BATTI UN CINQUE – 1978, IL PRIMO TOUR DI HINAULT

luglio 2, 2020
Categoria: News

Nel luglio del 1978 inizia l’era di Bernard Hinault al Tour de France, che debutta proprio nell’anno del ritiro dalle competizioni di Eddy Merckx, il suo predecessore nello speciale e ristretto albo d’oro che raduna i corridori che in carriera sono stati in grado di vincere cinque edizioni della Grande Boucle. Nonostante gli appena 23 anni e la mancanza di precedenti esperienze al Tour il corridore francese riesce subito a imporsi con distacchi da campione navigato, quasi tutti impressi nel corso dell’ultima tappa a cronometro.

23 anni, già tre stagioni da professionista alle spalle e un inizio di carriera in sordina, che l’aveva visto sbocciare l’anno prima vincendo Gand-Wevelgem, Liegi, Delfinato e Gran Premio delle Nazioni a cronometro. È con questo già nutrito curriculum che il giovane Bernard Hinault il 29 giugno del 1978 si presenta ai nastri di partenza del Tour de France. Nonostante nei mesi precedenti si sia imposto nella Vuelta conquistando ben cinque successi di tappa, i “bookmakers” faticano a inserire il bretone nel listino dei favoriti, sia per la giovane età, sia perché non ha nessuna esperienza di Grande Boucle, che affronta per la prima volta. Non si vedono, però, grandi stelle al via di quel Tour, perchè non c’è più Eddy Merckx, che pure inizialmente aveva messo la corsa francese nei suoi programmi e che poco più di un mese prima aveva annunciato il suo definitivo addio alle corse, mentre il vincitore uscente del Tour Bernard Thévenet non sembra attraversare un grande momento di forma e, infatti, concluderà anzitempo la corsa in un’annata che non lo vedrà mai vincente e a quota zero vittorie rimarrà nel 1978 anche il belga Lucien Van Impe, che il Tour l’aveva vinto due anni prima. Si guarda con interesse agli olandesi Hennie Kuiper e “Joop” Zoetemelk, entrambi già saliti sul secondo gradino del podio del Tour a Parigi; non si pensa troppo al portoghese Joaquim Agostinho, che in questa edizione otterrà il terzo posto finale; non si pensa per niente agli italiani, ma semplicemente perché nessun azzurro è iscritto alla corsa francese. C’è, però, un corridore che sembra risaltare nella starting list e che gode dei maggiori favoriti del pronostico, il ventisettenne belga Michel Pollentier, che quest’anno punta alla maglia gialla dopo aver vinto il Giro d’Italia nel 1977 e che si presenta al Tour qualche giorno dopo aver vinto il Delfinato e il campionato nazionale.

La partenza del 65° Tour de France è fissata fuori dai confini nazionali con un cronoprologo di 5 Km disegnato sulle strade della cittadina olandese di Leida, che viene conquistato da un corridore di casa. Il più veloce di tutti è, infatti, Jan Raas, che sotto la pioggia fa meglio di 2” del connazionale Gerrie Knetemann, mentre i corridori più attesi pagano rispettivamente quattro (Zoetemelk), otto (Kuiper), diciannove (Hinault), ventotto (Thévenet), trentuno (Van Impe) e quarantaquattro secondi (Pollentier e il suo compagno di squadra Agostinho).

Il secondo giorno prevede due semitappe, entrambe in linea e totalmente pianeggianti, la prima delle quali termina a Sint Willebrord, dove Raas vince ancora partendo secco a 900 metri dal traguardo e resistendo per un secondo alla rincorsa del gruppo, regolato allo sprint dall’ex campione del mondo Freddy Maertens. Per Raas c’è anche la gioia della maglia gialla, che non gli era stata assegnata il giorno prima per la decisione degli organizzatori di annullare il prologo ai fini della classifica a causa del maltempo. Il pomeriggio si arriva a Bruxelles dove Maertens incassa un altro secondo posto, preceduto dal suo connazionale Walter Planckaert mentre terzo si piazza Jean-François Pescheux, il corridore francese che – appesa la bici al chiodo – nel 1981 entrerà a far parte dello staff organizzativo del Tour arrivando a ricoprire, tra il 2005 e il 2013, l’incarico di direttore di corsa aggiunto al fianco di Christian Prudhomme.

