L’ULTIMO DI VEGNI E’ UN GIRO UN PO’ SOTTOTONO
Mauro Vegni aveva già annunciato che quello del 2026 sarebbe stato l’ultimo giro disegnato da lui e che probabilmente verrà sostituito da un team. Il percorso, però, non è entusiasmante e ci sono molte occasioni perse per rendere insidiose alcune tappe,
anche se probabilmente alcune di esse sono state dovute a problemi oggettivi.
Una sola crono e diverse tappe di montagna scialbe, tanto che, su sette, solo due di esse propongono vari colli in successione ma entrambe hanno un chilometraggio estremamente ridotto. Solo la tappa con arrivo al Blockhaus ha una lunghezza da vero tappone, pur non essendolo.
Sono ben 5 le tappe sotto i 150 Km e addirittura quella con arrivo a Carì ne misura appena 113. Per contro, sono solo 3 quelle oltre i 200 Km e solo una di esse, appunto quella del Blockhaus, presenta serie asperità.
E’ prevista una sola crono di 40 chilometri per specialisti, la cui collocazione alla decima tappa, dopo il secondo giorno di riposo, è l’ideale; tuttavia manca un’altra frazione contro il tempo più breve da collocare nei primissimi giorni di gara.
La grande partenza sarà dall’estero per il secondo anno consecutivo, anomalia rispetto agli ultimi tempi prepandemia nei quali si era consolidata la tradizione di partenze alternate.
Chi scrive non si stancherà mai di ribadire che le partenze dall’estero hanno un senso solo se sono da paesi confinanti con l’Italia, mentre andare a cercare territori lontani, per quanto economicamente appetibile, è un orrore sportivo sia per una corsa che deve essere il Giro d’Italia, sia per il fatto che, per l’ennesima volta, gli organizzatori hanno dovuto chiedere all’UCI una deroga su un regolamento che ha molte falle ma viene comunque accettato. Se la richiesta di deroga diviene la regola invece che l’eccezione perde senso l’avere un regolamento.
La prima tappa da Nessebar a Burgas, di 156 chilometri, sarà completamente pianeggiante anche se gli organizzatori hanno messo un GPM ai ben 77 metri di altitudine di Burgas Lake, con lo scopo di assegnare la prima maglia azzurra.
La seconda frazione, che porterà i corridori da Burgas a Veliko Tarnovo dopo 220 Km di corsa, è resa mossa da 3 GPM di cui l’ultimo a soli 9 Km dalla conclusione. Si tratta di una salita di 3,6 Km con una pendenza media del 6,6% e i primi due chilometri all’8,5% che potrebbero ispirare non solo i finisseur, ma anche qualche uomo di classifica desideroso di iniziare ad avvantaggiarsi di qualche secondo sugli avversari.
La terza tappa, la Polvdiv – Sofia di 174 chilometri, nonostante un GPM di seconda categoria a quota 1334 metri (Borovets Pass) dovrebbe sorridere ai velocisti visti i 70 chilometri senza ulteriori difficoltà per andare all’arrivo.
Dopo il giorno di riposo e il rientro in Italia, ecco una mini tappa da Catanzaro a Cosenza, solo 144 chilometri con il GPM di seconda categoria di Cozzo Tunno a 43 chilometri dall’arrivo. Si tratta di una salita di 14 Km con una pendenza media del 6% per cui da non sottovalutare per i velocisti che dovranno cercare di non perdere terreno se vorranno giocarsi l’arrivo allo sprint. La probabilità è che le squadre con qualche velocista resistente e in forma puntino a sfoltire il gruppo degli sprinter puri facendo un ritmo allegro in salita.
