1948, LO STRANO GIRO DEL PROFESSOR CASAMANDREI

maggio 30, 2020
Categoria: News

Il 1948 fu un anno straordinario per il Giro d’Italia, che vide andare in scena ben due edizioni della “Corsa Rosa”, una “seria” e l’altra molto meno. La prima fu quella vinta da Fiorenzo Magni, che s’impose con un distacco impensabile per l’epoca, appena 11 secondi su Ezio Cecchi, a tutt’oggi il vantaggio tra primo e secondo più basso della storia del Giro. Ma stavolta non vi parleremo di questo Giro, ma dell’altro, tutto da ridere, che fu confenzionato da Mario Mattoli, il regista marchigiano di “Totò al Giro d’Italia”, lo spassoso film che vide il “principe della risata” interpretare il ruolo di Casamandrei, un professore che s’innamora non ricambiato di una splendida ragazza, la quale ne respinge le avances dicendogli che gli cederà solo nel caso lui vincesse il Giro d’Italia. Peccato che il Casamandrei in bici non ci sappia andare e per riuscirci arriverà a stringere un patto nientemeno che con il diavolo…

In questo articolo andremo a scoprire i dettagli di quel film, esaminandone non solo la trama ma svelandovi  alcuni segreti della produzione e portandovi sui luoghi nel quale furono girate le scene, individuati con la collaborazione del sito www.davinotti.com, che da anni sta effettuando il mappaggio delle location utilizzate dalle varie produzione cinematografiche proponendo paralleli tra le immagini dei film e fotografie odierne dei luoghi nei quali si è girato. In quelle scene si vedono Totò e la sua controfigura storica Dino Valdi (al quale assomiglia molto e che lo sostituirà in gran parte delle scene in “sella”) interagire con i veri campioni dell’epoca, da Gino Bartali a Fausto Coppi, da Fiorenzo Magni al francese Louison Bobet, dall’elvetico Ferdi Kübler al belga Alberic Schotte. La presenza di quest’ultimo ci permette anche di capire in quale periodo si svolsero le riprese perché Schotte indossa la maglia iridata di campione del mondo che aveva conquistato il 22 agosto 1948 a Valkenburg e, dunque, giocoforza – almeno per quanto riguarda le scene con presenti i corridori – si girò tra quella data e almeno un mesetto prima del 30 dicembre, quando “Totò al Giro d’Italia” per la prima volta fu trasmesso al cinema Ambrosio di Torino, ricevuto il giorno precedente il visto di censura necessario per tutti i film. Concluse le riprese, successivamente si montò il film aggiungendo scene di giri del passato prese a piene mani dai cinegiornali dell’epoca – non esiste ancora la TV in Italia, la RAI inizierà le trasmissioni nel 1954 – e accostate una accanto all’altra senza badare troppo al “pelo” e così capita di imbattersi in una svista del montatore che, nel finale della prima tappa del Giro al quale partecipa Totò, che si corre tra Milano e Torino, inserì lo spezzone di un vecchio Giro nel quale si vede il gruppo entrare in Roma, con tanto di pannello segnaletico in bella vista.

La storia ha inizio al concorso di Miss Italia, alle cui fasi eleminatorie partecipano nel ruolo di giurati il professor Totò Casamandrei e la bella Doriana, la ragazza per la quale il protagonista perde la testa e che è interpretata dall’attrice sanremese Isa Barzizza, oggi novantenne e unico membro ancora in vita del cast artistico (almeno per quel che riguarda gli attori che interpretarono i ruoli principali). Per queste riprese Mattoli scelse di girare a Stresa perché è nella cittadina affacciata sul Lago Maggiore che all’epoca si svolgeva il celebre concorso, che qui si tenne dal 1946 al 1949 presso l’hotel Regina Palace. Sono, infatti, gli esterni e gli interni di questo lussuolo albergo dalla storia centenaria, inagurato nel 1908, che compaiono nelle prime scene del film, dopo che i personaggi di Dante e Nerone (interpretati da Carlo Ninchi e Luigi Catoni) hanno introdotto la storia durante i titoli di testa: le riprese, almeno quella della premiazione della miss, si svolsero effettivamente la sera della finale, il 26 settembre del 1948, e a essere incoronata è proprio Fulvia Franco, la 17enne triestina che quell’anno erediterà lo scettro di Miss Italia da Lucia Bosè e che in questo film ottiene anche il ruolo della sorella di Doriana, nonché della miss deputata a premiare il vincitore delle tappe del Giro.