Leggermente più insidiosa è la frazione che introduce la corsa in Francia e che prevede qualche tratto di pavè, non dei più celebri, prima di giungere al traguardo di Saint-Amand-les-Eaux, dove si assiste a un’altra conclusione allo sprint e a un’ennesima sconfitta da parte di Maertens, che oggi si piazza terzo preceduto dai francesi Jacques Esclassan e Yvon Bertin.

Alla vigilia della temuta cronosquadre di Caen si disputa un’interminabile frazione di trasferimento che ha la sua meta nella cittadina di Saint-Germain-en-Laye, alle porte di Parigi, e che il gruppo affronta al piccolo tratto, al punto che la media finale sarà di poco inferiore ai 33 Km/h. A 76 Km dal traguardo è collocata una facile “côte” di quarta categoria sulla quale si stacca la maglia gialla Raas, che successivamente riesce a recuperare e a terminare la tappa nel gruppo dei migliori, senza comunque aver più l’insegna del primato sulle spalle. Negli stessi frangenti della sua momentanea crisi s’era, infatti, involata una fuga di dieci elementi che giunge fino all’arrivo, dove s’impone il tedesco Klaus-Peter Thaler mentre in testa alla classifica si porta il francese Jacques Bossis, compagno di squadra di Hinault.

Nel frattempo il sonno ai primattori del Tour è realmente turbato dall’incubo della prova collettiva prevista il giorno successivo perché tra Évreux e Caen si dovranno percorrere ben 153 Km. Si tratta della cronosquadre più lunga della storia del Tour e si annunciano distacchi ciclopici, anche se l’organizzazione ha stabilito che per la classifica non sempre saranno conteggiati i distacchi effettivi ma solo quelli attribuiti dagli abbuoni previsti in ordine decrescente per i primi cinque corridori delle prime cinque formazioni classificate (due minuti per la prima, 1’20” per la seconda, uno per la terza, 40” per la quarta e 20” per la quinta). La squadra più attesa al varco è l’olandese TI-Raleigh – nella quale militano l’ex capoclassifica Raas e Kuiper e che può essere considerata l’antesignana delle odierne “corazzate” stile Mapei e INEOS – che riesce a imporsi per appena sette secondi sulla belga C&A di Van Impe, dopo che questa era sempre transitata al comando ai precedenti intermedi. 4’19” è il passivo patito dalla Miko-Mercier di Zoetemelk, terza, mentre le formazioni degli altri corridori più attesi pagano distacchi più pesanti: 5’15” la Renault-Gitane di Hinault, 6’20” la Flandria di Pollentier, 13′20″ la Peugeot di Thévenet. Alla fine di questa difficile cronosquadre passa in testa alla classifica il vincitore della tappa del giorno precedente Thaler, che pure corre nella TI-Raleigh e che si veste di giallo con 6” su Knetemann e 46” sul belga Joseph Bruyère. Tra i corridori più attesi il migliore è Kuiper, 9° a 3’05” da Thaler e che ha 57” di vantaggio su Van Impe e Zoetemelk, 1’20” su Hinault, 1’40” su Pollentier e due minuti esatti su Thévenet.

Un’altra lunga prova contro il tempo, individuale questa, si palesa all’orizzonte ma prima si devono affrontare tre facili frazioni che, a meno di sorprese, dovrebbero terminare in volata e la prima di queste vede finalmente prevalere Maertens, che sul traguardo di Mazé-Montgeoffroy regola l’olandese Gerben Karstens ed Esclassan. Non ci sarà, invece, il volatone a gruppo compatto l’indomani a Poitiers perché a 7 Km dall’arrivo un gruppetto di cinque corridori riesce a evadere dal gruppo e giungere fino al traguardo, che taglia con 27 secondi di vantaggio. Tra questi corridori ci sono l’irlandese Sean Kelly, che conquista la sua prima vittoria al Tour, e Knetemann, che grazie al mezzo minuto guadagnato leva per 21 secondi la maglia gialla dalle spalle del suo compagno di squadra Thaler.

