LA PRIMA VOLTA NON SI SCORDA MAI, ANCHE SUL “VECCHIO” GRAPPA

Il Monte Grappa non è certo una novità per la Corsa Rosa, ma per la prima volta nella storia del Giro sarà scalato due volte nel corso della medesima tappa. E si salirà da uno dei versanti più difficili dell’ascesa veneta, che impegnerà i “girini” per quasi un’ora a scalata: c’è lo spazio per un ribaltone in extremis, come quello avvenuto lo scorso anno sul Monte Lussari e nel 2002 sulla Marmolada.

Il Giro d’Italia non è certo un novizio ma, nonostante le 107 edizioni fino ad oggi disputate, è abituato alle “prime volte”. Nel 1933 fu il primo fra i tre Grandi Giri a proporre una cronometro nel percorso, nel 2018 con il via da Gerusalemme è stato il primo a uscire dai confini del continente europeo, anche se le prime volte che hanno lasciato il segno sono quelle relative alle grandi salite. Rimaste nella storia sono state le prime ascensioni a Stelvio (1953) e Gavia (1960) e anche in tempi recenti si sono andati a scoprire passi che subito hanno fatto “colpo”, come il Mortirolo, lo Zoncolan e il Colle delle Finestre, il cui inserimento nel 2005 segnò anche la riscoperta degli sterrati. Adesso protagonista della prima volta sarà il Monte Grappa, anche se non costituisce una novità vera e propria, perché nel percorso del Giro la salita alla celebre montagna veneta è già stata inserita sei volte e in due di queste occasioni era previsto anche il traguardo di tappa. Ma mai era venuto in mente agli organizzatori di far ripetere la salita per due volte nel corso della medesima occasione e sarà proprio quello che accadrà al penultimo giorno di gara, tra l’altro salendo da uno dei versanti più impegnativi del Grappa, al quale è stato abbinata – pure lei da “reiterare” – la breve e ripida ascesa (e questa si che è una novità) del Pianaro, mentre nelle fasi iniziali ci sarà da fare i conti con l’arcinoto muro di Cà del Poggio. Con un percorso del genere anche una maglia rosa dotata di un vantaggio granitico potrebbe sgretolarsi come niente e c’è un precedente molto recente che ci ricorda quanto questo rischio sia concreto: nonostante l’inezia di tre secondi di vantaggio sul secondo, pochi si sarebbero aspettati il crollo dell’ecuadoriano Richard Carapaz al Giro del 2022 nel tappone dolomitico del penultimo giorno, quando si dovevano scalare i passi di San Pellegrino e del Pordoi prima del tremendo arrivo in salita alla Marmolada. E poi come non dimenticare il definitivo avvicendamento al vertice della classifica, e per soli 14 secondi, tra Primoz Roglic e Geraint Thomas dopo la cronoscalata al Monte Lussari lo scorso anno.
L’ultima grande tappa di montagna del Giro 2024 scatterà dall’Alpago, lungo le sponde del Lago di Santa Croce, bacino d’origine naturale che nel XVIII secolo fu collegato al Piave mediante un torrente artificiale che serviva per far fluitare verso Venezia il legname proveniente dalla soprastante foresta del Cansiglio. Anche i “girini” si ritroveranno a fluitare nelle fasi iniziali perché, scavalcato il dentello della Sella di Fadalto (2.2 Km al 4%), la tappa debutterà con la dolce discesa verso Vittorio Veneto, la cittadina che deve la sua fama alla vittoria dell’esercito italiano nella Prima Guerra Mondiale e che merita la sosta anche per ammirarvi i centri storici di Ceneda e Serravalle, i due borghi che nel 1866 decisero di rinunciare alla loro autonomia per andare a costituire il comune attuale, così chiamato in onore di Re Vittorio Emanuele II. Disegnata ai piedi della catena delle Prealpi Trevigiane, inizierà ora una fase caratterizzata da alcuni lievi saliscendi, percorrendo la quale si andranno a costeggiare i piccoli laghi di Revine (uno dei quali si chiama curiosamente “Lago di Lago”) nei quali si racconta che durante la Prima Guerra Mondiale fu fatto affondare – non si sa ad opera di quale esercito – un intero treno, diretto all’aeroporto militare di Tovena. Queste lievi difficoltà altimetriche costituiranno l’aperitivo al successivo muro di Cà del Poggio, salita che deve la sua scoperta proprio al Giro d’Italia, che lo fece scoprire nel 2009, in occasione di una tappa diretta a Valdobbiadene e terminata con il successo in volata di Alessandro Petacchi. L’anno successivo è stata la volta del campionato nazionale (con ben 10 passaggi) vinto da Giovanni Visconti, poi sono arrivati il Giro femminile e quello Under23, i gemellaggi con il Muro di Grammont e quello di Mûr-de-Bretagne, mentre la Corsa Rosa vi è tornata finora altre cinque volte e in una di queste occasioni (nel 2020) i suoi 1200 metri al 12.3% di pendenza media furono affrontati a cronometro, sempre nel contesto di una tappa che terminava a Valdobbiadene: quel pomeriggio il più veloce fu il piemontese Filippo Ganna che, dopo aver fatto registrare il miglior tempo di scalata, si impose alla media di quasi 48 Km/h staccando di 26” l’australiano Rohan Dennis. Raggiunta la cima del muro i corridori scenderanno verso Refrontolo, centro conosciuto per il suo vino Passito D.O.C.G. e che merita una sosta anche per ammirare l’antico e delizioso Molinetto della Croda, risalente al 1630.
