VALVERDE STORY – CAPITOLO 1: LA PRIMA VOLTA AL TOUR
Dopo avervi narrato le gesta di Nibali ora ripercorreremo le imprese di un altro grande del ciclismo mondiale che quest’anno ha deciso di appendere la bici al chiodo, Alejandro Valverde. La sua carriera è stata più lunga (ha corso fino ai 42 anni d’età) e prolifica del corridore siciliano, con ben 134 vittorie all’attivo che gli hanno fatto meritare il soprannome di “Embatido”. Se lo “Squalo” ha dalla sua tre classiche monumento – la Sanremo e i due Lombardia – e quattro grandi giri, Don Alejandro controbatte in questo speciale duello a pedali con l’incetta fatta nella classiche del nord, dove detiene il record di vittorie alla Freccia Vallone (5) e per quattro volte ha fatto sua la Liegi. Il mondiale del 2018 è la perla di una carriera che l’ha comunque visto in pole positizion anche nelle grandi corse a tappe, dove ha collezionato ben nove podi e una vittoria (alla Vuelta del 2009). Nell’impossibilità fisica – a differenza di quanto abbiamo fatto con Nibali – di riproporvi tutti i suoi successi , siamo stati costretti a fare una cernita e abbiamo deciso di iniziare questo racconto con la prima delle quattro vittorie di tappa conseguite al Tour, sul traguardo di Courchevel nel 2005
12 luglio 2005 – 10a tappa: Grenoble – Courchevel
IL SOLITO ARMSTRONG, BRILLA VALVERDE
La prima vera salita del Tour è già una sentenza. Armstrong e Discovery imbattibili.T-Mobile alla deriva: crollano Vinokurov, Ullrich e Kloden. Basso si difende come può, tutti gli altri rivali per la generale si staccano. La vittoria va al giovane Valverde, fra i pochi in grado di tener la ruota di Lance.
La prima vera salita del Tour è già una sentenza. Armstrong e Discovery imbattibili.T-Mobile alla deriva: crollano Vinokurov, Ullrich e Kloden. Basso si difende come può, tutti gli altri rivali per la generale si staccano. La vittoria va al giovane Valverde, fra i pochi in grado di tener la ruota di Lance. La cronaca di Andrea Rotolo.
La tappa di sabato con arrivo a Ge’rardemer aveva insinuato alcuni dubbi nella testa delgi appassionati. E’ un Armstrong più vulnerabile rispetto agli anni scorsi? La sua squadra, la Discovery Channel è in crisi? Saranno Vinokurov e la T-Mobile i maggiori avversari dell’Americano? La risposta è no e arriva direttamente da Courchevel, dove si è conclusa la decima tappa del Tour. La cittadina della Savoia, il cui nome rimarrà indelebilmente associato a quello di Marco Pantani che lì conquistò nel 2000 l’ultima vittoria della carriera, ha ospitato il primo vero arrivo in salita di questa Grande Boucle.
La vittoria è andata al giovane talento del ciclismo spagnolo Alejandro Valverde, uno dei pochi che è riuscito a tenere il ritmo forsennato di Lance Armstrong che grazie al secondo posto conquistato oggi si è ripreso la maglia gialla.
Veniamo alla cronaca di giornata. La carovana si è mossa da Grenoble rallentata dalla protesta degli allevatori francesi. Risultato: partenza ritardata e tappa accorciata di 11 km. Nel gruppo manca anche Petrov, fermato per i valori ematici fuori norma. Un ritiro che ha sottolineato ancor più il momento sfortunato della Lampre-Caffita, che è pero riuscita a riscattarsi grazie all’ottima prestazione di Eddy Mazzoleni.
Sin dai primi chilometri la frazione è movimentata dagli scatti degli attaccanti. Quando ormai sono stati percorsi più di 60 km si forma un gruppo di sette uomini al comando: Posthuma, Brochard, Krivtsov, Sanchez, Isasi e gli italiani Facci e Bortolami. Brochard è virtualmente maglia gialla e il vantaggio è superiore ai 10’. Da questo momento in poi il plotone ridurrà sempre più il distacco, in particola modoo sulla prima asperità in programma: Cornet-de-Roselend, una salita lunga 20 km al 6% di pendenza media. E’ a metà salita, però, che la corsa sembra entrare nel vivo.
Gli uomini Discovery sono al comando a scandire il ritmo quando Garzelli, Jackshe e Pereiro provano ad uscire. Tuttavia non sono uomini pericolosi per la classifica generale e la squadra statunitense lascia fare. Subito dopo però escono dal plotone anche Sevilla della T-Mobile, Horner e Mancebo della Iles Baleares. A questo punto Armstrong ordina ai suoi di chiudere il buco. Sembra prospettarsi un’altra giornata di attacco coordinato al padrone del Tour e tutti si domandano se le sue fedeli guardie del corpo saranno all’altezza della situazione e sapranno riscattare la brutta figura patita sul Col del Schlut.