La tappa di Bordeaux termina nuovamente allo sprint e ancora con il successo di Maertens ma non si rivela una passeggiata per gli uomini di classifica, perché accadono alcune cadute “eccellenti” come quelle di Thévenet e Hinault, con quest’ultimo costretto a cambiare bici e a ricorrere alle cure del medico dopo aver battuto il gomito sinistro. L’infortunio non è serio e non ne condiziona l’indomani il rendimento nella cronometro che da Saint-Émilion conduce a Sainte-Foy-la-Grande, nella quale il corridore francese emerge alla distanza con un finale di gara travolgente. Gli intermedi del 22° e del 35° Km lo vedono viaggiare con una ventina di secondi da recuperare da Maertens, poi Hinault inserisce il turbo e all’altro capo dei 59 Km e rotti della crono si presenta come vincitore della tappa, con 34” su Bruyère – che pure si era infortunato il giorno prima – e 56” sul belga. Per quanto riguarda gli altri big della classifica i cronometri sanciscono 59” di ritardo per Zoetemelk, 1’22” per Pollentier e 2’59” per Kuiper, mentre devono dire addio ai sogni di vittoria finale Thévenet e Van Impe, rispettivamente staccati di 4′37″ e 6′17″. Cambia ovviamente il leader della classifica perché ora a vestire la maglia gialla è Bruyère con 2’07” su Bossis e 2’56” su Knetemann, mentre Hinault è 4° a 3′32″, primo degli uomini di punta con 39” su Zoetemelk, 1’39” su Kuiper e 1’42” su Pollentier.

Dopo la pianeggiante tappa di Biarritz, che vede imporsi lo spagnolo Miguel María Lasa partendo a 800 metri dal traguardo e resistendo al ritorno del gruppo, debuttano i Pirenei con una frazione non particolarmente difficile di 191 Km che si conclude a Pau dopo aver affrontato le salite ai colli d’Ichère e di Marie-Blanque, inedito per la corsa francese, e un paio di pedalabili “côtes” a ridosso del traguardo. La gara dei big si accende sul Marie-Blanque, con Pollentier che transita in testa sul colle con 10” su Hinault e Zoetemelk, 14” su Kuiper e 31” sulla maglia gialla Bruyère. Sulle colline che movimentano il finale i migliori si ricompattano e si forma in testa alla corsa un gruppo di trentasei corridori dal quale ai meno cinque esce l’olandese Henk Lubberding, che contina nell’azione fino al traguardo, dove giunge con 30” di vantaggio sul plotone, regolato allo sprint dal francese Alain Patritti.

Molto più stimolante è il percorso del tappone che l’indomani conduce al traguardo in salita del Pla d’Adet, sopra Saint-Lary-Soulan, passando prima dai 2113 metri del Tourmalet e poi dai 1489 metri dal Col d’Aspin. Come il giorno precedente sul Marie-Blanque, anche sul Tourmalet il primo a transitare è Pollentier, che scollina con 5” sul francese Mariano Martínez, 18” su Hinault e Zoetemelk e 31” su Kuiper, mentre il leader della corsa Bruyère soffre maggiormente e accusa quasi tre minuti di ritardo. La discesa annulla i distacchi tra i migliori, poi sull’Aspin il belga riesce ancora a guadagnare una dozzina di secondi, per poi venir nuovamente raggiunto dopo lo scollinamento. All’inizio della salita finale va all’attacco Zoetemelk con Pollentier, poi il belga ci riprova con Martínez e in entrambe le occasioni Hinault torna sui primi, per poi tentare lui stesso l’azione sotto la “flamme rouge”. Alla fine a concludere trionfalmente il primo tappone è Martínez, che precede di 5” Hinault e Pollentier e di 19” Zoetemelk, mentre dietro ai corridori più attesi fioccano i distacchi, a partire dal minuto e mezzo accusato da Agostinho e da Kuiper. Bruyère, invece, lascia per strada 2’31”, ma riesce a mantenersi al vertice della classifica per poco più di un minuto, mentre al secondo posto si porta Hinault.

Il giorno successivo è suddiviso in due semitappe, la prima delle quali viene affrontata con la luna di traverso dal gruppo, che si lamenta per le levatacce alle quali i corridori sono costretti in queste particolari situazioni. Una protesta simile si era avuta anche al Giro d’Italia dell’anno prima, ma poi la rimostranza era rientrata e si era corsa regolarmente la tappa in circuito di Gabicce Mare, vinta da Maertens. Stavolta, invece, i corridori portano avanti il loro “sciopero bianco” fino al traguardo di Valence-d’Agen, arrivandovi in forte ritardo e poi scendendo di bici a 100 metri dalla linea d’arrivo, che varcano a piedi con Hinault in testa, e questo è un segnale dell’autorevolezza che il corridore francese è già riuscito a costruirsi addosso in pochi anni di professionismo. Al contrario, nella semitappa pomeridiana verso Tolosa si ritorna a correre sul serio ed è lo stesso Hinault a tentare la fuga, nonostante il percorso pianeggiante. Arrivato a guadagnare una dozzina di secondi, si fa poi riprendere e quindi si arriva allo sprint con il bis del transalpino Esclassan.

