EWAN E CAVENDISH NAUFRAGANO NELLO STRETTO, DÉMARE VINCE A MESSINA!
Prova di forza di Arnaud Démare (Groupama – FDJ) che nonostante la salita di quest’oggi, ed un primo momento di difficoltà, riesce, scortato dalla squadra, a tornare in gruppo ed essere così della volata di Messina in cui sul traguardo siciliano alza le braccia al cielo, deve accontentarsi della seconda posizione Fernando Gaviria, terzo Giacomo Nizzolo (Israel – Premier Tech).
Da Catania a Messina la corsa rosa muove i girini per il secondo giorno in terra siciliana, frazione con la salita Portella Mandrazzi posta a metà percorso che può tagliare fuori dalla lotta alla volata i velocisti più puri. Si parte e la velocità è subito altissima, ci vuole un po’ prima che la fuga di giornata prenda il largo. A centrarla sono: Jaakko Hänninen (AG2R Citroën Team), Alessandro Tonelli ( Bardiani-CSF-Faizanè), Mattia Bais (Drone Hopper – Androni Giocattoli), Filippo Tagliani (Drone Hopper – Androni Giocattoli) e Mirco Maestri (Eolo-Kometa). Tutti uomini lontani dalla maglia rosa Juan Pedro Lopez con la Trek-Segafredo che quindi lascia fare. Dopo 20 Km di gara il vantaggio dei battistrada sfiora i 5’. In testa il primo traguardo volante è vinto da Tagliani su Hanninen, del gruppo transita per primo Biniam Girmay andando così a prendersi i pochi punti rimasti. All’imbocco dell’unica salita odierna il vantaggio dei fuggitivi è di 3’:30”. Subito dopo il primi chilometri della lunga ascesa, seppur con pendenze docili, avviene in gruppo un cambio di ritmo. Gli uomini dell’Alpecin – Fenix a sorpresa si portano in testa a fare l’andatura. L’intenzione è chiara, tagliare fuori quanti più velocisti possibili per disputare la volata forse proprio con Van der Poel. A dar man forte a questa azione subentrano anche le squadre Intermarché – Wanty – Gobert e Israel – Premier Tech rispettivamnte per Biniam Girmay e Giacomo Nizzolo. L’azione inizia a dare i suoi frutti, il primo a staccarsi è Caleb Ewan (Lotto Soudal), stessa sorte poco dopo a Mark Cavendish (Quick-Step Alpha Vinyl), l’ultimo a cedere è Arnaud Démare (Groupama-FDJ). Al GPM questi i distacchi dei tre gruppetti con i velocisti attardati: Démare scollina con un ritardo di circa due minuti, Cavendish con oltre tre minuti 3’35”) ed Ewan addirittura con oltre sei minuti. Il vantaggio dei fuggitivi intanto è ormai di soli 50”. Alla fine della discesa la fuga conserva soltanto 10” per essere ripresa subito dopo da un gruppo indiavolato tirato sempre dell’Alpecin – Fenix. E’ la fase più delicata della corsa per capire, tolto Caleb Ewan, se Cavendish e Demare con i rispettivi compagni di squadra possano rientrare. I due gruppetti dietro qualcosa riescono a rosicchiare, i Quick-Step Alpha Vinyl si avvicinano fino a 1’:20” dalla coda del gruppo, mentre quelli della Groupama – FDJ vanno ben sotto il minuto a 35”. Prima del secondo traguardo volante si spegne l’inseguimento di Mark Cavendish completamente svuotato di energie il britannico alza bandiera bianca. Gli uomini del campione francese, invece, riescono a riacciuffare il gruppo e far risalire la testa del gruppo a Demare.Il traguardo volante è vinto da Ben Swift (Ineos Grenadiers), su Joao Almeida e Diego Ulissi, (UAE – Team Emirates). Davanti a fare velocità si porta addirittura la (Groupama – FDJ), a testimonianza dell’ottimo stato di forma di Arnaud Démare. La strad lungo la costa non nasconde insidie, il vento è troppo debole per creare ventagli, si aspetta a questo punto solo la volata. Davanti si alternano le squadre dei velocisti rimasti in particolare fanno capolino i treni di Cofidis, Israel – Premier Tech, Intermarché – Wanty – Gobert, Trek – Segafredo e Team DSM. Ai meno 2 Km è la Cofidis a guadagnarsi la testa del gruppo ma a spuntare dall’ultima curva immettendosi in testa nel rettilineo di arrivo sono, ancora, i Groupama – FDJ, quest’oggi monumentali nonostante l’assenza in testa di Jacopo Guarnieri. A fare da ultimo uomo a Démare è Ramon Sinkeldam che lo porta al riparo dal vento fin verso i 200 m, ad affiancare il francese ci provano Fernando Gaviria e Giacomo Nizzolo poco più dietro Biniam Girmay e Phil Bauhaus ma nessuno riesce a sopravanzare il francese che, una volta uscito dalla ruota del compagno, accelera è batte nettamente Gaviria e Nizzolo. In classifica generale non cambia nulla, domani altra tappa nervosa, si lascia la Sicilia e si parte dalla Calabria, da Palmi a Scalea per un altro possibile arrivo in volata in cui i velocisti sconfitti oggi possono rifarsi. Merita una annotazione a parte l’annuncio, a fine tappa, di Vincenzo Nibali con cui a fine stagione lascia il ciclismo. A Vincenzo va la nostra ammirazione per tutto quanto di meraviglioso ha regalato a questo sport.
Antonio Scarfone

Arnaud Démare esulta a Messina (Foto di: Getty Images)
UN’ATTUALISSIMA REPLICA DI VENT’ANNI FA
È già stata disputata in passato la quinta tappa del Giro 2022. Correva l’anno 1999 e si viaggiava, allora come oggi, da Catania alla volta di Messina dove tutti attendevano lo sprint in maglia rosa di Mario Cipollini. Ma quel giorno “Supermario” fu disarcionato dal vento e anche oggi tutti dovranno tenere la massima attenzione nell’affrontare il tratto disegnato lungo le coste tirreniche che si percorrerà nel finale.
Capita di rado che una tappa di un grande giro sia riproposta tale e quale mamma l’ha fatta. A Tour e Vuelta non è mai successo, mentre i precedenti al Giro si contano sulle dita di una mano e sempre si è trattato di riproposizioni di tappe storiche e fondamentali ai fini della classifica, per la precisione della mitica Cuneo-Pinerolo (1949, 1964 e 1982) e della crono Soave – Verona, proposta come tappa conclusiva della Corsa Rosa nel 1981 e nel 1984, quando ci fu il clamoroso ribaltone di Moser ai danni di Fignon. Finora, però, non era successo che fosse replicata una tappa interlocutoria, di quelle destinate ai velocisti, una “lacuna” che sarà colmata l’11 maggio quando i corridori affronteranno i 172 km che da Catania conducono a Messina ripercorrendo fedelmente rotte che già sono state solcate il 17 maggio del 1999, quando la terza tappa della Corsa Rosa terminò con il successo allo sprint dell’olandese Jeroen Blijlevens, che precedette il ceco Ján Svorada e l’italiano Massimo Strazzer. I “girini” del 2022 faranno bene ad andare a recuperare cronache e filmati di quella frazione e segnarsi in rosso il lungo tratto pianeggiante finale, che inizierà a una settantina di chilometri dal traguardo, una volta terminata la discesa dalla Portella Mandrazzi. La salita a quest’ultima è pedalabile e non farà paura agli sprinter, essendo anche stata affrontata senza problemi per i velocisti nel finale della tappa di Villafranca Tirrena del Giro del 2020, conquistata dal francese Arnaud Démare. I veri problemi in questa giornata arriveranno dal vento, che spesso sferza con decisione la costa tirrenica della Sicilia che da Milazzo punta verso lo Stretto di Messina e che proprio dalle parti di Villafranca nel 1999 provocò una caduta che tolse di mezzo il favorito per la vittoria quel giorno, il toscano Mario Cipollini, che indossava la maglia rosa alla partenza da Catania e che a causa dei postumi immediati per quel giorno si vide escluso dai giochi per la vittoria, fortunatamente senza riportar danni (e, infatti, riuscirà a proseguire quel Giro e si ritirerà solo alla 18a tappa dopo aver messo in cascina quattro vittorie di tappa).
