TOUR 2019, QUALCHE BUON SEGNALE ROVINATO DALLA CRONOSQUADRE

ottobre 26, 2018
Categoria: News

Presenta luci e ombre il tracciato dell’edizione 2019 del Tour de France. Se va applaudita la proposta degli organizzatori di proibire l’uso dei misuratori di potenza, rischia di rendere la corsa ancor più noiosa del solito l’idea di posizionare abbuoni in cima alle salite, perchè potrebbe motivare i corridori ad attaccare solamente nei 500 metri conclusivi delle ascese. Anche la cronosquadre potrebbe incidere in maniera determinando, favorendo le squadre meglio attrezzate e, ancora una volta, la noia che ha caratterizzato le ultime edizioni della Grande Boucle

Il percorso della Grande Boucle 2019 è stato svelato, ma non sarà solo il tracciato a far parlare di sé. Gli organizzatori della corsa francese stanno tentando da anni di superare la monotonia che caratterizza, ormai in modo cronico, questa grande manifestazione sportiva che, a dispetto del proprio grande prestigio, offre da anni uno spettacolo di gran lunga inferiore a quello degli altri grandi giri.
Certo che quando questo intento, pur sbandierato, contrasta con la pervicacia degli organizzatori nell’inserire una cronosquadre di quasi 30 Km ogni sforzo sarà probabilmente vano e sarà quasi retorica chiedersi nuovamente il perché di certe situazioni.
Il passo avanti comunque c’è stato, anche se esso deve ottenere il placet dell’UCI che, negli ultimi anni, ci ha messo del suo nell’abbassare la spettacolarità di questo magnifico sport. ASO ha, infatti, annunciato di voler chiedere all’UCI di inserire il divieto di utilizzo dei misuratori di potenza nella prossima edizione della corsa francese. Si tratta certamente di un ottimo intento anche se esso appare per ora un passo avanti da salutare con gioia, ma anche isolato rispetto ad una situazione che avrebbe urgente bisogno di numerosi interventi incisivi. Il misuratore di potenza, infatti, è solo uno degli strumenti che consente al corridore di capire quando sta andando al limite ed evitare quelle crisi che si possono manifestare quando si fa il classico fuori giri per inseguire un avversario che procede con un altro passo. Il frequenzimetro è, però, un altro importante strumento che permette anche ai corridori che non si conoscono a sufficienza di evitare possibili crisi e gestire le forze nel modo migliore. Parimenti andrebbero vietate le radioline, che permettono un contatto costante tra i corridori e i direttori sportivi, mentre i distacchi dovrebbero essere segnalati solo con le tradizionali lavagne.
In ogni caso il divieto di misuratore di potenza, se venisse ratificato dall’Uci, sarebbe un importante passo avanti.
Peccato che i vantaggi che questa eventuale nuova regola potrebbe portare verrebbero quasi totalmente annullati dall’inserimento di un’orrenda cronosquadre al secondo giorno di corsa. L’altro elemento, infatti, che provoca la monotonia che spesso caratterizza anche le corse in salita è proprio la squadra. Squadre forti perché economicamente potenti sono in grado di imbrigliare la corsa, con i gregari che portano i capitani sino all’ultimo chilometro ed impediscono attacchi da lontano, rendendoli eccessivamente dispendiosi per essere tentati da uomini che aspirano ai piani alti della generale. Proprio per questo motivo l’anno scorso è stato ridotto da 9 ad 8 il numero dei componenti di ciascuna squadra.
L’inserimento di una cronosquadre, per di più di una trentina di chilometri, alla seconda tappa caricherà molti possibili aspiranti alla vittoria già di pesanti ritardi che, visto l’andamento delle corse negli ultimi anni, saranno difficile da recuperare.
A questo si affianca un’altra probabile richiesta all’UCI, ovvero quella di aumentare i secondi di abbuono in cima alle salite.
Si tratta di una decisione molto pericolosa perché può invogliare ancor più i corridori a sparare tutto negli ultimi 500 metri prima del GPM, riducendo il tutto a sprintare in salita invece che a cercare di fare la differenza.
Andando a osservare da vicino il percorso si nota subito che, più che del giro di Francia, sembra si tratti di percorrere una sorta di diagonale nord est – sud ovest che taglia fuori totalmente oltre la metà del paese dal percorso.
Nella prima settimana avremo i Vosgi inseriti già molto presto. La prima tappa avrà solo il Muro di Grammont, che rappresenta più una figurina che altro, piazzata molto lontana dal traguardo, in una tappa dedicata ai velocisti; nella seconda giornata andrà in scena la sciagurata cronosquadre di 27 chilometri, mentre la terza e la quarta tappa saranno nuovamente dedicate alle ruote veloci, anche se il finale di Épernay punta leggermente all’insù.