Un’altra impegnativa cronometro è alle porte, anticipata da una frazione disegnata sulle tormentate strade del Massiccio Centrale, con partenza fissata a Figeac e l’arrivo in dolce salita nella stazione di sport invernali di Super-Basse: qui i migliori si presentano tutti assieme, preceduti dal belga Paul Wellens, vincitore della tappa, dal francese Michel Laurent e da Agostinho, che ha via libera dal suo capitano Pollentier e guadagna una trentina di secondi.

La terza prova contro il tempo si disputa su di un tracciato molto impegnativo, 52 Km e 500 metri con la rampa di lanco collocata nel centro di Besse-en-Chandesse e il traguardo posto al termine dei ripidi sei chilometri della mitica ascesa del Puy de Dôme, in cima alla quale due anni prima si era imposto Zoetemelk. Ed è ancora il corridore olandese ha mettere la sua firma lassù, grazie anche al crollo verticale negli ultimi chilometri di Pollentier, che era transitato in testa a tutti gli intermedi ma poi si era “schiantato” sulla salita finale concludendo la tappa al secondo posto a 46″ da Zoetemelk. La terza piazza è per la maglia gialla Bruyère a 55”, che si difende egregiamente, mentre delude Hinault, soprattutto per chi si aspettava un exploit simile a quello visto nella crono disputata una settimana prima, perché il francese incassa il quarto posto con 1’40” di ritardo e perde la seconda posizione in classifica. Dopo la seconda crono è, infatti, terzo a 1′50” da Bruyère, con Zoetemelk secondo a poco più di un minuto e l’altro favorito Pollentier quarto a 2’38”.

La frazione successiva viene accorciata dagli organizzatori tagliando i primi 40 Km, senza così intaccare le fasi salienti che s’incontreranno nel finale di Saint-Étienne quando si deve affrontare la lunga ma non troppo difficile salita della Croix-de-Chabouret a 25 Km dal traguardo. Il primo a muoversi è Kuiper, che guadagna una trentina di secondi prima di essere ripreso a un chilometro dallo scollinamento, quando va in scena un ennesimo tentativo di Pollentier. La discesa annulla, però, gli effetti della salita e sul traguardo di Saint-Étienne piomba un folto gruppo di quaranta corridori a giocarsi il successo di tappa, conquistato da Hinault su Kelly e Maertens.

Arriva così l’atteso giorno dell’Alpe d’Huez, salita che il Tour ha riscoperto solo da tre anni dopo il lungo oblio successivo alla prima storica scalata del 1952, quando lassù si era imposto Fausto Coppi. L’ancora scarso albo d’oro dell’ascesa – che per adesso è ancora considerata di prima categoria perché l’”Hors Catégorie” sarà introdotta solo dall’edizione successiva – vede il nome del Campionissimo affiancato a quelli di Zoetemelk e Kuiper, che avevano vinto le tappe terminate sull’Alpe nel 1976 e nel 1977. Stavolta il primo a tagliare la linea d’arrivo è Pollentier, che era andato all’attacco sul Col du Luitel ed era riuscito a guadagnare fino a 3’20” prima di spegnersi lentamente sull’ascesa finale, che lo vede conservare appena 4” su Kuiper al traguardo. Poco più dietro sopraggiunge Hinault, terzo a 12”, Zoetemelk è quarto a 45”, il compagno di squadra del belga Agostinho è quinto a 1’38” mentre affonda il capoclassifica Bruyère, che si piazza 28° a oltre undici minuti di ritardo e deve dare l’addio alla maglia gialla, che va a fasciare proprio le spalle di Pollentier. I giornalisti al seguito del Tour già si preparano a impostare gli articoli nei quali annunceranno il successo del belga quando, improvvisa, arriva una doccia fredda: Pollentier è stato scoperto nel tentativo di frodare il controllo antidoping ed espulso dal Tour. Era successo che il corridore belga, anziché deporre nella provetta urina di “produzione propria”, vi aveva convogliato quella di un’altra persona, probabilmente di un membro dello staff della sua formazione, mediante un tubo collegato a una pompetta che Pollentier aveva collocato sotto l’ascella e che aveva svuotato con una serie di movimenti di spalle e gomito notati con sospetto dal tecnico di laboratorio preposto al controllo. Intuito l’inganno, si costringe il corridore e levarsi una prima volta la maglia gialla per controllare che sotto la divisa non ci fossero trucchi e poi, appurata la verità, a togliersela di nuovo, stavolta definitivamente per assegnarla al legittimo proprietario, l’olandese Zoetemelk, mentre il suo connazionale Kuiper viene chiamato sul palco dalla giuria per la premiazione del vincitore di tappa. Viene così riscritto l’ordine d’arrivo e poi anche la classifica, che ora vede “Joop” in testa con 14” su Hinault, 5’31” su Kuiper e 6’10” su Agostinho, che dopo la cacciata del suo capitano diviene l’uomo di punta della Flandria.