S’imboccherà a questo punto un lungo settore pianeggiante che, tranne una breve intromissione, si dipanerà per una cinquantina di chilometri per terminare proprio ai piedi del Monte Grappa. All’inizio di questo settore si attraverserà Pieve di Soligo, dove si transiterà al cospetto del monumentale duomo neoromanico di Santa Maria Assunta, poi la Corsa Rosa sarà nuovamente sulle strade di Sernaglia della Battaglia, già solcate dal gruppo due giorni prima nel corso della tappa di Padova. Toccata la vicina Moriago, dove si può ammirare l’avveniristica Casa Fungo, progettata dall’ingegnere aerospaziale Dante Vendramini, si supererà il Piave sul Ponte di Vidor per portarsi a Cornuda, dove la chiesa sconsacrata di Santa Teresa dal 2002 ospita il Museo della stampa e del design tipografico. Qui ci sarà un cambio di direzione tornando a pedalare verso le montagne, anche se in realtà si dovrà pedalare in pianura per diversi chilometri, pur con l’inserimento qua e là di alcuni “scalini”, come quelli che s’incontreranno a cavallo dal passaggio da Possagno, la città natale di Antonio Canova, che qui vi realizzò la Chiesa della Santissima Trinità, nota come “Tempio Canoviano” perché vi fu anche sepolto il celebre scultore-
Dai delicati colpi di scalpello del massimo esponente del neoclassicismo a quelli più incisivi del Monte Grappa il passo sarà breve, giusto gli ultimi 10 Km tranquilli che si dovranno percorrere per arrivare a Semonzo, il centro dove si andrà ad imboccare il versante intitolato a Gaetano Giardino, il maresciallo che fu comandante dell’Armata del Grappa guidandola verso la vittoria e che dopo la morte nel 1935 fu sepolto nel sacrario realizzato sulla cima della montagna, progettato dall’architetto milanese Giovanni Greppi. Da questo lato la salita misura complessivamente quasi 20 Km, con i “girini” che si fermeranno circa 800 metri a valle del punto terminale, affrontata fin lì una pendenza media dell’8.1%. In tutto s’incontreranno 28 tornanti, la maggior parte dei quali concentrati nei primi 11 Km , che, inclinati al 7,6% medio, conducono a Campo Croce, località frequentata dagli appassionati di parapendio. Poco più di 1500 metri pedalabili, contenenti anche una brevissima discesa, permetteranno di rifiatare prima d’iniziare la seconda parte dell’ascesa, la più impegnativa pur avendo una pendenza media inferiore (8,7% negli ultimi 7,2 Km) per la presenza di un tratto di 2,6 Km al 10,5% nel quale si raggiungerà il picco di pendenza massima di questo versante (14%). In discesa si percorrerà la principale via d’accesso alla cima, quella strada che porta il nome del generale Luigi Cadorna, il Capo di Stato Maggiore dell’esercito che l’aveva fatta tracciare tra il 1916 e il 1917 dopo aver intuito l’importanza strategica del monte e la necessità di armarlo a difesa. Rispetto al 2010, quando scendendo da questo versante Vincenzo Nibali costruì il suo primo successo al Giro d’Italia (la tappa era quella di Asolo, che lo “Squalo dello Stretto” vinse con 23 secondi di vantaggio sul suo capitano Ivan Basso), a un certo punto si abbandonerà la Strada Cadorna per inerpicarsi verso il Pianaro, affrontando una salita corta da decisamente “puntuta” perché in quei 1500 metri i corridori troveranno sotto le ruote una pendenza media del 9%, dato che si fa particolarmente “acre” nel chilometro conclusivo, dove l’inclinazione media schizza quasi al 13%. Ritrovata la “Strada Cadorna” ci si tufferà quindi su Romano d’Ezzelino, centro che fu feudo di una delle più potenti e importanti famiglie medioevali venete, quella del condottiero e dittatore Ezzelino III, crudele al punto da essere relegato da Dante nel “girone dei violenti”, condannato per l’eternità a nuotare in un fiume di sangue bollente. Per i corridori, invece, si prospetta nuovamente un “girone del Grappa” perché non distante da Romano è Semonzo e da lì a poco dovranno ripetere nuovamente sia l’ascesa alla montagna sacra alla patria, sia il velenoso Pianaro. Solo allora potranno dire di essersi messi alle spalle l’ultima montagna del Giro 2024 e lanciarsi verso il traguardo di Bassano del Grappa, la città del celebre Ponte degli Alpini sul quale – secondo una celebre canzoncina – gli innamorati si scambiano un bacino d’amore. Ma oggi, al termine di una tappa massacrante, almeno un bacio spetterà a tutti i corridori che avranno portato la bici fin sul traguardo, non soltanto quello d’ordinanza della miss destinato al vincitore.

