POGACAR PIGLIATUTTO: L’AMSTEL E’ SUA E PUNTA AL TRIS ALLE ARDENNE

aprile 16, 2023
Categoria: 5) AMSTEL GOLD RACE, News

Tadej Pogacar ha vinto l’Amstel Gold Race con un attacco partito a 90 Km dall’arrivo insieme ad un gruppo di 16 uomini che ha sgretolato un po’ per volta sino a rimanere da solo ai meno 27. In realtà non c’è stata storia, senza Van der Poel e Van Aert: la superiorità dello sloveno è stata netta anche nei confronti di Pidcock,l che pure aveva fatto una impresa proprio in stile Pogacar alla Strade Bianche.

Niente da fare: disco rosso per tutti.
Gli aggettivi per definire Tadej Pogacar si sono ormai esauriti e quindi tanto vale definirlo semplicemente per quello che è: un fuoriclasse. Quando punta ad una corsa non ce n’è per nessuno, con qualche rarissima eccezione, come ad esempio la Sanremo, con la quale ha ancora un conto aperto e che vuole vincere nonostante non sia affatto adatta alla sue caratteristiche.
Pogacar ha dichiarato di voler disputare tutte e tre le corse delle Ardenne (Amstel, Freccia e Liegi) per vincerle nello stesso anno e realizzare così uno storico tris.
La cosa, a quanto pare, è iniziata nel migliore dei modi, visto che lo sloveno oggi ne ha fatta una delle sue.
Non appena il gruppo ha ripreso la fuga del mattino, quando mancavano ancora 90 Km allo striscione del traguardo, è nato un tentativo con sedici uomini di primo piano nel quale il capitano UAE si è inserito senza farsi pregare.
Le manovre di inseguimento, forse non organizzate al meglio, non hanno avuto esito ma lo sloveno non si è limitato ad inserirsi nella fuga ed a dare il suo contributo. Invece, ha piazzato accelerate su ogni collina, assottigliando sempre di più il drappello fino a rimanere con i soli Thomas Pidcock (INEOS Grenadiers) e Ben Healy (EF Education-EasyPost) che sono stati messi in croce e staccati perentoriamente sul Keutenberg.
Da lì, un assolo di 30 chilometri come tanti ne abbiamo visti sinora, il vantaggio che sale inesorabilmente poco alla volta grazie a un ritmo regolare ma molto elevato, che dietro non riescono proprio a tenere. I vari gruppi formatisi al suo inseguimento hanno continuato a perdere e al traguardo i distacchi sono stati abissali. Solo un ottimo Healy ha tentato di reagire intorno ai -13, attaccando a testa bassa Pidcock, che ha dovuto cedere e ha rischiato di perdere il podio. Con l’attacco Haely ha recuperato una quindicina di secondi sino a portarsi a 20 dal battistrada ma, quando Pogacar ha visto assottigliarsi il gap ha aumentato il ritmo e il vantaggio ha ripreso a lievitare fino a quando l’irlandese ha un po’ pagato lo sforzo e si è arreso, tagliando comunque il traguardo con un braccio alzato per festeggiare quello che è per lui è comunque un gran risultato.
In un simile quadro la cronaca della corsa diventa un elemento quasi relativo.
La fuga, partita nei primi chilometri, è formata da Alessandro Fedeli (Q36.5 Pro Cycling Team), Leon Heinschke (Team DSM), Tobias Ludvigsson (Q36.5 Pro Cycling Team), Martin Urianstad (Uno-X), Mathias Vacek (Trek – Segafredo), Ward Vanhoof (Team Flanders – Baloise) e Mattéo Vercher (TotalEnergies). Il vantaggio massimo di questi uomini arriverà a toccare i 4 minuti e mezzo per poi ridursi fino ad essere annullato intorno ai 100 Km dalla conclusione.
A questo punto, è già il momento decisivo, attaccano Pogacar, Healy, Pidcock, Gianni Veermersch (Alpecin), Kévin Geniets (Groupama – FDJ), Christopher Juul-Jensen (Team Jayco – AlUla), Andreas Kron (Lotto Dstny), Arjen Livyns (Lotto Dstny), Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan Team), Quentin Pacher (Groupama – FDJ), Magnus Sheffield (INEOS Grenadiers), Matteo Sobrero (Team Jayco – AlUla), Tosh Van Der Sande (Jumbo-Visma), Axel Zingle (Cofidis), Lars van den Berg (Groupama – FDJ) e Stan Van Tricht (Soudal – QuickStep).
