NIBALI STORY – CAPITOLO 18: NIBALI SIGNORE DEL TOUR
Le tappe pirenaiche non fanno altro che confermare il dominio dello Squalo dello Stretto”, che lascia le briciole agli avversari nelle prime due frazioni per poi lasciare per l’ultima volta il segno nell’arrivo in salita ad Hautacam. E nelle lunga crono del penultimo giorno, affaire per gli specialisti, nessuno può più impensierilo
22 luglio – 16a tappa: Carcassonne – Bagnères-de-Luchon
TAPPA A ROGERS, MA IL COLPO E’ DI PINOT
L’australiano si impone nella prima frazione pirenaica al termine di una fuga di 150 km, anticipando con un allungo nel finale un quartetto composto da Voeckler, Kiryenka, Gautier e Serpa. Tra i migliori, brilla Thibaut Pinot, che attacca a più riprese sul Port de Balès e infligge pesanti distacchi a Bardet e Van Garderen. Il francese sale al terzo posto in classifica generale, togliendosi anche la soddisfazione di distanziare di qualche metro, in vista dell’ultimo GPM, un Vincenzo Nibali comunque sempre padrone della corsa.
Posta in apertura di un trittico d’alta montagna che vivrà domani e dopo le sue giornate più ardue, e percorsa ad andatura quasi turistica per quasi metà dei 237 km in programma, dopo 80 km di lotta selvaggia per centrare la fuga, la prima frazione pirenaica ha sconquassato la classifica generale del Tour de France in proporzioni difficilmente preventivabili: tre dei primi sette della generale di stamane sono saltati fragorosamente, inclusi due dei corridori che più avevano convinto nella due giorni alpina. Si parla ovviamente non di Bauke Mollema, 7° al via ma tenuto a galla più dall’incostanza e sfortuna degli avversari che non da una gamba da podio, bensì di Romain Bardet e Tejay Van Garderen, inchiodatisi nella seconda metà del Port de Balès, e costretti a scendere – rispettivamente – dal 3° al 5° e dal 5° al 6° posto.
Il merito del piccolo terremoto è da assegnare in parte alla Movistar di Alejandro Valverde, autrice dell’accelerazione che, all’imbocco dell’ultimo colle, ha scosso il gruppo dal torpore in cui era caduto nelle precedenti tre ore, e soprattutto di Thibaut Pinot, passato all’azione in prima persona a 4 km dal Gran Premio della Montagna. Un attacco facilmente pronosticabile, alla luce delle ben note difficoltà in discesa del 24enne di Mélisey, ma forse anticipato dalla visione del palese affanno di Bardet, agganciato con i denti al drappello maglia gialla ormai da qualche chilometro. Van Garderen e Mollema si erano staccati poco prima, al pari di corridori poco dentro o poco fuori dalla top 10, come Rolland e Schleck.
Alla ruota di Pinot si sono portati soltanto Nibali, Valverde e Péraud, per nulla intenzionato ad immolare la sua prima (e probabilmente ultima) chance di podio al Tour de France sull’altare delle ambizioni del più giovane compagno. Il quartetto non ha trovato l’accordo, ma il rientro di uno stupefacente Jeannesson (insieme a Gadret) ha ridato nuova linfa all’andatura, mantenendola su livelli accettabili fino al cartello dei -1 alla vetta.
È stato allora che Pinot ha ripreso l’iniziativa, lanciandosi in quasi 1000 metri di apnea che hanno distrutto il plotoncino dei migliori: Valverde si è piantato (problemi al cambio, questa volta, non dovrebbero essercene stati), Péraud ha retto solo per qualche centinaio di metri, e perfino la maglia gialla, sia pur ormai ad un pugno di metri dallo scollinamento, è stata costretta a cedere qualche metro al francese. Nulla che possa scompaginare il finale di Tour del siciliano, ma abbastanza da creare un nuovo motivo di interesse per le due tappe di montagna residue, nelle quali la superiorità in salita di Nibali, indiscutibile sulle Alpi, parrebbe essere meno scontata.
L’assolo di Pinot ha avuto vita brevissima, malgrado un’auto del seguito della corsa abbia trovato il modo di infilarsi tra il francese e l’italiano all’inizio della discesa, creando al secondo un piccolo disturbo e un enorme pericolo. Nibali, Péraud, Valverde e Gadret si sono infatti riportati subito sul transalpino, atteso nel frattempo da Jérémy Roy, membro della fuga iniziale.