Lasciata Catania i corridori punteranno subito verso nord, transitando pochi chilometri dopo la partenza da Aci Trezza, che non è soltanto la patria letterale dei Malavoglia ma anche il paese natale di Francesco Procopio dei Coltelli, il cuoco che ha inventato gelato e granita, delizie che qui si possono gustare ammirando dalla spiaggia l’arcipelago delle Isole dei Ciclopi, scogli d’origine vulcanica che la tradizione vuole scagliati in mare da Polifemo, infuriato dopo esser stato accecato da Ulisse. Una dolce salita introdurrà il gruppo nel cuore d’Acireale, conosciuta per i suoi monumenti barocchi, scenografica quinta alle sfilate del più celebre carnevale di Sicilia, qui documentato fino al 1594 e i cui spettacoli si svolgono in Piazza del Duomo, al cospetto della cattedrale e della basilica dei Santi Pietro e Paolo. Tornati in pianura si “veleggerà” verso Giardini-Naxos, località balneare sorta presso l’area archeologica dell’antica Nasso e dal cui porto riprese il viaggio dei Mille verso la Calabria dopo le giornate siciliane della storica spedizione. Lasciata la costa ionica il percorso virerà verso l’interno per risalire dolcemente la valle dell’Alcantara, meta turistica gettonata per le gole nelle quali s’insinua l’omonimo fiume, larghe da un massimo di 5 a un minimo di 2 metri, luogo recentemente scelto per mettere in scena rappresentazioni teatrali ispirate alla Divina Commedia e all’Odissea. Probabile vento a parte non sarà certo un’odissea il viaggio odierno del gruppo, che tra poco si accingerà ad affrontare la parte più impegnativa della tappa, la salita ai 1125 metri della Portella Mandrazzi, quasi 20 Km al 4% per raggiungere il passo che rappresenta l’anello di congiunzione tra le catene montuose dei Nebrodi e dei Peloritani e che i “girini” toccheranno dopo aver attraversato uno dei sette “Villaggi Schisina”, oggi in abbandono, costruiti nel 1950 per dare alloggio ai contadini che la regione aveva incaricato di coltivare le terre circostanti. Con una discesa ancora più lunga rispetto alla salita appena superata, si planerà in direzione della costa tirrenica transitando ai piedi della Rocca Salvatesta, una delle cime più elevate dei Peloritani, poco prima di giungere nel centro di Novara di Sicilia, inserito nel circuito dei “borghi più belli d’Italia”. All’inizio del tratto pianeggiante conclusivo la corsa toccherà la località termale di Vigliatore, frequentata per scopi curativi fin dall’epoca romana (periodo al quale risale la Villa di San Biagio, rinvenuta negli anni 50 del secolo scorso). Successiva meta del plotone sarà la cittadina di Barcellona Pozzo di Gotto, il centro più popoloso della provincia di Messina dopo il capoluogo, dotata di numerosi edifici di culto come la Basilica minore di San Sebastiano, inaugurata nel 1936, e l’antichissima chiesa rupestre di Santa Venera. Il mare i corridori torneranno ad avvicinarlo fisicamente a una quarantina di chilometri dall’arrivo, poco prima del passaggio da Villafranca Tirrena, dopo la quale l’altimetria proporrà un paio di lievi saliscendi. Lasciatisi alle spalle questo poco tormentato tratto, si ritroverà definitivamente la pianura alle porte di Capo Peloro, l’estremità nordorientale della Sicilia e luogo dove le acque del Tirreno s’incontrano con quelle dello Stretto dando vita alle forti correnti che gli antichi ritenevano fosse causate da Cariddi, mostro marino simile a una lampreda pronta a trascinare con sé i malcapitati naviganti di passaggio. Rimarranno saldamente sulla terraferma i “girini” che a questo punto effettueranno il giro di boa che li riporterà verso sud, andando a fiancheggiare le placide acque dei due laghetti costieri di Ganzirri, antiche paludi nel quale i pescatori locali vanno a “caccia” di gustose vongole chiamate “cocciule”. L’inferno di Cariddi è alle spalle e ora il gruppo si troverà ad attraversare un vero e proprio “eden”, almeno dal punto di vista toponomastico perché nel volgere di pochi chilometri si attraverseranno tre frazioni messinesi i cui nomi invogliano alla sosta, Pace, Contemplazione e Paradiso. Ma il traguardo è oramai è alle porte e sta nuovamente per scatenarsi un’infernale ridda, quella tipica dei frenetici istanti che precedono uno sprint…
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Portella Mandrazzi (1125 metri). Valicata dalla SS 185 “di Sella Mandrazzi” tra Francavilla di Sicilia e Novara di Sicilia, separa la catena dei Monti Peloritani da quella dei Nebrodi. In quattro precedenti occasioni è stata GPM al Giro d’Italia: nel 1954 fu conquistata da Giuseppe “Pipaza” Minardi (tappa Palermo – Taormina, vinta dal medesimo corridore), nel 1999 da Mariano Piccoli (la tappa Catania – Messina citata nell’articolo), nel 2003 dal colombiano Freddy González (Messina – Catania) vinta da Alessandro Petacchi e nel 2020 durante l’altra tappa menzionata nell’articolo, quella di Villafranca Tirrena, ha transitarvi in testa fu l’elvetico Simon Pellaud.
Portella Pertusa (974 metri). Valicata dalla SS 185 “di Sella Mandrazzi” nel corso della discesa dalla Portella Mandrazzi a Novara di Sicilia, all’altezza del bivio per Fondachelli.
Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Vista aerea su Capo Peloro e l’altimetria della quinta tappa (wikipedia)
CIAK SI GIRO
La rappresentazione teatrale della Divina Commedia del 2008 non è stata il debutto “infernale” della Gola dell’Alcantara, che aveva rivestito per la prima volta i panni degli inferi nel 1966, quando Ettore Scola la scelse per girarvi le scene iniziali de “L’arcidiavolo”, film nel quale Belzebù decide di mandare sulla terra il diavolo Belfagor – interpretato da Vittorio Gassman – nel tentativo di minare la pace che era stata stretta in Italia tra il papa e Lorenzo de’ Medici. Si trattava, in realtà, della seconda volta sul grande schermo delle suggestive gole, che nel 1962 erano state immortalate in un colossal firmato dal regista americano Richard Fleischer e ispirato alle vicende di Barabba (impersonato da Antony Quinn), il criminale menzionato dai vangeli la cui scarcerazione fu sottoposta in “ballottaggio” con quella di Gesù. Le spettacolari gole siciliane saranno così scoperte dal cinema, che vi si terrà però lontano per parecchi anni e per la precisione fino al 1983, quando Giacomo Battiato vi si recherà per alcune delle riprese de “I paladini: storia d’armi e d’amori”, film ispirato in parte all’Orlando Furioso dell’Ariosto e nel quale recitò un ancora sconosciuto Ron Moss, l’attore statunitense che a partire dal 1987 diventerà celebre interpretando il ruolo di Ridge nella soap opera “Beautiful”. Due anni più tardi Mariano Laurenti, recentemente scomparso, vi porterà il popolare attore e cantante napoletano Nino D’Angelo, qui in azione in “Popcorn e patatine”, mentre l’ultimo film che permette di ammirarle è “Il racconto dei racconti – Tale of Tales” di Matteo Garrone, uscito nel 2015.

Scena de "L'arcidiavolo" girata nelle grotte dell'Alcantara (www.davinotti.com)
Cliccate qui per scoprire le altre location dei film sopra citati (eccetto “I paladini: storia d’armi e d’amori”)
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/barabba/50016353
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/l-arcidiavolo/50006131
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/popcorn-e-patatine/50013064
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-racconto-dei-racconti-tale-of-tales/50035750
FOTOGALLERY
Aci Trezza, Isole dei Ciclopi
Acireale, Piazza del Duomo
La spiaggia di Giardini-Naxos e le colline sullo sfondo in un’insolita veste invernale
Uno scorcio di Novara di Sicilia
Barcellona Pozzo di Gotto, chiesa rupestre di Santa Venera
Il lungomare di Villafranca Tirrena
La spiaggia di Capo Peloro
Il più grande tra i due laghi di Ganzirri
Messina, statua della Madonna della Lettera
UN LOPEZ IN ROSA, L’ALTRO SI RITIRA
Lennard Kemna vince la tappa con una azione saggia e dosata, Juan Pedro Lopez va a prendersi la rosa con il cuore. Tra i big non ci sono scatti, ma il ritmo fa vittime illustri, come Tom Dumoulin. Miguel Angel Lopez sale in ammiraglia già nei primi chilometri.
I pronostici davano l’arrivo dei big in un gruppetto di circa 20 corridori ed in questo senso, essi sono stati rispettati. La salita finale era molto lunga, ma presentava pendenze abbastanza regolari con la sola eccezione di quei 2 o 3 km a metà salita in cui le pendenze superavano il 10%. Per il resto, le pendenze sempre intorno al 6% ed il vento incontrato dopo la zona boschiva hanno reso difficili gli attacchi e indotto i big a impostare un ritmo per tentare di fare selezione da dietro.
Tuttavia, non si può certo dire che in questa tappa non ci siano state sorprese.
La prima è arrivata per gli appassionati già nei primi chilometri come un fulmine a ciel sereno: ritiro per il capitano dell’Astana Miguel Angel Lopez. Il ds, intervistato nel corso della tappa, ha riferito di un problema muscolare accusato dal colombiano sin dalla partenza della corsa rosa. Il corridore ha tentato di stringere i denti nella speranza di superare il problema, ma oggi ha dovuto alzare bandiera bianca e l’Astana perde così il proprio capitano.
