NASCE IL GIRO 2020, CORSA VARIA ED EQUILIBRATA

ottobre 25, 2019
Categoria: News

Svelato a Milano il percorso della prossima edizione della corsa rosa che partirà da Budapest il 9 maggio, come già annunciato. Cronometro di apertura e chiusura e, in mezzo, tappe per tutti i gusti. Maggiore equilibrio rispetto al Tour, anche se qualche aspetto può essere migliorato. Deluse le aspettative degli appassionati che aspettavano l’annunciato arrivo sul Fraiteve, che sembrava quasi certo e invece è stato espunto dal percorso.

Gli organizzatori del Giro d’Italia, nel disegnare il percorso dell’edizione 2020 della corsa rosa, hanno certamente fatto tesoro di alcune esperienze che hanno messo in evidenza dati di fatto ormai assodati.
Riproporre una prima parte di giro modello primi anni ‘90 si rivela anacronistico, in quanto nelle corse moderne il rischio è che tappe che trenta anni fa offrivano varie possibilità di conclusione, rivelandosi aperte ed interessanti, oggi non sono più in grado di offrire lo stesso spettacolo. Nell’edizione 2019 i tifosi hanno dovuto aspettare nove giorni per vedere una tappa un po’ meno sotto controllo strettissimo delle squadre. In questa edizione le cose sono cambiate e la prima settimana, seppure come da tradizione ricca di occasioni per le ruote veloci, offre anche una possibilità per gli attaccanti ed una per gli uomini di classifica, oltre ad una tappa che invita i coraggiosi a gettare il guanto della sfida.
Resta il fatto che sette tappe dichiaratamente per velocisti in un giro moderno sono ancora troppe. Proprio a causa della maggiore difficoltà di sfuggire al controllo delle squadre, dovrebbero essere comunque previste anche nelle frazioni dedicate agli sprinter delle piccole difficoltà tali da fare risultare la corsa almeno minimamente aperta alla possibilità di un finale diverso rispetto al copione già scritto. Al giorno d’oggi gli sprinter sono in grado di resistere anche su percorsi leggermente diversi dai tavoli da biliardo.
Ovviamente questa considerazione, letta a contrario, porta ad osservare che forse un paio di tappe di media difficoltà in più potevano essere inserite e frazione simili a quella di San Daniele del Friuli o di Cesenatico potevano essere proposte in numero maggiore in luogo di un paio di frazioni piatte.
Le tappe di montagna sono belle perché presentano tutte tante salite in successione, anche se la loro collocazione non è sempre felice, alcune hanno anche dei chilometraggi dignitosi come i tre tapponi di montagna della terza settimana che si aggirano tutti sui 200 Km. Mancano tuttavia le grandi pendenze: l’arrivo in salita più duro è quello di Piancavallo, che presenta una parte iniziale a forte pendenza con una punta del 14%, mentre le pendenze più cattive in assoluto le troveremo sul Monte di Ragogna, che è poco più di uno strappo, dato che misura meno di 3 Km. Gli altri arrivi in salita non sono nulla di che, anche se inseriti in tappe dure che possono quindi portare ad attacchi anche da lontano, come per esempio la tappa dello Stelvio con arrivo ai Laghi di Cancano. In questo senso, forse, il mancato arrivo sul Frateive, annunciato come quasi certo da tutti i rumors sino a pochissimi giorni fa, ha privato il Giro 2020 di quello che doveva essere il vero “coup de theatre”, con la salita sterrata che dal Sestriere si arrampica verso il monte sovrastante passando per il Colle Basset e che è stata comunque rimandata ad una delle successive edizioni della corsa rosa (il maltempo aveva impedito di portare a termine i lavori di sistemazione della strada)
La salita di Sestriere non è gran cosa ed è preceduta dal Monginevro che non brilla per difficoltà. Agnello e Izoard sono lontani dal traguardo ma, essendo l’ultima frazione di montagna, saranno possibili crisi inaspettate perché i corridori saranno tutti in riserva di energie.
Criticabile anche la mancanza di tappe di montagna con arrivo in discesa, che avrebbero reso questo Giro davvero completo.
