1940: SORGE L’ASTRO DI COPPI, POI L’ABISSO DELLA GUERRA

maggio 31, 2020
Categoria: News

Nel 1940 il ciclismo scopre Fausto Coppi, fino a quel momento noto soltanto ai pochissimi che ne avevano seguito i primi passi nel mondo dello sport del pedale, tra i quali c’è Biagio Cavanna, il massaggiatore cieco che ne segnalò il nome a un dirigente della Bianchi. Ma a notarlo sarò anche la Legnano, la squadra di Bartali, che lo iscriverà al Giro come gregario del capitano. Poi la corsa prenderà tutt’altra piega, mentre le tristi vicende del mondo sconvolto dalla Seconda Guerra Mondiale pian piano arriveranno ad avvolgere con il loro lugubre mantello anche l’Italia.

Se a distanza di 80 anni stiamo qui ancora a narrare le straordinaria gesta di Fausto Coppi dobbiamo ringraziare un massaggiatore cieco, ma dall’affinato olfatto sportivo. Fu Biagio Cavanna, infatti, a segnalare ai dirigenti della Bianchi l’ex garzone d’un salumiere di Novi Ligure, che in bici aveva cominciato a pedalare per consegnare la spesa ai clienti e che aveva ottenuto già sette vittorie nei primi due anni da dilettante. I capi della formazione bergamasca, però, non riuscirono a metterlo sotto contratto perché aveva fiutato il suo talento anche Eberardo Pavesi, il direttore sportivo della Legnano, che lo inserì in organico e lo affiancò a Gino Bartali, decidendo già l’anno dopo di fargli disputare il Giro d’Italia. La sua deve essere nelle intenzioni una presenza “silenziosa”, quella del gregariato, ma la sfortuna metterà quasi subito all’angolo lo scalatore toscano, che nel 1940 si schiera al via come grande favorito per la vittoria finale nonostante in gara ci sia anche il piemontese Giovanni Valetti, vincitore delle ultime due edizioni della Corsa Rosa.

Il 17 maggio del 1940 il primo atto del Giro è una tappa classica, 180 Km da Milano al motovelodromo di Torino che si corre mentre altrove impazza la Seconda Guerra Mondiale, che da noi non è ancora arrivata grazie all’iniziale neutralità dell’Italia. Il giorno nel quale le truppe tedesche riescono a sfondare il fronte franco-belga e arrivano ad occupare Bruxelles, sotto la pioggia l’offensiva avversaria viene sferrata contro Bartali dopo un centinaio di chilometri di gara, ad opera di otto corridori tra i quali c’è il temuto Olimpio Bizzi. Il livornese, chilometro dopo chilometro, si scrolla di dosso i compagni di viaggio e in solitaria taglia il primo traguardo del 28° Giro d’Italia con 2’10” sul gruppo, regolato allo sprint da Bartali.

Il giorno successivo si materializza sulle strade della Torino-Genova un inatteso avversario per Bartali, un cane che gli attraversa improvvisamente la strada e lo manda per le terre lungo la discesa della Scoffera. “Ginettaccio” batte fianco, spalla e caviglia (si scoprirà solo più avanti che ha rimediato anche un’incrinazione al femore, con la quale conviverà fino alla fine della corsa), mentre l’incidente sprona ancora Bizzi, che nuovamente va all’attacco provocando il cedimento di Valetti. Sul Colle Caprile Bartali riesce a riprendere le ruote del corregionale, ma nel frattempo davanti a loro un folto drappello è riuscito a involarsi verso il capoluogo ligure e tra questi corridori c’è anche Coppi, che ha provato un paio di volte a far corsa dura con due secche accelerazioni. Il corridore di Novi è secondo al traguardo, dove il cremonese Pierino Favalli s’impone precedendo proprio Fausto, sulle cui spalle già fin d’ora ricadono i gradi di capitano avendo Bartali terminato la tappa con Bizzi più di 5 minuti dopo l’arrivo dei primi, tra i quali c’è la nuova maglia rosa, il piemontese Osvaldo Bailo.

Nonostante l’infortunio patito il giorno prima Bartali non offre l’apparente impressione di soffrirne più di tanto e l’indomani termina la Genova – Pisa nel mezzo del gruppo, che giunge al traguardo circa un minuto più tardi rispetto a un plotoncino di sei uomini regolato in volata dal pavese Diego Marabelli. Continua a soffrire, invece, il due volte vincitore del Giro Valetti che, dopo i nove minuti persi a Genova, oggi si stacca già sui saliscendi che l’Aurelia propone subito dopo la partenza e nella città della torre pendente i minuti perduti dal piemontese sono saliti a 18.

