6 AGOSTO 1908, QUI COMINCIA L’AVVENTURA

maggio 21, 2020
Categoria: News

A partire da oggi vi riproporremo i nove capitoli della storia del primo Giro d’Italia, già pubblicati su questo sito nel 2009, in occasione del centenario della Corsa Rosa. Il primo capitolo racconta i passi che portarono il 13 maggio del 1909 al via della prima tappa, iniziando il racconto dalla precedente estate del 1908, quando una soffiata permise alla “Gazzetta dello Sport” di rubare l’idea del Giro al “Corriere della Sera”

C’era una volta una spia.
Inizia come una favola la storia del Giro d’Italia. Ma c’è quell’apparentemente brutto termine, “spia”, a riportarci saldamente coi piedi per terra, a quella che non è una favola, ma una bellissima realtà, quella Corsa Rosa che, anno dopo anno, arriverà nel 2020 alla sua 103a edizione.
Ha un nome quella benevola spia: è Angelo Gatti, fondatore e comproprietario dell’Atala, la famosa azienda di biciclette. In una calda giornata dell’agosto del 1908, venuto a sapere che il Corriere della Sera è seriamente intenzionato a lanciare un Giro d’Italia in bicicletta – sulla falsariga di quanto accadeva in Francia già da un quinquennio e cavalcando l’onda di una precedente manifestazione automobilistica, che il quotidiano milanese organizzava dal 1901 – il Gatti telegrafa la notizia all’amico Tullio Morgagni, caporedattore della Gazzetta dello Sport ed uno dei soci amministratori della “Rosea”, che già da tre anni era impegnata in campo organizzativo con il Giro di Lombardia e da uno con la Milano – Sanremo.
Il Morgagni non perde tempo e invia subito un telegramma al caporedattore della sezione ciclismo Armando Cougnet e al direttore del quotidiano Eugenio Camillo Costamagna: “Improrogabili necessità obbligano Gazzetta lanciare subito Giro Italia. Ritorna Milano. Tulio”.
È il 5 agosto e in quel momento i due soci si trovano fuori Milano, il primo a Venezia per lavoro, il secondo a godersi le ferie nel fresco della natia San Michele Mondovì.
Il giorno successivo si svolge la riunione decisiva, al civico 2 di Via della Signora, nella sede della “Rosea”. Si stabilisce di organizzare la corsa e di darne notizia sulla prima edizione utile del giornale, che all’epoca ha cadenza bisettimanale. Già ventiquattrore dopo, venerdì 7 agosto 1908, l’Italia verrà a sapere che l’anno successivo si sarebbe disputata la prima edizione del “Giro Ciclistico d’Italia”, come viene chiamato.
Il Corriere viene così battuto sul tempo, ma ora bisogna “correre” a recuperare i mezzi necessari affinché quest’avventura possa compiersi. Sotto l’aspetto organizzativo non ci sono problemi poiché Cougnet, che avrà l’incarico di direttore della neonata corsa, ha avuto la possibilità di impratichirsi seguendo come inviato le edizioni 1906 e 1907 del Tour de France ed organizzando le prime corse promosse dalla Gazzetta. Sono le tasche quelle più difficili da colmare, considerati anche gli stipendi da “fame” che percepiscono i tre amministratori, che spesso faticano a saldare i debiti con la tipografia che stampa la Gazzetta. In loro aiuto giunge Primo Bongrani, ragioniere presso la Cassa di Risparmio, che consiglia loro di agire come le banche, chiedendo agli altri i soldi, dove questi mancavano. È lo stesso Bongrani, preso un mese di licenza dal lavoro, a scendere in campo per bussare a tutte le porte possibili, compresa quella del Corriere della Sera che, da gran signore, offre le 3000 lire che costituiranno il premio massimo, quello destinato al vincitore, una cifra che corrisponde a circa 12.600 euro odierni.
L’ultimo aiuto, necessario per coprire il rimanente buco di 1000 lire, viene fornito in occasione della Milano-Sanremo del 1909 dal casinò della cittadina ligure e dall’ingegner Sghirla, che in passato aveva già collaborato con la Gazzetta nell’organizzazione della Milano – Acqui – Sanremo, corsa per vetturette che si era rivelata un totale fiasco ma che sarà la scintilla che porterà alla nascita della Classicissima.
Nel frattempo si procede ai primi sopralluoghi, necessari alla costruzione “fisica” del Giro. Si sceglie di imitare il Tour de France, proponendo otto tappe non consecutive ma inframmezzate da più giornate di riposo, indispensabili per permettere ai corridori di riprendersi dai disagi di frazioni interminabili, disputate su strade dai fondi squassati e caratterizzate da orari di partenza ed arrivo oggi improponibili. Stabilita la partenza assoluta a Milano, in casa Gazzetta, le sedi di tappa sono individuate in Bologna, Chieti, Napoli, Roma, Firenze, Genova, Torino e Milano, dove il Giro terminerà il 30 maggio. In tutto si dovranno coprire 2448 Km, pari ad un chilometraggio medio di 306 Km. La frazione più lunga sarà proprio quella del debutto – prevista sulla distanza di 397 Km – mentre l’ultima sarà la più breve, 209 Km appena!
Fatto il Giro, bisogna fare i “girini” e la caccia non sarà così difficile come quella ai finanziamenti. Le prime iscrizioni giungono negli uffici della Gazzetta già nei mesi successivi: il primo a presentarsi è il bresciano Felice Peli, seguito da altri 165 corridori. 146 sono italiani mentre tra gli stranieri spicca il nome del francese Lucien Georges Mazan: più famoso con il soprannome di “Petit-Breton”, si è imposto nelle ultime due edizioni del Tour ed è noto in Italia per essere stato il primo vincitore della Milano – Sanremo. La notizia della nascita del Giro fa davvero il giro del mondo, perdonateci il gioco di parole, e lo testimonia l’iscrizione di due atleti provenenti da paesi molto lontani, l’argentino Anselmo Ciquito e il russo Iwan Nedela.