Mauro Facoltosi

Il sacrario di Cima Grappa e l’altimetria della ventesima tappa (www.maddalene101.it)

Il sacrario di Cima Grappa e l’altimetria della ventesima tappa (www.maddalene101.it)

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella di Fadalto (489 metri). Separa il Col Visentin dal Cansiglio ed è valicata dalla SS 51 “di Alemagna” tra il lago di Santa Croce e Negrisiola (Vittorio Veneto). È quotata 488 sull’atlante stradale del TCI e 487 sulle cartine del Giro. Il Giro vi è transitato spesso, senza mai effettuare traguardi GPM.

Sella di Revine (262 metri). Coincide con l’omonimo comune, è quotato 248 metri sulle cartine del Giro. L’ultimo passaggio del Giro da questo centro risale al 1988, quando vi transitò la seconda semitappa della frazione conclusiva, una cronometro individuale di 43 Km vinta dal polacco Lech Piasecki.

Sella di Tarzo (269 metri). Coincide con l’omonimo comune

Sella di Mire (220 metri). Valicata dalla SP 86 “delle Mire” nel corso della discesa da San Pietro di Feletto (Muro di Cà del Poggio) a Refrontolo

Sella di Campo Croce (1048 metri). Vi transita la “Strada Generale Giardino” (SP 140), salendo da Semonzo verso il Monte Grappa. Coincide con l’omonima località.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Oggi il Giro è partito dall’Alpago, la regione storico-geografica della provincia di Belluno dove si trova il Pian del Cansiglio, lo spettacolare altopiano celebre per le sue foreste e per la scelta di farne, da parte dell’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, la meta delle sue vacanze estive quando era al Quirinale. Lassù è arrivato anche l’occhio della macchina da presa quando il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma lo scelse nel 2014 per girarvi le scene finali di “Leoni”, film uscito nelle sale l’anno successivo e interpretato da Neri Marcorè, attore marchigiano particolarmente a suo agio quando si tratta di recitare con la cadenza veneta (non a caso, per questa sua dote, era stato scelto nel 2006 per interpretare Papa Giovanni Paolo I nella fiction dedicata a Papa Luciani). Marcorè qui è Gualtiero Cecchi, imprenditore spiantato che decise di risanare le sue magre casse con la produzione di crocefissi realizzati con plastica riciclata. L’idea sembra vincente e riesce a ottenere anche il benestare della Curia, ma per avere la plastica a basso prezzo si rivolge a un faccendiere napoletano colluso con la camorra, il quale gli vende del materiale pericoloso, che ha il difetto di esplodere al contatto con l’acqua, come scoprirà per primo il sacerdote incaricato di benedirne uno. L’azione si svolge in Veneto e principalmente nella città di Treviso, ma anche con capatine fuori città (suggestive le scene “dall’aldilà” girate presso i ruderi dell’Abbazia di Sant’Eustachio, sulle prime pendici del Montello) e in alcuni centri delle provincie di Belluno, Vicenza e Padova, dove si trova la spettacolare Ca’ Marcello, la villa situata in quel di Piombino Dese che in questo film è dimora del protagonista e dell’anziana madre. L’Alpago si vede solo alla fine, dopo che l’impresa di crocefissi è impietosamente fallita e il Cecchi è finito in ospedale proprio a causa di una delle esplosioni: se il padre è fallito, a risollevare il buon nome della famiglia interviene suo figlio Martino, che con successo avvia un allevamento per la produzione di formaggio sulle alture del Cansiglio, scene che mostrano la bellezza dell’altipiano circostante la Malga Valmenera, presso la località Pian Osteria (Tambre)

In collaborazione con www.davinotti.com

Scena di “Leoni” girata sul Pian del Cansiglio (www.davinotti.com)

Scena di “Leoni” girata sul Pian del Cansiglio (www.davinotti.com)

Le altre location del film citato

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/leoni/50037571

FOTOGALLERY

Il lago di Santa Croce visto dalla strada per la Sella di Fadalto

Vittorio Veneto, il centro storico di Serravalle

Lago di Lago

Muro di Cà del Poggio

Refrontolo, Molinetto della Croda

Pieve di Soligo, Duomo di Santa Maria Assunta

Casa Fungo, Moriago della Battaglia

Cornuda, Museo della stampa e del design tipografico

Possagno, Tempio Canoviano

Monte Grappa, località Campo Croce

Lo scollinamento del Monte Grappa

L’imbocco della salita del Pianaro

Romano d’Ezzelino, Torre Ezzelina

Bassano del Grappa, Ponte degli Alpini

Commenta la notizia