Interessante, invece, sarà la tappa che porterà la carovana da Praia a Mare a Potenza in 204 Km. Dopo una prima parte movimentata, come spesso accade sulle strade del sud, si affronterà la salita alla Montagna Grande di Viggiano a quota 1405. Si tratta di una ascesa di 6,6 Km con una pendenza media superiore al 9% sulla quale gli scalatori possono fare la differenza, anche se a inizio giro e a 55 chilometri dall’arrivo è difficile che si scateni la battaglia. E’ più probabile che un ritmo elevato o comunque schermaglie sulle rampe più dure possano avere ripercussioni in una finale che comunque i finisseur potrebbero andare a giocarsi, visto che lo strappo in centro a Potenza, a ridosso del traguardo, presenta 2 Km al 6% in grado presentare il conto delle fatica di giornata.
I velocisti torneranno di scena nella Paestum – Napoli (161 Km) con lo strappo di Fuorigrotta che, pur piazzato a 7 Km dall’arrivo, non spaventa, anche se toglierà di mezzo diversi sprinter.
Il primo arrivo in salita arriverà al termine della tappa più lunga del Giro, 246 chilometri da Formia al Blockhaus, affrontato dal versante più duro, quello di Roccamorice.
Dopo una prima parte abbastanza facile, si dovranno affrontare le salite di Rionero Sannitico (non classificata come GPM ma da non sottovalutare, essendo pur sempre lunga 10 Km) e di Roccaraso (7,2 Km al 6,3%) e da lì si raggiungerà il Passo della Forchetta, da dove si raggiungerà Roccamorice attraverso i brevi strappi di Serra Malvone e di Passo San Leonardo. Terminata la discesa, si raggiungerà appunto Roccamorice da dove inizieranno i 14 Km finali all’8,3% con numerosi tratti in doppia cifra (sino al 14%) per raggiungere i 1658 metri dell’Hotel Mamma Rosa, ove sarà posto l’arrivo. Eccetto la parte finale sotto il bosco, la salita è completamente esposta al sole e in una giornata di caldo la cosa potrebbe incidere non poco.
Gli appassionati ricorderanno che uno scalatore puro come Quintana riuscì a staccare tutti sulle dure rampe dell’ascesa abruzzese, anche se perse poi parte del vantaggio nel finale, quando la pendenza cala sensibilmente. Si tratta comunque di una salita sulla quale ognuno deve andare con il suo ritmo e quindi ci saranno comunque dei distacchi tra gli uomini di classifica, anche senza grandi attacchi. La frase che si usa in questi casi è “non si capirà chi vincerà il Giro ma si capirà chi non potrà vincerlo”.
Il week end della prima settimana si aprirà con la Chieti – Fermo di 158 chilometri. E’ stata chiamata la tappa dei muri marchigiani anche se, in realtà, di muri ce ne saranno appena due. Si tratta di una tappa di collina con diverse asperità nella seconda parte, che sono tuttavia vere e proprie salite e non muri nel senso classico del termine, ossia ascede brevi e ripidissime. Il primo GPM (Montefiore d’Aso) misura infatti ben 9 Km, con una pendenza media del 3,8% appena; Monterubbiano prevede, invece, 4,7 Km al 5,8%. La prima “parete”, posta a 24 chilometri dall’arrivo, sarà il Muro del Ferro, uno strappo di 540 metri con una pendenza dell’11%. Le restanti salite sono quelle di Capodarco (4,4 Km al 5,3%) e quella che porterà all’arrivo di Fermo, 3,4 Km al 6,1%, con un muro di 700 metri al 12% nella prima parte che potrebbe ispirare non solo un finisseur o un uomo da classiche, che si sfideranno con i fuggitivi per il successo parziale, ma anche qualche big per cercare di guadagnare qualche secondo sui rivali.