Mentre anche la Francia viene occupata dalla Wehrmacht e inizia la Battaglia di Dunkerque (Parigi verrà raggiunta il 14 giugno, il Tour – inizialmente in programma – salterà e riprenderà il suo cammino solamente nel 1947) si disputa la facile Pisa – Grosseto, tappa nella quale Coppi riesce ancora a guadagnare sugli assi nonostante una caduta a 300 metri dal traguardo che lo porta a tagliare la linea d’arrivo circa un minuto dopo gli altri componenti del gruppetto di 25 corridori che costituisce l’avanguardia della corsa, regolato allo sprint dal velocista umbro ma reatino d’adozione Adolfo Leoni. Mentre la maglia rosa passa sulle spalle di Favalli, il futuro “Campionissimo” (un soprannome che all’epoca era riservato al suo conterraneo Costante Girardengo) oggi precede di quasi nove minuti il gruppo nel quale c’è il suo ex capitano e si porta al secondo posto della classifica, preceduto di 1’04” dal nuovo leader della Corsa Rosa.

L’indomani con un’altra tappa pressochè priva di difficoltà altimetriche si arriva a Roma, dove sulla pista del Motovelodromo Appio (demolito dopo il 1960, quando all’EUR sarà costruito un nuovo impianto destinato a ospitare le gare delle Olimpiadi) si assiste al bis di Leoni al termine di una frazione decisamente più noiosa e avara di grossi spunti di cronaca rispetto a quelle vissute nei giorni precedenti. Poco meno di un minuto dopo l’arrivo dei primi tre corridori classificati, infatti, piomba sul rettilineo d’arrivo un folto gruppo composto da quasi tutti i partecipanti alla Corsa Rosa, che ora si ferma nella capitale per il primo dei quattro giorni di riposo.

La tappa che si deve affrontare alla ripartenza è la più lunga delle venti in programma, 238 Km per andare da Roma a Napoli su di un percorso la cui principale difficoltà è rappresentata proprio dalla distanza. Chi segue il Giro dalla radio sente, però, raccontare di una tappa non dissimile da quella affrontata quarantottore prima, con la differenza che stavolta non c’è nemmeno il distacco al traguardo, dove allo sprint il forlivese Glauco Servadei ha la meglio sul gruppo quasi completamente compatto e selezionato solo da una caduta avvenuta subito prima dell’ingresso nel velodromo dell’Arenaccia.

Ci si attende qualcosa di più dal finale della successiva frazione che prevede il finale in dolce ma progressiva ascesa verso il traguardo di Fiuggi. Invece anche stavolta non accade nulla tra i big che puntano alla vittoria finale e che forse attendono di affrontare le prime salite di una certa consistenza, per le quasi bisogna attendere ancora un paio di giorni. Nel frattempo va registrata la “resurrezione” di Valetti che, dopo aver patito le pene dell’inferno nelle prime frazioni, era stato uno dei protagonisti della battagliata tappa di Grosseto e oggi torna a mettere il naso fuori dalla finestra, riuscendo a guadagnare circa 35” sul gruppo attaccando nel finale e trascinandosi dietro il romagnolo Walter Generati, che poi lo precede allo sprint sulla breve rampa del traguardo fissato nella nota località termale laziale.

È la movimentata altimetria della tappa di Terni a spronare finalmente il gruppo, durante la quale Coppi perde tre dei minuti guadagnati nei primi giorni di corsa a causa di un infelice cambio di bicicletta, inadatta alle sue misure, al quale è costretto dopo il “passaggio” di un’ammiraglia sopra il suo mezzo, che Fausto ha momentaneamente adagiato nel mezzo della strada per andare a dissetarsi ad una fontana. È l’occasione per un attacco alla Legnano orchestrato da ben cinque formazioni, azione che prova anche il cedimento della maglia rosa Favalli, che al termine di questa frazione – conquistata allo sprint da Bizzi – lascia le insegne del primato al torinese Enrico Mollo, nuovo capoclassifica con 25” sul lussemburghese Christophe Didier e 58” sul varesino Severino Canavesi, mentre Coppi scende in quarta posizione a 3’07” e il passivo di Bartali rasenta il quarto d’ora.

