GIRO 2021: MOLTO BELLO, VARIO ED EQUILIBRATO MA…

febbraio 24, 2021
Categoria: News

Presentato oggi il percorso del Giro d’Italia 2021 con una trasmissione piuttosto imbarazzante. Percorso molto vario ed equilibrato, ma ci sono diversi aspetti che non convincono appieno, a cominciare dalla distribuzione geografica delle frazioni.

Un Giro d’Italia senza il sud. Completamente escluso il mezzogiorno dal percorso, mentre il Piemonte non solo ospiterà le frazioni di partenza, ma pure le ultime con una decisa sovraesposizione a scapito delle regioni meridionali.
Questo è uno degli aspetti meno convincenti di un Giro che appare comunque molto vario per la presenza di salite di ogni genere, di sterrati e di tappe più o meno insidiose, distribuite lungo tutto l’arco delle tre settimane.
È questo il succo del Giro presentato oggi a Milano con una trasmissione televisiva francamente noiosa, con oltre mezz’ora di commenti inutili di dirigenti ed amministratori locali che si facevano reciprocamente i complimenti, parlando di collaborazione tra RCS e Rai, argomenti che francamente interessano solo loro stessi e per nulla il pubblico di appassionati, che sono poi quelli che si collegano in pieno orario lavorativo per scoprire il percorso.
In tutto ciò, lo spazio dedicato alla presentazione delle tappe è stato di pochi minuti, insopportabilmente intervallati da servizi altrettanto inutili ed ancor meno da un commento tecnico e da una analisi di difficoltà e insidie praticamente inesistente (basti pensare che non sono state mostrate neppure le altimetrie).
Le montagne non sono poche e le più impegnative sono il Fedaia – nella tappa regina che è sicuramente molto interessante – il Passo Fittanze (chiamato Sega di Ala perché non si arriverà sino in cima, ma ci si fermerà nella località che dà il nome all’arrivo), lo Zoncolan dal lato meno severo (che presenta però i tre chilometri finali da ribaltamento) e l’Alpe di Mera, inedita come del resto il Fittanze.
La Cima Coppi sarà posta sul Passo Pordoi, primato strappato per soli 3 metri al Passo Giau, sempre da affrontare nella medesima tappa. Oltre ai tre sforamenti appena indicati, si supereranno i duemila metri soltanto in occasione della penultima tappa, scollinando il San Bernardino e lo Spluga. Non si andranno quindi ad affrontare altitudini elevate e, se questo può dare maggiori rassicurazione rispetto al problema neve, fa perdere certamente alla corsa quella difficoltà che la rarefazione dell’aria ad elevate altitudini può provocare. Difficoltà che spesso possono portare anche a gravi crisi.
C’è in solo vero tappone, posto nella seconda settimana, quello di Cortina. La terza settimana non è quindi durissima, anche se presenta tre tappe di montagna con arrivo in salita e una cronometro lunga.
Il vero punctum dolens è proprio la scelta delle prove contro il tempo. Nei rumors si parlava di una cronometro tra Foligno e Perugia che sarebbe stata sicuramente opportuna. Invece la crono finale di Milano e quella iniziale di Torino non fanno impazzire il sottoscritto, ma ci possono stare; tuttavia dovrebbero entrambe essere di chilometraggio limitato per lasciar spazio ad una cronometro di 30/40 chilometri piazzata intorno alla decima tappa e caratterizzata da un percorso vario, come era avvenuto l’anno scorso con la crono di Valdobbiadene di metà Giro, una gara contro il tempo con salite, pianura, discese, gli elementi che hanno sempre contraddistinto le cronometro del Giro rispetto a quelle del Tour de France. In questo il territorio italiano offre moltissime occasioni, che purtroppo quest’anno non sono state colte.
Una cronometro finale di 30 Km ha un suo perché, ma da sola rischia di alterare l’equilibrio generale di un Giro, sia perché a fine corsa le energie sono al lumicino e quindi le caratteristiche contano meno, sia perché la crono piazzata prima delle montagne spinge ad attacchi più incisivi sulle salite.