Esaurite le critiche ad alcuni aspetti del percorso, prima di passare agli elogi va evidenziata una nota agrodolce. Il percorso è certamente più equilibrato di quello del Tour de France, tuttavia la mancanza di salite dalle pendenze molto severe induce a pensare che siano favoriti i cronoman, che sono in grado di bastonare tutti nelle prove contro il tempo e si trovano bene su salite dalle pendenze regolari come quelle proposte nel percorso. Roglič, ad esempio, lo scorso anno ha mostrato difficoltà su salite come il Mortirolo o il Manghen, caratterizzate da pendenze terribili, ed anche Dumoulin, come i cronoman degli anni ‘90, si difende con il ritmo e soffre quindi le rasoiate che gli scalatori leggeri come López e Landa possono produrre sulle pendenze arcigne. Le cronometro di apertura e chiusura sono molto filanti e favorevoli agli specialisti, mentre quella di Valdobbiadene presenta un disegno planimetrico più tortuoso, ma comunque privo di difficoltà altimetriche, eccezion fatta per il brevissimo muro di Ca’ del Poggio. In un simile quadro, il rischio è che scarseggi il terreno adatto per dar fastidio a certi uomini, anche se il risvolto positivo potrebbe essere, come è stato lo scorso anno, la necessità di attaccare anche da lontano per tentare di recuperare terreno.
Le note positive sono quelle di un percorso comunque molto vario con tappe per tutti i gusti, l’arrivo in salita di Agrigento, la salita lunga a metà tappa di Portella Mandrazzi, gli strappi di Tortoreto Lido, la media montagna a Cesenatico, le tappe di montagna con molte salite in sequenza. Tutti i corridori avranno la possibilità d trovare terreno per proporsi come protagonisti.
Altra nota positiva è la percorrenza di tutta la lunghezza della penisola da Sud a Nord, anche se evitare le tre inutili tappe ungheresi avrebbe permesso di affrontare anche un paio di frazioni più ad ovest lungo la risalita dello stivale, inserendo magari le due famose tappe di media montagna al posto di due tappe pianeggianti. Una risalita lungo la dorsale appenninica avrebbe dato certamente mote occasioni per tappe del genere.
Le tappe di montagna, si ribadisce, presentano molte salite in sequenza, salite anche lunghe e dure pur in assenza di pendenze severe, come già detto. Sono state abbandonate le orribili tappe pianeggianti con salita secca finale in favore di vere tappe di montagna.
Dieci tappe oltre i 200 Km a fronte di una sola tappa di tale chilometraggio al Tour de France la dicono lunga sulla differenza che ancora esiste tra le due corse, differenza che anche quest’anno va a favore di RCS, nonostante il Tour abbia deciso di uscire dagli schemi.
C’è il terreno per un grande spettacolo che starà ai corridori offrire.
Come anticipato, si parte dall’Ungheria con una mini crono appena sotto i 10 Km per specialisti ma con finale che tirà all’insù verso Buda, la parte alta della capitale magiara. A seguire due tappe per velocisti prima di rientrare il Italia e cominciare a far sul serio. L’arrivo della terza tappa ad Agrigento è in salita e sorride agli attaccanti ed ai finisseur e sarà preceduto da un disegno che comincia ad essere più mosso rispetto alle tappe precedentiu.
Alla quarta tappa saranno chiamati allo scoperto gli uomini di classifica con l’arrivo in salita a Piano Provenzana, che non va sottovalutato perché misura 18 Km e, se le pendenze sono molto regolari nella parte centrale, gli ultimi 3 Km presentano una inclinazione media del 9% degna delle grandi salite alpine.
Il giorno successivo è in programma una tappa interessante, c’è tanta pianura spezzata dalla lunghissima salita (e altrettanto lunga discesa) di Portella Mandrazzi, piazzata a metà percorso. Riusciranno i nostri eroi attaccanti a sfuggire al controllo e resistere al ritorno del gruppo, sfruttando la parte centrale della frazione?
Molto interessante anche la prima tappa in continente da Mileto a Camigliatello Silano di 223 Km senza un metro di pianura, una serie infinita di saliscendi sino al chilometro 188, quando inizieranno gli oltre 20 Km di salita per raggiungere i 1618 metri del Valico di Monte Scuro. Lassù mancheranno 10 Km alla conclusione di una tappa che potrebbe vedere anche scaramucce tra i big. Qualcuno potrebbe tentare di sfuggire al controllo ed involarsi. Il giorno successivo nella Castrovillari – Brindisi torneranno di scena i velocisti, che potrebbero festeggiare anche a Vieste al termine della nona tappa, pur presentando questa frazione le salite garganiche di Monte Sant’Angelo e di Coppa di Santa Tecla, che sono però piazzate molto lontane dall’arrivo.
Dopo il giorno di riposo la tappa abruzzese sarà una sorta di classica con la salita di Tortoreto Alto da affrontare tre volte. Anche nel 1995 si arrivò a Tortoreto Lido dopo aver affrontato quella ripida ascesa e in quell’occasione la vittoria andò a Filippo Casagrande che colse il primo successo da professionista.