Incassato il “due di picche con la condizionale” dalla bella Doriana Totò decide comunque di provarci, pur non essendo mai salito in bici, e per farsi conoscere dal mondo del ciclismo prende a frequentare il celebre Bar Vittorio Emanuele di Milano, che all’epoca era realmente il bar degli sportivi, del quale erano habituè i grandi personaggi del mondo dello sport di passaggio dal capoluogo lombardo. Concedersi un caffè in quel bar oggi è però, impossibile perché ha chiuso i battenti da decenni e gli ambienti che lo ospitavano, in Via Orefici, sono oggi occupati da negozi di moda. E scomparsi sono anche gli interni che si vedono nel film, ma per un altro motivo: tutti le scene in interno furono girate in set allestiti presso i teatri di posa degli studi Titanus, che si trovavano sulla collina alle spalle del Palazzo della Farnesina a Roma e che saranno demoliti nel 1965, quando inizierà in quel luogo la costruzione del complesso residenziale “Colli della Farnesina”, abitualmente chiamato proprio “Comprensorio Titanus”.

Dopo un primo, rovinoso tentativo di salire in sella a una bicicletta, il professor Casamandrei torna mestamente nella sua abitazione, nella quale lo vediamo arrovellarsi sul come fare fin quando esprime ad alta voce il proposito di esser disposto a vendere l’anima al diavolo pur di riuscire a impalmare la ragazza. Detto e fatto, si sente bussare alla porta ed entra in scena Filippo Cosmedin, “diavolo di seconda classe” dal simpatico accento veneto interpretato dal veneziano (anche se di natali napoletani) Carlo Micheluzzi. Il patto è stretto e in men che non si dica il Casamandrei si ritrova a essere, da assoluto incapace che era, un autentico asso della bici: esce nella piazza antistante il palazzo dove abita e, sotto gli occhi di un gruppo di sbalorditi bimbetti, si appropria della bici di un garzone e si esibisce in evoluzioni degne di un funambolo. E, in effetti, fu un giocoliere di professione a sostituire l’attore partenopeo in questa scena, girata in Piazza Campitelli a Roma, di fronte al portone di Palazzo Capizucchi, che nella finzione è il palazzo dove abita il Casamandrei e che fino al 2012 accoglieva l’Ambasciata d’Irlanda. Non sarà, quello, l’unico “trucco” utilizzato per quella scena, nella quale Totò riesce a far muovere la bici a distanza con un semplice sguardo, una prodezza che il mondo del cinema consente grazie ad un paio di corde che non furono adeguatamente mascherate e che un occhio attento può cogliere in quella sequenza.

Fatto il ciclista bisogna fare il corridore, ottenere la licenza e iscriversi al Giro. Il primo passo che Totò compie è quello di munirsi di una divisa da gara, che si reca ad acquistare in un negozio tra l’ilarità dei passanti, che scoppiano a ridere nel vedere l’attempato professore (all’epoca delle riprese Totò aveva 50 anni) uscire dall’esercizio commerciale vestito di tutto punto con la giacca sopra i pantaloni da corridore. Anche qui si filmò a Roma, per la precisione in Via Paolo Emilio 14, nel rione Prati, dove oggi c’è un grande magazzino della COIN.

