ECUAD’ORO CARAPAZ, L’OLIMPIADE E’ SUDAMERICANA!

luglio 24, 2021
Categoria: News

La corsa olimpica si infiamma sul Mikuni Pass, ad una quarantina di km dall’arrivo. Sono Tadej Pogacar (Slovenia), Brandon McNulty (USA) e Michael Woods (Canada) ad attaccare ed a portarsi dietro un gruppetto di una quindicina di unità tra cui Alberto Bettiol (Italia). Ma è prima della seconda ascesa verso il Kagosawa Pass, a circa 25 km dall’arrivo, che si decide la corsa grazie all’azione di Brandon McNulty (USA) e Richard Carapaz (Ecuador). Quest’ultimo attaccava nello strappetto finale che anticipava l’entrata al Fuji International Speedway e andava a vincere l’oro olimpico. L’argento va a Wout van Aert (Belgio), il bronzo a Tadej Pogacar (Slovenia).

234 km di imboscate. Questo a prima vista sembra essere il leitmotiv che accompagnerà i ciclisti impegnati nella Prova in Linea Olimpica di Tokyo 2020. Si parte dal Musashinonomori Park e si arriva al Fuji International Speedway. I primi 100 km prevedono le due ascese di Doushi Road e di Kagosaka Pass, dopodiché si entrerà nel vivo con la scalata del Monte Fuji, il punto più elevato del percorso olimpico con i suoi 1451 metri. Dopo lo scollinamento ci saranno da affrontare una cinquantina di km tra discesa e diversi saliscendi prima di affrontare la salita più dura, il Mikuni Pass, dove la corsa potrebbe decidersi o, perché no, essersi già decisa. La parte centrale con i suoi 4 km con pendenze costantemente in doppia cifra renderanno dura la vita di molti ciclisti. Dalla vetta del MIkuni Pass mancheranno 34 km all’arrivo, inframmezzati dalla seconda breve ascesa verso il Kagosaka Pass, dopodiché ci saranno circa 10 km di discesa. Gli ultimi 13 km sono sostanzialmente in pianura ma ci sono alcuni zampellotti sui quali si scateneranno gli ultimi attacchi per la vittoria finale. Un percorso sicuramente esigente e che promette spettacolo. Le nazionali hanno un massimo di cinque atleti per squadra. Beneficiano di questo vantaggio Belgio, Spagna, Francia, Olanda ed Italia. Ma gli occhi saranno puntati anche su altre nazionali, con Slovenia, Svizzera, Danimarca, Colombia e Gran Bretagna, per dirne alcune, che non mancheranno di attaccare a ripetizione. Greg Van Avermaet, ai nastri di partenza col Belgio, cinque anni fa a Rio conquistò l’oro olimpico grazie ad una fuga a lunga gittata. Vedremo a Tokyo cosa succederà. A causa della positività al Covid, non partivano due ciclisti: il tedesco Simon Geschke ed il ceco Michal Schlegel. Le prime fasi della corsa servivano principalmente a mettere in atto la fuga di giornata da parte di ciclisti di seconda fascia. Erano in otto ad andare in fuga dopo poco più di 10 km: Nic Dlamini (Sud Africa), Michael Kukrle (Repubblica Ceca), Juraj Sagan (Slovacchia), Eduard-Michael Grosu (Romania), Polychronis Tzortzakis (Grecia), Orluis Aular (Venezuela), Paul Daumont (Burkina Fasu) ed Elchin Asadov (Azerbaijan). Gli otto in fuga raggiungevano un vantaggio che sfiorava i 20 minuti verso il km 80, quando si scollinava la prima asperità di giornata, la Doushi Road. Sul successivo Kagosaka Pass, la fuga si rompeva in due tronconi. Restavano in testa Dlamini, Kukrle, Sagan, Tzortzakis ed Aular. Era principalmente il Belgio con Greg van Avermaet a tirare il gruppo. Per colpa della rotaia del tram, erano coinvolti in una caduta, apparentemente senza conseguenze, Giulio Ciccone (Italia), Geraint Thomas e Tao Hart (Gran Bretagna). Ai piedi della scalata verso il Monte Fuji, il vantaggio della fuga era sceso a 13 minuti e 40 secondi. Dopo il gran lavoro fatto nella prima parte della corsa, Greg van Avermaet si staccava sulle prime rampre del Monnte Fuji. Era sempre il Belgio con Beoon e Vansevenant a tirare il gruppo, coadiuvato da Tratnik per la Slovenia. Dopo Van Avermaet, alzava bandiera bianca anche Omar Fraile, che poteva essere una valida alternativa a Valverde per la Spagna. Giulio Ciccone si faceva vivo nelle prime posizioni del gruppo dando un forte impulso all’andatura, tant’è che sotto la