1957, TUTTA COLPA DI UNA “PISSADA”

maggio 18, 2020
Categoria: News

È l’episodio più celebre dell’edizione del 1957 quella sosta per un bisogno fisiologico che costò la vittoria nella Corsa Rosa a Charly Gaul. Il corridore lussemburghese puntava a uno strepitoso bis al Giro e, invece, si ritroverà messo in croce proprio nella tappa alla quale più puntava, quella che terminava sul quel monte trentino che l’aveva consacrato dodici mesi prima.

Nel 1949 viene fondata a Legnano una delle più celebri compagnie di teatro dialettali italiane, quei “Legnanesi” la cui fama travalicherà ben presto i confini della Lombardia arrivando a “contagiare” anche le genti delle altre regioni (pure al sud, come testimoniano i recenti passaggi televisivi su Rete4 registrati dall’Auditel), grazie anche alla simpatia dei personaggi creati da Felice Musazzi, in particolare la brontolona moglie Teresa e il sempre avvinazzato marito Giovanni. In uno dei più noti sketch ideati da Musazzi si vede Teresa riproverare il marito perché sul posto di lavoro si era fatto sostituire da un collega per andare in bagno e proprio in quel momento il collega aveva perso la vita a causa di un infortunio, in conseguenza del quale alla povera vedova era stato riconosciuto un risarcimento milionario. E così Teresa sgridava l’incolpevole Giovanni facendogli notare che doveva esserci lui al posto del collega e così lei aveva perso l’occasione di diventare milionaria per colpa di una “pissada” (termine che non vi traduciamo, tanto l’avete capito). Vi abbiamo raccontato questa storia perché Musazzi – che nelle sue storie inserirì anche richiami al ciclismo (come quando fece raccontare a Teresa che il marito la portò a compiere la Tre Valli Varesine in bicicletta come viaggio di nozze) – potrebbe aver trovato l’ispirazione per quello sketch da quanto accadde a Charly Gaul al Giro del 1957, che il lussemburghese perse proprio per una “pissada”.

Per Gaul quella doveva essere l’edizione della conferma, dopo aver vinto a sorpresa il Giro dell’anno prima nella storica tappa del Monte Bondone. Fino a quel momento il lussemburghese si era fatto notare vincendo un paio di tappe al Tour nel 1955, una frazione al Delfinato nel 1954 e la cronoscalata alla Madonna di San Luca proprio nel Giro del 1956, ma nessuno avrebbe puntato un soldo sulla sua vittoria, anche perché alla partenza della tappa del Bondone in classifica generale era ventiquattresimo con un ritardo di 16 minuti dalla maglia rosa, Pasquale Fornara. Ma quell’8 giugno un eccezionale colpo di coda della stagione invernale trasformò in un incubo l’ultima tappa di montagna, con i corridori letteralmente congelati al traguardo, 45 ritiri (su 86 partenti da Merano) e Gaul proiettato dai bassifondi della classifica alla posizione di comando. Tornando al 1957, Gaul non è l’unica “stella”al via perché a sfidare il lussemburghese ci sono anche l’italiano Gastone Nencini, che ancora ha il dente avvelenato per la clamorosa sconfitta al Giro del 1955, il citato Fornara, il francese “Louison” Bobet e il giovane neoprofessionista Ercole Baldini, passato nella massima categoria pochi mesi dopo aver conquistato la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Melbourne. Fa, invece, una certa sensazione la mancanza di Fausto Coppi, che sin dall’edizione del 1940 non aveva mai mancato l’appuntamento con il Giro e che salterà quasi completamente la stagione 1957 a causa di una frattura al collo del femore patita a febbraio, incidente che farà temere per la fine della sua carriera anche se da qualche anno il “Campionissimo” non era più l’asso di un tempo.

L’inizio del Giro è subito velocissimo e ad alta tensione. La prima tappa da Milano a Verona scivola via a una media di quasi 45 Km/h e si assistono a diversi tentativi di fuga, nei quali si fanno vedere anche alcuni dei favoriti per il successo finale come Bobet e Fornara, che s’infilano nel gruppo di 13 corridori che si presentano sul rettilineo d’arrivo quasi due minuti prima degli altri. A vestirsi di rosa per la prima volta quest’anno è il belga Rik Van Steenbergen, che ottiene la sua 11a vittoria in carriera al Giro precedendo allo sprint lo spagnolo Miguel Poblet e il cremasco Pierino Baffi e spegnendo in parte le proteste scaturite dalla sua decisione di non presentarsi alla punzonatura della corsa il giorno prima, per la quale era stato chiesto anche un intervento della giuria, che però si era dichiarata incompetente a giudicare il caso e non aveva così preso provvedimenti.