In altre circostanze, avremmo impiegato l’espressione “fuga della prima ora”, che nel caso odierno sarebbe però scorretta. Il drappello buono (Kwiatkowski, Bakelants, Gautier, Rogers, Gallopin, Van Avermaet, Izagirre, Serpa, Voeckler, Keukeleire, Slagter, Albasini, Roy, Montaguti, Réza, Dumoulin, Delaplace, Kiryenka, Vachon, Eisel e Kluge) si è infatti sganciato dopo quasi 80 km di guerra furibonda per azzeccare la fuga; fattore che non è da escludere abbia contribuito alla grande selezione sul Balès.
Quale ideale compensazione per lo sforzo sostenuto in partenza, i ventuno attaccanti hanno ricevuto quasi subito un via libera definitivo dal plotone, che ha concesso loro un vantaggio arrivato a sfondare, alle pendici dell’ultima ascesa, i dodici minuti. Il gruppetto si è naturalmente sgretolato sulla salita finale, e al comando, in cima, si sono trovati i soli Rogers, Serpa e Voeckler, già due volte vincitore a Bagnères-de-Luchon. Gautier e Kiryenka, scollinati ad una ventina di secondi, hanno fatto in tempo a recuperare, ma solo per assistere da vicino, a 3 km dall’arrivo, alla stoccata vincente: partito per inseguire proprio il neo-rientrato francese, l’australiano lo ha levato di forza dalla propria ruota, guadagnando quella manciata di metri che ad un passista come lui non bisognerebbe mai concedere. La Europcar non è riuscita a mettere a frutto la superiorità numerica, e Voeckler si è dovuto accontentare di vincere la volata dei battuti, quando già Rogers aveva potuto celebrare con un inchino la sua prima vittoria in carriera alla Grande Boucle.
Il plotoncino maglia gialla è giunto al traguardo soltanto 8’32’’ più tardi, al termine di una discesa condotta ad andatura non forsennata, ma sufficiente a non dare occasione di recupero agli inseguitori, ad eccezione del sempre più sorprendente Leopold König. Ten Dam è così stato il più vicino fra gli altri big, pagando 1’12’’; Zubeldia ha reso 1’28’’, Bardet 1’50’’, Rolland 2’21’’, Van den Broeck, Schleck e Mollema 3’00’’, Van Garderen addirittura 3’36’’.
La nuova generale vede pertanto, ai primi quattro posti, i quattro uomini forti di giornata, con Nibali a precedere Valverde di 4’37’’, Pinot di 5’06’’ e Péraud di 6’08’’. Bardet, attardato ora di 6’40’’, chiude probabilmente il lotto dei pretendenti al podio, giacché i 9’25’’ di Van Garderen sembrano allontanare ogni ipotesi di rimonta a cronometro. Più probabile, semmai, sembra un sorpasso ai danni dell’americano da parte di König, che lo segue ad appena 7’’, ed è ormai stabilmente fra le prime cinque forze in salita. Ten Dam, 8° a 11’12’’, diventa il primo Belkin in classifica, scavalcando Mollema, ora preceduto anche da un Kwiatkowski che, speso il bonus fuga, scivolerà probabilmente fuori dalla top 10 nei prossimi due giorni.
Per domani, il menù offre tre GPM di 1a categoria e uno – quello d’arrivo – Hors Catégorie, sia pur compressi in una di quelle tappe sprint (124,5 km) che imperversano di recente in nome dello spettacolo, al modico prezzo di penalizzare i fondisti per i quali corse come il Tour de France sono state originariamente pensate (in questo senso, crediamo che il chilometraggio extra-large di oggi non sia stato irrilevante ai fini dei distacchi maturati). I quattro corridori affastellati in un minuto e mezzo, potrebbero comunque garantire battaglia, e chissà che quel breve attimo di appannamento del capoclassifica, pur assorbito in modo indolore, non induca qualcuno a lasciar volare la fantasia anche oltre il secondo e terzo gradino del podio.
Matteo Novarini
23 luglio – 17a tappa: Saint-Gaudens – Saint-Lary-Soulan (Pla d’Adet)
TAPPONE A POIS: MAJKA COME (E CON) UNA MOTO SUL PLA D’ADET
Secondo successo di tappa al Tour per il polacco, che per lanciarsi all’inseguimento di Visconti, sulla salita finale, approfitta del traino di una moto. Secondo posto per il siciliano della Movistar, davanti ad un Nibali che attacca e allunga ancora in classifica generale. Péraud, unico a restare con la maglia gialla, si porta a 8’’ dal 3° posto di Pinot e 42’’ dal 2° di Valverde.
