16 MAGGIO 1909: SECONDA TAPPA, GANNA PASSA IN TESTA

maggio 23, 2020
Categoria: News

Il racconto della seconda tappa del primo Giro s’apre con i ritiri eccellenti di Petit-Breton e Pavesi. La cronaca giornaliera è scarna d’episodi di rilievo. Si segnalano, comunque, il crescente entusiasmo popolare e le prime “furbizie” dei partecipanti, peccati che diverranno di dominio pubblico solo due giorni più tardi, quando il Giro affronterà per la prima volta le montagne. Il Giro, intanto, si presenta ai piedi degli Appennini con Ganna capoclassifica, “contentino” per la delusione di Chieti dove è battuto allo sprint da Cuniolo.

La seconda tappa si corre il 16 maggio, tre giorni dopo la prima frazione, sulla distanza di 378 Km. Si va da Bologna a Chieti percorrendo quasi costantemente la statale adriatica e transitando per Rimini, Ancona e Pescara. Fin qui il percorso è pressoché pianeggiante, poi inizia la dolce ascesa verso il traguardo che, dunque, rappresenta il primo arrivo in quota della corsa rosa.
I “girini” sono sottoposti ad un’altra levataccia poichè il raduno, fissato presso Porta Mazzini, viene aperto alle 2 e mezza della notte mentre la partenza ufficiale è prevista alle 4. Sono ripetute le operazioni di punzonatura, mentre i corridori arrivano alla spicciolata. Il pubblico comincia a riconoscerli ed osannarli, ma gli applausi sono quasi tutti per Gerbi, come sempre: la sfortuna accanitasi contro il corridore astigiano, ultimo della classifica generale, ha fatto aumentare l’amore per questo atleta.
All’appello dei partenti non risponde Petit-Breton, che se ne sta in un angolo col braccio al collo: il suo Giro finisce qua. Dopo nemmeno un chilometro, giusto il tempo del via ufficiale, si registra un altro ritiro eccellente quando, a causa del riaprirsi di una vecchia ferita di corsa, scende di sella il milanese Eberardo Pavesi – futuro direttore sportivo di Bartali – che fa ritorno a Bologna dopo esser montato sulla prima auto a disposizione, quella guidata dal lottatore triestino Giovanni Raicevich, campione del mondo in carica della specialità presente al Giro in qualità di “padrino” della corsa.
Il gruppo comincia a sgranarsi, nonostante la strada si presenti piuttosto ampia e pianeggiante. Il calore della Romagna abbraccia fin da subito il Giro d’Italia e lo testimonia l’accorrere in massa delle popolazioni locali a bordo strada per applaudire i pionieri del ciclismo. Le prime testimonianze d’affetto prendono anche una forma “solida”, quella di foglietti multicolori lanciati a mo’ di coriandoli al passaggio della carovana. Compaiono i primi striscioni e su uno di essi, innalzato in quel di Savignano sul Rubicone, si può leggere: “Alla GAZZETTA DELLO SPORT organizzatrice geniale del GIRO D’ITALIA – al Corriere della Sera, che incoraggiò l’ardita impresa con ricchi premi vada il modesto, ma entusiasta plauso della cittadinanza”.
Tutto questo è particolare fonte d’orgoglio per uno dei padri fondatori del Giro, Tullio Morgagni, che è originario di Forlì, dove è prevista la prima stazione di rifornimento. Rimini, invece, è la “location” del primo punto di controllo, dal quale si transita dopo esser entrati in città dal romano Arco d’Augusto. Lo strappetto della Siligata annuncia quindi il passaggio per Pesaro e un altro salutare bagno di folla.
Il gruppo che marcia compatto in testa alla corsa, alla volta di Ancona, è composto di 34 uomini. Lo guidano tre Giovanni piemontesi – Gerbi, Marchese e Cuniolo – mentre perde contatto per una caduta il lombardo Amleto Belloni, fratello maggiore del più celebre Gaetano (l’eterno secondo, vincitore del Giro nel 1920).
Ancona è anche il luogo dove è inscenato il primo tentativo di doping della storia del Giro. Un doping “atipico”, non vi è nessuna sostanza proibita in ballo, del quale vi racconteremo con maggiori dettagli nelle prossime puntate, rispettando fedelmente il succedersi e l’annunciarsi degli eventi.
Nel tratto pianeggiante che precede la tortuosa ma facile salita finale, lunga 6 Km, conducono la gara il lombardo Clemente Canepari e il sempre presente Gerbi, che dimostra d’aver superato i problemi accusati nella prima tappa.
L’ascesa della “Colonnetta” è affrontata con piglio vivace. Al passaggio dalla piazzetta della Madonna degli Angeli viene sparato un colpo di cannone per avvisare gli spettatori del sopraggiungere dei corridori. All’uscita dall’ultima curva il varesino Luigi Ganna e Cuniolo marciano con pochi metri di vantaggio sugli inseguitori. A 100 metri dall’arrivo, previsto in via Asinio Herio, attacca con decisione il corridore piemontese, che al passaggio per Pescara aveva subito un improvviso afflosciamento del tubolare. L’incidente era stato rimediato senza perdere tempo prezioso, poiché in quel momento il gruppo era stato fermato da un passaggio a livello abbassato, anche se alcune cronache dell’epoca raccontano che Cuniolo, non avendo avuto il tempo materiale di risistemare la pompa nell’apposito sostegno, abbia affrontato tutta la salita trattenendola tra i denti.
La volata è entusiasmante, Cuniolo vince per due lunghezze, Ganna si consola balzando in testa alla classifica mentre al terzo posto si piazza il francese Trousselier.
Poi il Giro si riposa in vista delle prime montagne.

3 – continua

Mauro Facoltosi

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