Anche la seconda punta, rappresentata da Vincenzo Nibali, ha dimostrato di non poter competere per la classifica generale tuttavia il siciliano, libero da ordini di scuderia, potrebbe tentare una fuga per una vittoria di tappa.
Anche in casa Jumbo c’è poco da sorridere, visto che il leader designato Tom Dumoulin si è staccato quando mancavano ancora molti chilometri alla conclusione ed è giunto sul traguardo con un distacco di 9 minuti dal vincitore (e quindi circa 6 minuti e mezzo dopo l’arrivo del gruppo dei migliori). Il capitano della formazione olandese ha poi riferito ai microfoni di essere amareggiato per il distacco, poiché le sensazioni non erano così negative.
Va detto, però, che la Jumbo non ha voluto schierare al giro una seconda opzione, come poteva essere il danese Jonas Vingegaard, visto che comunque Dumoulin arrivava da un periodo piuttosto lungo di inattività.
Simon Yates (Team BikeExchange – Jayco), caduto nella prima parte della frazione, non è sembrato pimpante come nella cronometro, ha corso per molti chilometri nella parte finale del gruppo e nel finale è sembrato un po’ provato dal forte ritmo imposto da Richie Porte (INEOS Grenadiers).
Chi è sembrato piuttosto in forma è stato Richard Carapaz (INEOS Grenadiers), che non solo ha fatto imporre ai suoi uomini il ritmo con il quale ha ridotto il gruppo a circa 20 unità, ma è anche andato a sprintare, regolando il drappello anche se non è riuscito a fare il buco.
In conclusione, da questa tappa, come ci si aspettava, non sono uscite chiare indicazioni in termini di classifica generale, se non la classica indicazione di chi il giro non potrà vincerlo come Dumoulin. Le prime vere sentenze arriveranno con ogni probabilità sul Blockhaus, una salita durissima che non ha nulla da invidiare alla più dure ascese previste nella terza settimana.
Per quel che riguarda la cronaca della corsa sono stati necessari circa venti chilometri di scatti e controscatti perché si formasse in più fasi una fuga di 13 uomini, inizialmente composta da Rein Taaramae (Intermarché-Wanty-Gobert), Mauri Vansevenant (Quick-Step Alpha Vinyl Team), Lennard Kämna (BORA Hansgrohe), Gijs Leemreize (Jumbo-Visma), Valerio Conti (Astana Qazaqstan Team), Davide Villella (Cofidis), Juan Pedro López (Trek – Segafredo), Stefano Oldani (AFC), Rémy Rochas (COF), Alexander Cataford (IPT), Diego Andrés Camargo (EFE) ed Erik Fetter (EOK). Lilian Calmejane (Ag2r Citroën) è stato l’ultimo a riuscire faticosamente a riportarsi sui battistrada, mentre ha dovuto desistere Simone Ravanelli (Drone Hopper – Androni), rimasto a lungo a bagnomaria.
Il gruppo, a questo punto, lascia fare e concede un vantaggio che arriva a superare gli undici minuti prima di iniziare lentamente a recuperare grazie all’azione degli uomini Ineos, che comunque non è tale da far pensare all’intenzione di chiudere sulla fuga.
Il primo a partire sulla salita è Oldani che guadagna circa un minuto sul gruppo inseguitore che, dopo diversi allunghi ed accelerazioni, si riduce a 6 unità (Vansevenant, Lopez, Taarame, Kamna, Leemreize e Moniquet), mentre la maglia rosa perde contatto dal gruppo dei migliori.
A 11 Km dall’arrivo parte Juan Pedro Lopez, che in breve raggiunge e stacca Oldani, mentre in gruppo perde contatto Dumoulin quando mancano ancora molti chilometri all’arrivo per sperare di poter limitare i danni, che saranno in effetti ingenti.
Tra gli inseguitori di Lopez riesce ad evadere Kemna che, con un ritmo regolare ma elevato, va a riprendere Lopez, il quale procede a scatti con un rapporto molto agile.
I due si parlano e appare subito chiaro che stiano discutendo i termini del “gentleman agreement”: ad uno la tappa, all’altro la maglia rosa. I due procedono quindi in coppia fino al traguardo, che regala ad entrambi una grande soddisfazione, mentre Taaramae – che sembrava in difficoltà – riesce a piazzarsi in terza posizione.
Tra i big, rimasti circa in venti a causa del forte ritmo imposto dagli Ineos, è Carapaz che va a sprintare sull’arrivo, senza riuscire a creare il buco e quando gli abbuoni erano ormai andati ad altri.
Yates e Giulio Ciccone (Trek – Segafredo) sono sembrati un po’ provati dal ritmo, ma sono comunque riusciti a rimanere a ruota dei migliori.
Come ci si aspettava da questa tappa quel che è uscito è il primo nome di chi non potrà vincere il giro e il forte ridimensionamento di squadre come Astana e Jumbo.
Se appare evidente che la seconda ha deciso di puntare tutto sul Tour de France, la prima aveva invece schierato il proprio uomo più rappresentativo ai nastri di partenza del Giro.
Va detto che Lopez ha dimostrato gravi limiti a livello mentale, sia quando nel 2019 prese a pugni uno spettatore che lo aveva fatto cadere lungo la salita di Monte Avena, sia lo scorso anno alla Vuelta quando, con il podio in pugno, rimase attardato nella penultima tappa e si ritirò in preda ad una crisi di nervi.
Dopo queste prime scarse indicazioni occorrerà probabilmente aspettare il Blockhaus per avere segnali significativi, ma attenzione alla tappa con arrivo a Potenza, sia perché presenta un dislivello importante, sia perché prevede l’ascesa inedita verso la Montagna Grande di Viggiano, che presenta 6 Km di ascesa al 9% di pendenza e molti tratti in doppia cifra. Si scollina a 60 Km dall’arrivo, ma questi 60 km sono tutt’altro che banali, quindi attenzione ai trabocchetti. Del resto chi dovesse rimanere attardato su quelle arcigne pendenze rischierà di naufragare definitivamente.
Benedetto Ciccarone

La vittoria di Kamna sull'Etna (foto Getty Images)
È SEMPRE PIÙ AMORE ETNA, CRONACA ROSA DELLA CORSA ROSA
Il Giro sbarca in Sicilia e trova nuovamente l’Etna ad attenderlo. È dal 2011 che l’ascesa al vulcano è una presenza fissa ogni qualvolta la Corsa Rosa fa scalo nell’isola e stavolta si andrà alla scoperta di un versante finora ancora inesplorato, almeno in parte. I 26 Km che da Biancavilla porterà fino al Rifugio Sapienza daranno un nuovo volto alla classifica generale, anche se il recente passato ci insegna che una salita del genere affrontata così presto spesso fa meno danni del previsto, complici energie ancora fresche e un certo interesse a non ammazzare subito la corsa, con il rischio di cadere vittima di se stessi.
Possiamo scriverlo a caratteri cubitali, è nato un AMORE vero e proprio, degno delle pagine tra cronaca rosa, tra l’Etna e il Giro d’Italia. Come due amanti che non possono far a meno l’uno dell’altro, dal 2011 ogni qual volta il Giro scende in Sicilia l’Etna è inserito nel percorso e nell’ultimo decennio è già successo quattro volte, sempre proponendo l’ascesa al vulcano da un versante diverso, così da non far stancare gli spettatori della corsa con le “solite repliche” e non far abituare troppo i corridori delle pendenze del vulcano. Così nel 2011 si è saliti dal versante più tradizionale, quello di Nicolosi che era stato affrontato anche nel 1967 e nel 1989, poi nel 2017 si è percorsa la strada del “Salto del Cane”, nel 2018 si è arrivati fino all’osservatorio astrofisico salendo da Ragalna e nel 2020 si è iniziata l’ascesa da Linguaglossa, quando s’è scelto di far terminare la tappa a Piano Provenzana. Al momento rimangono ancora due versanti da “esplorare” e, se per quello di Zafferana Etnea – il più impegnativo, a sentire i cicloamatori locali – bisognerà attendere ancora, quest’anno si andrà alla scoperta di quello di Biancavilla, un vero e proprio “collage” perché la salita si comporrà di un tratto iniziale inedito e recentemente intitolato a Marco Pantani, del tratto conclusivo del versante di Ragalna e di un breve tratto di raccordo con quello classico di Nicolosi, del quale si percorreranno gli ultimi 3 Km. Il tutto andrà a comporre una salita monstre di quasi 23 Km, caratterizzata da una pendenza media del 6%… ma niente paura perché gli arrivi sulle pendici del Mongibello nel 2017 e nel 2018 hanno provocato una selezione piuttosto contenuta, sia perché proposti – proprio come accadrà quest’anno – nei giorni iniziali della corsa, quando le energie sono ancora fresche, sia perché anche gli scalatori più incalliti non avranno certo la voglia di sprecare molte energie così presto, considerato che il resto del tracciato è molto impegnativo. Di certo qualche grosso nome tra i big al via potrebbe saltare, soprattutto se ci si è schierati ai nastri di partenza con una condizione non ancora ottimale o si è esagerato nelle brevi corse a tappe di preparazione che si sono succedute in calendario ad aprile.