Sul Pla d’Adet come a Risoul: il secondo atto pirenaico del Tour de France ha ricalcato fedelmente quello alpino, sia nella lotta per la vittoria di tappa, sia in quella per la classifica generale. Come sabato, ad alzare le braccia, tagliando in solitaria il traguardo dopo una giornata all’attacco, è stato Rafal Majka, il polacco che alla vigilia del Tour si lamentava pubblicamente della convocazione in extremis come rimpiazzo di Kreuziger, e che sulle strade francesi ha invece dato un senso diverso alla sua stagione, e forse non solo. Alle sue spalle, preceduti anche da un Visconti mai così a suo agio su salite della caratura di Portillon, Peyresourde, Val Louron-Azet e Pla d’Adet, Vincenzo Nibali e Jean-Christophe Péraud, i due trionfatori di giornata per quel che concerne la generale.
La maglia gialla, dopo aver attraversato ieri qualche secondo di difficoltà in cima al Port de Balès, ha riaffermato la propria superiorità attaccando a metà dell’ascesa finale, dopo aver lasciato sfogare la pattuglia francese; Péraud, a lungo trattato come “l’altro” padrone di casa, alle spalle dei due più giovani e frizzanti Bardet e Pinot, rischia invece di aver messo a segno un colpo decisivo nella lotta per i gradini più bassi del podio, aggrappandosi ancora – come a Risoul, per l’appunto – alla ruota del capoclassifica nei chilometri finali. Oltre i 50’’ il passivo dei due sbarbati connazionali, staccati nel finale anche da un Valverde che, a 5 km dall’arrivo, pareva destinato al naufragio.
Il verdetto di giornata, così favorevole alla maglia gialla, è maturato in realtà in capo ad una tappa tutt’altro che riposante per Nibali. Un avvio tirato, con mezzo gruppo a caccia della fuga, era da mettere in preventivo, ma di certo pochi si sarebbero aspettati una media di 50.2 km/h nella prima ora, condotta in avanscoperta da Gautier, Slagter, Elmiger, Arashiro, Edet, Kadri, Voigt e Paulinho (evasi al km 0), inseguiti a distanza sempre inferiore al minuto dalla Katusha, decisa a lanciare Joaquim Rodriguez.
Purito si è fatto trovare pronto sulle prime rampe del Portillon, inserendosi nella girandola di scatti avviata da José Serpa Perez. I chilometri iniziali del primo colle hanno rappresentato probabilmente il momento più teso per lo Squalo: la Movistar ha spedito all’attacco tre uomini (Visconti, Herrada e Izagirre), la BMC due (Moinard e Velits), la Ag2r uno (Kadri), uomini di medio-alta classifica (Mollema, Van den Broeck, Schleck) si sono lanciati, la Astana – dopo aver inserito a sorpresa Fuglsang in testa – è rimasta con i soli Scarponi e Kangert al fianco del leader, e l’aria che sembrava tirare in gruppo era quella di un moto rivoluzionario imminente.
All’opposto, una volta passato il temporale di scatti, la corsa si è improvvisamente assopita, con un gruppo di sei al comando (De Marchi, Lopez Garcia, Rodriguez, Mollema, Durasek e Roche) inseguito da uno di quindici (Rolland, Van den Broeck, Schleck, Gautier, Velits, Dumoulin, Fuglsang, Izagirre, Visconti, Moinard, Arashiro, Herrada, Kiryenka, Kadri e Taaramae), e il plotone, placidamente guidato da Scarponi, a lasciar fare.
Il ricongiungimento fra i due drappelli in avanscoperta, ai piedi del Peyresourde, è stato il prodromo ad una fase di stallo tra gli attaccanti di cui ha provato ad approfittare Kiryenka, capace di andarsene in solitudine e di guadagnare fino a due minuti. Roche e Herrada hanno spezzato l’impasse, lanciandosi in caccia del bielorusso, ma venendo riassorbiti nella successiva discesa, e soltanto sull’Azet il ritmo è tornato su livelli decorosi, fino a portare – oltre alla perdita di contatto dei meno scalatori – alla neutralizzazione dell’attacco di Kiryenka in vista del GPM.
