TOUR 2018: PERCORSO VARIO E INVITANTE; ALPI OK, PIRENEI RIVEDIBILI

ottobre 18, 2017
Categoria: News

Un bel percorso con pavè, strappi, trabocchetti e molte salite dure con alcune novità assolute. Molto belle le frazioni alpine, un po’ meno quelle pirenaiche. Qualche perplessità di scarsa importanza per alcune scelte. Unica nota davvero negativa la cronosquadre di 35 km

Prudhomme e compagni quest’anno hanno fortunatamente omesso di proporre lo scempio andato in scena lo scorso anno e hanno cercato di escogitare un percorso vario con varie tipologie di tappe e salite, oltre che con il pavè.
Complessivamente, quindi, il giudizio sul tracciato è positivo, anche perché ci voleva poco a far bella figura dopo il desolante percorso proposto nel 2017; tuttavia anche il bel tracciato offerto per il 2018 presenta alcune ombre significative che, se da una parte sono figlie di certe tendenze che gli appassionati ormai conoscono, dall’altro restano inspiegabili alla luce delle esperienze degli ultimi anni.
Il riferimento è ovviamente alla terrificante cronosquadre di 35 Km prevista al terzo giorno di gara, prima occasione per scavare solchi tra i pretendenti ai primi posti della classifica generale.
Le prime due tappe, infatti. si presenteranno pianeggianti anche se, nella prima, ci sarà un lunghissimo tratto lungo la costa atlantica con conseguente pericolo di ventagli e tutto ciò che tale situazione meteorologica porta con sé. Dopo la seconda tappa, purew adatta agli sprinter, ci sarà subito la famigerata cronosquadre. Chi scrive fatica davvero a comprendere il ripetersi di simili scelte perchè in un ciclismo come quello attuale, con squadre che giocano un ruolo determinante per il crearsi di situazioni di tatticismo esasperato, nelle quali i distacchi minimi e gli attacchi in salita solo all’ultimo chilometro sono da imputarsi principalmente alle formazioni costituite da 9 atleti che sarebbero capitani in altre formazioni, è semplicemente folle proporre una simile cronometro a squadre, trentacinque chilometri zeppi di lunghi e piatti rettifili sui quali fioccheranno distacchi importanti tra le squadre più ricche ed attrezzate di passistoni da record e quelle che magari annoverano atleti forti ma non assi nelle prove contro il tempo. Si tratta, quindi, di un grosso regalo alle squadre più ricche economicamente e non solo. Del resto si potevano trovare soluzioni di compromesso come quelle di inserire la cronosquadre come prologo, con prove di limitato chilometraggio che nondimeno facevano comunque registrare distacchi da non sottovalutare. Se, però, si inseriscono cronosquadre così lunghe, i distacchi che si registreranno saranno di dimensioni tali da azzerare o quasi gli stimoli per attaccare da lontano in salita onde recuperare il gap, un deterrente mica da ridere ad azioni da coraggiosi. Il rischio è che, come si è visto in questi ultimi anni, i corridori usciti con le ossa rotte dalla cronosquadre tentino di correre per le posizioni di rincalzo invece che per la vittoria finale.
Il capitolo successivo in chiave classifica generale andrà in scena il giorno dopo la festa nazionale francese. Domenica 15 luglio, lo stesso giorno della finale dei campionati mondiali di calcio, si correrà una tappa che molti corridori avranno segnato con “bianca pietruzza”: l’irresistibile fascino dell’Inferno del Nord entrerà prepotentemente nel Tour del France con una frazione che proporrà ben 15 tratti sulle pietre, di cui 12 coincidenti con quelli affrontati alla Parigi- Roubaix. Anche lo stesso traguardo di Roubaix contribuirà a creare un’atmosfera incredibile prolungando di ventiquattrore i festeggiamenti dell’anniversario della presa del bastione simbolo del potere dell’”ancien régime”.
I chilometri da percorrere sul pavè saranno 27 e la prova potrebbe avere effetti potenzialmente devastanti come accadde nel 2014, quando Nibali inflisse un colpo durissimo alle ambizioni dei più blasonati avversari, i quali dovettero poi abbandonare la contesa a seguito di brutte cadute. Non si può, però, non notare la mancanza dei più difficili tratti di pavè tradizionalmente affrontati nella terza delle classiche monumento per collocazione in calendario: mancheranno, infatti, sia la Foresta di Arenberg, sia il Carrefour de l’Arbre, mentre l’altro tratto a cinque stelle, quello di Mons-en-Pévèle, che vedeva la sua difficoltà principale nella lunghezza superiore ai 3 Km, verrà accorciato di quasi mille metri. Ora, non si può negare che si sta parlando di una tappa del Tour e non di una edizione della Parigi – Roubaix e che la Grande Boucle e si porta dietro una carovana piuttosto difficile da gestire per dimensioni; tuttavia almeno uno dei tre settori più famosi poteva essere proposto nelle sua versione originale. In ogni caso, come si è già avuto modo di sottolineare, questa tappa, rispetto a quelle con il pavè proposte in edizioni precedenti, è sicuramente quella più difficile e, in caso di pioggia, le cose si complicherebbero notevolmente.