Dopo il lungo trasferimento aereo dall’Ungheria il gruppo si radunerà per il via oggi in quel di Avola, cittadina della costa ionica famosa per il suo “Nero”, vino noto per la sua elevata gradazione alcolica e che ben conosce un avolese DOC come Paolo Tiralongo, l’ex corridore che è stato in gruppo per ben 17 anni e nella sua lunga carriera ha conquistato tre vittorie di tappa al Giro, a Macugnaga nel 2011, a Rocca di Cambio nel 2012 e a San Giorgio del Sannio nel 2015.
I primi 6 Km pianeggianti rappresenteranno l’estremo lembo meridionale del percorso del Giro 2022, la cui risalita inizierà dopo il passaggio da Noto, l’incantevole capitale del barocco siciliano che dal 2009 si è arricchita ulteriormente grazie agli affreschi realizzati dal pittore russo Oleg Supereko sulla ricostruita cupola della cattedrale, crollata nel 1996 quale conseguenza indiretta del terremoto che l’aveva colpita sei anni prima. All’uscita da Noto il gruppo andrà ad affrontare la prima di una serie di dolci salite che movimenteranno i primi 70 Km di gara, nel corso dei quali si andrà ad attraversare la catena dei Monti Iblei. Per prima si supererà quella di 6.7 Km al 4.1% che condurrà a San Corrado di Fuori, località cara ai netini per il santuario costruito presso l’eremo nel quale visse il patrono della città, San Corrado Confalonieri (1290 – 1351),, penitente originario dell’Emilia che, dopo la conversione, pellegrinò attraverso l’Italia fino a giungere a Noto. Di strada ne dovranno percorrere ancora tanta anche i “girini”, che intraprenderanno ora un altalenante tratto in quota che li porterà a sfiorare prima l’estremità occidentale della Cavagrande del Cassibile, caratterizzata da una suggestiva serie di laghetti collegati da cascate, e poi il centro di Palazzo Acreide, le cui chiese barocche di San Sebastiano e di San Paolo le hanno valso l’inserimento nella lista dei centri della Val di Noto protetti sin dal 2002 dall’UNESCO. Subito dopo il passaggio da Palazzolo inizierà la più consistente tra le salite iniziali (più per la sua lunghezza che per la sua pendenza, una dozzina di chilometri al 3.4%), percorrendo la veloce superstrada che evita il passaggio nei centri di Buscemi – presso il quale si trovano i ruderi del Castello Requisenz – e Buccheri, raggiungendo quindi il punto più alto di questa porzione del tracciato poco sotto la vetta del Monte Lauro (987 metri), antico vulcano sottomarino che rappresenta la massima elevazione degli Iblei e la cui vetta è oggi popolata da una selva di ripetitori. Nel corso della discesa che riporterà il gruppo in pianura si andrà infine a toccare Vizzini, il centro del quale è originaria la famiglia dello scrittore Giovanni Verga (secondo alcuni studiosi sarebbe anche la sua città natale, invece di quella “ufficiale” di Catania), che vi ambientò diverse sue novelle, come “Mastro Don Gesualdo” e “La Lupa”.
Sfiorata Francofonte terminerà la mossa fase introduttiva di questa frazione e inizierà una successiva fase di quiete che si protrarrà sin ai piedi dell’Etna, circa 45 Km di pianura che si snoderanno attraverso le terre di produzione dell’Arancia Rossa di Sicilia, agrume IGP al quale nel 2002 la Gazzetta dello Sport pensò di dedicare una corsa in linea, per l’appunto il “Trofeo Arancia Rossa”, inserito in calendario per prendere il posto del cancellato Giro della Provincia di Siracusa e del quale si riuscì a disputare una sola edizione. A vincerla fu l’attuale direttore sportivo dell’UAE Team Emirates Fabio Baldato, che precedette allo sprint Mario Manzoni e l’ucraino Mychajlo Chalilov sul traguardo fissato nel centro di Scordia, il prossimo comune che sarà attraversato dai “girini” nella marcia di avvicinamento al gran finale. A mettere la parola fine a questa fase sarà il passaggio sul Ponte Barca, così chiamato perché un tempo per superare il corso del Simeto, il principale fiume della regione per portata, era necessario trasbordare su imbarcazioni, che facevano la spola nella zona dove oggi è istituita un’oasi naturalistica abitata da 70 specie di uccelli migratori, con l’unica eccezione dello stanziale pollo sultano, che dopo molti anni d’assenza è tornato a nidificare in questo luogo negli anni ’70.
Mancheranno a questo punto poco più di 40 Km al traguardo, tutti da percorrere in salita, anche se quella ufficiale misurerà, come detto, 23 Km. Prima dovrà essere superato un tratto che potremmo definire di acclimatazione di circa 15 Km, nel corso del quale già si dovranno colmare quasi 600 metri di dislivello, incontrando una pendenza media del 4.3% nei 5 Km centrali, a loro volta preceduti da 1.7 Km al 4.7% che termineranno alle porte di Paternò, centro che offre ai turisti parecchi edifici d’interesse artistico, a partire dal Castello Normanno dalla cui terrazza la vista va ad abbracciare la Piana di Catania. Un momentaneo momento di tregua precederà l’ingresso in Biancavilla, dal quale si andrà ancora una volta alla scoperta di una faccia inedita dell’Etna, pronta ad arroventare la corsa e incenerire le rosee speranze dei big meno in palla del momento.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Passo del Ladro (496 metri). Valicato dalla Strada Statale 287 “di Noto” tra lo svincolo per Canicattini Bagni e Palazzolo Acreide
Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

L’Etna in attività e l’altimetria della quarta tappa (www.siciliatouring.it)
CIAK SI GIRO
Giovanni Verga è stato una fonte d’ispirazione per diversi registi, che hanno trasportato su pellicola alcune delle più celebri novelle firmate dal padre del Verismo. Così Luchino Visconti nel 1948 girò “La terra trema” ispirandosi ai “Malavoglia”, Carlo Lizzani nel 1969 portò sul grande schermo “L’amante di Gramigna”, mentre due sono le opere verghiane che stuzzicarono l’indimenticato Franco Zeffirelli (“Cavalleria rusticana” nel 1982 e “Storia di una capinera” nel 1993). Inevitabile fu anche scegliere location siciliane per mettere in scena questi film e in alcuni casi si optò per tornare sul luogo del misfatto, laddove il Verga aveva collocato l’azione nei suoi libri. È quel che accadde, per esempio, nel 1996 quando il regista milanese Gabriele Lavia decise di girare a Vizzini “La lupa”, trasposizione della novella che Verga aveva ambientato nella città d’origine della sua famiglia. Per ricreare l’ambiente rurale nel quale abitata la donna protagonista del film – la “lupa” del titolo, interpretata dall’attrice romana Monica Guerritore – si scelse di truccare a dovere una vecchia conceria alle porte del paese, esempio di archeologia industriale ottocentesca, nella quale uno degli edifici che la componevano fu nascosto dietro la finta facciata di una chiesa inventata di sana pianta dagli scenografi, luogo nel quale si uniranno in matrimonio la figlia della “lupa” e il giovane Nanni Lasca, interpretato da Raul Bova. Altre scene furono girate presso la stazione della stessa Vizzini (spacciata per quella del vicino centro di Mineo), presso la Masseria Musso di Noto e presso i ruderi del Castello Requisenz di Buscemi.

L'antica conceria di Vizzini trasformata in borgo nel film "La lupa" (www.davinotti.com)
Cliccate qui per scoprire le altre location del film
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-lupa/50015870
FOTOGALLERY
Avola, la centralissima Piazza Umberto I
Noto, cattedrale di San Nicolò
Il santuario di San Corrado di Fuori
Palazzolo Acreide, chiesa di San Sebastiano
Buscemi, ruderi del Castello Requisenz
Vetta del Monte Lauro
Vizzini, Palazzo Verga
Agrumeto alle porte di Scordia
Oasi di Ponte Barca
Il castello normanno di Paternò
A DUNKERQUE VINCE THIJSSEN, GILBERT VINCE LA CLASSIFICA FINALE
Gerben Thijssen (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux) ha vinto in volata la tappa conclusiva della 4 Giorni di Dunkerque battendo Hugo Hofstetter (Team Arkea Samsic) e Lorrenzo Manzin (TotalEnergies).
Philippe Gilbert (Lotto Soudal) ha conquistato la classifica finale confermando il suo primato conquistato nella giornata di ieri.