Anche per il gruppo il penultimo colle ha coinciso con l’apertura delle ostilità, benché ancora di studio: la FDJ ha imposto una timida accelerazione sulle prime rampe, ma è stata la Ag2r, lanciando il forcing di Gastauer nell’ultimo chilometro e mezzo di scalata, a far esplodere finalmente il plotone. Valverde (assistito da Gadret), Van Garderen, Nieve, Ten Dam e Nibali si sono prevedibilmente accodati al trenino francese completato da Bardet e Péraud, mentre è stata una sorpresa trovare al fianco della maglia gialla anche un eccellente Tanel Kangert.
Proprio il più giovane degli Ag2r si è lanciato all’attacco nella tecnica discesa dell’Azet, tentando ancora una volta di mettere a nudo le difficoltà di un Thibaut Pinot che, pur essendo destinato a non raccogliere l’eredità di Savoldelli, ha comunque dimostrato di aver raggiunto standard più che accettabili sul terreno a lui tanto odioso. Il fatto che nessuno si sia assunto il rischio di seguire Bardet ha posto la pietra tombale sulle prospettive dell’azione, complice il rientro sul drappello maglia gialla di Jeannesson, subito messosi a disposizione del compagno in maglia bianca.
Rolland, conscio di godere di una forma ben distante dai fasti del Giro, ha provato a giocare d’anticipo ai piedi del Pla d’Adet, allungando in un tratto pianeggiante. Roche, Moinard e Visconti si sono accodati, ed è stato proprio il siciliano ad attaccare a sua volta sulle prime rampe della salita conclusiva, sbarazzandosi nel giro di un chilometro e mezzo della compagnia. Dal gruppetto inseguitore, però, dopo alcune scaramucce che hanno favorito il tentativo dei battistrada, è partita la rimonta di Rafal Majka, lanciatosi anche grazie all’ausilio dell’antenna di una moto-riprese, gesto tanto irrilevante ai fini del risultato quanto scorretto e pericoloso.
L’inseguimento del polacco si è concluso a 4 km circa dal traguardo, e dopo un altro chilometro e mezzo, al termine dell’unico tratto di respiro offerto dalla scalata, un’ultima accelerazione ha tolto definitivamente di mezzo Visconti, costretto a rimandare l’appuntamento con la prima vittoria in carriera al Tour de France.
Più indietro, Jeannesson è riuscito a limare qualche secondo al mezzo minuto che Bardet aveva accumulato in discesa, prima che Péraud rivelasse le reali gerarchie in casa Ag2r con uno scatto. Il solo Nibali è saltato con prontezza alla ruota dello stagionato transalpino, mentre Pinot e Van Garderen hanno dovuto attendere un rallentamento dei due per accodarsi; di Valverde, invece, si sono perse subito le tracce, lasciando intravedere una Caporetto che l’ex Embatido ha invece saputo evitare grazie all’esperienza e ad uno strepitoso Herrada, raccolto lungo l’ascesa.
Rendendosi conto di essere ancora una volta testa e spalle al di sopra degli avversari, la maglia gialla ha deciso di prendere in mano la situazione a 5 km dal traguardo, con un primo scatto d’assaggio e un secondo definitivo. Péraud, sia pur con non pochi patemi, è riuscito a guadagnare la scia di Nibali, mentre Bardet, Pinot e Van Garderen sono stati costretti ad accontentarsi di proseguire alla precedente velocità di crociera. A differenza di sabato, Péraud ha offerto al capoclassifica quel tanto di collaborazione che la fatica gli consentiva, ottenendo in cambio la rinuncia del messinese a produrre ulteriori scatti.
La coppia, andata nel frattempo a saltare tutti i fuggitivi meno due, è così rimasta unita fin sul traguardo, tagliato 46’’ dopo Majka e 17’’ dopo Visconti. Il solito, grande De Marchi – unico degli ex battistrada ad offrire collaborazione a Nibali, di cui dovrebbe diventare scudiero il prossimo anno – ha chiuso 5°, a 49’’, precedendo Rolland e la coppia Mollema – Schleck, entrambi abili nell’approfittare della giornata per una piccola risalita in graduatoria.
Pinot e Bardet (insieme a Van Garderen), dopo aver a lungo accarezzato il sogno di mandare gambe all’aria Valverde e di ridurre la sfida per il podio ad una questione bleu-blanc-rouge, hanno invece visto lo spagnolo – apparso ad un tratto sul punto di perdere anche le ruote di Nieve e Ten Dam – ricomparire alla loro ruota nel finale e trovare anche la forza di disputare la solita volatina, infliggendo ai due cinque secondi di discreta importanza psicologica.
