TANTE MINACCE, UN GRANDE FAVORITO

settembre 30, 2010
Categoria: Approfondimenti

Mai come quest’anno la prova in linea dei professionisti si presenta aperta a moltissimi contendenti, in virtù di un tracciato di difficile decifrazione, che potrebbe lasciare aperte le porte alle più svariate soluzioni. Philippe Gilbert parte però con i gradi di uomo da battere ben cuciti addosso, forte anche di una squadra compatta attorno a lui, grazie all’assenza di Tom Boonen. Andiamo a scoprire i principali rivali degli azzurri nella lotta per il successo nella prova più attesa della rassegna iridata.

Foto copertina: Philippe Gilbert si impone all’Amstel Gold Race, cogliendo il successo più prestigioso – almeno per ora – del suo 2010 (foto Roberto Bettini)

Un Mondiale di così difficile lettura non capitava da anni. Un po’ perché per molte edizioni del Campionato del Mondo il canovaccio è stato pressappoco lo stesso – Italia impegnata ad indurire la corsa quanto più possibile, Spagna e Belgio a provare a sedarla, gli altri in caccia del colpo di mano al momento giusto -, un po’ perché mai come quest’anno regna un’enorme incertezza circa l’effettiva difficoltà del percorso. Cavendish, Farrar, Hushvod e Freire partono per vincere, evidentemente convinti che tutto si possa risolvere in uno sprint neppure troppo ristretto; Paolo Bettini fa sapere che per lui Cannonball non è neppure da annoverare tra i papabili vincitori, poiché una volata allargata è da escludere; Cadel Evans dice di puntare al bis, lasciando supporre che l’australiano, che meglio di ogni altro dovrebbe conoscere le caratteristiche del tracciato, ritenga piuttosto selettivo il circuito di casa. Difficile, dalla nostra posizione, pronunciarsi, anche perché sono innumerevoli gli esempi di percorsi che hanno dato luogo a Mondiali totalmente diversi da quelli immaginati davanti all’altimetria (si pensi a Lisbona 2001, presentato universalmente come selettivo, sul quale arrivarono invece a giocarsi il titolo, fra gli altri, Freire e Zabel).
Proprio questa incertezza contribuisce però, paradossalmente, ad individuare un vero grande favorito: Philippe Gilbert, l’uomo che più di ogni altro potrebbe adattarsi e vincere in qualsiasi situazione di corsa. Solo una volata molto folta appare infatti al di là delle possibilità del vallone; per il resto, il trionfatore dell’ultima Amstel Gold Race potrebbe imporsi di forza in caso di corsa dura, con un’azione nel finale in caso di lotta più allargata, o addirittura in un sprint privo di velocisti puri, complice la pendenza del rettilineo finale. Una pluralità di carte da giocare che potrebbe avere l’unico inconveniente di mettere in difficoltà la nazionale belga sotto l’aspetto tattico. Rendere dura la corsa potrebbe infatti da un lato agevolare l’emergere dei veri valori – e non c’è dubbio che su percorsi mossi e impegnativi Gilbert sia ora come ora il numero uno al mondo -, ma dall’altro potrebbe tagliare fuori soluzioni alternative preziose come Van Avermaet. D’altro canto, attendere il finale potrebbe allargare pericolosamente la rosa dei possibili vincitori, e le difficoltà del circuito potrebbero non essere sufficienti al 28enne di Verviers per poter fare la differenza nei chilometri conclusivi. Probabile che, alla fine, tutto dipenda dalla condizione di Gilbert: se sarà quello visto alla Vuelta, al Belgio converrà puntare forte su di lui, a costo di sacrificare ogni alternativa; se la gamba sarà meno sciolta rispetto a qualche settimana fa, è probabile che l’atleta Omega Pharma si giochi tutto con una sparata nel finale.
Nel caso in cui i belgi decidessero di inasprire la gara, potrebbero trovare un valido alleato nell’Australia di Cadel Evans, benché anche i padroni di casa abbiano valide ragioni per optare per una condotta più prudente. Ragioni che rispondono ai nomi di Allan Davis e Matthew Goss, potenziali vincitori in caso di sprint anomali. Difficile dire chi dei due sia da considerarsi come vice-capitano: Davis ha probabilmente più tenuta su tracciati mossi, Goss è parso più pimpante alla Vuelta, dove si è messo in luce per l’eccellente lavoro come apripista di Mark Cavendish.
Difficile, invece, che un grosso aiuto possa venire dal Lussemburgo di Frank Schleck; non perché in squadra vi siano valide alternative al corridore della Saxo Bank, ma perché tanto Andy Schleck quanto Kim Kirchen sono stati costretti al forfait, lasciando sostanzialmente isolato il maggiore dei fratelli. Una situazione che susciterà senz’altro la solidarietà di Alexandr Kolobnev: per quanto Karpets e Gusev offrano garanzie maggiori di Gastauer e Didier, non sembrano comunque un cast di supporto tale da poter traghettare finalmente il leader al primo successo di prestigio in carriera, dopo una sfilza di piazzamenti da far invidia all’Evans pre-Mendrisio. Il problema, per il corridore della Katusha, sarà il solito: per vincere dovrà andarsene da solo, dal momento che in volata partirebbe battuto contro chiunque o quasi, e il percorso non sembra tale da potergli consentire un assolo.