Basti ricordare gli attacchi di Landa e Carapaz al Giro 2019 per ricucire il divario che Roglič aveva scavato nelle crono di Bologna e di San Marino.
Quattro sono le tappe che superano i duecento chilometri e, se la tappa più lunga – che misura 228 km – è completamente pianeggiante, la più dura, quella con arrivo a Cortina, misura comunque 212 Km.
Fatte queste notazioni passiamo agli aspetti positivi.
Il percorso è davvero variegato, costellato di tappe insidiose sin dalla prima settimana, molto vario tra sterrato, saliscendi, trabocchetti, poche tappe dichiaratamente per velocisti e distribuite lungo tutto l’arco della corsa, invece che concentrate nei primi giorni di gara. Un’alternanza di difficoltà molto sapiente che renderà la corsa davvero divertente. Questo è sicuramente il gran punto di forza del percorso. Non va poi dimenticato l’aspetto molto positivo delle salite inedite. Si tratta tra l’altro di ascese dure e decisive. La prima di queste è quella che porterà sino alla Sega di Ala, poco sotto il Passo Fittanze: non si affronterà così l’intera salita, ma la parte più dura verrà percorsa interamente e sarà quasi tutta in doppia cifra, con punte che superano il 15%. Sarà inoltre preceduta dal Passo San Valentino, che pure non scherza.
Qualche giorno più tardi l’ascesa verso l’Alpe di Mera, pure inedita, presenta anch’essa delle pendenze severe anche se non estreme, costanti e sempre intorno al 9/10%. È l’ideale per le rasoiate degli scalatori, perchè non presenta le pendenze estreme che rendono difficile lo scatto violento e brutale, ma neppure le pendenze regolari che agevolano chi sta a ruota. Si potrà così fare la differenza, specialmente se chi sta bene inizierà a fare corsa dura già sul Mottarone.
Passando alla analisi delle singole tappe, notiamo subito la bellezza della prima settimana che, ad avviso di chi scrive, è quella meglio disegnata.
Dopo i nove chilometri contro il tempo che a Torino permetteranno di presentare una classifica corta, ma comunque con i primi distacchi, si affronta la frazione pianeggiante che porterà da Stupinigi a Novara per la prima volata a ranghi compatti. Già nella successiva frazione da Biella a Canale si dovranno affrontare una sessantina di chilometri pieni di strappi e saliscendi. Gli ultimi due strappi la rendono adatta ai finisseur e spettacolarmente appetibile per i palati fini. Ci vorranno le invenzioni dei corridori di fantasia per riuscire a confezionare una bella azione, perché l’esito non è per nulla scontato e, se nessuno avrà il coraggio o la gamba giusta, non è esclusa la volata.
Alla quarta tappa, ci sarà il primo arrivo in salita a Sestola. Si tratta di una tappa che, dopo un primo tratto nel cuore della Pianura Padana, si inoltrerà nell’appennino emiliano. Le salita sono tutte molto agevoli, tranne quella conclusiva, che terminerà ad un paio di chilometri dal traguardo e presenta una pendenza media superiore al 9%, anche se lunga poco più di 4 Km: sicuramente consentirà la battaglia tra outsiders e cacciatori di tappe ed è facile che vada via una fuga, anche se si potrebbe assistere a qualche scaramuccia tra gli uomini di classifica, soprattutto da parte di chi dovrà recuperare il tempo perduto nella crono d’avvio.
Dopo la pausa di riflessione della quinta tappa (Modena – Cattolica), completamente pianeggiante e destinata ai velocisti, nella sesta frazione il Giro comincerà a presentare difficoltà di rilievo.