A lungo vicino a subire il virtuale sorpasso di Pinot, il murciano ha così alla fine rimpinguato il margine nei confronti del terzo in classifica (ora 34’’), pur vedendo Nibali allontanarsi di altri 49’’ (5’26’’ ora la voragine). Su entrambi incombe però l’ombra di Péraud, che tallona il giovane connazionale a distanza di 8’’, e – con la cronometro di Périgueux a disposizione – minaccia di fagocitare tutti e due. Bardet, 5° a 7’34’’, vede invece congelata la propria posizione, anche se la ripresa di Van Garderen (6° a 10’19’’) lascia aperto uno spiraglio ad uno scambio di piazze sabato. Mollema torna a condurre nell’appassionante (per loro) duello di casa Belkin con Ten Dam (11’59’’ contro 12’16’’), ed entrambi sopravanzano un deludente König (12’40’’). La lotta per la top 10 premia per il momento Rolland (13’15’’), anche se la regolarità di Zubeldia (14’26’’) sembra destinata a spuntarla.
Con l’altro pseudo-tappone da Pau a Hautacam, il Tour chiuderà domani il suo capitolo montano. Il Tourmalet offrirebbe un eccellente trampolino di lancio per attacchi disperati dell’ultima ora, ma la riserva in cui sembrano essere finiti i tre pretendenti al podio, e la chiara inattaccabilità della maglia gialla, rischiano di produrre una giornata ancora più bloccata di quella di oggi.
Matteo Novarini
24 luglio – 18a tappa: Pau – Hautacam
NIBALI, ULTIMO SIGILLO
Lo Squalo attacca ai piedi della salita di Hautacam e si invola verso la quarta e più bella vittoria di tappa del suo Tour. A 1’10’’ Pinot, da stasera anche secondo in classifica generale. Terzo posto per Majka, che conquista definitivamente la maglia a pois. Péraud, 4° davanti a Van Garderen, scalza anche dal gradino più basso del podio Valverde, 10° a 1’59’’. Archiviate le montagne, a Nibali restano due probabili sprint e una cronometro prima del trionfo.
È difficile non lasciarsi andare alla retorica di fronte ad un’esibizione come quella offerta da Vincenzo Nibali sulla salita di Hautacam, quarto e più spettacolare sigillo impresso dal siciliano su un Tour de France guidato nella prima metà e dominato nella seconda. Più che una normale offensiva, quella portata dallo Squalo sull’ultima grande montagna del Tour è stata una prova di forza, un’esibizione di una superiorità ormai già acclarata, ma ribadita una volta di più per onorare una maglia gialla che non si potrebbe immaginare più solida.
Certo, l’attacco di oggi, il minuto e più inflitto agli avversari, il quarto successo parziale spalmato su 18 giorni di corsa, e gli oltre sette primi di margine in classifica su Thibaut Pinot, issatosi al comando della graduatoria degli altri, non basteranno a fugare i legittimi quesiti su cosa sarebbe successo se in gara fossero rimasti Froome e Contador, ma non c’è dubbio che Nibali, non padroneggiando ancora la difficile arte di sconfiggere gli assenti, abbia fatto tutto il possibile e qualcosa di più per rappresentare un degno vincitore della Grande Boucle.
A differenza dei primi tre successi dello Squalo, cercati soltanto una volta presentatasi l’opportunità nel finale, il quarto è stato invece costruito sin dalle battute iniziali, in cui la Astana si è incaricata di tenere a bada la fuga lanciata da Nieve, Herrada, Izagirre, Trofimov, De Marchi, Marcato, Boom, Bakelants, Kadri, Ladagnous, Oss, Coquard, Réza, Voeckler, Simon, Chavanel, Wyss, Huzarski, Machado e Guillou. Il vantaggio dei venti di testa è stato mantenuto sempre entro i quattro minuti fino alle pendici del Tourmalet, quando il ritmo non forsennato di Westra e Fuglsang ha consentito a Nieve e Kadri di incrementare leggermente. In cima, la coppia al comando poteva vantare un minuto e mezzo su un terzetto composto da Trofimov, Huzarski e il solito De Marchi, e oltre quattro e mezzo sul gruppo maglia gialla, ancora forte di una cinquantina di unità.