Ora il professore può finalmente cominciare a dare corpo al suo desidero e lo vediamo in sella alla sua bici schierarsi al via della prima tappa del Giro, la Milano – Torino, dove viene inizialmente scambiato dai giudici addetti alla punzonatura per il papà di uno dei corridori. La tappa parte e, grazie ai poteri diabolicamente avuti dal Cosmedin, il Casamandrei va presto in fuga, trovando anche il tempo di una breve sosta lungo la tappa per salutare la bella Doriana, scena anche questa girata – come molte altre di questo film – a Roma: siamo in Viale di Tor di Quinto, in un punto dal quale all’epoca era ancora visibile sullo sfondo la verde Collina Fleming, oggi fagocitata dallo sviluppo urbanistico della capitale, e sul quale 8 anni prima era terminata una corsa vera, l’edizione del Giro del Lazio del 1940 vinta da Bartali e valevole come sesta prova del campionato nazionale che sarà conquistato proprio dallo scalatore toscano. La tappa prosegue, Totò è “vittima” di una secchiata di un tifoso che lo infradicia e lo farà infuriare non poco (anche se, guardando con attenzione quella scena, si vede come il tifoso abbia clamorosamente mancato e di parecchio il professore e l’acqua sia piovuta tutta sull’asfalto), poi la giornata si conclude con il vittorioso arrivo del Casamandrei al motovelodromo di Torino, dove sua è la prima maglia rosa.

Anche la seconda tappa, da Torino a Genova, finisce nel palmarès del Casamandrei nonostante la salita della Scoffera e un paio di fermate fuori programma, prima a un laghetto per pescare e poi al punto di rifornimento volante, al quale lui preferisce un rifornimento fisso, seduto al tavolo come se fosse al ristorante con tanto di sigaro fumato a fine pasto. E per rientrare in gruppo agevolmente si fa trainare dall’ammiraglia, ma è tanta la forza “diabolica” del corridore che si ritrova lui a essere il trascinatore della vettura: nella finzione siamo da qualche parte dell’appennino tra Piemonte e Liguria, nella realtà la strada che si vede in quei fotogrammi è sempre a Roma, per la precisione è Via della Camilluccia, all’altezza del cancello di una villa che negli anni successivi sarà set dei film “Fantasmi e ladri” (1959), “Le vacanze del Sor Clemente” e “Buonanotte… Avvocato!” (entrambi del 1955).

Intanto le stravaganze del Casamandrei contagiano gli altri corridori, anche i più celebri, che al raduno di partenza della terza tappa si presentano fumando il sigaro, una cosa a loro sconsigliatissima ma che pensano possa farli andare veloce come lui. Il giornalista Bruno, interpretato dall’indimenticato Walter Chiari, li rimprovera aspramente invitandoli a prendere esempio dal morigerato Coppi, che però immediatamente dopo lo zittisce entrando in scena fumando con vigore un sigaro in formato extralarge. E intanto il Casamandrei è sempre più inarrestabile e giunge prima di tutti anche nella tappa di Pisa, dopo essersi concesso un bagno in mare a Viareggio, scena che nel film non si vede ma che viene annunciata dai titoli della copia farlocca della “Gazzetta dello Sport” che viene mostrata a fine tappa.

Mentre ci s’interroga sul misterioso corridore (“Fenomeno o imbroglio?” titola il “Corriere dello Sport”), si arriva a Roma dove stavolta il Casamandrei manca la fuga, ma riesce comunque a prevalere precedendo in volata Bartali e Coppi. E il barbuto professore offre spettacolo anche il giorno dopo, quando taglia vittorioso il traguardo di Napoli suonando il mandolino, sempre scene che il film non ci mostra ma che ci lascia immaginare attraverso i titoloni dei quotidiani. E poi nel carniere del professore finiscono anche le tappe di Ancona e Bologna, dove alla premiazione chiede tortellini al posto dei tradizionali fiori destinati al vincitore.