La frazione finale della 4 Giorni di Dunkerque prevedeva 182 chilometri da Ardres a Dunkerque con un circuito finale di nove chilometri da ripetere otto volte. Il tratto iniziale era l’unico che prevedeva alcune salite, tra le quali erano presenti due traguardi intermedi in grado di regalare chance per Oliver Naesen (AG2R Citroen Team) e Jake Stewart (Groupama – FDJ) di insidiare la vittoria finale di Philippe Gilbert (Lotto Soudal) grazie agli abbuoni in palio.
La fuga però prendeva piede immediatamente con nessun uomo in classifica presente, i sette atleti che la componevano erano Alexis Renard (Cofidis), Fabian Lienhard (Groupama – FDJ), Robert Stannard (Alpecin – Fenix), Gilles De Wilde (Sport Vlaanderen – Baloise), Juraj Sagan (TotalEnergies), Joris Delbove (St Michel – Auber93) e Léo Danès (Team U Nantes Atlantique). Il vantaggio massimo di questi atleti raggiungeva i tre minuti, con la AG2R Citroen Team che si prendeva l’incarico dell’inseguimento. Ai -52 Andrea Misfud (Nice Métropole Côte d’Azur) provava a riportarsi sulla testa della corsa distante circa un minuto, mentre Stannard veniva ripreso dal gruppo. L’inseguimento di Misfud durava soltano dieci chilometri con AG2R e Lotto Soudal che controllavano la corsa riprendendo Danès e Sagan poco dopo. Mentre il resto della fuga riusciva a resistere per più tempo andando a meno di dieci secondi di distanza all’interno del penultimo giro, in questo momento erano Renard e De Wilde a provarci in coppia lasciando la compagnia degli altri fuggitivi, ma pure De Wilde si doveva arrendersi per ultimo quando mancavano sette chilometri alla conclusione.
Nel giro conclusivo era la Alpecin – Fenix ad incaricarsi di tenere un forte ritmo, una volta che terminavano il lavoro ai -2 era Maciej Bodnar (TotalEnergies) a tentare un attacco inseguito dalla Bingoal Pauwels Sauces WB in un pruimo momento, mentre nell’ultimo chilometro la Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux compiva la rimonta, Gerben Thijssen (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux) partiva lungo e dominava lo sprint finale senza lasciare chance ai rivali con Hugo Hofstetter (Team Arkea Samsic) e Lorrenzo Manzin (TotalEnergies) che si dovevano accontentare rispettivamente del secondo e terzo posto.
Gilbert ha così confermato il successo finale della corsa davanti a Naesen e Stewart, il quale ha conquistato la classifica dei giovani. Jason Tesson (St Michel – Auber93) ha confermato il successo nella classifica a punti.
La classifica degli scalatori è stata aggiudicata da Alex Colman (Sport Vlaanderen – Baloise) grazie alla sua presenza in tutte le fughe esclusa la giornata odierna quando per conquistare la classifica gli era sufficiente terminare la corsa nel tempo massimo.
La classifica a squadre è stata invece vinta dalla Lotto Soudal.
Carlo Toniatti
CAVENDISH VOLA SUL LAGO, VAN DER POEL RESTA IN ROSA
Nella prima vera e propria volata di gruppo del Giro 2022, Mark Cavendish (Team Quick Step Alpha Vinyl) vince a Balatonfured davanti ad Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) e Fernando Gaviria (UAE Team Emirates). Il britannico conferma di essere ancora uno dei velocisti più forti del panorama ciclistico odierno. Mathieu Van der Poel (Team Alpecin Fenix) conserva la maglia rosa.
La terza tappa del Giro 2022 da Kaposvar a Balatonfured di 201 km è quella dal chilometraggio più esteso in territorio magiaro, con il finale che si svolgerà lungo le rive del Lago Balaton. Un semplice GPM di quarta categoria posizionato a 13 km dall’arrivo non impedirà ai velocisti di giocarsi la vittoria in volata, prima del ritorno nel Belpaese. Mathieu Van der Poel (Team Alpecin Fenix) riparte in maglia rosa dopo il brillante secondo posto nella cronometro di ieri mentre salgono le quotazioni di Simon Yates (Team BikeExchange Jayco) che ieri ha messo in fila tutti i pretendenti alla vittoria finale con una prova davvero convincente. Dopo la partenza da Kaposvar scattavano subito Mattia Bais e Filippo Tagliani (Team Drone Hopper Androni Giocattoli), gli stessi protagonisti della fuga della prima tappa, ai quali si aggiungeva Samuele Rivi (Team EOLO Kometa). Dopo 10 km il vantaggio del terzetto di testa sfiorava i 2 minuti. In testa al gruppo maglia rosa erano presenti gli uomini del team Alpecin Fenix e del team Lotto Soudal. Tagliani si aggiudicava il primo traguardo volante di Nagykanizsa posto al km 69.1. Il gruppo transitacìva con un ritardo di 2 minuti e 10 secondi dal terzetto di testa. Nel frattempo si registrava il primo ritiro del Giro 2022. A mettere il piede a terra era Jan Tratnik (Team Bahrain Victorious), ancora dolorante per le botte riportate nella caduta della prima tappa. A 100 km dall’arrivo il vantaggio della fuga era salito a 3 minuti e 15 secondi. Adesso anche il Team Groupama FDJ si faceva vedere nelle prime posizioni del gruppo. Tagliani si aggiudicava il secondo traguardo volante di Badacsony posto al km 147.8. La fuga veniva ripresa a 28 km dall’arrivo. Pascal Eenkhorn (Team Jumbo Visma) si aggiudicava il gpm di Tihany posto al km 188.4. Tra squadre dei velocisti e squadre degli uomini di classifica tutti cercavano di posizionarsi nelle prime posizioni del gruppo. La volata veniva preparata alla perfezione dal Team Quick Step Alpha Vinyl che lanciava benissimo Mark Cavendish con Michael Morkov e Davide Ballerini. Il britannico partiva abbastanza lungo e manteneva sempre la ruota davanti ai suoi avversari, andando a vincere davanti ad Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) e Fernando Gaviria (UAE Team Emirates). Chiudevano la top five Biniam Girmay (Team Intermarchè Wanty Gobert) in quarta posizione e Jakub Mareczko (Team Alpecin Fenix) in quinta posizione. Oltre a Mareczko si segnalavano altri due italiani nella top ten: Simone Consonni (Team Cofidis) in settima posizione ed Alberto Dainese (Team DSM) in nona posizione. Cavendish ottiene la quarta vittoria stagionale dopo le affermazioni nel UAE Tour, al Tour of Oman ed alla Milano – Torino. In classifica generale Mathieu Van der Poel (Team Alpecin Fenix) conserva la maglia rosa davanti a Simon Yates (Team BikeExchange Jayco) e Tom Dumoulin (Team Jumbo Visma). Dopo il primo giorno di riposo per organizzare il rientro in Italia, si riparte dalla Sicilia martedì 10 Maggio con l’attesa tappa da Avola all’Etna di 172 km. La salita finale verso il Rifugio Sapienza è lunga poco più di 23 km con una pendenza media del 5.9%. E’ soltanto la quarta tappa del Giro 2022 e vedremo se ci sarà battaglia tra gli uomini di classifica.
Giuseppe Scarfone

Mark Cavendish vince a Balatonfured (foto: Getty Images)
VOLATA AL VENTO DEL BALATON
Ultima giornata ungherese per il Giro d’Italia, che oggi offrirà un’altra tappa destinata ai velocisti, stavolta senza l’insidia della salita finale. Il Gran Premio della Montagna che gli organizzatori hanno piazzato negli ultimi chilometri è troppo morbido per incutere timore tra gli sprinter, maggiori apprensioni potrebbero darle il vento, come sempre quando si pedala a lungo con la compagnia del mare.
Il Giro saluta l’Ungheria e gli dice ciao con una lunga tappa – una delle rare nelle quali si supereranno, seppur di poco, i 200 Km – la cui altimetria annuncia volata certa sulle rive del Balaton. L’altimetria è solo leggermente increspata e non fa di certo paura ai velocisti il microscopico GPM di Tihany che gli organizzatori hanno piazzato a una dozzina di chilometri dall’arrivo, salita talmente facile che non riuscirà nemmeno a respingere quegli sprinter che solitamente soffrono le salitelle brevi piazzate nei finali di gara. Ma l’ultima delle tre frazioni disegnate sul suolo ungherese potrebbe non rivelarsi una passeggiata perchè gli ultimi 80 Km di gara si snoderanno prevalentemente, a parte due brevi deviazioni nell’entroterra, lungo le rive del Balaton, il più vasto lago dell’Europa centrale, che si estende per quasi 600 Km quadrati. È risaputo che le ambientazioni rivierasche sono tra le più esposte all’azione del vento, che ha campo libero grazie ai vasti spazi del “mare magiaro”, e se Eolo dovesse mettersi d’impegno potrebbe rendere la gara più impegnativa del previsto. Così chi correrà con il pensiero rivolto alla classifica finale non dovrà distrarsi e cercare di rimanere davanti perché, se il gruppo si dovesse spezzare sotto l’azione del vento e si finisse nel ventaglio sbagliato, si correrà il rischio di sprecare energie preziose per rientrare o, peggio, di lasciare fin d’ora per strada parecchi minuti.