Alla vigilia delle prime salite il Giro fa ritorno in Toscana e si torna a respirare in gruppo il clima “stantio” visto nelle tappe antecedenti, al punto che un giornalista – il bolognese Giuseppe Ambrosini, che adesso scrive di ciclismo per “La Stampa” e dieci anni dopo diventerà direttore della Gazzetta della Gazzetta – arriva a scrivere quel giorno che la cronaca di quella frazione non meritava nemmeno d’esser narrata. Lo fa solo per dovere di cronaca, arrivando alla fine alla descrizione dell’unico momento degno d’esser ricordato, lo sprint nel quale il senese Primo Volpi riesce a precedere a sorpresa Bizzi e Servadei, dopo che Bartali ha tentato fino all’ultimo di tenere le ruote del suo compagno di squadra, poi risultato vincitore.

Lo scalatore toscano avrà recuperato le botte della caduta giù dalla Scoffera? Lo diranno gli appena 91 Km della Arezzo – Firenze, la tappa più breve del Giro nel corso della quale si deve salire fino ai 1058 metri del Passo della Consuma, una difficoltà che Gino – che è del posto – conosce a menadito. Chi si attende un attacco del corridore toscano rimane, però, sorpreso perchè il primo corridore della Legnano ad attaccare sulla Consuma è Coppi, che allo scollinamento viene preceduto da Volpi – il vincitore della tappa del giorno prima – mentre il gruppo transita alla spicciolata, la maglia rosa Mollo a 30” di ritardo e Bartali a 51”. È poi il gruppetto di quest’ultimo a raggiungere Coppi, cinque uomini che viaggiano spediti verso il traguardo dove Bizzi precede in volata Bartali, Volpi, Fausto e il cesenate Mario Vicini, mente Mollo perde 25” ma non la testa della classifica, che comanda ancora con 56” su Canavesi e 2’42” su Coppi.

In parallelo al Giro continua la sua inarrestabile corsa anche la guerra e il 28 maggio, quando i “girini” si riposano nel capoluogo toscano, le agenzie lanciano la notizia della resa del Belgio, in seguito alla quale il sovrano dello stato, Leopoldo III, si consegna ai tedeschi che lo confinano nel castello di Laeken. Anche la successiva data del 29 maggio è storica, segnata in rosso sui libri di storia sportiva, perché è il giorno della prima impresa siglata da Coppi. È in programma quel giorno una frazione più consistente rispetto a quella di Firenze perché per andare fino a Modena bisogna attraversare a più riprese l’Appennino, percorrere 184 Km e superare quattro salite non formidabili nelle pendenze ma reste ostiche dal fondo sterrato, le Piastre, il Passo d’Oppio, l’Abetone e il Barigazzo. La prima cavalcata solitaria di Fausto dura quasi 100 Km, iniziata dopo che sull’Abetone ha sgretolato la concorrenza – con Bartali messo fuori caso da un problema al movimento centrale sulla salita dell’Oppio, dov’era stato attaccato da Valetti, Bizzi e Didier – e ha successivamente raggiunto nel corso della discesa l’ultimo uomo rimasto in avanscoperta, il toscano Ezio Cecchi, corridore conosciuto con il soprannome di “scopino di Vicchio” perché la sua famiglia è dedita alla produzione artigianale di scope. Coppi quel giorno non lo rivedranno più fino al traguardo, dove giunge con 3’45” su Bizzi, che precede allo sprint un gruppetto selezionato dalle montagne odierne e composto da 12 elementi, l’ultimo dei quali a transitare sulla linea d’arrivo è Mollo, oramai ex maglia rosa perché Coppi con l’impresa odierna s’è portato al vertice della classifica sopravanzandolo di 1’03”, mentre Canavesi scende dal secondo al terzo posto con un ritardo di 3’46”.