Sono presenti molti uomini rappresentativi di diverse squadre e quindi in gruppo sono poche le formazioni che si incaricano dell’inseguimento; lo scarso coordinamento tra loro non aiuta.
Pogacar parla spesso via radio con l’ammiraglia che in un primo tempo non riesce ad avvicinarsi, finché sul Kruisberg raggiunge il capitano che cambia la bicicletta.
Su questa salita attaccano Andrea Bagioli (Soudal-QuickStep), Jai Hindley (Bora-hansgrohe), Tiesj Benoot (Jumbo-Visma) e Alexander Kamp (Tudor Pro Cycling), che rispondono a una accelerazione di Matteo Trentin (UAE Team Emirates) e Ide Schelling (BORA – hansgrohe), che vengono ripresi e staccati. Sul quartetto di contrattaccanti si riportano pure Mattias Skjelmose Jensen (Trek – Segafredo) e Maxim Van Gils (Lotto Dstny). Il drappello arriva sino a 15 secondi dalla testa della corsa, ma sull’Eyserbosweg Pogacar fa il diavolo a quattro e solo Pidcock resiste, mentre Healy si riporta sulla coppia in un secondo momento, gestendosi molto bene. Invece, Lutsenko e Kron non riescono a seguire l’irlandese.
Questa battaglia taglia fuori dai giochi il gruppetto di Bagioli, che continua a perdere terreno.
Sul Keutenberg Pogacar piazza il colpo del knock out, staccando senza pietà Pidcock e Healy. In un primo tempo Pidcock rimane da solo all’inseguimento ma successivamente Healy si riporta su di lui ed ai -13 riuscirà anche a staccarlo.
Healy taglia il traguardo con un distacco di 38 secondi mentre Pidcock, molto provato nel finale, ha rischiato di perdere il podio venendo praticamente raggiunto dalla coppia Kron – Lutsenko, giunta con un ritardo di oltre 2 minuti.
A oltre 3 minuti il gruppo di Bagioli, regolato in volata proprio dall’italiano.
Forse gli inseguimenti non sono stati organizzati bene ed è mancata la collaborazione tra le squadre, ma è anche vero che quando va via un gruppo con quei componenti il rischio che almeno qualcuno vada all’arrivo è molto alto, per cui quelli che puntano alla vittoria devono inserirsi (cosa che Pogacar ha dimostrato di aver capito). Semmai il problema sta nel fatto che la moderna cultura del ciclismo fa considerare scriteriato un tentativo che parte da così lontano. Da quando, però, sono comparsi sulla scena atleti come Mathieu van der Poel, Wout Van Aert e Pogacar questi schemi mentali devono cambiare, perché questi corridori hanno dimostrato di essere capaci di tirare fuori il coniglio dal cilindro in ogni gara. Ovviamente per potersi inserire nei vari tentativi non basta solo la lettura tattica, ma servono anche le gambe che indubbiamente fanno la differenza.
L’impresa di oggi, con l’attacco partito a 90 Km dal traguardo, dimostra che non è affatto vero quel che da più parti si va dicendo, ossia che si dovrebbero ridurre i chilometraggi dei tracciati per avere più spettacolo. Simili assurde tesi sono portate avanti soprattutto dalle televisioni, che puntano a far adattare gli sport alle loro esigenze e ai loro tempi. E’ invece importante lottare in ogni modo contro questa insana sottocultura affaristica che fa dello sport un prodotto economico. Occorre resistere per difendere la bellezza, il fascino, la vera emozione e il valore sportivo della tradizione ciclistica.
Dopo la grande impresa di oggi, si attende Pogacar mercoledì alla Freccia Vallone, secondo atto delle Ardenne che lo sloveno intende conquistare.
Si tratta di una corsa ancor più antica ed iconica dell’Amstel, tuttavia l’aver posto l’arrivo sul durissimo muro di Huy ha portato spesso a una corsa decisa all’ultimo chilometro, senza particolari sussulti nei chilometri precedenti. Visto, però, il modo di correre del fuoriclasse sloveno gli appassionati sono legittimati ad aspettarsi lo spettacolo che una corsa di tradizione come la Freccia Vallone merita.

Benedetto Ciccarone

Il decisivo attacco di Pogacar sulle strade del Limburgo (Getty Images)

Il decisivo attacco di Pogacar sulle strade del Limburgo (Getty Images)

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