L’ultima tappa ungherese prenderà le mosse da Kaposvár, cittadina che è anche un po’ “romana” perché, come la nostra capitale, le fanno corona sette piccole colline tra le quali ce n’è una che, non a caso, si chiama Rómahegy (dove “hegy”significa collina, ma anche montagna).
Pedalando sul velluto delle steppe ungheresi si toccheranno nel tratto iniziale i centri di Nagybajom e Iharosberény, pressi i quali è rispettivamente possibile ammirare il museo di storia locale Sárközy István (la famiglia dell’ex presidente della repubblica francese è di origini ungheresi) e il castello Inkey, risalente al XVIII secolo. Percorsi i primi 70 Km i “girini” giungeranno in quella che nel 2020 sarebbe dovuta essere l’ultima meta della Grande Partenza dall’Ungheria, la cittadina di Nagykanizsa, dove si disputerà il primo dei due traguardi volanti giornalieri prima di invertire rotta e puntare in direzione del Kis-Balaton, il cosiddetto “Piccolo Balaton”, specchio d’acqua un tempo appartenente al bacino principale e in seguito separatosi a causa della sedimentazione del corso del fiume Zala. Oggi è divenuto un biotopo incluso dal 1997 nel parco nazionale del Balaton, interessante anche per la presenza di una riserva di bufali, introdotti in quest’area nel 1800 dai conti Festetics e rinfoltitasi dopo la creazione dell’area protetta, che ha portato nel giro di vent’anni il numero di questi animali da 16 a 200. Per giungere sulle sponde del vero Balaton bisognerà percorrere quasi 120 Km dal via da Kaposvár, quando la corsa sbarcherà sulle strade di Keszthely, cittadina il cui nome significa “castello” (e, infatti, qui non manca uno spettacolare maniero, costruito dai conti Festetics tra il 1745 e il 1880) e che il nome l’ha dato alla “cultura” qui fiorita dopo la caduta dell’impero romano d’occidente attorno al villaggio di Gorsium – Herculia, la cui area archeologica si trova nei pressi del centro di Székesfehérvár (attraversato due giorni prima nel corso della prima tappa). Il primo dei tre tratti disegnati lungo le rive del lago misurerà poco meno di 30 Km e si concluderà con il passaggio dalla località di villeggiatura di Badacsony, alla quale si giungerà dopo esser transitati ai piedi della collina sulla quale sono pittorescamente collocate le rovine del castello di Szigliget, costruito tra il 1260 e il 1262 dall’abate Favus di Pannonhalma. La prima “scampagnata” porterà il gruppo a inoltrarsi nell’entroterra del lago per una ventina di chilometri, attraversando un’area caratterizzata da colline d’origine vulcanica tra le interessante è l’Hegyestű (337 metri), in passato molto sfruttata per l’estrazione del basalto, attività che da una parte ne ha modificato l’originario aspetto conico e dall’altra ne ha riportato alla luce la sua particolare struttura interna, risalente all’epoca nella quale questo colle era un vulcano attivo. Affrontati in questo tratto alcuni modestissimi dislivelli, si tornerà a pedalare in pianura al momento del rientro sul lungolago, che il gruppo ritroverà all’altezza del centro di Zánka. Per circa 14 Km si pedalerà nuovamente con la compagnia di quello che gli antichi latini chiamavano “Lacus Pelso”, attraversando in questo tratto il centro di Balatonudvari, presso il quale si trova un cimitero dove si possono vedere numerose e curiose lapidi a forma di cuore, realizzate in marmo tra il 1808 e il 1840. È a questo punto che si andrà ad affrontare il piccolo GPM che l’organizzazione ha previsto a una dozzina di chilometri dall’arrivo, più interessante per il luogo dove terminerà questa salita che per le pendenze di un’ascesa che farà a malapena il solletico: percorsi i suoi 1600 metri al 3.1% i “girini” si troveranno al cospetto di una delle principale mete turistiche dell’area del Balaton, la millenaria abbazia benedettina di Tihany, fondata su di una piccola penisola dal sovrano Andrea I d’Ungheria, che dopo la morte sarà sepolto nella cripta della chiesa del monastero (la sua tomba è l’unica di un re ungherese vissuto in epoca medioevale ad essersi conservata fino ad oggi), dedicata alla Vergine Maria e Sant’Aniano di Orléans. Dopo quest’ultimo tributo all’arte e alla storia della nazione magiara, in un attimo il gruppo tornerà a pedalare in pianura, filando via veloce sulla litoranea in direzione di Balatonfüred, località climatica celebre anche per la sua rinoma clinica cardiologica, che ha avuto tra i suoi pazienti il poeta bengalese Rabindranath Tagore, Premio Nobel per la letteratura nel 1913. I battiti qui saranno ancora tutti per il Giro, che si appresta a salutare l’Ungheria con un appassionante volatone. Poi tutti di corsa a prendere l’aereo per l’Italia.
Mauro Facoltosi

Spettacolare vista panoramica del Balaton e l’altimetria della terza tappa (fringeintravel.com)
FOTOGALLERY
La cattedrale di Kaposvár
Iharosberény, Castello Inkey
Nagykanizsa, monumento alla “Grande Ungheria”
Uno scorcio del Kis-Balaton

Mandria di bufali all’interno della riserva naturale creata presso il Piccolo Balaton (www.bfnp.hu)
Mandria di bufali all’interno della riserva naturale creata presso il Piccolo Balaton (www.bfnp.hu)
Keszthely, Castello Festetics
Castello di Szigliget
L’Hegyestű
Le curiose tomba a forma di cuore del cimitero di Balatonudvari
L’abbazia di Tihany
SIMON YATES RE D’UNGHERIA, FANTASTICA PROVA A CRONOMETRO!
Prestazione regale di Simon Yates (Team BikeExchange – Jayco) nella crono odierna, il britannico polverizza di 4” il miglior tempo parziale di Tom Dumoulin (Jumbo-Visma) che chiude terzo, si arrende anche la maglia rosa Mathieu Van Der Poel (Alpecin-Fenix) a 3” in seconda posizione ma che conserva il simbolo del primato per il secondo giorno del Giro d’Italia.
La seconda fatica in terra ungherese del Giro d’Italia prevede una cronometro individuale di soli 9,2, piatti fino allo strappo finale verso la parte alta di Budapest, tante le curve, ben 22, con cui anche gli specialisti della disciplina dovranno confrontarsi al meglio per rilanciare l’azione. Una prova atipica, difficile da interpretare caratterizzata dalle bellezze paesaggistiche della capitale ungherese. Poco vento, sole, assenza di pioggia tutti ingredienti per far sì gli atleti possano dare spettacolo, salta subito all’occhio le tantissime persone disseminate lungo il percorso ad accogliere i ciclisti. A rendere storico questo giorno ci pensano i grandi nomi presenti in corsa, tra coloro che devono curare la classifica generale e gli specialisti per la vittoria di tappa. La Jumbo-Visma piazza subito una sua pedina a fermare il tempo con Edoardo Affini, gran prova quello del mantovano che chiude in tredicesima posizione, fa meglio il compagno di squadra Tobia Foss sesto tempo per lui, entrambi “danno” i tempi a Tom Dumoulin che ha i favori del pronostico. A fare meglio di Foss, intanto, è Ben Tulet, il britannico sarà quinto assoluto. Tra gli uomini di classifica il primo a far registrare un tempo discreto è Wilco Kelderman (Bora-hansgrohe) stesso tempo di Foss con 12’:03”. Ottima la prova di Vincenzo Nibali a 2” da Kelderman e tredicesimo assoluto, fa meglio di un secondo Joao Almeida (UAE Team Emirates). Prova opaca quella di Richard Carapaz (Ineos Grenadiers) che dal portoghese perde 10”, fa peggio di 22” Miguel Angel Lopez (Astana – Qazaqstan Team), mentre si difendono bene sia Romain Bardet (Team DSM) che Pello Bilbao (Bahrain – Victorius) a 6” e 7” dal portoghese in ottica classifica generale tra i pretendenti alla vittoria finale. In chiaroscuro anche la prova di Mikel Landa a 15” sempre da Almeida. Dicevamo tante le emozioni perché, per Tom Dumoulin, nemmeno il tempo di tagliare il traguardo e gustarsi il primato temporaneo che, poco dopo, Simon Yates (Team Bike Exchange – Jayco) ha fermato il tempo in 11:50”, migliorando la prova dell’olandese di 4”, il primo ad abbattere il muro dei 12’, ottima la prova anche del suo compagno di squadra, il campione italiano della specialità Matteo Sobrero che chiude dal britannico a 13” e quarto assoluto. C’è solo da attendere la maglia rosa di Mathieu Van Der Poel (Alpecin-Fenix) che all’intertempo è dietro di soli 65 centesimi! Va in scena una lotta bellissima tra il britannico Yates e la maglia rosa che divora letteralmente la rampa finale ma deve accontentarsi del secondo posto, dietro per soli 3”, fantastica comunque la difesa della maglia rosa che porterà anche domani per il terzo giorno consecutivo. Esulta di gioia Simon Yates che con il Giro d’Italia ha più conti aperti! Il capitano della Bike Exchange guadagna preziosissimi secondi su tutti i pretendenti alla vittoria finale e si porta al secondo posto della classifica generale dietro al solo Van Der Poel a 11”, terzo Tom Dumoulin a 16”. Domani terza ed ultima tappa in Ungheria, dopo un arrivo in salita e duna cronometro, è la volta della volata con i velocisti chiamati ad essere protagonisti.