La tappa con arrivo a Colmar, con finale accidentato, farà da antipasto alla prima vera tappa di montagna con arrivo alla Planches del Belles Filles, dove si incontreranno pendenze fino al 24% nel finale. Non è tuttavia il rampone conclusivo su fondo sterrato a rendere interessante questa frazione: prima ci saranno 4 GPM con il Grand Ballon in apertura, il Ballon d’Alsace a metà e il Col des Chevrères, lla cui discesa termina nello steso punto in cui inizia la salita finale, cosa che potrebbe anche favorire una azione coraggiosa, magari non dei big poiché siamo solo alla sesta tappa, ma di qualche seconda linea che potrebbe poi ritrovarsi in una posizione interessante (un po’ come capitò a Fabio Aru che, qualche giorno dopo la vittoria su questo traguardo, andò ad indossare il simbolo del primato che quest’anno festeggerà il centenario).
Le tappe con arrivo a Saint-Étienne e a Brioude saranno, invece, caratterizzate da percorsi accidentati e da pochissima pianura, cosa che potrebbe favorire tentativi di fuga ben assortiti. Dopo un ulteriore tappa per sprinter ad Albi ci sarà il giorno di riposo, eccezionalmente collocato al martedì.
Dopo una tappa interlocutoria con arrivo a Tolosa, nella seconda settimana andranno in scena i Pirenei con l’antipasto a Bagnères-de-Bigorre, al termine di una frazione che proporrà i colli del Peyresourde e di Hourquette d’Ancizan a 30 Km dalla conclusione, tappa che non dovrebbe provocare battaglia tra i big e sembra più adatta alle seconde linee. Il giorno successivo andrà in scena l’unica cronometro individuale di questo Tour de France, 27 Km attorno a Pau con una prima parte molto accidentata e la seconda pianeggiante più adatta ai passistoni. Se il percorso di questa tappa preso singolarmente è molto bello, in quanto offre una crono varia non banale, tecnica nella prima parte e più da pedalare nella seconda, una crono nella quale sarà fondamentale dosare bene gli sforzi e conoscersi a fondo, è anche vero che un’unica prova contro il tempo di 27 Km è davvero poca cosa in un grande giro, specialmente di fronte ad una cronosquadre di pari chilometraggio ed a numerosi arrivi in salita che invitano allo sprint con conquista di abbuoni in favore dei corridori esplosivi. Non va, infatti, dimenticato che il 90% del vantaggio grazie al quale Thomas ha lasciato indietro Dumoulin, escludendo i 50 secondi persi per caduta dall’olandese, non è stato conquistato sulla strada ma è dovuto ad abbuoni conquistati grazie alla sparata nel finale che, come si sa, non è la specialità del fortissimo passista vincitore del Giro d’Italia 2017.
La tappa pirenaica di sabato è un altro punto dolente perchè la frazione misura appena 117 chilometri. Si è ormai avuta la prova che tra simili chilometraggi e lo spettacolo non c’è una relazione fissa, quasi fosse una sorta di automatismo. Ci saranno solo due GPM, tra l’altro molto distanti tra loro perché tra lo scollinamento del Soulor e l’attacco del Tourmalet si dovranno percorrere ben 40 Km. Il rischio concreto è che la battaglia si accenda, ancora una volta, nell’ultimo chilometro, con il tentativo di conquistare abbuoni invece che tentare di fare la differenza.
Più interessante la tappa di domenica con il Port de Lers e il Mur de Péguère uno appresso all’altro e la salita finale a Prat d’Albis che inizierà 25 Km dopo lo scollinamento del penultimo GPM: il Péguère presenta pendenze durissime nella seconda parte e potrebbe ispirare anche un attacco da lontano da parte di qualche big, che potrebbe cercare di perdere il largo e continuare l’azione in discesa e, poi, sull’ultima salita. Sarebbe un attacco da organizzare bene, specialmente pensando al tratto in falsopiano che separa la fine della discesa del Péguère dall’inizio della salita verso il Prat d’Albis. La salita finale, inoltre, è caratterizzata da una seconda parte molto favorevole per chi sta a ruota presentando pendenze costanti intorno al 6%, con l’ultimo chilometro che spiana al 3%. In una simile situazione chi insegue con l’aiuto della squadra si troverebbe in netto vantaggio rispetto ad un attaccante e questo potrebbe indurre a maggiore prudenza sul Péguère, mentre forse un arrivo nell’abitato di Foix poteva rappresentare un maggiore incentivo ad una azione sulle rampe più arcigne del muro. La terza settimana si aprirà con due tappe per attaccanti, una in circuito attorno a Nîmes e l’altra con arrivo a Gap, a precedere il trittico alpino.