Il giorno di riposo serve anche per riprendersi dallo choc della vicenda Pollentier, poi ci si rimette in marcia con l’ultima frazione di montagna, che ha in serbo una difficile novità, l’inedita e impegnativa salita del Col de Joux-Plane, da affrontare nel finale della Grenoble – Morzine. È la tappa regina del Tour 1978 e fa sortire i suoi effetti selezionando fortemente il gruppo, anche se i primi due della classifica, Zoetemelk e Hinault, rimangono sempre assieme fino al traguardo, dove giungono quasi nove minuti e mezzo dopo l’arrivo del vincitore, il francese Christian Seznec, in fuga per quasi 180 Km. Anche Agostinho, che alla partenza era quarto in classifica, riesce a tenere il passo degli altri due campioni e guadagna anche una posizione a causa del ritiro di Kuiper, malamente ruzzolato nella discesa dal Col du Granier e costretto a salire in ambulanza con una clavicola fratturata.

La Flandria non ha perso le speranze di vincere il Tour e decide di mandare all’attacco Agostinho nella tappa in programma il giorno successivo, che prevede lo sconfinamento in Svizzera e un percorso di media montagna per raggiungere Losanna. L’allungo del corridore portoghese – che perderà la vita prematuramente nel 1984 in seguito ad un incidente avvenuto alla Volta ao Algarve (oggi gli è intitolato il Grande Prémio Internacional de Torres Vedras) – avviene poco prima dell’ingresso nel breve ma movimentato circuito finale assieme ad altri cinque corridori fuori classifica, come Knetemann e l’ex maglia gialla Bruyère, che si piazzano nell’ordine al traguardo mentre Agostinho riesce a recuperare quasi due minuti su Zoetemelk e Hinault, portando il suo ritardo a 4’07”.

Occasioni per tentare di ridurre ulteriormente lo svantaggio per il portoghese non ce ne sono più perché dopo la poco impegnativa tappa di Belfort – che termina con il successo del belga Marc Demeyer – è in programma la terza e ultima frazione a cronometro, nella quale Agostinho sicuramente sarà preceduto dai due corridori che attualmente lo precedono in classifica e che nelle altre due prove contro il tempo avevano sempre fatto registrare tempi migliori dei suoi. Il “sale” dei 72 km che si deveno percorrere tra Metz e Nancy è, invece, rappresentato dalla sfida che contrappone Zoetemelk a Hinault, ancora separati dai 14” registrati al termine della tappa dell’Alpe d’Huez. I due sembrano avere pari opportunità, essendosi imposti a turno nelle precedenti prove contro il tempo, ma la crono si risolve in un assolo del francese, che guadagna già 33” sull’olandese all’intertempo del 22° Km di gara per poi portare la sua supremazia sul rivale a più di quattro minuti sul traguardo di Nancy, dove precede di 1’01” Bruyère e di 1’58” Knetemann.

A 48 ore dalla conclusione ora nulla può mettere in discussione la netta vittoria finale del francese, anche perché le rimanenti frazioni saranno terreno di conquista per sprinter o per chi saprà sfruttarne l’occasione, come riusciranno a fare prima l’olandese Raas a Senlis e poi il suo connazionale Knetemann sugli Champs Élysées. E così a 23 anni d’età Bernard Hinault vince il suo primo Tour de France con distacchi da campione navigato: Zoetemelk è secondo a 3’23” e Agostinho è terzo 6’54”.

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

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