TRENTIN SCARICO IN VOLATA, IRIDE A PEDERSEN
Ottima gara fino a 200 metri dall’arrivo per l’azzurro Matteo Trentin, che ha interpretato alla perfezione il mondiale e si è trovato nella situazione ideale per conquistare la maglia iridata fino a 200 metri dall’arrivo; ma proprio nella situazione in cui non avrebbe dovuto avere problemi non è invece riuscito a primeggiare, facendosi saltare con facilità da Max Pedersen. Argento quindi per l’italiano, bronzo per un ottimo Küng che è stato in avanscoperta molti chilometri.
Un bellissimo tracciato per il mondiale di quest’anno, un paesaggio stupendo ed un elevato tasso tecnico, strade strette, curve difficili, saliscendi continui e pianura inesistente nello spettacolare scenario dell’Inghilterra rurale dello Yorkshire, teatro anche di grandi classici della letteratura come Cime Tempestose.
La gara femminile ha offerto un’impresa epica, di quelle che ormai non si vedono più nelle corse maschili, con l’ultima vincitrice del Giro Rosa che se ne è andata in solitaria ancor prima di entrare nel circuito finale ed ha rifilato oltre 2 minuti alla seconda classificata, in un tracciato davvero complicato tecnicamente ma senza salite da scalatori puri.
La gara maschile non è stata da meno perché, anche se non ha riservato lo spettacolo della grande impresa, è stata comunque incerta sino all’ultimo, molto selettiva anche a causa della pioggia con ritiri e corridori staccati ad ogni giro.
Gara interpretata alla perfezione dagli uomini di Davide Cassani che hanno inserito due punte nel tentativo giusto, creando la superiorità numerica, mancata poi nel finale, e con gli altri membri bravissimi a restare in testa al gruppo nel ruolo di stopper, contribuendo alla buona riuscita del tentativo. Matteo Trentin ha seguito il superfavorito Mathieu Van der Poel (Paesi Bassi) e, quando costui ha ceduto di schianto probabilmente a causa di una crisi di fame, il trentino ne ha ereditato il ruolo. Nettamente più veloce di Mads Pedersen (Danimarca) e di Stefan Küng (Svizzera), che gli hanno tenuto compagnia sin sul traguardo, il capitano della nazionale italiana ha ceduto proprio in volata. Ha tentato di uscire ai 200 metri, forse un po’ troppo presto, ma non è stato certamente questo il problema poichè si è visto nettamente che Pedersen ne aveva molto di più. La gara del resto è stata molto dispendiosa, sia per l’elevata distanza che, pur se inopinatamente ridotta rispetto al chilometraggio previsto, era comunque superiore a 260 Km, sia per le condizioni meteorologiche che hanno costretto i corridori a gareggiare sotto la pioggia per molte ore su di un tracciato planimetricamente complesso.
Il primo imprevisto è stato causato proprio dalla pioggia che ha costretto gli organizzatori ad eliminare due salite abbastanza toste previste nel tratto in linea, riducendo contestualmente il chilometraggio dai 280 chilometri originariamente previsti ai 261 effettivamente percorsi. La decisione appare francamente bizzarra dato che quella zona del Regno Unito è notoriamente piovosissima, per cui l’organizzazione doveva essere predisposta pensando ad una elevatissima possibilità di gara bagnata.
Dopo circa venti chilometri di corsa, si forma una fuga… e che fuga! In avanscoperta si portano, infatti, Richard Carapaz (Ecuador), Jonas Koch (Germania) e Jan Polanc (Slovenia), che già aveva provato ad avvantaggiarsi in precedenza. A questi corridori si agganciano poco dopo Nairo Quintana (Colombia), Primož Roglič (Slovenia), Maciej Bodnar (Polonia), Silvan Dillier (Svizzera), Magnus Cort Nielsen (Danimarca), Alex Howes (Stati Uniti), Hugo Houle (Canada) e Petr Vakoč (Repubblica Ceca). I vincitori dell’ultimo Girod’Italia e dell’ultima Vuelta a España si inseriscono così nella fuga insieme ad un big come Quintana, che ha vinto sia l’una sia l’altra corsa, anche se in questi ultimi anni appare in grande declino.
Il vantaggio di questi uomini tocca una punta di 4 minuti e 40 secondo ma il gruppo inseguitore, soprattutto grazie alla nazionale australiana, fa buona guardia e già al primo passaggio sotto la linea d’arrivo il gap è sensibilmente ridotto ad un minuto e 25 secondi.
Nel primo giro cade Philippe Gilbert (Belgio) che sembra abbastanza frastornato a causa dell’impatto. Remco Evenepoel, giovanissimo compagno di squadra dell’esperto asso belga, si ferma per confortare psicologicamente il compagno e poi si mette a tirare per riportarlo in gruppo. L’inseguimento sembra destinato a concludersi positivamente, visto il progressivo avvicinamento del drappello con i due belgi, ma un’accelerazione proprio ad opera dei loro compagni di squadra in testa al gruppo, che intanto aveva annullato la fuga del mattino, fa naufragare l’inseguimento con Evenepoel e Gilbert che concludono mestamente la gara con il ritiro. Stessa sorte toccherà più avanti al campione uscente Alejandro Valverde (Spagna). I ritmi, in effetti, continuano ad aumentare con la pioggia, mentre i saliscendi favoriscono una sempre maggiore selezione, con il gruppo principale che si ridurrà di consistenza giro dopo giro.