Il gran giorno è fissato per giovedì 13 maggio 1909, alle 2.53 della notte. Data l’ora antelucana, il raduno inizia già il giorno prima quando, tra le 13 e le 18, l’Albergo Loreto è teatro delle operazioni di punzonatura. Si presentano solo 128 dei 146 corridori iscritti e pesa soprattutto il clamoroso forfait dell’Alcyon, una delle formazioni più temute ed agguerrite dell’epoca, la “Mapei” d’inizio secolo, che priva della corsa di ben 11 pretendenti di spessore.
Non manca all’appuntamento il pubblico, che si riversa in massa in Corso Buenos Aires sorprendendo gli stessi organizzatori e i “ghisa” meneghini, costretti a trattenere la folla schierando un vero e proprio esercito tra guardie, vigili e carabinieri, anche a cavallo. E ancor più gente affollerrà i traguardi, creando talvolta non pochi problemi agli organizzatori.
Con l’avvicinarsi dell’ora X aumenta ancor più il numero dei tifosi, gran parte dei quali inneggiano a Giovanni Gerbi, l’astigiano “Diavolo Rosso”, forse il più famoso tra gli italiani al via.
Le automobili ufficiali cominciano a scaldare i motori. La prima a muoversi, bardata con bandiere rosse e fasce rosa, è la Züst sulla quale viaggerà il direttore Costamagna – che scriverà gli editoriali dal Giro, firmandoli con lo pseudonimo di “Magno” – accompagnato dall’avvocato Pilade Carozzi, vice presidente dell’UCI e primo italiano a rivestire tale carica. Il pistard bresciano Gian Ferdinando Tomaselli, due volte campione italiano di velocità, è al volante della “Bianchi” riservata ai rappresentanti delle case ciclistiche in gara. Chiude la carovana delle vetture apripista un’Itala fornita dalla Pirelli per permettere al primo direttore di corsa Cougnet e agli altri giornalisti accreditati di seguire la corsa dal vivo.
Mancano oramai pochi minuti alla partenza. C’è il tempo per un ultimo, breve discorso inaugurale, affidato al cavalier Carlo Cavanenghi, il presidente dell’UVI (Unione Velocipedista Italiana, l’odierna Federazione Ciclista Italiana).
Il prestigioso ruolo di primo gran mossiere spetta a Gilberto Marley, ex corridore e tra i più celebri cronometristi dell’epoca.
Alle due e cinquantatre l’abbassarsi d’una piccola bandierina rappresenta il levarsi del grande sipario rosa sul palcoscenico del Giro d’Italia.
Ha inizio l’avventura!

1 – continua

Mauro Facoltosi

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