La seconda tappa è di quelle che già stimolano Gaul che, come abbiamo ricordato, al Giro dell’anno prima si era imposto nella cronoscalata di San Luca. Stavolta la prova contro il tempo in salita arriva molto presto, al secondo giorno di gara, e su una distanza ben maggiore rispetto ai 2 Km della tappa bolognese. Di chilometri se ne devono, infatti, percorrere 28 per raggiungere i poco più di 1000 metri della località di villeggiatura di Bosco Chiesanuova, dove è ancora Charly a far valere la legge del più forte su questo tipo di terreno fermando il cronometro sul tempo di 55’04” (media di 30.508 Km/h) e distaccando di 57” il francese d’origini romagnole Raphaël Géminiani e di 1’13” il piemontese Nino Defilippis, mentre il primo dei diretti avversari è Bobet, che perde 1’15” (lo stesso distacco di Baldini) ma conquista la maglia rosa grazie al vantaggio acquisito nella prima tappa. Ora il francese comanda con 27” su Poblet e 37” su Gaul, mentre Fornara è 4° a 49”, Baldini 8° a 1’52” e Nencini 12° a 2’32”.

Dopo le prime sfide tra i big si torna in pianura per la Verona – Ferrara, altra tappa che fa l’occhiolino ai velocisti e che termina con un verdetto ribaltato rispetto a quello della prima frazione perché è Poblet a prevalere su Van Steenbergen. Stavolta l’arrivo è a gruppo compatto ma, come il primo giorno di corsa, lungo la tappa s’è verificato un tentativo altisonante con protagonista Nencini, che approfitta di un passaggio a livello che si stava abbassando a 40 Km dall’arrivo – cosa all’epoca consentita – e si porta dietro altri sei corridori, mentre l’inseguimento forsennato provoca la rottura in più drappelli del gruppo, che impiega quasi 15 minuti per riuscire a riportarsi sulla testa della corsa.

L’attacco sfumato sulla strada per Ferrara riesce invece il giorno dopo, quand’è in cartellone un’altra frazione dal profilo totalmente piatto, interamente tracciata sulle strade di Romagna, da Ferrara a Cattolica. Come il giorno prima a provarci sono Nencini e Defilippis, che stavolta si muovono in un momento particolare, quando a 60 Km dall’arrivo il gruppo si rilassa un attimo dopo aver ripreso un precedente tentativo. I due si ritrovano in testa alla corsa con una ventina di altri corridori e viaggiano spediti, arrivando al passaggio da Rimini a far vestire a Defilippis, seppur virtualmente e per pochi secondi, la maglia rosa. Arrivati a Cattolica, dove a imporsi è il belga André Vlayen, la situazione a livello distacchi è di poco mutata ma a ruoli invertiti perchè Bobet riesce a tenersi sulle spalle la maglia rosa per 8 secondi, mentre Nencini risale al 6° posto con un passivo di 50” dal transalpino. È una giornata, questa, nella quale non si parla solo di Giro perché in serata arriva anche l’annuncio del ritiro alle competizioni su strada dell’elvetico Hugo Koblet, il primo vincitore straniero della Corsa Rosa (1950), che inizialmente aveva messo la corsa italiana nei suoi programmi e che, nonostante il terzo posto al recente Tour de Romandie, si era accorto di non rendere più in salita come un tempo a causa di problemi alla colonna vertebrale.

Rimasti finora a bocca asciutta gli italiani assaporano per la prima volta il successo al termine della Cattolica – Loreto, frazione caratterizzata da uno strappo finale sul quale lascia la compagnia dei fuggitivi Alessandro Fantini, velocista abruzzese che perderà la vita a soli 29 anni nel 1961, dopo due giorni d’agonia e un apparente miglioramento in seguito ad un incidente allo sprint avvenuto sul traguardo della tappa di Treviri del Giro di Germania. Nel frattempo un altro corridore si avvicina sensibilmente alla leadership di Bobet poiché, grazie ai quasi 4 minuti guadagnati nella fuga odierna, Baffi risale ben 28 posizioni in classifica portandosi al quarto posto con 21” di ritardo dalla maglia rosa.

