REIN, IL RITORNO: TAPPA E MAGLIA A TAARAMÄE, MENTRE IL VENTO SMORZA IL RESTO

agosto 17, 2021
Categoria: News

Un Roglic pratico e poco romantico regala la maglia, mentre un arrivo in salita pur durissimo delinea una selezione ancora limitata, anche per colpa del vento. Si confermerà la tradizionale stabilità della Vuelta con una dozzina di nomi scarsi già predestinati alla top ten?

Rein Taaramäe, dieci anni dopo. Il più grande ciclista estone dei nostri tempi, con buona pace del comunque ottimo Tanel Kangert, vince un’altra tappa alla Vuelta, dopo quella della Farrapona 2011 in cui aveva prevalso sull’ineffabile Cobo e sul duo Wiggins-Froome, agli albori della propria parabola di ripicche, sospetti e trionfi inattesi. Passano le generazioni e il buon Rein continua per la propria strada, ora da raffinato ancorché poco prolifico cacciatore di tappe: e quanto tempo è altresì trascorso da quelle istantanee drammatiche della Vuelta 2009, con un giovanissimo Rein piantatosi e piangente sulle rampe inconfondibilmente garagistiche della penisola iberica, allora verso il Xorret de Catí. Gli anni risarciscono la serietà del corridore con una tappa conquistata all’arma bianca, a base di pazienza e tattica, ma soprattutto con la maglia rossa del primato provvisorio in generale: Roglic e il suo team rinunciano alla prospettiva fascinosa ma impervia di vestire il primato per l’intero GT, dalla prima all’ultima tappa, e così viene concesso alla fuga uno spazio più che sufficiente a disegnare un’alta classifica “di schermo”, i cui protagonisti tengano cucita la corsa nelle ardue ma poco succose tappe per cui transiteremo lungo questa prima settimana. Non si tratta comunque di una vittoria facile: Rein se la deve vedere prima con le sfuriate di un attaccante nato, se non quasi scriteriato, com’è Calméjane, poi con due scalatori di indiscusso pedigree come lo statunitense Dombrowski e il francese Elissonde. Taaramäe contiene, chiude, aspetta, poi affonda lo stocco e stronca le ultime disperate resistenze dei compagni. Dopo la delusione del rientro dei migliori nella battagliatissima tappa di Sestola in quest’ultimo Giro 2021 (comunque compensata, per la squadra, dal memorabile assolo di Taco van der Hoorn), stavolta la giornata magica dell’estone raccoglie un premio meritato e, come detto, perfino doppio.
Nel gruppo ha tenuto a lungo banco il placido lasciar fare dei Jumbo Visma, ancor più comprensibile a bocce ferme, ovverosia valutando una prestazione globale del team assai deludente sull’ascesa finale, fatta salva la solidità di Roglic: i gregari di lusso che covavano un ruolo potenziale come seconde punte di scorta, alla Vingegaard diciamo, da Kuss a Kruijswijk a Oomen, hanno tutti incassato tre minuti buoni o più. Sono state quindi la Ineos e la Movistar ad accelerare in vista della salita finale, mentre sulle dure pendenze dell’ultima salita come tale la prominenza è stata assunta dalla Bahrain di Landa, con il rinnovato 4×4 Padun, e dalla UAE, pur con Dombrowski davanti.
Il tracciato del Picón Blanco è stato da poco reso valicabile (opzione purtroppo non sfruttata oggi) con nuove asfaltature, anche al servizio degli importanti parchi eolici della zona: e non per nulla il vento è stato in realtà il gran protagonista della salita finale, con un forte vantaggio per chi teneva le ruote, e la conseguente scarsa selezione.
Ne fa le spese soprattutto un avventuroso Davide de la Cruz che prova a mettere a buon frutto il lavoro della UAE con un allungo ai -4 km. Nulla di fatto, anche se le successive frustate per riportarsi sotto producono qualche vittima di spicco, soprattutto il campione olimpico Carapaz (l’altro campione olimpico – di MTB in questo caso – vale a dire Pidcock, si è per ora calato appieno nel ruolo di chi vuole solo imbarcare esperienza, e minuti, a secchiate). L’indomito Richard si stacca, non molla, torna sotto approfittando delle abbondanti fasi di stanca, poi di nuovo l’elastico fa snap e l’esito conclusivo sarà di un minuto di distacco.
L’altro bell’attacco, di nuovo a testimonianza di un gruppo ancora folto ai – 2km, sarà di un temerario Óscar Cabedo, che pur da un team di seconda fascia costruisce una bella azione con l’aiuto di Jetse Bol, fuggitivo del mattino ormai attardato rispetto ai primissimi. Accelerazione di Bol e poi scatto secco di Cabedo, infrantosi però contro un muro di vento. Sempre pimpante fra i primi c’è Adam Yates, come molto attivo risulta Valverde, che propone una lunghissima trenata dai meno 1500 metri al traguardo, lanciando la volata di Enric Mas… inseguito dal compagno di team Superman López. La Movistar fatica a smentirsi, anche se almeno a livello fisico le sensazioni sono molto buone. Più coperti ma apparentemente sicuri di sé Bernal, Roglic e Landa. Molto bene anche Ciccone e, a queste altezze quasi una sorpresa, lo stesso Fabio Aru che poco tempo fa annunciava il proprio ritiro al termine di questa Vuelta. Segue un misto di spagnoli vecchi e nuovi affiancati da gregari Bahrain d’alta quota o dagli inglesi della EF. Più attardati Bardet con Vlasov.
Pur con un tracciato di 200 km e dal bell’incipit, tale da conformare una fuga di indubbia qualità, la Vuelta resta la Vuelta: pur lungi dall’essere un muretto, e anzi stracolma di valori tecnici, la salita finale è troppo isolata e si riduce, letteralmente, a uno sprint finale in salita con quasi 40 (!) atleti ancora assieme in prossimità della flamme rouge. È pur vero che il forcing finale a quel punto basta per sgretolare il gruppo e disperderlo sull’arco di un intero minuto; tuttavia i finali articolati dell’anno scorso, come quello “giù da” San Miguel de Aralar erano piaciuti di più. Qui il rischio è, come fin troppo spesso accade alla Vuelta, che la top ten finale non disti troppo la gerarchia di valori sbozzata su questi ultimi mille metri di Picón Blanco: una rimescolata fra Mas, López, Roglic, Yates, Landa, Ciccone, Bernal, Valverde, Aru, David de la Cruz, Carthy, Bardet, Vlasov e pochi altri, al netto di quasi certe crisi (ahinoi assai preventivabili quelle made in Italy), cadute e poco più. Se non altro, va detto, il bel percorso di quest’anno lascia abbondante spazio a rivolgimenti di peso. Attendiamo speranzosi più avventurosi azzardi e meno vento in faccia degli attaccanti – o, semmai, una buona dose di vento laterale nelle tappe da ventagli che ci attendono fra domani e dopodomani.

Gabriele Bugada

Laffermazione del corridore estone in vetta al Picón Blanco (foto Bettini)

L'affermazione del corridore estone in vetta al Picón Blanco (foto Bettini)

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