Ai – 60 si muovono Küng Lawson Craddock (Stati Uniti). Il tentativo sembra del tutto effimero, anche perché i due restano a contatto visivo col gruppo per diversi chilometri, ma il sopraggiungere in momenti successivi di Mads Pedersen (Danimarca), di Mike Teunissen (Paesi Bassi) e, soprattutto, di Gianni Moscon (Italia), che sente puzza di bruciato, conferisce alla fuga una maggiore struttura, che non sembra ancora sufficiente per sperare in una conclusione positiva. Nel frattempo Craddock si stacca e viene riassorbito.
Le cose cambiano significativamente ai – 33, quando si muove il superfavorito Van der Poel e Trentin non perde un secondo per zompare sulla ruota dell’olandese. I due si riportano sui battistrada, che nel frattempo hanno perso anche Teunissen. Davanti sono quindi in cinque con due italiani, mentre alle loro spalle si forma un gruppo di contrattaccanti con Carlos Betancur (Colombia), Gorka Izagirre (Spagna) e Toms Skujiņš (Lettonia). Mentre questi ultimi vengono ripresi qualche chilometro più tardi, i battistrada continuano a guadagnare terreno grazie ad un buon accordo ed a cambi regolari. Il gruppo nonostante il forcing della Francia di Julian Alaphilippe e del Belgio di Greg Van Avermaet, rimasti fuori dal tentativo, non riesce a ridurre il gap.
Poco dopo l’inizio dell’ultimo giro, su un tratto di salita, si pianta letteralmente Van der Poel, colto probabilmente da una crisi di fame. L’olandese è quasi fermo e il gruppo, che pure era quasi un minuto dietro, lo riprende e lo stacca in un batter d’occhio.
A questo punto, considerando la superiorità numerica e le doti in volata, Trentin è indubbiamente il favorito numero uno e la tattica non può che essere quella di portare gli altri alla volata. Ovviamente Küng, che si sente battuto allo sprint, prova a forzare il ritmo staccando Moscon, che già al giro precedente era andato in difficoltà ma era riuscito stoicamente a rientrare. Sull’accelerazione del corridore elvetico anche Pedersen perde due metri, ma l’azione non prosegue ed il danese riesce a salvarsi. Gli ultimi chilometri sono di studio, visto l’ampio margine sul gruppo; nessuno vuole tirare e si arriva così fino ai 200 metri quando Trentin lancia lo sprint un po’ lungo e Pedersen che lo affianca, superandolo abbastanza agevolmente e andando a laurearsi campione del mondo, lasciando l’argento a Trentin e il bronzo a Küng.
Trentin è nettamente più forte del danese in volata ma, quando ci sono chilometraggi elevati ai quali i corridori sono sempre meno abituati e quando si fa corsa dura, le energie rimaste contano più della specializzazione e Pedersen, uscito allo scoperto molto prima di Trentin, è arrivato sul rettifilo finale con maggiore brillantezza rispetto all’italiano.
Naturalmente come italiani non si può che essere dispiaciuti per un’occasione del genere sfuggita, tuttavia l’essenza del ciclismo è questa, vince il più resistente, quello che sopporta meglio la fatica, che riesce ad arrivare in fondo con qualcosa in più degli altri ed è proprio quello che è accaduto oggi con Pedersen che, nonostante fosse in fuga da molto prima di Trentin, è riuscito a stravolgere il pronostico.
In ogni caso, la nazionale italiana è stata perfetta nella lettura della corsa, con Moscon che ha intuito che il tentativo di Küng poteva avere sviluppi interessanti quando si sono uniti altri atleti, con Trentin che ha battezzato la ruota di Van der Poel cogliendo l’attimo e con Sonny Colbrelli e Alberto Bettiol ottimi nel ruolo di stopper in gruppo. Sotto tono la Spagna che non è riuscita ad esprimersi con i fratelli Izagirre e con Luis León Sánchez; malissimo Belgio e Francia che hanno fatto grande confusione e non si sono fatti trovare pronti nei momenti topici, nonostante avessero tra le fila due uomini adattissimi al tracciato come Van Avermaet e Alaphilippe.
Archiviata questa bella edizione dei mondiali, si può sperare che la prossima edizione prevista in Svizzera, con un tracciato per scalatori puri, riservi altrettante emozioni e, per l’italia, una medaglia ancor più nobile di quella conquistata oggi.
Benedetto Ciccarone

Mads Pedersen conquista il mondiale dello Yorkshire e vestirà per un anno la prestigiosa maglia iridata (foto Bettini)