Il giorno dopo nella Loreto – Terni Defilippis prova ancora a demolire gli 8 secondi che lo separano dalla maglia rosa ma l’imboscata non gli riesce, dopo aver nuovamente provato sulle proprie spalle l’effimera ebbrezza della leadership virtuale. Gli va male perché, dopo 100 chilometri di fuga e aver guadagnato fino a 4 minuti di vantaggio, il gruppo di Bobet riesce ad organizzarsi e annulla il tentativo quasi in fondo alla discesa che dal Passo della Somma porta al traguardo di Terni, mentre davanti rimangono due dei sette protagonisti della fuga promossa da Defilippis, che erano riusciti a lasciare la compagnia al passaggio da Spoleto: uno è il piemontese Ugo Massocco, che tre anni prima si era imposto nella classifica finale del Giro di Sicilia, l’altro è l’olandese Wout Wagtmans, che taglia per primo il traguardo della cittadina umbra affiancando questo successo agli altri due conseguiti alla Corsa Rosa nel 1954 (tappe di Torino e San Martino di Castrozza).

Le prime salite di un certo calibro, seppur distanti dal traguardo, si affrontano nella Terni – Pescara e poi nella successiva tappa diretta a Napoli. Nel corso della prima, che scavalca in due punti la catena appennica, prima alla Sella di Corno e poi al Passo delle Capannelle, i big preferiscono risparmiarsi in vista della più movimentata frazione napoletana e così ha gioco facile la fuga, pur questa arrivando con un vantaggio abbastanza risicato al traguardo di Pescara (27 secondi), dove il francese Antonin Rolland coglie il successo davanti al piemontese Agostino Coletto.

Come anticipato, propone un menù più succulento la tappa del giorno dopo, che porta la corsa sulle mitiche ascese del Piano delle Cinquemiglia, di Rionero Sannitico e del Macerone, che continuano a suscitare un po’ di timore nonostante i 110 Km privi di ostacoli naturali che si devono percorrere per andare al traguardo dopo l’ultimo colle. Le tre salite, in effetti, non provano nessuno scompiglio ma chi aspettava un ennesimo attacco di Defilippis non rimane deluso, anzi trova oggi il modo di gioirne perché il tentativo finalmente porta all’obiettivo perseguito da giorni dal corridore piemontese. L’attacco al vertice si concretizza nel finale quando, a pochi chilometri dal traguardo, il trevigiano Vito Favero prende l’iniziativa e lascia il gruppo con un’azione talmente decisa che soltanto in due riescono a tenergli le ruote, Defilippis e il marchigiano Michele Gismondi. I tre riescono ad andare di comune accordo sino al traguardo, dove s’impone Favero e dove, grazie ai 21 secondi guadagnati, Defilippis stavolta può fasciarsi anche fisicamente della maglia rosa, strappata a Bobet per 13 secondi.

S’inizia a risalire la penisola con la tappa che fa scalo a Frascati, inserita per recuperare la frazione saltata l’anno precedente a causa della concomitanza con la data delle elezioni politiche, che avevano costretto Torriani a far annullare la tappa ed inserire un giorno di riposo straordinario per permettere ai corridori italiani di votare. Fino al 1993, infatti, la partecipazione alle votazioni era obbligatoria e fino al 1956 era anche prevista una multa, poi sostituita dall’anno successivo dall’iscrizione dei “non votanti” senza giustificato motivo (e la partecipazione al Giro non lo era, per lo stato) in un apposito certificato. Questo “girone di recupero”, però, serve a poco o nulla perché la tappa termina – nonostante diversi tentati di fuga, tra i quali un altro di Defilippis – con lo sprint di un folto gruppo di una cinquantina di elementi, dal quale emerge per la seconda volta la sagoma di Poblet, che anche nella cittadina laziale ha la meglio su Van Steenbergen.

Per lo sprinter iberico arriva quindi il “triplete” con il terzo successo al Giro 1957 sul traguardo della successiva Roma – Siena, dove precede Fantini e il romano Nello Fabbri, mentre gli sfugge il pokerissimo a Montecatini, dove Van Steenbergen porta a due il suo bilancio di vittorie in questa edizione della corsa rosa davanti a Giorgio Albani e Baldini.