Il 20 maggio l’arrivo a Rimini sarà adatto agli sprinter, mentre il giorno successivo andrà in scena la tappa che ricalca il percorso della Nove Colli, la più importante gran fondo italiana, tra le più antiche con la sua tradizione di quasi mezzo secolo alle spalle (prima edizione nel 1971): il tracciato non è adatto ai big, ma è un invito a nozze per attaccanti e coraggiosi che potranno sfidarsi su un percorso di grande fascino, un continuo salire e scendere per arrivare a Cesenatico di fronte alla statua di Marco Pantani.
La successiva tappa da Cervia a Monselice sarà completamente pianeggiante, eccezion fatta per due dentelli (Passo Roverello e Calaone) i quali, benché collocati nella parte finale della frazione, non sembrano sufficienti per permettere a qualcuno di beffare gli sprinter, anche se rappresentano comunque un elemento di incertezza.
Sabato 23 maggio andrà in scena una tappa chiave in ottica classifica generale, la cronometro del Prosecco da Conegliano a Valdobbiadene, che già nel 2015 ospitò l’arrivo di una frazione contro il tempo, lunga quasi il doppio rispetto a quella proposta per l’edizione 2020. In questo caso, il percorso misura quasi 34 Km ed è complessivamente favorevole agi specialisti: unica vera difficoltà altimetrica è il brevissimo muro di Ca’ del Poggio nella parte iniziale, mentre per il resto ci saranno solo minime vallonature. La planimetria comunque non è particolarmente filante e presenta un percorso piuttosto tortuoso, specialmente nella parte finale. I distacchi potrebbero essere molto pesanti, proprio come nel 2015.
Domenica 24 maggio gli scalatori avranno la prima occasione per cercare di recuperare almeno in parte il tempo perduto nella cronometro perchè andrà in scena la prima tappa alpina. I “girini” partiranno da Rivolto, ospiti delle Frecce Tricolori, e scaleranno Sella Chianzutan, Forcella di Monte Rest e Forcella di Pala Barzana e, dopo un tratto interlocutorio di 30 Km, saliranno sino ai 1290 metri di Piancavallo. Nel 1998 lassù vinse Marco Pantani che riuscì a dare solo distacchi minimi agli avversari, tuttavia in quell’occasione la Schio – Piancavallo era una tappa pianeggiante con salita finale. Nel 2017, invece, Dumoulin in maglia rosa se la vide abbastanza brutta nella San Candido – Piancavallo, vinta da Landa, perché fu costretto a cedere la leadership a Nairo Quintana, che dovette tuttavia rendergli il favore nella cronometro che si concludeva in Piazza del Duomo a Milano, esattamente come accadrà anche nel 2020. Che sia un presagio…
In effetti la salita in questione presenta i primi 6,5 Km molto duri, con pendenza media del 9,5% e punte del 14%, e dopo le altre salite affrontate potrebbe fare male a più di un protagonista.
Il lunedì il giro osserverà il secondo giorno di riposo mentre martedì andrà in scena la Udine – San Daniele del Friuli. Prima di arrivare nella località dei gustosi prosciutti i corridori affronteranno un percorso molto complesso, con continui saliscendi e lo strappo del Monte di Ragogna, con pendenze sino al 16%, da affrontare 3 volte con l’ultimo passaggio posto a 13 km dall’arrivo. La tappa è per fughe di coraggiosi e seconde linee, ma non è escluso che qualche big voglia provare la febbre agli avversari nell’ultima scalata del Ragogna per scaldare le polveri prima delle terribili tappe finali.
Mercoledì 27 maggio si andrà da Bassano del Grappa a Madonna di Campiglio, percorrendo 202 Km ed affrontando Forcella Valbona, Monte Bondone, Passo Durone e la salita finale. La salite più dure sono le prime due che, oltre alle pendenze maggiori, presentano anche un chilometraggio superiore ai 20 Km, mentre le ultime due salite sono decisamente più agevoli. Non sarà facile fare la differenza ma nella terza settimana una crisi su salite con queste pendenze potrebbe rivelarsi, in termini di ampiezza del distacco, davvero devastante perché chi è in forma su queste salite riesce a fare velocità davvero elevate.