Se la salita non aveva provocato sussulti nel plotone, ben diversa è stata la discesa, che ha visto lanciarsi addirittura Valverde, atteso da Izagirre ed Herrada. Nessun altro uomo di classifica, però, ha pensato di approfittare dell’assist del murciano, e il gruppo, rimasto quasi del tutto compatto, non ha così avuto difficoltà a neutralizzare l’offensiva in fondo alla discesa. Se fossimo soltanto un po’ più cinici, potremmo ritenerlo il giusto contrappasso per un corridore il cui proverbiale attendismo ha spesso guastato i piani di chi provava a sovvertire le gerarchie della corsa.
I 17 km di fondovalle tra Luz-Saint-Sauveur e l’inizio dell’ultima scalata hanno prevedibilmente tagliato le gambe non soltanto all’azione della Movistar, ma anche alla fuga di Nieve e Kadri, che hanno visto scemare il loro vantaggio ad appena 1’30’’. Lo spagnolo ha tentato una resistenza à la Majka, sbarazzandosi subito di Kadri e mantenendo per un paio di chilometri intatto il proprio vantaggio; ma la rapidità con cui si è accesa la bagarre in gruppo, per merito del primo attacco al Tour di nonno Horner, ha spento definitivamente le speranze del Team Sky di salvare almeno in parte il bilancio di una Grande Boucle catastrofica.
Lo scatto del 42enne statunitense è cominciato a 11 km dal traguardo, e soltanto Nibali ha avuto il coraggio di saltare sulla sua ruota. Il revival della Vuelta 2013 è durato però appena qualche centinaio di metri, e già prima dello striscione dei -10 all’arrivo la maglia gialla ha attaccato a sua volta, mettendosi in caccia solitaria del battistrada.
La rincorsa è durata un paio di chilometri, venendo coronata dal ricongiungimento a 8 km dal termine. Un immediato rilancio d’andatura del capoclassifica ha lasciato sul posto il navarro (con la minuscola), mentre Majka, già una quarantina di secondi più indietro, evadeva dal gruppetto di Valverde, Pinot e compagnia, con il duplice scopo di tentare un clamoroso tris di tappe e di salvare una maglia a pois messa a rischio dai 50 punti che Nibali si avviava a conquistare.
Il polacco si è mantenuto a lungo ad una distanza tra i 40 e i 50 secondi dal leader, senza mai dare, tuttavia, la sensazione di potersi avvicinare oltre (salvo in un breve attimo di follia del GPS, che segnalava una riduzione quasi istantanea del divario da 49 a 31 secondi). A 4 km circa dalla vetta, anzi, l’azione di Majka si è spenta, dando l’occasione di riavvicinarsi a Pinot, Péraud e Van Garderen, che approfittavano intanto dell’ennesima débacle di Valverde.
Un po’ come ieri, lo spagnolo è sembrato ad un tratto sul punto di finire alla deriva, salvo poi riprendere vigore e rimontare su alcuni degli uomini che aveva visto scappare (Ten Dam, Mollema, Bardet, König e Zubeldia). A differenza di ventiquattro ore fa, però, la risalita del murciano non è andata oltre, e il distacco nei confronti del quartetto formatosi alle spalle di Nibali è lievitato fino a quasi 50’’.
Forte di un vantaggio di 1’20’’ all’ultimo chilometro, la maglia gialla si è potuta concedere di rallentare negli ultimi metri e assaporare il trionfo, dopo avere dato fondo, forse come mai prima (pavé a parte), a tutte le risorse che possedeva. Pinot ha tagliato il traguardo dopo 1’10’’, relegando Majka (+1’12’’) ad una terza piazza comunque sufficiente a difendere 13 dei 31 punti di vantaggio che poteva amministrare su Nibali. Il francese ha scalzato Valverde dalla piazza d’onore in classifica generale, restando però tallonato da Péraud – 4° a 1’15’’ -, che dovrebbe recuperargli a cronometro ben più dei 13’’ che li separano ora. Stesso ritardo all’arrivo per Van Garderen, la cui crisi sul Balès rischia di fare la differenza tra un secondo e un sesto posto.
Più indietro, Valverde ha dovuto fare i conti con compagni di viaggio che hanno corso secondo il mantra del murciano, evitando cioè con estrema cura di offrire qualsiasi parvenza di collaborazione. Il passivo dello spagnolo da Pinot si è assestato alla fine a 49’’: troppi per conservare un posto sul podio provvisorio, ma abbastanza da tenere vive le speranze di un controsorpasso a cronometro sul rivale, distante appena 15’’.