La prima delle tre ascese in programma porterà i corridori a scollinare il Passo di Gualdo, salita di 10 Km al 7,7% e quindi del tutto paragonabile ad una salita alpina di media difficoltà. Dopo la discesa verso Castelluccio, che presenta bellissimi paesaggi, si affronterà la facile Forca di Presta. Dopo lo scollinamento ci sarà un lunghissimo tratto interlocutorio che purtroppo favorirà un certo ricompattamento in caso di problemi sul Gualdo prima di andare ad affrontare i 17 Km dell’ascesa finale verso San Giacomo, sopra Ascoli Piceno. Non è la prima volta che si arriva su questo traguardo posto sul confine tra Marche e Abruzzo, ma nel 2002 si era affrontato il versante teramano: questa salita non è difficile come quella verso il Passo di Gualdo, ma presenta comunque una pendenza media vicina al 6% e soprattutto è molto lunga, fattore che nella prima parte di un grande giro di tre settimane potrebbe causare qualche defezione in caso di tentativi di stoccata nei tratti più difficili, che presentano pendenze intorno all’8/9%. Nel complesso si tratta comunque di una frazione varia ed interessante.
Altra pausa di riflessione con la Notaresco – Termoli, che si snoderà per lunghi tratti lungo la costa adriatica con una breve deviazione per salire a Chieti. Si percorrerà la splendida Costa dei Trabocchi, seriamente candidata per una cronometro il prossimo anno. Si arriverà quindi a Termoli, la più importante cittadina della costa molisana.
L’ottava tappa sarà di nuovo molto interessante. Da Foggia, punto più meridionale di questo Giro, ci si trasferirà nel Sannio scavalcando il massiccio del Matese a Bocca della Selva e percorrendo (specialmente in discesa) strade immerse in bellissimi paesaggi. Il finale verso i 445 metri di Guardia Sanframondi presenta pendenze tutt’altro che banali e potrebbe anche favorire qualche lieve distacco tra gli uomini di classifica.
Molto bella anche la nona tappa, Una vera frazione di montagna anche se le salite in programma non sono impossibili. 3400 i metri di dislivello da superare, distribuiti su 160 Km, e ben sei salite da scavalcare. Dopo la partenza da Castel di Sangro ci si inoltrerà nel Parco Nazionale d’Abruzzo e si affronterà la facile salita del Colle della Croce, che non costituisce GPM. Sarà invece valida per la speciale classifica degli scalatori la lunga salita verso i 1556 metri di Passo Godi. Lungo la discesa si passerà per Scanno, uno dei borghi più belli d’Italia poi la successiva salita vero Forca Ciarlotto non costituirà GPM, mentre invece ci sarà un traguardo valevole sulla successiva Forca Caruso a 1107 metri di altitudine. Valida per la maglia azzurra sarà pure la successiva salita verso la località sciistica di Ovindoli. Da lì, ci sarà un tratto interlocutorio di venti chilometri molto bello sull’Altopiano della Rocche (Rocca di Mezzo e Rocca di Cambio) prima di imboccare la galleria di recente costruzione che porterà i corridori sulle piste da sci di Campo Felice a 1665 metri di altezza, con l’ultimo chilometro e mezzo su sterrato. Praticamente di pianura non ce n’è e costituirà la prima vera tappa di montagna, sicuramente interessante. Sul finale, con lo sterrato, ci potrebbero essere dei distacchi, pur contenuti, tra i big.
Prima del giorno di riposo andrà in scena la L’Aquila-Foligno, dedicata alla ruote veloci, anche se il Passo della Somma a 32 Km dalla conclusione potrebbe essere il trampolino di lancio per un contrattacco finalizzato ad anticipare lo sprint.
Dopo il riposo si disputerà l’immancabile “wine stage”, quest’anno dedicata al Brunello di Montalcino. Stavolta non si tratterà di una cronometro, ma di una splendida tappa movimentata da quasi 35 Km di strade sterrate
Tutti ricordano, proprio a Montalcino nel 2010, la vittoria di Evans sotto la pioggia che rese il fondo fangoso e che causò grandi distacchi tra i big, gap temporali che potranno esserci anche questa volta. Dopo l’ultimo tratto di sterrato, si dovrà scollinare il Passo del Lume Spento, la cui sommità è posta a soli 4 Km dalla conclusione. Si tratta di frazione chiave davvero difficile e sarà fondamentale stare con gli occhi spalancati.
