l’ultima in circuito a San Juan, disegnata con il solito “format” delle passerelle di fine corsa.
Mauro Facoltosi
I SITI DELLA CORSE
Santos Tour Down Under
http://www.tourdownunder.com.au/
Vuelta a San Juan Internacional

Inizia la stagione 2019 del ciclismo grandi firme (foto ASO)