La prima settimana si chiuderà con l’arrivo in salita a Corno alle Scale dopo 184 chilometri con partenza da Cervia. La tappa non è particolarmente affascinante, si presenta sostanzialmente pianeggiante nella prima parte e a precedere l’ascesa finale ci sarà solo il GPM di terza categoria di Querciola (9,7 Km al 4,3%). Sino agli ultimi 3 Km l’ultima salita non è nulla di che, ma nei 300 metri conclusivi si supererà spesso la doppia cifra ed è quindi prevedibile che gli scalatori aspetteranno il finale per provare la sparata, insomma non lo spettacolo ideale da proporre di domenica.
Dopo il secondo giorno di riposo la settimana centrale si aprirà con una tappa che potrebbe sconvolgere la classifica generale, una prova contro il tempo da Viareggio a Massa, su un percorso completamente pianeggiante di 40 chilometri, una distanza che nell’era moderna è davvero elevato per una prova contro il tempo e questa circostanza, unita al fatto che la tappa arriva dopo il giorno di riposo, potrebbe riservare delle sorprese-
L’undicesima tappa, da Porcari a Chiavari per 178 chilometri, è una interessante frazione da fughe, che però potrebbe portare bagarre anche tra i favoriti per la vittoria finale grazie alla presenza di ascese come il Colle Guaitarola e il GPM San Bartolomeo, che nel finale deciderà i giochi. La salita non è impossibile ma neppure banale (4,6 Km al 6,4% con gli ultimi 600 metri al 9%) e si scollinerà a meno di 10 Km dall’arrivo.
Con la dodicesima frazione, la carovana si sposta dalla Liguria al Piemonte, da Imperia a Novi Ligure in 178 chilometri. Si tratta di una frazione incerta; il Colle Giovo e il Bric Berton in successione non sono salite impossibili, ma potrebbero comunque vedere una fuga ben assortita andare all’arrivo, perché i 45 chilometri che anticipano il traguardo sono tutt’altro che piatti, anche se oggi le porte non saranno del tutto dischiuse ai velocisti.
La successiva frazione da Alessandria a Verbania per 186 Km si presenta in gran parte pianeggiante, ma il finale sarà scoppiettante. A 13 chilometri dalla conclusione si transiterà, infatti, ai 579 metri di Ungiasca dopo una salita di 4,7 Km al 7% medio con gli ultimi 2 Km al 10%. I big certamente non si tireranno indietro e, visto che il resto del percorso non sembra per nulla adatto a fughe ben strutturate, è anche possibile che la vittoria di tappa vada a chi riuscirà a staccare gli avversari sulle dure rampe.
Siamo arrivati al primo tappone, anche se il chilometraggio non è degno di questo nome. Il sabato della seconda settimana è riservato alla tappa valdostana da Aosta a Pila, 133 Km con 4400 metri di dislivello e 5 Gran Premi della Montagna, 3 dei quali di prima categoria. Certamente è da valutare positivamente che l’arrivo sia a Pila anzichè a Cervinia, come sembrava in un primo momento. La salita di Pila, sebbene più breve, è molto più dura di quella che termina ai piedi del Cervino e non viene affrontata da molti anni. E’ una ascesa che si presta certamente agli attacchi degli scalatori, che potranno essere anche molto incisivi dopo quello che sarà affrontato in precedenza. Il primo dato importante è rappresentato dalla partenza in salita che risulta indigesta a molti, specialmente a quei corridori che impiegano un po’ per carburare, a maggior ragione se gli avversari per metterli in difficoltà ordinano ai gregari di fare un ritmo elevato. Si tratta tra l’altro di una salita lunga, ben 17,6 Km al 5.5% per arrivare ai 1628 metri di Saint Barthelemy. Dopo un tratto interlocutorio, i corridori dovranno affrontare la salita di Doues (5,5 Km al 6,5% per raggiungere quota 1167), quindi la dura salita di Lin Noir (7,5 km al 7,8% 1280 metri) che farà da antipasto al GPM di Verrogne, scollinato a 1583 metri dopo 5,4 Km al 7,2%. La salita finale misura invece 16,6 Km e presenta una pendenza media del 7% per raggiungere i 1800 metri della stazione invernale di Pila, proprio sopra la città di Aosta.