Insidiosa appare anche la successiva tappa da Siena a Bagno di Romagna. Dopo Monte Morello si affronteranno due salite vere, anche se non impossibili, come il Passo della Consuma e il Passo la Calla, mentre a soli 10 Km dalla conclusione si salirà sul Passo del Carnaio. È tappa da fughe, battaglia tra outsiders e spettacolo sono assicurati, mentre i big dovranno fare molta attenzione a non cadere nei trabocchetti, sempre presenti in tappe del genere.
Nella successiva tappa si spezzerà nuovamente il ritmo con un nuovo tavolo da biliardo per le ruote veloci tra Ravenna e Verona. È solo un’illusione perché il giorno successivo si tornerò a fare sul serio con la Forcella di Monte Rest e l’arrivo sul Monte Zoncolan. Si percorrerà il versante di Sutrio, già affrontato nel 2003 quando lassù si impose Simoni e Pantani fece una discreta figura, stringendo di denti sulle arcigne pendenze del finale. La caratteristica di questo versante è proprio questa, la salita è molto meno dura rispetto a quello di Ovaro, ma negli ultimi 2 Km si toccano pendenze più elevate rispetto all’altro versantge. Le punte superano addirittura il 25%, arrivando in alcuni punti a toccare il 27%. Sperando che prima o poi venga sistemata la strada che sale da Priola (versante durissimo che ha in comune gli ultimi 2 km con quello di Sutrio) gli appassionati potranno godersi una dura battaglia tra i big, anche se i distacchi potrebbero essere inferiori alle attese perché le pendenze sono talmente elevate al punto che ognuno andrà al massimo e le differenze si faranno senza la possibilità di scavare solchi importanti.
La successiva Grado – Gorizia presenterà un percorso insidioso e interessante, con un circuito finale a cavallo del confine con la Slovenia che contiene un ripido strappo da ripetere tre volte. Anche in questo caso i finisseur potranno cercare il successo di tappa alla vigilia del tappone dolomitico del giorno dopo. L’occasione per confezionare il distacco grosso sarà offerta dalla Sacile – Cortina d’Ampezzo, la frazione più dura del Giro: 212 Km, 5700 metri di dislivello, quattro salite con la Cima Coppi e la Montagna Pantani. Si parte subito col botto con la salita verso il GPM della Crosetta, quindi si dovrà percorrere un lungo tratto interlocutorio prima di affrontare in rapida successione la Marmolada (Montagna Pantani), il Pordoi (Cima Coppi) ed il Giau, seguito dalla picchiata finale verso la sede delle Olimpiadi Invernali 2026 e dei recenti campionati del mondo di sci alpino. Qui si potrà fare la differenza. Il primo attacco potrebbe addirittura partire sulla Marmolada, perché il drittone che da Malga Ciapela punta verso il cielo è davvero cattivo, le pendenze sono molto severe, si può scattare e si può andare fuori giri, ci si può fare davvero male. Zulle nel 1998 ci rimise la maglia rosa e due anni prima Tonkov passò un brutto quarto d’ora per inseguire uno scatenato Zaina. Se si va in crisi qua si rischia di non riprendersi più e si possono perdere tantissimi minuti.
Il Pordoi non è una salita dura, ma scalato subito dopo la Marmolada potrebbe risultare indigesto. Tonkov, nel 1996, dopo aver patito l’attacco di Zaina non fu brillante sul Pordoi, anche se riuscì con i denti a resistere agli allunghi di Bugno, a proprio agio su quelle pendenze non troppo cattive.
Dura, invece, è la salita verso il Giau, che potrebbe a questo punto presentare un conto molto salato. Dalla cima, mancheranno 18 Km a Cortina d’Ampezzo per un finale davvero spettacolare.
In questa tappa, si possono impostare tantissime strategie di attacco e si può tentare la grande impresa. Speriamo che i corridori ci regalino una grande giornata di ciclismo.