Nella prima tappa sulle Alpi si pedalerà nella storia con Vars, Izoard e Galibier prima della picchiata verso Valloire. La salita del Galibier, come gli appassionati ben sann, non presenta alcuna difficoltà fino al Col du Lautaret, mentre gli ultimi 8 chilometri sono abbastanza tosti, specialmente l’ultimo che presenta una pendenza media del 13%. Potrebbe essere il terreno per un attacco che potrebbe proseguire anche nei successivi 18 chilometri di discesa, dato che la prima parte di essa è tecnica e potrebbe essere invitante per chi se la cava bene su questo terreno. Il chilometraggio di oltre 200 Km e la collocazione nell’ultima settimana potrebbero aggiungere altro sale ad una frazione che offre un’occasione da non perdere.
Nella seconda tappa alpina si dovrà superare il Col de l’Iseran, Souvenir Herny Desgranges di questa edizione del Tour de France con i suoi 2770 metri di altitudine ed una tra le più elevate strade asfaltate del vecchio continente, mentre l’arrivo sarà ai 2113 metri di Val Claret, frazione del comune di Tignes. La salita finale, il cui inizio è collocato circa 30 Km dopo lo scollinamento dell’Iseran, è piuttosto irregolare e, dopo i primi tre chilometri con pendenze che arrivano anche al 9%, si incontreranno 2 Km di respiro al 4% per poi affrontare tre chilometri tra i 6 e l’8% ed infine un falsopiano di circa 2 Km nel finale. La tappa non sembra adatta a grossi colpi di mano, dato che le pendenze non sono mai impegnative e non sembrano adatte per provare a fare la differenza, ma al terzultimo giorno di gara le energie scarseggeranno e l’altitudine (specie i 2700 metri dell’Iseran) potrebbe giocare brutti tiri, nonostante la cospicua distanza del tetto del Tour dall’inizio della salita finale. Il penultimo giorno di gara non sarà dedicato, come di consueto, ad una prova contro il tempo ma ad una frazione di montagna con l’arrivo agli oltre 2400 metri di Val Thorens, località di sport invernali che ricompare al Tour per la seconda volta dopo 25 anni di assenza. Tutti gli appassionati italiani ricorderanno quella tappa, nella quale Marco Pantani cadde nelle fasi iniziali e si fece male al punto da sembrare vicino al ritiro. Il Col de la Madeleine servì al Pirata per ritrovare il colpo di pedale che poi gli permise di involarsi lungo le rampe di questa interminabile salita lunga quasi 40 chilometri, che alterna tratti duri a momenti di respiro. Pantani quel giorno non vinse la tappa, perché non riuscì a raggiungere il colombiano Rodríguez e il russo Ugrumov, ma staccò Indurain e soprattutto gli idoli di casa Virenque e Leblanc, che lottavano con lui per un posto sul podio, che poi si aggiudicò proprio Pantani grazie ad una prova superlativa nella cronoscalata ad Avoriaz, nella quale fece addirittura meglio di Indurain.
Quest’anno l’interminabile salita finale sarà preceduta dal Cormet De Roselend e dalla Côte de Longefoy, ma la battaglia si svolgerà unicamente sulla salita finale. Tatticamente il punto migliore per attaccare è nei 5 chilometri che precedono gli ultimi duemila metri. Infatti, in quel momento, si saranno già superati i 2000 metri di quota, con tutte le conseguenze sulla rarefazione dell’aria, e si sono già affrontati quasi 30 Km di salita, con tratti anche duri, e ci si trovano 5 Km con una pendenza media dell’8% prima dei due chilometri finali. nei quali la strada spiana decisamente.
Si spera di vedere una grande battaglia alla vigilia del consueto finale parigino, nello scenario dei Campi Elisi.
Come al solito mancano i tapponi propriamente detti, ovvero quelle tappe con 5 o 6 montagne serie e chilometraggio oltre i 200 Km, anche senza arrivo in salita. In una corsa senza misuratori di potenza, tappe del genere potrebbero essere micidiali. Quando si propongono misure come l’abolizione dei misuratori di potenza, bisognerebbe proporre anche tappe che valorizzino al massimo le conseguenze della innovazione, anche per verificare l’effettiva incidenza della misura sulla corsa.
Gli arrivi in salita non devono mancare ma neppure devono essere l’unico epilogo delle tappe di montagna perché rischiano di indurre i big alla solita sparata finale per conquistare l’abbuono.
L’abolizione degli abbuoni potrebbe, invece, portare gli uomini forti in montagna ad attaccare un po’ prima per cercare di fare il distacco, invece che accontentarsi delle briciole che si racimolano con la sparata finale; arrivi in discesa come quello a Valloire, invece, potrebbero indurre ad attacchi di più ampio respiro. Una proposta “de iure condendo” potrebbe essere quella di abolire gli abbuoni solo nelle tappe con arrivo i in salita.
Insomma ci sono luci e ombre in questo Tour 2019; si vedono timidi segnali di passi avanti e, se la speranza è che essi possano contribuire ad offrire uno spettacolo migliore di quello degli ultimi anni, il timore è che siano ancora troppo poco.

Benedetto Ciccarone

Il Col de lIseran, tetto delledizione 2019 del Tour de France (www.trueriders.it)

Il Col de l'Iseran, tetto dell'edizione 2019 del Tour de France (www.trueriders.it)

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