Lo stesso pomeriggio della tappa di Montecatini fa la comparsa al Giro il convalescente Coppi, venuto a fare da spettatore all’attesa tappa che si disputerà dopo il giorno di riposo, quando è in programma una lunga cronometro individuale disegnata tra la località termale toscana e Forte dei Marmi. Sotto gli attenti occhi del “Campionissimo” sfreccia più veloce di tutti il corridore che negli anni successivi si meriterà l’appellativo di “Direttissimo di Forlì”, quel Baldini che oggi corre per davvero alla velocità di un treno diretto e si beve i 58 Km del tracciato in 1h19′46”, alla media di 44,223 Km/h, vincendo la cronotappa con otto secondi di vantaggio sul vicentino Cleto Maule. Per quanto riguarda gli altri “grandi” Nencini viene distanziato di 1’15” dal campione olimpico, Bobet paga 1’50” ma si riprende la maglia rosa, Gaul e Fornara terminano rispettivamente con un distacco di 2’16” e 2’29”, mentre il vincitore si piazza immediatamente alle spalle di “Louison” in classifica, dal quale lo separano appena 2 secondi. Dopo la lunga crono, dunque, il Giro è più aperto che mai, perché ridottissimi sono i distacchi anche tra i primi cinque della classifica: dietro a Baldini ci sono Nencini a 15” da Bobet, Defilippis a 27” e Gaul a 55” mentre il primo a superare il minuto di ritardo è Fornara, 6° a 1’28”.
Il Giro punta ora verso le frazioni alpine, anticipate da due tappe di trasferimento la prima delle quali termina a Genova con il successo del laziale Bruno Monti, che taglia il traguardo solitario anticipando di un minuto e mezzo la volata del gruppo, conquistata da Poblet.

Un’altra fuga, questa a diciotto voci, va in porto nella tappa di Saint-Vincent e stavolta riesce a cambiare il volto della maglia rosa perché tra gli attaccanti giunti nella cittadina valdostana (dove s’impone il toscano Mario Baroni) con quasi 5 minuti sul gruppo c’è Rolland, il vincitore della tappa di Pescara, che oggi toglie per 5 secondi il simbolo del primato dalle spalle del suo capitano Bobet.

C’è intanto fibrillazione in casa Gazzetta per la prima tappa di montagna perché l’ANAS non ha ancora accordato il permesso di transitare sul Gran San Bernardo, nonostante si sia riusciti a liberare per tempo la strada dalle sei slavine precipitate dai monti nei giorni precedenti il passaggio della corsa. I tecnici del Giro già approntano un tracciato alternativo che prevede l’arrivo in salita ad Alagna Valsesia in sostituzione del traguardo in terra elvetica di Sion, ma poi arriva il via libera e la tappa si può disputare sul percorso prestabilito di 133 Km, che prevede l’ascesa ai 2473 metri del passo poco prima di metà tappa. Il corridore più atteso non fa mancare il proprio apporto alla cronaca di corsa andando all’attacco sul San Bernardo, tra due muraglie di neve, e riuscendo a rimanere a lungo in testa alla corsa, fin quando Gaul non viene raggiunto quasi al termine della discesa da Géminiani, Nencini e Bobet. È questo quartetto a costituire l’avanguardia della corsa nel lungo tratto pianeggiante finale, al termine del quale Bobet in un solo colpo si prende la vittoria di tappa e si riappropria della maglia rosa data in temporaneo prestito al suo compagno di squadra, mentre Baldini e Fornara perdono qui l’opportunità di competere per il successo finale tagliando entrambi il traguardo 4’59” dopo l’arrivo dei primi.

Al rientro in Italia è prevista un’altra preziosa occasione per Gaul, anche perché stavolta l’arrivo è in salita, ai 1100 metri del Campo dei Fiori, la montagna sopra Varese dove il Giro giunge dopo una tappa bersagliata da vento e forte pioggia che fanno venire i brividi perché ancora “fresco” è il ricordo della giornata del Bondone dell’anno prima e qualche giorno più tardi si tornerà a far scalo sulla montagna trentina. Stavolta ci sono tutte le condizioni perché lo scalatore lussemburghese riesca a confezionare un’altra impresa leggendaria, pur senza la neve a far da companatico all’avventura, e Charly ci riesce, anche se il suo non è un “en plein” perché la vittoria gli sfugge per 51 secondi, il vantaggio con il quale giunge al traguardo il veneto Alfredo Sabbadin. Dietro il lussemburghese, però, i distacchi sono importanti e qualcuno già suona il “De Profundis” per un’edizione della Corsa Rosa che a questo punto pare decisa a favore di Gaul: Nencini giunge al traguardo varesino 1’16” dopo l’arrivo di Charly mentre per vedere Bobet sotto lo striscione del traguardo occorre attendere un ulteriore minuto.