Qui tornano in scena Dante e Nerone che introducono il giorno di riposo nel capoluogo emiliano, momento nel quale Totò si rende conto d’esser spacciato. Preso dall’euforia del momento non si era reso conto del conto da pagare al diavolo, che si sarebbe preso la sua anima subito dopo la fine vittoriosa del Giro. Rivela tutto alla sua squadra e a Doriana e poi, in preda alla depressione, medita addirittura di suicidarsi gettandosi dalla Torre degli Asinelli, ma giunto in cima ai 446 gradini della torre (contati uno a uno da Totò, anche se nella realtà sono 498) si trova di fronte il custode che riesce a distrarlo affinchè non commetta l’insano gesto (lo spettatore scoprirà solo alla fine della scena che in realtà si tratta del diavolo Cosmedin sotto mentite spoglie).

Inizia a questo punto a congegnare tutta una serie di strategie per mandare all’aria il patto, come fingersi improvvisamente impazzito per farsi ricoverare in manicomio, dove però viene per sbaglio condotta la vittima di una delle sue “follie”, un cliente dell’albergo dove alloggia con la sua ridottissima squadra. Così lo ritroviamo ancora in gruppo per l’ottava tappa, durante la quale prima fa comandare uno spargimento di chiodi al momento del suo passaggio (ma sarà lui l’unico a uscirne indenne, mentre foreranno tutti gli altri) e poi accoglie il suggerimento del suo tecnico di attaccarsi all’ammiraglia affinchè la giuria lo espella dalla corsa. Ma il demonio ci mette lo zampino anche stavolta e fa magicamente scomparire la vettura al momento del passaggio dal punto di controllo, dove Totò si presenta con il braccio alzato nel gesto del traino, che viene dai giudici scambiato per un cenno di saluto: sempre Roma è quella che si vede in quella scena, girata nel tratto di Via dei Due Ponti che scavalca con un viadotto la sottostante Via Flaminia e offre sullo sfondo la vista sullo spelacchiato Monte delle Grotte, così chiamato per le cavità che lo sforacchiano.

Vinta anche l’ottava tappa, stavolta non viene precisato dove sia il traguardo, arriva il momento del tappone dolomitico, che Totò tenta di evitare aggredendo il sindaco del paese dove è in programma la partenza e facendosi così arrestare. Stavolta riesce nell’intento ma in prigione si ritrova come compagno di cella il Cosmedin, che ancora una volta manda letteralmente al diavolo i progetti del Casamandrei: la notte porta consiglio in casa del sindaco, che decide di perdonarlo e ritirare la denuncia, consentendogli così di prendere il via alla penultima tappa.

Stavolta vengono avvertiti anche gli altri campioni che, al raduno di partenza, si mettono d’accordo con Totò per batterlo. Ma non servirà a nulla perché al traguardo non sarà cambiato niente… nemmeno il luogo! Infatti, sia la scena della partenza, sia quella dell’arrivo furono girate nella medesima piazza, avendo l’accortenza di riprenderla da due prospettive differenti per non far capire allo spettatore che in realtà la troupe, gli attori, i corridori e le comparse reclutate a interpretare il pubblico non si erano mai spostati da Piazza Diaz di Lecco, dove si girò nei giorni nei quali i campioni in scena erano impegnati negli allenamenti precedenti l’edizione del Giro di Lombardia che sarà vinta per il terzo anno consecutivo da Coppi.

Manca ora soltanto una tappa alla conclusione del Giro e al momento della fatale consegna dell’anima, ma c’è un personaggio con il quale il Cosmedin non ha ancora fatto i conti, la madre del Casamandrei, interpreta da Giuditta Rissone, attrice ligure che nella realtà non avrebbe mai potuto essere madre di suo figlio perché di tre anni più anziana di Totò. Sarà proprio lei a rovinare i piani del diavolo – ma vi abbiamo già detto troppo, sul come ce la farà vi lasciamo il piacere della scoperta gustandovi il film (in calce all’articolo trovate il link al film su youtube) – mentre il figlio perderà il Giro ma riuscirà a conquistare il cuore di Doriana.