Vista la lunghezza e la difficoltà della salita, è verosimile pensare che gli scalatori riserveranno le cartucce nel finale, ma non è escluso che qualche coraggioso, che magari deve recuperare terreno, provi ad anticipare facendo ritmo elevato sulla salita di Lin Noir per andar via sulla rampe verso Verrogne e tentare l’azione da grosso distacco.
Qualunque sarà la chiave tattica, si tratta comunque di una tappa molto dura, la prima da cinque stelle di questo Gro d’Italia.
La seconda settimana si concluderà con una tappa interamente pianeggiante tracciata per soli 136 chilometri tra Voghera e Milano per accontentare tutti coloro che, come il caporedattore centrale di Raisport Alessandro Fabretti, chiedono a gran voce tappe di pianura brevi perché loro devono fare le dirette integrali e hanno timore che lo spettatore medio si annoi e cambi canale.
Ora è vero che una tappa a Milano si può fare solo di domenica per ragioni legate al traffico cittadino, tuttavia una tappa in città ha senso solo se è l’ultima. Milano è la città in cui ha sede il quotidiano che organizza la corsa e, anche se non si è comportata bene nei confronti del Giro d’Italia costringendolo di fatto ad andare a cercare conclusioni alternative (Verona, Brescia) fino alla convenzione con la capitale che sembra ormai abbastanza stabile, non merita una tappa così insulsa, proposta su insistenza della giunta attuale che, dopo aver snobbato per anni il Giro d’Italia perché non voleva il centro bloccato, vuole l’evento nell’anno delle Olimpiadi.
Dopo il terzo ed ultimo lunedì di riposo inizierà la settimana finale che, come di consueto, presenta diverse montagne.
La tappa numero sedici, interamente disegnata in territorio svizzero da Bellinzona a Carì, ha deluso molto le aspettative soprattutto perché si tratta di una frazione di soli 113 chilometri, quindi su una distanza neppure dilettantistica bensì da corsa femminile, fermo restando che è opinione di chi scrive che le donne dovrebbero correre su distanze analoghe a quelle degli uomini.
L’arrivo a Carì era noto da tempo e ci si aspettava una bella tappa di montagna. Si era parlato del San Gottardo via Tremola ma sembra che le autorità elvetiche non abbiano garantito l’apertura. Ne è venuta fuori una tappa scialba, con un circuito da ripetere due volte piazzato a metà frazione e caratterizzato da salite brevi e poco significative. Dopo la fine del circuito, ci sono ancora trenta chilometri di nulla prima di andare a prendere la salita finale che è sì impegnativa (11 Km all’8%) ma che è posta al termine di una tappa che proporrà con ogni probabilità la sparata dei big negli ultimi due chilometri, i più duri (media del 10%).
La diciassettesima frazione, da Cassano d’Adda ad Andalo per 200 Km tondi tondi, è una tappa estremamente mossa, con due salite nella prima parte (Passo dei Tre Termini, 8,2 K al 5,9%) e Cocca di Lodrino (8,1 Km al 4,1%) mentre gli ultimi 60 Km sono un continuo susseguirsi di strappi intorno a quota 1000 senza un metro di pianura. Il finale presenta una ascesa molto facile, ma attenzione perché il terzultimo chilometro ha una pendenza media dell’8%: in concreto si dovrebbe risolvere in una tappa da fughe per uomini fantasiosi e resistenti, come l’irlandese Ben Healy, che in una simile circostanza al Tour del 2025 è riuscito a togliere per un paio di giorni la maglia gialla dalle spalle di Pogacar.