Intanto il gruppo dei fuggitivi comincia a frazionarsi. Al GPM al comando rimangono in tre: Posthuma, Brochard e Krivtsov, seguiti a pochi secondi da Sanchez e Facci che non vogliono mollare. Fra i big nessuno prova più ad attaccare: tutto rimandato all’ascesa finale verso Courchevel.
Nella discesa Brochard prova ad andarsene tutto solo: verrà poi raggiunto da Sanchez e poi dagli altri fuggitivi. Si forma un drappello di nove uomini che deve gestire in più di 30 km meno di 4 minuti.
Ma a partire dalle prime rampe della salita che misura 22,2 km la fatica comincia ad affiorare: in testa rimangono solamente Pereiro e Jackshe. Quest’ultimo a metà salita cerca l’impresa solitaria, ma ormai gli inseguitori stanno inesorabilmente recuperando terreno. Sotto l’impulso degli ex-postini inizia la selezione. E’ un film già visto. Si susseguono alla testa del gruppo tutti i migliori scalatori della Discovery Channel: Rubiera, Azevedo, Savoldelli, Popovych. Il ritmo è elevatissimo e nelle retrovie cominciano a vedersi i primi volti illustri perdere contatto: c’è Heras che ha fatto lavorare i suoi uomini per molti chilometri, poi Mayo, lontano parente di quel Iban che staccò il Texano all’Alpe d’Huez, c’è Beloki, una controfigura dello Joseba da podio. Poi è la volta di McGee, Karpets, Garzelli e Moreau.
Nelle prime posizioni non si muove nulla o quasi. Dietro a Lance e ai suoi uomini solo maschere di fatica e concentrazione. All’improvviso ci prova Carlos Sastre, compagno di squadra di Ivan Basso. Il tentativo ha poca fortuna perché lo spagnolo riesce a guadagnare solo qualche metro per poi staccarsi e lasciare solo il proprio capitano. E’ questo l’ultimo (e poco convinto) tentativo di mettere in difficoltà sua maestà Armstrong. Una nota positiva è la presenza fra i migliori di tre italiani: oltre al varesino ci sono anche Piepoli e Mazzoleni.
A metà salita arriva la notizia che non ti aspetti. C’è una maglia azzurra di campione del Kazakistan nelle ultime posizioni. E’ Vinokurov. L’unico uomo che nella prima settimana era sembrato in grande forma e in grado di mettere seriamente a rischio la settima vittoria del campione americano fatica a tenere la ruota. Aveva detto “A Courchevel attaccherò”. I suoi sogni di gloria finiscono dopo 11 km di ascesa.
Con Armstrong rimane ormai solo Yaroslav Popovych che aumenta ancor di più il ritmo. L’accelerazione è il colpo decisivo per gli uomini T-Mobile: infatti, si stacca anche Kaiser Jan subito seguito da Kloden. Anche il tedesco recita lo stesso copione di un film già visto da anni. La sua faccia è scura, stringe i denti e, assieme a Kloden, cerca di limitare i danni. Davanti rimangono in sei: Re Lance, ovviamente, Basso, Valverde, Evans, la maglia a pois Rasmussen e Mancebo che vanno a riprendere Jasckhe. Saranno loro a giocarsi la vittoria di tappa. A questo punto è Armstrong che prende in mano il gioco e si mette a tirare saggiando la condizione dei rivali. Evans resiste ben poco. Qualche chilometro dopo è il momento di Ivan Basso che preferisce salire del proprio passo e cercare di tagliare il traguardo con il minor ritardo possibile. I quattro superstiti rimangono compatti fino a poche centinaia di metri dall’arrivo, quando sono Valverde e il sei volte vincitore del Tour a giocarsi la vittoria. Alla fine è il giovane spagnolo classe ’80 ad alzare le braccia sulla linea, togliendosi la soddisfazione di mettere la propria ruota davanti a quella del Roi Americain. A lui non interessa la vittoria. Con la consueta determinazione che lo accompagna nei momenti cruciali, Lance Armstrong ha già messo tutte e due le mani sulla maglia gialla di Parigi. Oppure sono stati tutti i suoi avversari a toglierle dal simbolo del primato. Comunque la si veda, ciò che rimane è una dimostrazione di forza di colui che si candida a indossarla sui Campi Elisi per la settima volta e che per qualche giorno ci ha fatto pensare che fosse anche lui un “umano”. Grazie alla prestazione odierna potrà ripartire domani vestito di giallo, forte di un vantaggio di 38” su un ottimo Rasmussen. Al terzo posto sale Basso, giunto al traguardo con 1’02” dal vincitore e che ora accusa un ritardo nella generale di 2’40”. Moreau lo segue con 2’42” mentre tutti gli altri viaggiano con oltre tre minuti.
La prima tappa alpina è riuscita a eliminare tutti i dubbi che una settimana di Tour aveva insinuato. Ancora una volta, solamente un’impresa potrà togliere la vittoria a Lance Armstrong che ha dimostrato oggi tutta la sua superiorità
Andrea Rotolo

La vittoria di Valverde a Courchevel (foto Gero Breloer)