RICORDO DI UN’AMSTEL: CUNEGO 2008

aprile 18, 2020
Categoria: News

La prima domenica dopo Pasqua era stata riservata all’Amstel Gold Race ma, come tutte le corse della prima parte della stagione, non si potranno effettuare a causa dello stop alle manifestazioni disposto a causa dell’emergenza coronavirus. In questi giorno vi riporteremo indietro nel tempo alle ultime tre edizioni della corsa olandese vinte da corridori italiani. E non potevamo cominciare con quella vinta nel 2008 da Damiano Cunego, che tenne un diario sul nostro sito tra il 2003 e il 2004. Buona lettura

IL VOLTO TRISTE DELL’AMSTEL: VALVERDE NON SA PIU’ VINCERE

C’era una volta Alejandro il Grande, conquistatore spagnolo dalla folta chioma e dal raggiante futuro assicurato. Centosettantotto centimetri di classe cristallina, Alejandro Valverde da Las Llumbreras era uno dei tanti enfant prodige nati nei primi anni ’80 al quale i dei delle ruote, sembrava, avessero serbato un cammino da predestinato. Podio alla Vuelta ed al Mondiale a soli 23 anni, ed unico a regolare allo sprint sua maestà Lance Armstrong in un arrivo di tappa in quota al Tour de France (Courchevel 2005), da lui si attendeva solo la consacrazione nelle grandi classiche, gare per le quali il murciano sembrava proprio essere fatto su misura. E la dea bendata si sa, laddove toglie è pronta a restituire. Così, dopo aver detto addio ai sogni in giallo per un fastidio al ginocchio nel 2005 e dopo aver adagiato sul collo del bel Alejandro la seconda medaglia iridata sulle strade di casa, la bionda dal viso coperto seppe rifarsi regalando al portacolori della Caisse d’Epargne la gloria, condensata in meno di 100 ore, sul Muro di Huy e sul traguardo di Liegi. Era il 2006 e, alla soglia dei 26 anni, il grande passo da eterno piazzato a conquistador parve ormai essersi compiuto. Tutto pronto, dunque, per la battuta di caccia alla prima maglia gialla dell’anno uno d.A. (dopo Armstrong). Disattenzione o sfortuna vollero però che anche il nuovo assalto non ebbe buon fine: clavicola lussata a Valkenburg nel corso della prima settimana di gara e tanti saluti alle strade di Francia. Ma in fondo, si sa, la piena maturazione psicofisica per puntare alle corse a tappe arriva con l’avanzare degli anni, cosicchè nessuno se la sentì di farne un dramma. Si pensò, erroneamente, all’ennesimo appuntamento rimandato mentre, di fatto, la Grande Boucle, cui fecero seguito i consueti podi a Vuelta e Mondiale (senza mai indossare il metallo più pregiato) rappresenta l’apogeo della carriera del murciano.
Immerso fino al collo nell’Operacion Puerto, “Valv-Piti” (nome in codice preso in prestito dal cucciolo domestico di casa Valverde ed usato con il medico Eufemiano Fuentes) ha smarrito la retta via. Che fosse un “piazzato di lusso” lo si sapeva sin dagli esordi ed i risultati ottenuti nella passata stagione, dove dai successi passò alle due medaglie d’argento a Freccia e Liegi, non fecero che presagire quanto potesse poi accadere al Tour: sesto nella classifica generale, mediocre tra i mediocri e mai realmente in lizza per prenotare un posto sul podio di Parigi. Nonostante fitte nubi si addensassero sul personaggio, al pupillo di Saiz venne consentito di correre anche un anonimo Mondiale prima di ripresentarsi ai nastri di partenza, in questo 2008, chiamato a capire in maniera definitiva la reale dimensione: gare in linea o grandi giri?
L’impressione è che nessuno lo abbia ancora capito esattamente, corridore in primis. O forse, malignamente, verrebbe da pensare che i successi ottenuti in passato fossero frutto di momentanei exploit e che la vera cartina di tornasole sia rappresentata dalla miriade di piazzamenti tra classiche e corse di infimo livello.
Quando oggi il giallorosso Joaquin Rodriguez, compagno sacrificatosi per l’ennesima volta vanamente, si è prodigato a più riprese in testa al gruppo con il chiaro intento di favorire la sua azione, in molti hanno pensato che il murciano potesse inventarsi qualcosa. L’Amstel, tuttavia, gli è rimasta una volta di più sullo stomaco e, nonostante abbia provato a rendere a Cunego lo sgarbo subito sette giorni fa alla Classica di Primavera (lì il veronese lo fulminò allo sprint dopo essersi rifiutato di tirare un solo metro negli ultimi 2000) ha subito una batosta colossale, che intacca morale e convinzione nei propri mezzi. La sparata negli ultimi metri non appare irresistibile come quello degli esordi, se si pensa che, oltre ad un irraggiungibile Cunego, anche un diesel come Schleck non ha faticato per tenerlo a bada e metterselo dietro. La capacità di movimentare la corsa con azioni frutto di istinto, poi, è una peculiarità che lo spagnolo ha faticato ad evidenziare nell’arco di tutta la carriera. Anche gli ultimi metri sul Cauberg si prestano ad una difficile interpretazione. Che Valv-Piti si sentisse ancora il più forte nonostante Cunego gli avesse già dimostrato di avere due marce in più? Sarebbe un peccato di presunzione ma è l’unica risposta che balza alla mente, per spiegare l’assoluta abulia di un “campione” incapace di estrarre un coniglio dal cilindro, che non sia uno sprint di gruppo vinto per manifesta inferiorità.
Alejandro Valverde, oggi, è la faccia triste della Spagna che sgomita, fatica, ansima e non raccoglie. Valgono troppo poco i successi di un Contador, primadonna mancata alla prossima Grande Boucle, per dar lustro ad un movimento che, nonostante i due trionfi al Tour de France nelle ultime due stagioni, è chiamato a ricostruirsi un contorno di credibilità e dignità. Chissà che per tornare a sorridere non serva affidarsi a chi veste realmente i colori della bandiera, quel Rodriguez costretto a far da apripista e che troppo spesso raccoglie voti in pagella ben più altisonanti di quelli del proprio capitano.
A ventotto anni Alejandro Valverde ha disimparato a vincere. E stavolta invocare l’aiuto della dea bendata saprebbe quasi di blasfemia.

Marco Ferri

Laffermazione di Cunego allAmstel Gold Race 2008 (foto Bettini)

L'affermazione di Cunego all'Amstel Gold Race 2008 (foto Bettini)

Commenta la notizia