Antonio Scarfone

Simon Yates impegnato nella prova a crono (Foto: Getty Images)
DUNKERQUE, A CASSEL FA FESTA GIANNI VERMEERSCH, GILBERT NUOVO LEADER
Gianni Vermeersch (Alpecin – Fenix) ha vinto in uno sprint ristretto sul traguardo di Cassel battendo Oliver Naesen (AG2R Citroen Team) e Jake Stewart (Groupama – FDJ).
Philippe Gilbert (Lotto Soudal) ha conquistato la maglia di leader alla vigilia della tappa finale.
La quinta tappa della 4 Giorni di Dunkerque di 185 chilometri da Roubaix a Cassel era la frazione regina di questa corsa a tappe. Dopo un primo percorso di 70 chilometri pianeggiante gli atleti entravano nel circuito di Cassel ai piedi della prima discesa del circuito.
La prima difficoltà che trovavano i corridori era la salita di Avenue Achille Samyn, 2.4 chilometri al 4.7% con pendenze massime del 10%, dopo la quale veniva percorso un breve tratto di discesa e due/tre chilometri pianeggianti prima di risalire verso l’arrivo attraverso la Rue de Tambour, una salita costante di 1500 metri al 4.5% interamente su ciottolato, una volta scollinato i corridori si trovavano nel centro di Cassel dove giravano attorno al borgo per trovare un nuovo tratto di ciottolato lungo 800 metri, sul quale era posto l’arrivo nella prima parte.
Dopo il transito sull’arrivo i corridori dovevano effettuare questo circuito per altre sette tornate che portavano la frazione a un dislivello di 2300 metri, di molto superiore a tutte le altre frazioni, che permetteva azioni interessanti per la classifica generale.
Nei primi venti chilometri gli attacchi si susseguivano con il solo Andrea Misfud (Nice Métropole Côte d’Azur) a riuscire ad evadere il gruppo, il quale veniva raggiunto da Maurice Ballerstedt (Alpecin-Fenix), Max Poole (Team DSM), Léo Danès (Team U Nantes Atlantique), Alex Colman (Sport Vlaanderen – Baloise) e Louis Blouwe (Bingoal Pauwels Sauces WB).
Questo sestetto di attaccanti guadagnava un vantaggio massimo di sei minuti. Una volta arrivati nel circuito finale, ai -85 Stéphane Rossetto (St Michel – Auber93) attaccava andando all’inseguimento in solitaria, per qualche chilometro fino a quando dal gruppo evadevano anche Michael Gogl (Alpecin – Fenix), Matthieu Ladagnous e Jake Stewart (Groupama – FDJ). Questo quartetto mantenva un vantaggio inferiore al minuto sul gruppo riuscendo a riportarsi sui fuggitivi ai -62. A quattro giri dal termine il gruppo si trovava a 40” dalla testa con diversi frazionamenti dal quale vari atleti provavano ad attaccare. Nel primo tratto in discesa Stewart finiva a terra venendo ripreso dal gruppo dal quale attaccava Brent Van Moer (Lotto Soudal) sulla prima salita del circuito selezionando ulteriormente il plotone con il leader della generale rimasto attardato, ma una mancanza di collaborazione permetteva al resto del gruppo di rientrare in testa. Ballerstedt, Colman e Danès erano i primi fuggitivi a perdere il contatto, mentre il distacco tendeva a salire per i continui rilassamenti in gruppo dopo i tentativi falliti d’attacco raggiungendo il minuto e cinquanta secondi di ritardo. All’inizio del penultimo giro riscoppiava la bagarre in gruppo con un gruppo di sei atleti capace di sganciarsi all’inseguimento, ma il gruppo inseguiva ad altissima velocità sulla prima salita del circuito riprendendoli e abbassando il ritardo dalla fuga di cinquanta secondi. Nel momento del ricongiungimento attaccava Laurent Pichon (Team Arkéa Samsic) allungando ulteriormente il gruppo causando il distacco della maglia di leader di Evaldas Šiškevičius (Go Sport – Roubaix Lille Métropole). Una volta rientrati in pianura il gruppo si rialzava nuovamente facendo aumentare il ritardo dalla fuga, mentre Dimitri Claeys (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux) e Samuel Watson (Groupama – FDJ) attaccavano con convinzione cercando di rientrare in testa e scollinando ad appena venti secondi all’inizio del giro conclusivo, con un margine di circa quindici secondi sul gruppo.
Al termine della discesa i fuggitivi, dai quali si erano staccati Rossetto e Poole, riusciva a rientrare la coppia di attaccanti entrando negli ultimi dieci chilometri, con il gruppo attardato di una ventina di secondi dove la Cofidis faceva un forcing importante, quando ormai gli attaccanti erano nel mirino Watson decideva di attaccare secco con il solo Gogl a provare a contenerlo, dovendosi però arrendere. Il corridore britannico si lanciava in discesa con una manciata di secondi di vantaggio su un gruppo molto allungato che contava ancora una quarantina di atleti guiidati sempre dalla Cofidis che terminavano l’inseguimento proprio ai piedi della salita finale. Alexandre Delettre (Cofidis) spingeva molto forte nel primo tratto in pavè fino a quando B&B provava un attacco negli ultimi 2400 metri venendo chiuso da Andreas Kron (Lotto Soudal) che forzava il ritmo per il suo capitano Philippe Gilbert, il quale provava a partire secco negli ultimi 1500 metri. Il campione belga riusciva a prendere subito un po’ di margine, ma Gianni Vermeersch (Alpecin-Fenix) riusciva a rispondere ritornando su di lui in cima allo strappo entrando nell’ultimo chilometro con anche Oliver Naesen (AG2R Citroen Team) in grado di rientrare su di loro, mentre Stewart, Benjamin Thomas (Cofidis) e Baptiste Planckaert (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux) rientravano negli ultimi metri con Gilbert che manteneva il ritmo alto. Naesen anticipava la volata prendendo di sorpresa tutti, ma Vermeersch rientrava su di lui con prepotenza riuscendo a conquistare il successo davanti a Naesen e Stewart.
Gilbert prendeva la maglia di leader con 4” su Naesen, 5” su Stewart e 10” su Thomas e Planckaert lasciando quindi la classifica ancora tutta in ballo considerando gli abbuoni in palio nella tappa di domani che presenta un percorso nervoso all’inizio con due traguardi volanti, mentre il resto della frazione sarà interamente pianeggiante con il finale di Dunkerque che deciderà il vincitore finale di questa corsa.
Carlo Toniatti.

Gianni Vermeersch conquista il successo a Cassel (Luc Claessen / Getty Images)
I SECONDI SCORRONO SUL BEL DANUBIO BLU
Chi sarà il giudice della breve cronometro budapestina? Il vento che spira dal Danubio potrebbe dare del filo da torcere ai passisti, naturali favoriti per la vittoria di tappa, ma anche la salita finale potrebbe risultare determinante e ribaltare i verdetti del cronometro.
Sarà l’ingrediente meno presente nel percorso del Giro 2022, ma sarà un ingrediente da non sottovalutare perché per qualcuno potrebbe comunque rivelarsi indigesto. Stiamo parlando dei chilometri da percorrere a cronometro perché quest’anno ne saranno previsti poco più di 26 e mai così pochi se ne sono visti da quando nel 1933 per la prima volta furono inserite le prove contro il tempo nel tracciato del Giro, che tra l’altro fu la prima delle tre grandi corse a tappe a proporle. Le uniche eccezioni, da quell’edizione disputata quasi novant’anni fa, furono le rarissime volte nelle quali il percorso proprio non ne mise in cartellone di tappe a crono, ma quest’anno ci saranno e dovranno comunque essere messe in conto. È vero che, per com’è stato disegnato il Giro, dopo la penultima tappa la classifica generale dovrebbe essere già ben delineata, ma non va esclusa la remota possibilità che i primi si presentino al via della conclusiva crono di Verona con distacchi ridotti e che il Giro possa essere ribaltato proprio in extremis, come già successo in tempi recenti, nel 2012 con il sorpasso di Ryder Hesjedal ai danni di Joaquim Rodríguez per appena 16”, nel 2016 con il definitivo passaggio di consegne al vertice tra Tom Dumoulin e Nairo Quintana per 31” e nel 2020 con l’ancora fresco ricordo della detronizzazione di Jai Hindley a Milano, con la maglia rosa passata per 39” sulle spalle di Tao Geoghegan Hart.