La prima giornata da “re della classifica” per Coppi non è una passeggiata, nonostante non presentino nemmeno un cavalcavia i quasi 200 Km della frazione di Ferrara. Esattamente a metà tappa Fausto è costretto a una sosta imprevista a causa di problemi al tubo che regge il manubrio. Non è possibile ripararlo e occorre cambiare bicicletta, operazione all’epoca più complicata rispetto ad oggi perché il regolamento prevede che le ruote – a meno di rottura – non possano essere sostituite e così bisogna smontarle dalla bici vecchia e rimontarle su quella nuova. L’operazione richiede qualche tempo e qualcuno tenta di approfittarne – in particolare gli uomini dell’Olympia, la formazione di Mollo – ma nel giro di 15 Km Fausto, con l’aiuto dei compagni di squadra, riesce ad annullare i 2 minuti di ritardo accumulati in seguito all’inconveniente. L’ultima parte della tappa vede poi andare in porta una fuga partita dopo il rientro di Coppi in seno al gruppo e nella cittadina romagnola s’impone per la terza volta Leoni, che stavolta precede in volata il toscano Aimone Landi e l’astigiano Sebastiano Torchio.

Mentre la guerra si estende anche al Giappone e alla Cina, dove viene bombardata la città di Chongqing, in Italia le ruote scorrono placide nella breve tappa di Treviso. Oggi le battaglie a pedali si limitano a un po’ di scatti qua e là, portati da corridori non pericolosi e tutti tentativi di brevissima durata. E così dei 61 partiti da Ferrara solo in sei perdono le ruote del gruppo nel finale, quando un numeroso plotone si presenta sulla pista sabbiosa dell’ippodromo di Treviso per disputarsi un successo che finisce con l’arricchire il palmarès di Bizzi, che per il momento nega la quarta affermazione a Leoni.

Entrati nel mese di giugno si corre una lunga frazione che conduce la carovana del Giro in Istria, terra ancora per poco italiana perché dopo la fine del conflitto i patti del Trattato di Parigi del 1947 l’assegneranno alla Jugoslavia. L’arrivo è fissato ad Abbazia, l’odierno centro croato di Opatija, dove si giunge dopo una tappa movimentata solo altimetricamente, perché anche oggi latitano le azioni degne di note di cronaca. Come il giorno prima, infatti, in tanti arrivano a giocarsi la vittoria, che stavolta arride a Servadei, primo allo sprint su Generati e Leoni, piazzato anche oggi.

Decisamente più elettrizzante è la successiva tappa che riporta la corsa in Friuli, non solo per i continui saliscendi del Carso ma anche per lo stato delle strade, che provocano molte forature, e per le vicissitudini di una gara che vede Coppi costretto a un complicato inseguimento, dopo una caduta nella discesa inghiaiata di Montemaggiore d’Idria che lo porta ad accumulare quasi 2 minuti di ritardo al traguardo di Trieste. Qui Vicini precede allo sprint Bizzi e un distacco ancora più grande patisce Bartali, che affonda letteralmente e termina la sua corsa quasi mezz’ora dopo l’arrivo del vincitore. Nonostante i disagi patiti da Coppi non cambia nulla al vertice della classifica perché Mollo, che era secondo alla partenza con 1’03” da recuperare, oggi ha terminato la tappa assieme a Fausto, mentre al terzo posto è salito un corridore che oggi “giocava” in casa, il triestino Giordano Cottur, staccato di 10’19”.

Dopo aver osservato il terzo giorno di riposo ci si rimette in sella per affrontare le attese e temute tappe di montagna alpine, che debuttano con la Trieste – Pieve di Cadore. Ci sono due salite da affrontare, un’ascesa che sulle cartine ufficiali è priva di nome (il Passo della Morte) e la successiva Mauria; sulla prima l’imberbe Coppi vacilla, a causa di un’indigestione dirà lui nel dopo tappa, mentre davanti si accelera e Mollo si ritrova a un certo punto a indossare la maglia rosa virtuale. Poi la situazione lentamente migliora e, mentre Vicini vola a prendersi un’altra vittoria, Coppi riduce progressivamente il distacco da Mollo dai 45” che i cronometristi registrano in cima alla Mauria agli appena quattro secondi che il corridore piemontese riesce effettivamente a guadagnare a Pieve di Cadore, riducendo il suo distacco da Coppi a 59 secondi.