Archiviata la prima settimana, ci sarà giusto il tempo di tirare il fiato nel giorno di riposo per affrontare poi le Alpi. L’altro argomento cardine di questo tracciato sta proprio nel disegno delle tappe alpine e qui non si può far altro che complimentarsi con gli organizzatori che hanno affiancato a tappe con cime storiche frazioni con montagne dure ed inedite, alcune delle quali presentano caratteristiche molto simili alle salite più importanti del Giro d’Italia. Se in Francia le ascese storiche presentano solitamente elevato chilometraggio e pendenze non esagerate, questa volta gli organizzatori hanno inserito salite meno lunghe, vette meno elevate ma dotate di pendenze decisamente più cattive di quelle tradizionali, senza farsi mancare la strada bianca che, anche se limitata ad un paio di chilometri, esercita sempre quel fascino particolare mandando il pensiero al ciclismo eroico che vedeva le sfide su salite quasi sempre sterrate.
La prima delle tre tappe alpine sarà proprio quella che presenterà la novità più attesa del Tour, il Plateau des Glières. Dopo il Col de la Croix Fry si affronterà infatti l’inedita ascesa, che misura 6 Km, presenta una pendenza media superiore all’11% e gli ultimi 2 Km privi di asfalto. Mancheranno, però, a quel punto 90 Km alla conclusione dei quali 37 pianeggianti prima di affrontare le ultime due salite: l’ultima, il Col de la Colombière, sarà posto a soli 12 chilometri dal traguardo di Le Grand Bornand e sarà precedutoo, a stretto giro, dal Col de Romme. Un simile finale potrebbe certamente invogliare ad un attacco da lontano, anche se il rammarico di un Plateau des Glières collocato in modo da non risultare decisivo nell’economia della corsa non può essere taciuto. La speranza è che si tratti di una sperimentazione della salita per poi inserirla, nei prossimi anni, in punti decisivi della corsa.
La seconda delle tappe alpine ricalcherà un po’ la moda in voga negli ultimi anni, particolarmente sperimentata da ASO al Giro di Spagna, di proporre tappe di montagna brevissime. Appena 108 Km si dovranno, infatti, percorrere tra Albertville aLa Rosière, con quattro GPM da scavalcare. Si comincerà con la Montée de Bisanne, della cui difficoltà già ci si è resi conto al Tour del 2016. Anche in questo caso la salita presenta caratteristiche più vicine alle tradizionali cime del Giro d’Italia, con 12 Km di ascesa, una pendenza media superiore all’8% e diversi tratti in doppia cifra. Una simile salita in partenza potrebbe mandare in tilt molte squadre, poi il secondo ed il terzo GPM costituiranno di fatto un’unica salita perché, dopo aver scollinato il Col du Pré, i corridori dovranno affrontare solo 2,5 Km di discesa prima di iniziare nuovamente a salire verso la cima del Cormet de Roselend. Chi ha buona memoria ricorderà che nel 1996 questa salita precedeva immediatamente l’arrivo in salita a Les Arcs, che vide la prima vera crisi in carriera di Miguel Indurain, il quale quel giorno fallì l’obiettivo del sesto Tour consecutivo. L’ultima salita sarà quella del Colle del Piccolo San Bernardo, anche se non si arriverà in cima perché la frazione terminerà ai 1855 metri della stazione invernale della Rosière. Anche in questo caso, la frazione, seppur bella ed interessante, presenta alcune ombre. Innanzitutto, la salita più dura è la prima mentre le altre presentano minori difficoltà, anche se i 7 Km centrali verso La Rosière sono abbastanza tosti. Visto il ridottissimo chilometraggio potremmo avere una corsa esplosiva sin dall’inizio ma, proprio perché il chilometraggio è davvero ridotto, sarebbe stato bello scollinare anche il Piccolo San Bernardo ed andare ad affrontare il San Carlo per poi scendere a La Thuile; tuttavia le esigenze economiche hanno evidentemente imposto una scelta ben precisa della località di arrivo.
Tradizionalissima, invece, si presenterà la successiva Bourg-Saint-Maurice – Alpe d’Huez, sia nelle cime affrontate sia nel chilometraggio: 175 Km con Madeleine e Croix-de-Fer a precedere l’Alpe più famosa del ciclismo rappresentano una classicissima del Tour de France, ina tappa storica che vedrà la battaglia conclusiva sui 21 tornanti immortalati con i nomi dei vincitori di questo importante traguardo, conquistato per la prima volta nella storia dal Campionissimo Fausto Coppi nel 1952.