Molto bella anche la successiva tappa, che arriva dopo il giorno di riposo e si sa che in questi casi le sorprese sono dietro l’angolo. I primi 140 Km sono tranquilli, ma da Avio cominceranno i guai. Si salirà prima verso il Passo di San Valentino, salita tutt’altro che facile, quindici chilometri con la parte centrale sempre intorno all’8/9%. È una salita da non sottovalutare, anche perché dal fondo della discesa ci saranno solo 8 Km pianeggianti prima di attaccare la salita durissima verso Sega di Ala. L’ascesa è quasi tutta in doppia cifra, con frequenti tratti al 13/15%. È una salita da scalatori puri, si può fare la differenza, si possono tentare le rasoiate che fanno male. Se si imposta una strategia di attacco già dal San Valentino possono venire fuori distacchi davvero elevati.
La tappa più lunga del giro sarà la successiva Rovereto – Stradella di 228 Km, che costituirà l’ultima occasione per i velocisti (se riusciranno a rimanere a galla nei saliscendi del finale).
La due giorni finale propone due tappe di montagna non impossibili ma comunque dure. La prima è la Abbiategrasso – Alpe di Mera con il Mottarone a metà percorso, poi la Colma di Varallo ed infine la salita che condurrà al traguardo. Se si imposta la corsa dura già dal Mottarone, si potrà tentare di fare la differenza sulla salita finale, da scalatori puri, con pendenze costanti intorno al 9/10%. Le inclinazioni costanti favoriscono i regolaristi, ma si tratta comunque di pendenze elevate, sulle quali gli scalatori puri possono tentare violenti scatti, mal digeriti dai corridori che non gradiscono i cambi di ritmo.
L’ultima occasione per fare la differenza in montagna sarà offerta dalla Verbania – Alpe di Motta, tappa con sconfinamento in Svizzera. La salita verso il del Passo San Bernardino è infinita (oltre 30 Km) ma le pendenze non sono affatto elevate. La seconda salita verso il Passo dello Spluga è meno lunga, ma presenta pendenze un pochino più cattive, soprattutto negli ultimi 5 Km che hanno una media del’8%. L’ultima salita è quella che porterà i corridori all’Alpe di Motta, 9 Km con pendenze anche qui non impossibili, ma comunque da non sottovalutare. Gli ultimi 4200 metri di dislivello potranno fare comunque male al ventesimo giorno di gara.
L’ultima tappa sarà una cronometro per specialisti con un buon chilometraggio, 29 Km e 400 metri per andare da Senago al tradizionale approdo di Piazza Duomo a Milano. Già si è detto che sarebbe stato meglio diminuire a circa 15 Km questa frazione ed inserire una crono varia di 30-40 Km a metà Giro con salite e discese. In ogni caso, in molti ricorderanno che nel 2017 una tappa a cronometro finale con un chilometraggio simile costò il Giro d’Italia a Nairo Quintana in favore di Tom Dumoulin.
I cronoman sono decisamente sfavoriti dalla collocazione all’ultimo giorno dell’unica vera occasione a a loro riservata, perché comunque queste tappe favoriscono non tanto gli specialisti quanto gli uomini di fondo. Ovviamente, se un corridore possiede entrambe le caratteristiche tanto meglio per lui, però una frazione più varia e metà Giro sarebbe stata certamente meglio.
C’è un solo vero tappone, quello di Cortina, ma le altre tappe di montagna sono comunque interessanti e tutt’altro che banali. Forse manca un’altra tappa di montagna senza l’arrivo in salita.
Davvero belle, invece, sono tutte le tappe di media difficoltà, soprattutto molto ben distribuite lungo i 21 giorni di gara.
Ottima anche la collocazione delle tappe per velocisti, mai consecutive e sempre intervallate da frazioni con difficoltà.
In conclusione si tratta di un giro molto bello e molto interessante e gli aspetti negativi evidenziati, seppure non di poco conto, non possono comunque pregiudicare un giudizio complessivamente positivo.

Benedetto Ciccarone

Limbocco della salita del Passo Giau (magazine.deporvillage.it)

L'imbocco della salita del Passo Giau (magazine.deporvillage.it)

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