Della torta dei 26 Km programmati quest’anno la prima “fetta” sarà servita sul prestigioso vassoio di Budapest, 9 Km e 200 metri favorevoli ai cronoman almeno sino ai piedi dell’ascesa finale che strizza un attimo l’occhio agli scalatori, anche se i 1300 metri conclusivi non presentano una pendenza particolarmente sensibile (4.7% la media, 14% la massima). Di fatto si gareggerà, pur se con qualche “ritocchino”, sul percorso che era stato pensato per la “Grande Partenza” del 2020, disegnato tra le due anime della capitale ungherese, Pest e Buda.
Come da programma originario, dunque, la rampa di lancio sarà piazzata nel bel mezzo di Piazza degli Eroi, una delle principali di Budapest, al cui centro si colloca il Monumento del Millenario, costruito tra il 1896 e il 1929 per celebrare i primi mille anni di vita dello stato magiaro. Il tratto iniziale della tappa si snoderà sull’Andrássy út, il viale realizzato a partire dal 1872 per snellire il traffico della città e per fungere da collegamento diretto tra Buda e il Városliget, parco all’interno del quale si possono ammirare edifici come il castello Vajdahunyad e i Bagni Széchenyi, il più grande complesso termale d’Europa. Il progetto iniziale previsto per il 2020 prevedeva di percorrere questo viale nella sua interezza, 2400 metri perfettamente rettilinei che avrebbero costituito un vero e proprio invito a nozze per i passisti come Filippo Ganna; nel percorso rimodulato per il 2022 si è scelto di ridurre il rettilineo di partenza a poco più di un chilometro per poi proporre ai corridori la prima delle 22 curve che contribuiranno a spezzare la linearità della prima parte di gara, una svolta a gomito dopo la quale si taglierà nel mezzo il Terézváros, quartiere famoso per la sua vita notturna e nel quale si trova, non distante dal percorso di gara, la Casa del Terrore, museo-memoriale dedicato alle vittime delle dittature comuniste e naziste.
Un altro paio di curve porteranno a imboccare il Ponte Ferdinando, costruito nel 1874 per superare la linea ferroviaria, poco prima di giungere al cospetto della Stazione di Budapest Ovest, la seconda per importanza della città, progettata da August de Serres e Victor Bernard, architetti francesi che in precedenza avevano lavorato nello studio di Gustave Eiffel, l’ideatore della celebre torre parigina. Le successive pedalate verso la maglia rosa, che oggi dovrebbe cambiare padrone, si snoderanno sulle strade di Lipótváros, quartiere tra i più importanti poiché vi ha sede il Palazzo del Parlamento, edificio in stile neogotico eretto a simbolo dell’indipendenza dall’Impero Austro-Ungarico dichiarata nel 1848, anche se diventerà veramente effettiva solo con la dissoluzione dell’impero a seguito della sconfitta nella Prima Guerra Mondiale (1918). Prima di giungere al cospetto della scenografica facciata dell’Országház (così i magiari definiscono il loro Parlamento) bisognerà percorrere una strada intitolata a Giuseppe Garibaldi, che coinciderà anche il breve tratto di discesa che sull’altimetria ufficiale spezza temporaneamente la continuità della pianura nella prima parte di gara. A questo punto con una strettissima curva a U si imboccherà il tratto danubiano della cronometro, con il “bel fiume blu” – immortalato nel 1867 dal celebre valzer composto da Johann Strauss figlio – che sarà compagno di viaggio dei “girini” nei successivi tre chilometri e mezzo, lasso di strada nel quale qualche corridore potrebbe trovarsi la marcia infastidita dal vento che spira dal fiume. Ci si allontanerà temporaneamente dalle sue rive per affrontare le quattro curve ravvicinate che precederanno l’ingresso sul Ponte Margherita, cosi chiamato perché a metà del suo cammino va a lambire l’estremità meridionale dell’omonima isola, in gran parte occupata da un parco e sulla quale si trovano importanti impianti sportivi, come lo stadio del nuoto che ha ospitato tre edizioni dei campionati europei di nuoto (l’ultima nel 2010) e due dei similari di pallanuoto (nel 2001 e nel 2014). Lasciatasi alle spalle Pest i partecipanti al Giro 2022 sbarcheranno sulle strade di Buda, la parte più antica della capitale ungherese, e invertiranno la direzione di marcia sempre avendo il Danubio al fianco, lanciandosi nel secondo dei due rettilinei che caratterizzano la prima parte di gara e che termina all’altezza della chiesa calvinista di Buda, costruita su progetto dell’architetto Samu Pecz alla fine del XIX secolo sul luogo che in epoca medioevale ospitava un mercato e che fu realizzata imitando le forme di una chiesa tradizionale, pur se questo modello non si conciliava con i riti e le liturgie tipiche della confessione fondata dal teologo francese Giovanni Calvino. Subito dopo il passaggio dinanzi ad un altro luogo di culto, la chiesa dei cappuccini dedicata a Santa Elisabetta d’Ungheria, una stretta curva a destra rappresenterà l’inizio della rampa finale, già facile di suo ma ulteriormente addomesticata un morbido tornantone disegnato ai piedi della gotica chiesa di Mattia, così chiamata in onore del re ungherese Mattia Corvino – che vi si sposò due volte – ma che più propriamente è intitolata a Nostra Signora Assunta della Collina del Castello. Dopo aver “dominato” il passaggio dei corridori, la chiesa accoglierà al suo esterno anche l’approdo di questa breve crono, dopo averne percorso il più ruvido tratto conclusivo perché all’ingresso del centro storico l’asfalto lascerà il passo al pavé per le ultime emozioni di una cronometro veloce… ma non troppo.
Mauro Facoltosi

Il Ponte delle Catene, simbolo di Budapest, e l’altimetria della seconda tappa (www.andiamoabudapest.it)
CIAK SI GIRO
La chiesa di Mattia, presso la quale si concluderà la seconda frazione del Giro 2022, non è conosciutoa solamente tra gli appassionati d’arte. Anche gli amanti del “brivido” se la ricorderanno bene perché un maestro del genere, il nostro Dario Argento, nel 1989 vi girò quasi per intero – almeno per le riprese esterne – il film “La chiesa”, del quale non fu però regista (ruolo affidato al suo “erede” Michele Soavi) ma autore del soggetto e produttore. La pellicola si svolge quasi per intero all’interno di una basilica i cui visitatori vengono man mano posseduti da demoni risvegliati da un’incauta restauratrice, successione di tragici eventi che ha termine solo quando un giovane sacerdote riesce ad attivare il meccanismo che causa l’autodistruzione della chiesa, effetto ottenuto inquadrando alla fine del film una vera chiesa in rovina, quella di San Nicola ad Amburgo. Pur trattandosi di una produzione nostrana, il film fu quasi per intero girato all’esterno, ricorrendo a set italiani unicamente per le scene ambientate all’interno della chiesa (per ovvie ragioni ricostruita in studio, dove furono utilizzati gli studi Elios, oggi di proprietà di Mediaset) e una sola piccola scena in esterni, quella nel quale il sacerdote protagonista ha la visione di uno dei cavalieri tedeschi che in epoca medioevale avevano sterminato un villaggio di streghe, successivamente sepolte nel luogo dove sarà poi costruita la chiesa protagonista del film. Per quella specifica scena si scelse uno dei cortili del Castello Odescalchi di Bracciano (Roma), una delle location più sfruttate dal cinema italiano: vi si sono stati girati oltre 150 film e tra i suoi ambienti si sono aggirati “mostri sacri” del calibro di Vittorio De Sica, Alberto Sordi e Marcello Mastroianni, ma anche celebrità straniere come il monumentale attore (e non solo) statunitense Orson Welles

La chiesa di Mattia a Budapest inquadrata nel film "La chiesa" (www.davinotti.com)
Cliccate qui per scoprire le altre location del film
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-chiesa/50002811
FOTOGALLERY
Piazza degli Eroi
Bagni Széchenyi
La secca svolta a destra per imboccare Izabella utca, prima curva del tracciato della crono
Il palazzo sede del museo-memoriale dedicato alle vittime delle dittature comuniste e naziste.
La stazione di Budapest Ovest
Il palazzo del Parlamento visto dal Danubio
L’Isola Margherita vista dall’omonimo ponte
La chiesa calvinista di Buda
Il tornante della salita verso Buda