A dividere Alpi e Pirenei ci saranno tre frazioni, la prima delle quali sarà dedicata agli spinter, mentre le altre due vedranno alcune asperità vicine al traguardo per cui, oltre alle azioni di fuggitivi e finisseur, si potrebbero vedere anche schermaglie tra gli uomini di classifica dato che, dopo le Alpi, la generale dovrebbe avere una sua fisionomia.
Si giungerà dunque ai Pirenei e qui ci sono alcune scelte che destano molte perplessità.
La prima tappa pirenaica misurerà oltre 200 Km, con i primi 140 totalmente piatti mentre il finale presenterà in sequenza i colli del Portet d’Aspet, di Menté e del Portillon. La salita più dura è il Menté, con 7 Km all’8% medio, ma tra lo scollinamento e l’attacco del Portillon, ci saranno 30 Km di nulla che potrebbero scoraggiare un attacco. Fortunatamente, dopo il Portillon ci saranno solo 10 Km di discesa per arrivare a Luchon e, pertanto, nei chilometri finali dell’ultimo colle si potrebbe vedere un attacco simile a quello di Pantani nel 1998 sul Peyresourde.
La tappa successiva ripete l’idea proposta sulle Alpi nella tappa della Rosière, ma in questo caso la filosofia retrostante si presenta in forma piuttosto esagerata. Il chilometraggio da cronometro individuale (65 Km), sicuramente criticabile, è tuttavia bilanciato dall’alto tasso di spettacolarità di una frazione che presenterà subito in partenza la salita verso il Peyresourd e Peyragudes quindi, senza un attimo di respiro, il Val Louron e l’arrivo in salita sul “tetto” del Tour 2018, l’inedito Col du Portet (2215 metri). Le pendenze sono arcigne poichè non si scende quasi mai sotto l’8% e spessissimo si va in doppia cifra, la strada è sterrata e sarà asfaltata in previsione dell’arrivo del Tour, ma saranno lasciati al “naturale” gli ultimi 2 Km: ecco servita una tappa che, proprio per il chilometraggio e la collocazione, potrebbe rivelarsi combattutissima sin dall’inizio e riservare sorprese.
Piuttosto deludente, invece, appare l’ultima frazione pirenaica con Aspin e Tourmalet separati dal finale da molti chilometri interlocutori. Nel finale della Lourdes – Laruns le salite presenteranno invece, pendenze abbordabili e dalla cima dell’Aubisque al traguardo si dovranno percorrere 20 Km di discesa: si tratta dell’ultima frazione in montagna e pertanto non è da escludere qualche tentativo di attacco serio, tuttavia questa tappa si presta molto al controllo da parte delle grandi squadre.
La tappa decisiva sarà, così la cronometro in terra basca (ma sempre sulle strade di Francia). Il muro del Col de Pinodieta, 1 Km al 10%, non snaturerà una crono che rimane per specialisti, con un percorso abbastanza filante disegnato per 31 Km tra Saint-Pée-sur-Nivelle ed Espelette. Ovviamente, la crono al penultimo giorno di gara favorisce più che l’emergere delle caratteristiche individuali, il ruolo delle energie rimaste alla fine di un Tour comunque molto duro con tante salite difficili e che si spera sarà combattuto.
La cronometro a squadre poteva e doveva essere sostituita da una crono individuale, magari con un po’ di salita, per offrire un’altra sfida tra scalatori e passisti e per evitare di falsare i valori individuali sostituendoli con quelli delle squadre, anche perché sono proprio le squadre forti che tengono le corse molto cucite anche nelle tappe di montagna e, quindi, contribuiscono a far sì che i distacchi siano minimi anche nelle frazioni più dure. Non a caso, si parla di diminuire gli effettivi da nove ad otto. Ora, in questo quadro, inserire 35 Km di cronosquadre è certamente inopportuno perché rischia di condizionare pesantemente il resto della corsa non in seguito ad un merito o ad un demerito di un corridore.
Detto ciò, il percorso è certamente positivo, ci sono tappe per velocisti (forse un po’ troppe), tappe per fughe ed impegnative frazioni di montagna, quelle sulle Alpi sono meglio disegnate rispetto a quelle dei Pirenei, che pagano da un lato la collocazione dei colli, dall’altro il chilometraggio, anche se proprio questa circostanza potrebbe poi rivelarsi decisiva per un attacco in grande stile, vista anche la partenza in salita della tappa del Portet che potrebbe decimare alcune squadre.
Naturalmente la corsa la fanno i corridori, ma in questo Tour le occasioni per inventare qualcosa non mancheranno e c’è da sperare che i corridori le colgano per offrire una dura battaglia sulle strade della Grande Boucle.

Benedetto Ciccarone

Pedalando verso il Col de Portet (flickr.com)

Pedalando verso il Col de Portet (flickr.com)

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