È ancora incerta, dunque, la situazione in classifica tra i primi due alla vigilia del tappone dolomitico dei tre passi, il secondo della storia dopo quello vinto da Bartali nel 1937 perché nelle due edizioni precedenti i “Monti Pallidi” erano stati appena sfiorati dal tracciato di gara. In appena 110 Km, tale la distanza da percorrere tra Pieve di Cadore e Ortisei, devono essere affrontati il Falzarego, il Pordoi e il Sella, superando a tre riprese i 2000 metri di quota, un’altitudine che finora il Giro aveva violato soltanto in cima al Sestriere, inserito nel tracciato della corsa per la prima volta nel 1911. I più pensano che, dopo quanto patito da Coppi il giorno prima e da Bartali nella tappa di Trieste, i corridori della Legnano oggi gareggeranno in difesa, ma la strada rivelerà tutt’altro: a sorpresa il corridore toscano, nel frattempo ripresosi, parte all’attacco già sul Falzarego per poi farsi raggiungere dal piemontese e successivamente da Cecchi, che poi i due distaccano di 42” in vetta al passo. Sul Pordoi il “Campionissimo” ancora sbanda, perde le ruote del suo capitano che la strada ha trasformato in gregario ed è proprio Gino a spronarlo, usando anche le maniere forti quando Fausto gli fa capire di voler scendere di bici e ritirarsi. Non ci sono tifosi a bordo strada a vedere quei frangenti – le grandi masse osannanti i campioni sui passi dei grandi giri arriveranno nel dopoguerra – che saranno raccontati anni dopo dallo stesso Bartali: Gino lo rimprovera insultandolo (“Sei un acquaiolo”, cioè un venditore di acqua e, sottinteso, un uomo dalla personalità debole) e quando vede che le parole non servono passa alle vie di fatto, prendendo manciate di neve fredda a bordo strada per “massaggiare” Fausto, provocandogli uno shock termico che lo rinvigorisce. Da lì in avanti è un’autentica marcia trionfale che li porta a tagliare assieme il traguardo di Ortisei, dove passa primo Bartali, con 2’13” su Mollo e Cottur e a questo punto il Giro si può considerato concluso per quanto concerne la lotta per la classifica, nonostante siano previste ancora tre salite da affrontare nei giorni successivi. Ora, infatti, il primato di Coppi è tornato a rinsaldarsi, forte di 3’12” sul corregionale e di 12’28” su Cottur.

Intanto ci si gode nella quiete delle Dolomiti l’ultimo giorno di riposo, mentre non conoscono soste i venti di guerra, che da qualche tempo spazzano anche sulla penisola scandinava. È in quei giorni che ha, infatti, termine la battaglia terreste di Narvik con la fuga nel Regno Unito di Re Haakon VII e dell’intero governo norvegese. È il 7 giugno, giorno nel quale al Giro si deve affrontare una delle salite più impegnative dell’edizione 1940, il Passo delle Palade. Ma, complici la lontananza dal traguardo di Trento e forse anche una sorta di annichilimento generale causato dall’impresa siglata da Coppi e Bartali nel tappone, nessuno ha il coraggio di tentare un attacco. Va a finire che due velocisti come Servadei e Leoni, che a un certo punto della tappa si erano trovati a pedalare con 10 minuti di ritardo dalla testa della corsa, riescono facilmente a rientrare e partecipare alla volata, nella quale si piazzano nell’ordine.

L’indomani c’è la tappa verso Verona che prevede l’ultima grande salita del Giro, il Pian delle Fugazze, che viene affrontata con piglio deciso almeno nella parte conclusiva dell’ascesa. C’è un po’ di selezione, Bartali transita per primo in testa giusto per consolidare il suo primato nella classifica degli scalatori, poi tutto rientra nel corso della successiva discesa e non succede più nulla di rilevante fino ai piedi delle Torricelle, la salita che sessant’anni più tardi sarà il fulcro di due edizioni dei mondiali disputate nella cittadina scaligera: lì se ne va di nuovo Bartali, che poco più tardi coglie almeno un successo parziale in quello che doveva per lui essere un altro Giro trionfale.

L’ultima tappa, una galoppata pianeggiante di 180 Km attraverso la Pianura Padana alla volta del finale approdo di Milano, si svolge come le consuete passerelle conclusive e vede Leoni collezionare un prestigioso poker nel giorno della consacrazione del ventenne Coppi. Ma la festa di Fausto sarà di breve durata perché il giorno dopo è il 10 giugno e Mussolini ha previsto per quella data d’affacciarsi al balcone di Palazzo Venezia e proclamare agli italiani l’entrata in guerra al fianco della Germania.
E del Giro non se parlerà più per sei, lunghi, interminabili anni….
Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

Nota: mancano la 9a (Arezzo) e la 12a tappa (Ferrara)


















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