E il Giro chi lo vince? Il film non lo dice perché in una serata di gala alla conclusione della corsa (dove ricompare ancora il Cosmedin, ora cacciato dall’inferno e assunto come domestico dai Casamandrei) alla presenza di tutti i campioni Totò riceve una telefonata dal velodromo Vigorelli nella quale gli viene comunicato il nome del vincitore, ma lui decide di lasciare il mistero sulle sorti della maglia rosa, accompagnandolo da un celebre motivetto, riadatto dal compositore milanese Nino Rota sulle note di “Una voce poco fa”, aria del “Barbiere di Siviglia” di Gioachino Rossini. Ed è con il testo di quella canzone che vi lasciamo alla visione del film

LA MAGLIA ROSA (di Nino Rota)

Una voce poco fa nel telefono squillò

Ma chi ha vinto non si sa?

Come mai? Io non lo so

Di chi è la maglia rosa? Di chi è? Di chi è? Di chi è?

La maglia rosa, la maglia rosa è quella cosa che mai non riposa

Chi la conquista doman la può perdere e chi la perde può ritrovarla con facilità

Ma di chi sarà? Ma di chi sarà? Di chi sarà? Di chi sarà? Di chi sarà?

La maglia rosa, la maglia rosa è quella cosa che mai non riposa

Svolazza un po’ di qua, svolazza un po’ di là

Oggi è di Gino, domani Coppi se la mette sul pancino

Dopodomani pure Cottur potrà tenerla tra le mani

Ora basta! Lo devi dire!

Io lo so, io lo so, ma però non lo dirò

Lui lo sa, lui lo sa, ma però non lo dirà

Di tutti quanti lieti voglio far, la maglia rosa a tutti voglio dar

Una a te, una a te, una a Magni che fa tre

Questa a te, questa a te, ce n’è una anche per Bobet

Voi siete i primi al traguardo del valor…

Io sono il primo al traguardo dell’amor…

Una a te, una a te, una a Magni che fa tre

Questa a te, questa a te, ce n’è una anche per Bobet

Voi siete i primi al traguardo del valor…

Io sono il primo al traguardo dell’amor…

IL FILM SU YOUTUBE

https://www.youtube.com/watch?v=U47w5wS3iC8

LE LOCATION DEL FILM (dal sito www.davinotti.com)

La sfilata delle Miss all’Hotel Regina Palace di Stresa:



Lo scomparso “Bar Vittorio Emanuele” di Milano:


Totò all’esterno di Palazzo Capizucchi a Roma, nella finzione l’abitazione del professor Casamandrei:




Totò acquista una divisa da corridore al futuro COIN di Via Paolo Emilio a Roma:


La sosta di Totò in Via Tor di Quinto durante la prima tappa del Giro (il secondo fotogramma è un confronto con un film del 1965, “Le bambole”):








Durante la tappa Torino-Genova totò si fa trainare in Via della Camilluccia a Roma per rientrare agevolmente in gruppo:


Totò medita il suicidio ai piedi della Torre degli Asinelli a Bologna:




Il fallito tentativo di farsi espellere per traino in Via dei Due Ponti a Roma, durante l’ottava tappa:





La partenza della penultima tappa da Piazza Diaz a Lecco:



L’arrivo della penultima tappa…. nella medesima piazza di Lecco dalla quale si era partiti:



SCENA MISTERIOSA

Tra le altre c’è una location “misteriosa” che ancora non siamo riusciti ad individuare. È il luogo dove Totò si ferma a pranzare in piena tappa sedendosi al tavolino anzichè prendere il rifornimento come tutti. Dalla tipologia delle abitazioni sembrerebbe un posto in montagna, probabilmente non molto distante da Lecco (alcune scene furono girate nelle frazione alte, e poi a Ballabio e ai Piani Resinelli). Se qualcuno riconoscesse il luogo è pregato di segnalarlo alla mail redazione@ilciclismo.it



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