Uomini potenzialmente pericolosi in caso di corsa dura li avrebbe anche la Spagna, che schiererà al via Samuel e Luis Leon Sanchez. “Avrebbe” soltanto, però, giacché è quasi certo che gli iberici adottino la stessa tattica delle stagioni passate (tranne Mendrisio, quando davvero un epilogo allo sprint era pressoché impossibile), mirando cioè a tenere cucita la corsa fino in fondo, giocandosi poi la carta Freire in caso di sprint. Una scelta comprensibile, poiché avrebbe probabilmente più chance Freire contro Cavendish, Hushovd e Farrar – anche grazie al rettilineo finale in ascesa -, rispetto ai due Sanchez contro Gilbert, Pozzato e gli altri possibili attaccanti. Pesante, in ogni caso, l’assenza di Joaquin Rodriguez, che sarebbe senz’altro stato fra i grandi favoriti in caso di forte selezione.
A capeggiare la schiera di chi ambisce a tenere chiusa la corsa fino al possibile sprint finale, a logica, dovrebbe essere la Gran Bretagna di Mark Cavendish, che potrà però contare su appena due compagni di squadra. Al suo posto potrebbe però subentrare la nazionale statunitense di Tyler Farrar, che avrà invece al suo fianco ben 8 atleti, pressoché interamente a sua disposizione. Fra i due, Cavendish sarebbe senz’altro favorito in uno sprint canonico, ma non si può sottovalutare la pendenza degli ultimi 500 metri, che potrebbe far scendere le quotazioni di Cannonball più di quelle dello yankee.
In caso di finale in volata, la principale alternativa al duo anglofono potrebbe essere rappresentata da André Greipel, già vincitore di 21 corse in questa stagione e fresco di tris di traguardi parziali al Giro della Gran Bretagna, anche se la tenuta su lunghe distanze e percorsi mediamente impegnativi del tedesco non è propriamente al di sopra di ogni sospetto.
Se Cavendish dovrà far fronte al problema degli appena due compagni, Boasson Hagen e Hushovd dovranno invece accontentarsi di mezzo. La Norvegia, infatti, si schiererà al via con un gregario e due capitani, entrambi temibilissimi in virtù della loro tenuta su percorsi vallonati. Tutti e due potrebbero dire la loro in caso di volata (non necessariamente ristretta), ma è presumibile che sia il più esperto Thor a disputare lo sprint, e che Boasson possa tentare di inserirsi in qualche azione all’ultimo giro, per poi far valere il suo spunto veloce.
Una situazione non molto dissimile da quella della Slovacchia, che avrà in Peter Sagan una delle incognite più significative della gara e in Peter Velits un atleta che con il 3° posto finale alla Vuelta si è candidato ad un possibile ruolo da protagonista. Certo, per entrambi potrebbe pesare il fattore età (25 anni Velits, addirittura solo 20 Sagan, che praticamente mai si è confrontato con una gara di questo chilometraggio), e il più adatto al tracciato (Sagan) non coincide con il più in forma (Velits), avendo raccolto i cinque successi stagionali tutti nei primi mesi dell’anno, tra Parigi – Nizza, Romandia e California.
Fra le nazionali con meno tradizione, da tenere d’occhio anche il duo neozelandese Henderson – Dean, entrambi temibili in caso di arrivo allo sprint – anche se verosimilmente più per un piazzamento che per il successo -, e il bielorusso Yauheni Hutarovich, capace addirittura di battere in rimonta Mark Cavendish a Marbella nella 2a tappa dell’ultima Vuelta.
Per paesi di non grande storia ciclistica alle spalle che si ritrovano quest’anno con addirittura due carte da giocare per puntare al titolo, due superpotenze ciclistiche tradizionali arrivano invece all’appuntamento australiano senza neanche un vero candidato al successo. Si tratta di Olanda e Francia, che non vincono rispettivamente da 25 e 14 anni, e che partono con grossissime chance di prolungare questa astinenza almeno fino al prossimo anno. I tulipani saranno infatti privi dell’unica stella di prima grandezza del loro attuale movimento, Robert Gesink, mentre Sylvain Chavanel, pure tutt’altro che trascurabile minaccia, non sembra comunque in grado di poter rivaleggiare con Gilbert, Pozzato e gli altri favoriti.
Ultimo ma non ultimo, non si può non venire a parlare di Fabian Cancellara, che abbiamo volutamente lasciato in fondo perché, in parte assieme a Gilbert, con cui abbiamo aperto, e a Pozzato, di cui abbiamo detto in altra sede (a tal proposito, correzione dovuta: le riserve saranno Gasparotto e Nocentini, e non quest’ultimo e Tonti, come da noi precedentemente indicato), è probabilmente l’unico corridore sulla cui condotta tattica non si possono azzardare ipotesi, complice il pochissimo sostegno che verosimilmente potrà avere dai compagni di squadra. Cancellara ha dimostrato a Mendrisio di poter vincere un Mondiale anche selettivo, ed è naturalmente predisposto ad una corsa d’attacco (si pensi agli ultimi Fiandre e Roubaix). D’altro canto, l’elvetico potrebbe anche decidere di tenersi tutto per il finale, tentando poi un’azione negli ultimissimi chilometri ad anticipare lo sprint. Perché un eventuale allungo di Cancellara nel finale possa risultare decisivo, potrebbe bastare che il gruppo gli ceda 10 metri sullo scatto, e il fatto che un’azione del genere sia abbastanza prevedibile in caso di situazione di corsa propizia non garantisce che questa non possa riuscire ugualmente. In certi momenti, tenere la ruota di Cancellara in pianura può infatti risultare difficile quanto tenere quella di un grande scalatore in montagna. E dopo quanto visto nella prova a cronometro di oggi, stravinta con la consueta, disarmante superiorità, è legittimo sospettare che questo sia uno di quei momenti.

Matteo Novarini

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