Con una classifica rivoluzionata – ora Gaul è tornato a comandare con 56 secondi sul toscano e 1’17” sul francese mentre al quarto posto a oltre 6 minuti c’è Baldini – si corre una giornata interlocutoria suddivisa in due semitappe, la prima da Varese a Como e la seconda, brevissima, tutta in circuito nella cittadina lariana. Le difficoltà sono ridotte all’osso, si arriva allo sprint in entrambe (con successi di Fantini nella prima e di Van Steenbergen nella seconda) e l’unica nota di cronaca di un certo interesse arriva da un reclamo della Leo-Chlorodont, la formazione di Nencini, che protesta con la giuria per i 20 secondi di penalità inflitti a Gastone per spinte ricevute sulla salita del Campo dei Fiori. Reclamo che sarà, però, respinto al mittente per “vizio di forma” perché firmato non dai diretti interessati (vale a dire lo stesso corridore o il direttore sportivo Gaetano Belloni) ma da Rolly Marchi, il dirigente della formazione che, inoltre, aveva versato solo ottomila lire invece delle sedicimila richieste dalla tassa di accompagnamento prevista per ogni reclamo.

I più, a questo punto, pensano che il Giro sia già finito e che Gaul non potrà che incrementare il proprio vantaggio nella “Como – Trento Alta”, tappa che si disputa sulla medesima distanza dell’infernale tappone dell’anno prima, ma tra minori difficoltà. Non solo le condizioni meteorologiche sono decisamente agli “antipodi” ma anche il tracciato è più semplice perché nessuna difficoltà altimetrica è prevista prima di quella finale, se s’esclude l’ascesa di Lipomo subito dopo il via. Nessuno, però, poteva immaginare quello che sarebbe accaduto nel bel mezzo della pianura quando, poco dopo il 100° km di gara, la gara sarebbe giunta in quel di Ospitaletto, comune alle porte di Brescia il cui nome da quel giorno sarà perennemente accostato a quello di Gaul. È lì che il capoclassifica compie un’operazione normale, che tutti i corridori compiono anche più d’una volta durante una gara, una sosta per fare pipì. Ma la normalità di quel gesto si trasforma in un’autentica battaglia a causa di una leggerezza del lussemburghese, che anziché farla in sella – come fan tutti – scende di bicicletta e si fa pure notare dagli avversari, che danno il via a un feroce attacco. Dopo un errore il lussemburghese, vittima anche di una crisi di pianto, ne commette un altro quando decide di andarsene tutto solo in fuga dal gruppo inseguitore nel tentativo di annullare autonomamente lo svantaggio accumulato, che aveva superato i 4 minuti al passaggio da Riva del Garda. Riesce a limare un minuto ma poi va in “riserva” e si pianta sulla salita che l’anno prima lo aveva visto in gloria: mentre a sorpresa taglia per primo la linea d’arrivo il velocista spagnolo Poblet, a Vaneze – dove all’epoca terminava la strada, che ora permette di arrivare fino a Vason – il lussemburghese giunge 10 minuti dopo l’arrivo dell’iberico e quasi otto minuti e mezzo dopo i corridori che lo seguivano in classifica. E ora un Giro che sembrava chiuso si riapre di botto perché la nuova maglia rosa Nencini e Bobet sono separati da appena 19 secondi, mentre a Gaul per vincere servirebbe una giornata “invernale” come quell’anno prima poichè è sprofondato al quarto posto con un passivo di 7’38”.

Ma stavolta Giove Pluvio è più clemente e promette solo pioggia per il tappone che conduce la corsa da Trento a Levico Terme affrontando i passi Rolle e Brocon. Tutti guardano ancora a Gaul, forse cullando nuovamente il sogno di un’impresa come quella dell’anno precedente, anche se le condizioni non ci sono. E Gaul mantiene in piccola parte le attese vincendo a Levico, ma senza attacchi sui passi e con un vantaggio esiguo su Nencini, Bobet e Baldini, che terminano la tappa sette secondi più tardi, anche loro senza “sbattersi” più di tanto.

C’è ancora una salita da affrontare, ma il Passo di Vezzena da superare in partenza della penultima tappa verso Abano Terme è un colle inutile, come inutile si rivela questa tappa, che viene vinta allo sprint da Van Steenbergen, che poi il giorno successivo al Vigorelli fa poker nella conclusiva frazione della Corsa Rosa.

Cala così il sipario sul 40° Giro d’Italia, edizione vinta da Nencini con appena 19” su Bobet e 5’59” su Baldini. Ma quello, per la maggior parte dei “suiveurs”, non fu l’unico Giro vinto in carriera dal campione di Barberino di Mugello, non fu il Giro della conferma delle sue doti tra i professionisti di Baldini.

Quello fu il Giro che Gaul perse per una “pissada”.

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

Nota: manca l’altimetria della 12a tappa (cronometro di Forte dei Marmi); della 1a tappa (Verona) è presente la sola planimetria

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