La nuova generale vede Nibali amministrare vantaggi ormai degni del Navarro (con la maiuscola): 7’10’’ su Pinot, 7’23’’ su Péraud, 7’25’’ su Valverde, 9’27’’ su Bardet, 11’34’’ su Van Garderen, 13’56’’ su Mollema, 14’15’’ su Ten Dam, 14’37’’ su König, 16’25’’ su uno Zubeldia che, come previsto, ha approfittato dell’affaticamento post-fuga di Rolland per intrufolarsi in top 10, senza che ci si sia praticamente accorti della sua presenza in gruppo per tre settimane.
Il principale motivo di interesse di quest’ultimo scampolo di Tour, a meno di imprevisti, sarà la sfida al podio tra i corridori dal secondo al quarto della generale, nella quale potrebbe inserirsi, nella remota ma non impensabile ipotesi di una gigantesca contro-prestazione contemporanea di Valverde e Pinot, Tejay Van Garderen, forse il più cronoman fra i top 10. Alla maglia gialla basterà invece mantenersi lontana dai guai per trasformare gli ultimi 400 chilometri di Tour in una lunghissima passerella.
Matteo Novarini
26 luglio – 20a tappa: Bergerac – Périgueux (cronometro individuale)
MARTIN E NIBALI… SEMPRE LORO
Tappa all’uomo nettamente più forte a cronometro al mondo e Tour de France all’uomo nettamente più forte nell’arco di tutte le tre settimane di questa 101a edizione della Grande Boucle. Come era prevedibile, la crono ha avuto il ruolo di sistemare definitivamente la top ten, con alcuni cambiamenti in classifica tutto sommato prevedibili. eccetto la débâcle di Valverde, in grave ritardo nei confronti degli avversari. Buona prova di Nibali che aumenta il distacco nei confronti degli altri uomini di classifica
Tour de France ultimo atto. La classifica ha ridotto questa frazione contro il tempo ad una lotta per le posizioni di rincalzo, ma la tappa di oggi si presentava sulla carta tutt’altro che semplice. Una cronometro di ben 54 chilometri per specialisti. Il chilometraggio era ben diverso da quello che siamo abituati a vedere nei GT degli ultimi anni, più simile a quelli proposti nei Tour de France degli anni 90 e dei primi anni 2000. Il tracciato era ondulato e presentava diverse salitelle e discese facili ed adatte ancor più agli specialisti. Nel 1994 si disputò una tappa a cronometro con le stesse località di arrivo e partenza invertite rispetto ad oggi, ma su un tracciato parzialmente diverso e più lungo (64 Km), crono vinta da Miguel Indurain che inflisse distacchi pesantissimi a tutti gli avversari, raggiungendo anche un giovane Lance Armstrong in maglia iridata.
Si trattava quindi di una tappa durissima, da distacchi potenzialmente abissali se non fosse per la collocazione al penultimo giorno che favoriva i corridori dotati di un buon recupero. Si trattava, inoltre, dell’unica tappa a cronometro proposta dal Tour, novità assoluta per un GT che negli ultimi vent’anni ha sempre proposto percorsi decisamente favorevoli agli specialisti delle corse contro il tempo.
Tra i favoriti il maggior indiziato era senz’altro Tony Martin, campione del mondo contro il tempo e grande specialista. I dubbi su di lui, poi rivelatisi completamente infondati, riguardavano soprattutto le energie spese nelle tappe su Vosgi, nelle quale è stato grande sia nell’impresa personale a Mulhouse, sia nell’aiuto al capitano il giorno successivo.
Gli altri favoriti potevano essere Kwiatkowsky, che ha già dimostrato buone doti in questo tipo di corse, e Van Gardeeren, che doveva tentare di dare tutto per entrare nella top five. Anche Rogers, apparso ultimamente in gran forma con una vittoria di tappa e ottimo elemento per le prove contro il tempo, poteva giocarse le sue carte, ma ha preferito disputare una crono tranquilla ed ha chiuso in forte ritardo.
Gli uomini di classifica, dal canto loro, potevano sperare legittimamente di limitare i danni, proprio in ragione della collocazione al penultimo giorno di questa difficile frazione aquitana.
Un grosso interrogativo della vigilia riguardava la prestazione del capoclassifica. Da un lato, infatti, Nibali, pur non essendo uno specialista delle corse contro il tempo, si è sempre difeso dignitosamente in questa specialità con alcuni acuti in carriera. Per questo motivo, con la condizione attuale e considerate le caratteristiche degli avversari, si poteva pensare ad un Nibali con qualche chances di vittoria. Ma era anche ipotizzabile una cronometro tranquilla da parte di una maglia gialla solidamente in testa alla generale e, quindi, senza alcun interesse a prendere dei rischi inutili.