Senza respiro il giorno successivo è prevista nuovamente una tappa estremamente dura nella quale le possibilità di attacco saranno maggiori. La frazione di 209 Km tra Pinzolo e i Laghi di Cancano partirà in salita con il Campo Carlo Magno. La partenza in salita senza un po’ di terreno per carburare può risultare indigesta a molti e le squadre, dopo ave affrontato Campo di Carlo Magno e Passo Castrin, potrebbero essere già molto ridotte nel numero di componenti. Ci sarà, però, un lungo tratto per rientrare, ma le energie spese si faranno sentire sui 48 tornanti che porteranno ai 2758 metri della Cima Coppi, posta sullo storico Passo dello Stelvio. Finalmente si tornerà ad affrontare lo Stelvio dal nobile versante altoatesino con i suoi vertiginosi tornanti che tutto il mondo ci invidia. Le pendenze non sono esagerate, ma la lunghezza di 25 Km e l’altitudine estremamente elevata rendono questa ascesa tra le più difficili in Europa. Venti chilometri di discesa tecnica e sette di fondovalle precederanno l’ultima salita ai Laghi di Cancano, affrontata nell’edizione 2019 del Giro d’Italia femminile in sostituzione del Gavia, impraticabile a causa di una frana. In quell’occasione, l’olandese Annemiek van Vleuten si presentò sul traguardo in perfetta solitudine, infliggendo severissimi distacchi a tutte le altre e mettendo in cassaforte il successo finale. La salita misura 8,7 Km e presenta pendenze regolari sul 7/8 % e termina a 2 Km dall’arrivo. In un quadro simile, la cosa più sensata sembrerebbe un attacco sullo Stelvio, visto che anche la discesa dalla Cima Coppi potrebbe risultare interessante come dimostrò Nibali nel 2017 andando a riprendere il fuggitivo Landa proprio in discesa vero Bormio. A quel punto, la salita finale non lunghissima potrebbe servire a dilatare i distacchi. L’azione da lontano potrebbe essere anche favorita dal fatto che il giorno successivo sarà prevista una tappa di trasferimento completamente pianeggiante da Morbegno ad Asti che, con i suoi 251 Km, sarà anche la frazione più lunga del Giro.
L’ultima tappa di montagna sarà la Alba-Sestriere. Su questa frazione i rumors erano stati numerosi. Si era addirittura ipotizzata un’accoppiata di sterrati con Finestre e Fraiteve. Non accadrà nulla di tutto ciò e la cosa ha sicuramente deluso gli appassionati; gli organizzatori hanno tentato di porre rimedio, inserendo Agnello e Izoard nella prima parte. L’Izoard verrà però scollinato a oltre 50 Km dalla conclusione e l’accoppiata Monginevro-Sestriere (che nel 2000 venne affrontata a cronometro e costò il giro a Francesco Casagrande, che cedette la rosa a Stefano Garzelli) non sembra in grado di proporre grandi differenze.
Tuttavia se le prime due salite, che sono davvero durissime, venissero affrontate a tutta le squadre potrebbero saltare ed allora l’accoppiata Monginevro-Sestriere potrebbe essere devastante in caso di crisi che, nell’ultima tappa di montagna, è sempre dietro l’angolo; basti ricordare quello che accadde a Pinot nella tappa di Cervinia nel 2018, durante la quale il francese si ritirò e fu addirittura ricoverato in ospedale.
Il Colle dell’Agnello, a parere di chi scrive, è la salita più dura di questo Giro. Da Chianale, gli ultimi 10 Km vanno su costantemente in doppia cifra, l’altitudine è quasi pari a quella dello Stelvio e la strada è stretta. Per queste ragioni chi scrive ritiene che sarebbe stato più opportuno attribuire la salita Pantani al Colle dell’Agnello, piuttosto che a Piancavallo. Vero che il Pirata vinse a Piancavallo, ma sul Colle dell’Agnello al Giro del 1994, durante la tappa di Les Deux Alpes, mandò in scena un’azione davvero emozionante che non si concluse positivamente ma che rese l’idea della stoffa di grande campione di Pantani, che lanciò un attacco oggettivamente da incosciente ma meraviglioso proprio per questo motivo, nonostante fosse in seconda posizione in classifica generale al secondo anno da professionista. In quell’occasione, l’inseguimento di Argentin in favore di Berzin spinse i compagni di avventura ad invitare Pantani a lasciare la fuga, che non poteva decollare con lui. Pantani non riuscì a concludere positivamente quell’attacco, ma sarebbe meraviglioso rivedere un uomo che ci prova sulla prima salita in un tappone di montagna.
La cronometro di Milano è diversa dal quella del 2017 in quanto misura 16,5 Km, a fronte dei 30 che nel 2017 consentirono a Tom Dumoulin di salire sul gradino più alto del podio. Tuttavia se i distacchi dovessero essere esigui, come accadde nel 2009 con una crono di 14 Km e un distacco non incolmabile, ecco che l’ultima frazione potrebbe rivelarsi decisiva. Possibili emozioni fino all’ultimo colpo di pedale, dunque, evitando l’inutile passerella in circuito alla quale in francesi non sanno proprio rinunziare.
Non ci resta che aspettare il 9 maggio e sperare che i corridori diano vita ad un’emozione indimenticabile.

Benedetto Ciccarone

La salita verso i Laghi di Cancano (www.tuttobicitech.it)

La salita verso i Laghi di Cancano (www.tuttobicitech.it)

Commenta la notizia