sua spinta il gruppo iniziava a sfilacciarsi. Altri ciclisti di un certo livello si staccavano, come Zdenek Stybar (Repubblica Ceca), Ilnur Zakarin (Russia) e Alejandro Valverde (Spagna). La fuga scollinava con poco più di 6 minuti di vantaggio sul gruppo. A 60 km dall’arrivo il vantaggio della fuga era di 4 minuti e 10 secondi. Si avvicinava la scalata verso il Mikuni Pass, con il gruppo inseguitore forte ancora di un’ottantina di unità. Nel frattempo Thomas si ritirava. A 55 km dall’arrivo nel gruppo iniziavano le scaramucce. I primi a muoversi erano Damiano Caruso (Italia), Wilco Leldremann (Olanda) e Mauri Vansevenant (Belgio). Piùche altro era un allungo per testare la situazione generale. Ripartivano in contropiede Vincenzo Nibali (Italia), Remco Evenepoel (Belgio) ed Eddie Dunbar (Irlanda). Anche questo tentativo aveva vita breve. A 50 km dalla conclusione il gruppo dei migliori tornava compatto, anche se bisognava ancora andare a prendere Kukrle ed Aular. Il ricongiungimento effettivo avveniva a 48 km dall’arrivo. In testa al gruppo si segnalava la presenza delle nazionali francese e olandese. Sulle prime rampe del Mikuni Pass era il Belgio a mantenere un’andatura costante con Benoot. Anche Nairo Quintana (Colombia) si staccava. Insieme a lui, perdevano definitivamente il contatto col gruppo Kasper Asgreen (Danimarca) e Alejandro Valverde (Spagna), che era riuscito a rientrare precedentemente. Anche Tom Dumoulin (Olanda), Sergio Higuita (Colombia), Vincenzo Nibali e Giulio Ciccone (Italia) e Remco Evenepoel (Belgio) si facevano sfilare. Il Mikuni Pass si stava rivelando il punto clou della corsa olimpica, con il gruppo principale che contava non più di una trentina di unità. Tadej Pogacar (Slovenia) scattava a circa 4 km dallo scollinamento. Riuscivano a mantenere il suo ritmo Brandon McNulty (USA) e Michael Woods (Canada). Il gruppo era tirato da Alberto Bettiol (Italia) e Wout van Aert (Belgio), mentre sembrava in difficoltà Primoz Roglic (Slovenia). Sul terzetto di testa si riportavano Bauke Mollema (Olanda), Michal Kwiatkowski (Polonia), Alberto Bettiol (Italia) e Richard Carapaz (Ecuador). Anche Rigoberto Uran (Colombia) raggiungeva la compagnia a circa 2 km dallo scollinamento. Grazie al lavoro di Van Aert, rientravano sui primi, oltre al belga, anche Bauke Mollema (Olanda), Jakob Fuglsang (Danimarca) e David Gaudu (Francia). Prima della seconda ascesa verso il Kagosaka Pass, rientravano anche Maximilian Schachmann (Germania) ed Adam Yates (Gran Bretagna). A 25 km dall’arrivo attaccavano Carapaz e McNulty. La coppia di testa conquistava un discreto vantaggio sugli immediati inseguitori. Le doti da passista di McNulty si facevano vedere nella discesa successiva allo scollinamento del Kagosawa Pass. A 20 km dall’arrivo la coppia di testa aveva 40 secondi di vantaggio sui diretti inseguitori. Bettiol era vittima di crampi e si faceva sfilare. Restavano in 10 all’inseguimento di Carapaz e McNulty. A 6 km dall’arrivo Carapaz attaccava e si lasciava alle spalle McNulty che veniva ripreso dal drappello degli inseguitori. All’entrata del Fuji International Speedway, il ciclista ecuadoriano aveva una trentina di secondi di vantaggio sugli immediati inseguitori. Carapaz dava tutti negli ultimi km ed andava a trionfare sul traguardo, per il primo oro olimpico di un ciclista sudamericano. Nella volata ristretta per l’argento, van Aert batteva al photofinish Pogacar, che doveva accontentarsi del bronzo. Chiudevano la top five olimpica Bauke Mollema in quarta posizione e Michael Woods in quinta posizione. Prossimo appuntamento con gli uomini sarà il 28 Luglio nella prova a cronometro. Van Aert vorrà sicuramente rifarsi dopo un pur ottimo argento, ma la concorrenza è agguerrita con Filippo Ganna (Italia) e Rohan Dennis (Australia) che gli daranno filo da torcere.

Giuseppe Scarfone

Dopo il Giro del 2019 ecco unaltra perla firmata Carapaz, la gara su strada alle olimpiadi di Tokyo (foto Bettini)

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