La corsa vera iniziava con la partenza di Tony Martin, che non sembrava minimanente aver pagato gli sforzi di questo Tour e volava imprendibile a segnare il miglior tempo. Kwiatkowski, invece, sembrava aver perso la condizione nel corso di questo Tour e anche la frazione di oggi non gli sorrideva, poichè il distacco finale da Martin superava i 3 minuti.
La lotta per il podio iniziava con la partenza di Alejandro Valverde, bramoso di riconquistare il podio perduto e, possibilmente, anche la seconda posizione. Pinot, invece, che era il meno performante dei tre contendenti nelle prove a cronometro, partiva per cercare di difendere la seconda posizione, impresa che non appariva semplicissima a causa della minima entità dei distacchi rispetto ai rivali.
Al primo intermedio, si cominciavano a capire molte cose: Valverde non era in giornata, oltre un minuto da Péraud, mentre Pinot cedeva la seconda posizione al connazionale, pur riuscendo a offrire una buona prima parte di crono, considerate le sue caratteristiche. Nibali, invece, al primo intertempo era in nona posizione a soli 6 secondi da Péraud.
Al secondo intertempo si confermava la tendenza nella top ten: Konig toglieva la settima posizione a Mollema, che scivolava in nona, mentre Ten Dam manteneva l’ottava. Van Garderen, dal canto suo, si avvicinava pericolosamente a Bardet. Poco dopo il passaggio di Van Garderen al secondo intertempo, avveniva un colpo di scena: Péraud forava e il cambio di bicicletta era tutt’altro che veloce. Valverde pagava oltre tre minuti e mezzo a Martin al secondo intertempo, mentre Konig chiudeva la sua ottima prova in quarta posizione, scalzando il campione nazionale francese a cronometro Chavanel.
Péraud, che sembrava essersi ripreso dopo la caduta, cedeva 1 minuto e 50″ a Martin e guadagnava poco meno di due minuti su Valverde. Pinot, invece, aveva una piacevole sopresa poiché cedeva solo 25 secondi a Péraud, che aveva perso secondi preziosi dopo la foratura. Migliorava il ritmo di Nibali che cedeva solo 1 minuto e 21″ a Martin al secondo intertempo ed era nettamente il migliore degli uomini di classifica. Pesante il ritardo di Mollema che cedeva 9 minuti e mezzo a Martin. Bardet, invece, perdeva per soli 2 secondi la quinta posizione, dopo aver patito anch’egli una foratura nel finale, inconveniente che si rivelava decisivo per la top five di questo Tour.
Valverde, in giornata negativa, chiudeva con un ritardo di 4 minuti e mezzo dal vincitore di tappa Tony Martin, mentre Péraud concludeva una buona prova a soli 2 minuti e 27″ dal leader.
Pinot perdeva la seconda posizione, ma può essere più che soddisfatto per aver raggiunto il podio e per aver disputato una buona cronometro.
Vincenzo Nibali, che aveva costantemente alzato il ritmo nel corso della tappa, chiudeva in quarta posizione a meno di due minuti da Martin.
Come era prevedibile la crono fissava solo le posizioni di rincalzo mentre Nibali aumentava il vantaggio sui diretti insegutori.
Valverde cedeva e si era capito subito che era fuori dalla lotta per il podio, Van Garderen penava un po’ per agguantare la top five, ma riusciva nell’intento grazie ad una sfortunata foratura per Bardet nel finale. Anche per il secondo posto la tendenza in favore di Péraud appariva chiara sin dall’inizio, anche se Pinot cercava comunque di stringere i denti, disputando una discreta cronometro lui che non è uno specialista sui tracciati molto lunghi.
Nibali si impegnava, senza però prendere rischi, e legittimava ancor una volta la sua maglia gialla che domani potrà portare a Parigi nella passerella finale.
È stato un Tour senza storia, la superiorità di Nibali è apparsa sin dalla seconda tappa, gli infortuni e i ritiri di Froome Contador hanno facilitato le cose al siciliano ma, vista la sua grande condizione, si può avere la certezza che non sarebbe stato facile strappare il primato allo “Squalo”.
Benedetto Ciccarone

Vincenzo Nibali alza le braccia al cielo sull'arrivo di Hautacam (foto Bettini)