La diciottesima tappa, da Fai della Paganella a Pieve di Soligo (186 chilometri) è all’apparenza molto facile, ma attenzione al finale con il Muro di Cà del Poggio, un classico del Giro d’Italia che solitamente inserito nella fasi iniziali della tappa. In questo caso, il muro verrà scollinato a soli 9 Km dalla conclusione e le sue severissime pendenze, anche se per un solo chilometro, spingeranno sicuramente i big a provare a distanziare gli avversari alla vigilia delle ultime e decisive tappe.
La diciannovesima sarà la tappa regina, 156 Km da Feltre ai Piani di Pezzè, sopra Alleghe e un disegno che ricorda quella quello dei classici tapponi dolomitici, generalmente brevi e caratterizzati da cinque colli uno appresso all’altro.
In questo caso, i colli saranno 6: si inizierà con il Passo Duran, salita molto impegnativa, da scalatori puri, 12 Km all’8% con i chilometri centrali quasi sempre in doppia cifra. Molto pendente sarà anche la breve salita successiva, diretta al borgo di Coi, 6 Km al 9,3% con gli ultimi 3 km tutti ampiamente in doppia cifra. Dopo una brevissima discesa, si riprenderà a salire verso Forcella Staulanza, 7 Km di salita al 6%. Dopo la discesa, ecco la Cima Coppi, prevista ai 2233 metri del Passo Giau, affrontato dal versante più difficile, quello di Selva di Cadore, 10 Km con una pendenza media superiore al 9%. La salita è costante, senza particolari picchi di pendenza, ma è tutta arcigna e non dà respiro. Attaccando qui c’è la possibilità di far saltare il banco perché all’arrivo mancano ancora 50 Km e due salite. Il Passo Falzarego sembrerebbe la salita meno dura (11 Km al 5.6%). ma al Giro del 2016 si è visto che quest’ascesa può fare male se piiazzata dopo il Giau,. Fu proprio con un attacco sul Falzarego che Kruijswick andò a staccare corridori più blasonati di lui e a conquistare quella maglia rosa che poi perse solo per via di una sfortunata caduta nella discesa del Colle dell’Agnello. Dopo una lunga discesa, che porterà la corsa ad Alleghe, si dovrà affrontare l’ultima salita verso i Piani di Pezzè. Si tratta di un’ascesa di soli 5 Km ma la pendenza media sfiora la doppia cifra e c’è un chilometro centrale al 13%. Se le montagne precedenti non saranno state sufficienti per fare la selezione, quest’ultima sarà decisiva anche perché, a fine Giro, possono insorgere quelle crisi che in una tappa come questa possono comportare conseguenze decisive per l’economia generale della corsa.
L’ultima occasione per cambiare le sorti del Giro sarà offerta nella ventesima tappa, da Gemona del Friuli a Piancavallo di 199 Km. Il finale presenta la doppia ascesa a Piancavallo, anche se tra le due scalate ci sarà un tratto interlocutorio di 24 chilometri che potrebbe scoraggiare l’attacco in occasione del primo passaggio. Si tratta di una salita già affrontata diverse in passato volte ed è molto impegnativa, specialmente i primi 9 Km che presentano una pendenza media del 9% con punte del 14%. Un eventuale attacco dovrebbe quindi essere sferrato nella prima parte della salita.
L’atto finale, come da tradizione di questi ultimi anni, sarà la passerella sui Fori Imperiali a Roma.
Per concludere si tratta, come si diceva, di un Giro un po’ sottotono rispetto a quelli degli ultimi anni, anche se gli organizzatori hanno cercato di inserire diversi finali con insidie. Rimane il fatto che alcune tappe di montagna (Corno alle Scale, Piancavallo e soprattutto Carì), sono molto deludenti e potevano e dovevano essere disegnate meglio.
Va comunque detto che la corsa la fanno sempre i corridori e, se ci saranno atleti con coraggio e fantasia, gli appassionati che sperano in un bel Giro non resteranno delusi.
Benedetto Ciccarone

Il Passo di Giau, Cima Coppi del Giro d'Italia 2026 (www.dolomiti.it)

