GIRO 2017: BUON INIZIO, MA IL FINALE NON CONVINCE

ottobre 25, 2016
Categoria: News

Molto impegnativa la prima settimana, con arrivi in quota su Etna e Blockhaus. Più soft la seconda, prima di una terza con tante tappe di montagna, ma dal disegno poco ispirato. Cima Coppi lo Stelvio, scalato dal versante meno nobile di Bormio nella frazione regina, dopo il Mortirolo e prima dell’Umbrail.

Una settimana dopo la presentazione di un Tour de France macchiato da un finale annacquato, nemmeno il percorso del Giro d’Italia riesce ad entusiasmare. Dopo un avvio più impegnativo del solito, è la fase decisiva della corsa, quella dedicata all’arco alpino, a lasciare perplessi: cinque tappe di montagna, che sembrano però – ad eccezione della frazione regina di Bormio – le versioni edulcorate di ciò cui il Giro ci ha abituati.
Le tre tappe sarde – due probabili sprint a Olbia e Cagliari, inframezzati da una giornata di saliscendi verso Tortolì – sono state confermate; fatto scontato ma non troppo, considerato il precedente ligure. La prima sorpresa (per chi non aveva già scoperto ieri i dettagli delle tappe, filtrati nel pomeriggio) arriva con la quarta frazione, da Cefalù all’Etna: si salirà da uno dei versanti di Nicolosi e non da quello più impegnativo di Zafferana, ma si tratterà in ogni caso di un arrivo in quota ben più impegnativo di quelli di norma proposti nei primi quattro giorni di gara.
La fase isolana del Giro si esaurirà l’indomani, con una quasi scontata volata di gruppo a Messina. Il ritorno sul continente proporrà invece un percorso più accidentato, con traguardo in cima alla breve salita verso Terme Luigiane. Ancora uno sprint ad Alberobello prima del secondo week-end, molto più aspro del primo: frazione accidentata fino a Peschici il sabato, ancora con arrivo in vetta ad uno strappo, quindi una domenica dedicata al Blockhaus. La linea bianca sarà tracciata a 1674 metri d’altitudine: non si giungerà dunque fino in cima, ma verrà affrontato tutto il tratto più impegnativo della scalata da Roccamorice.
Dopo il secondo riposo, l’Umbria accoglierà la prima delle due cronometro, su un tracciato vallonato tra Foligno e Montefalco. La distanza sarà di poco inferiore ai 40 km, confermando purtroppo come le faziose proteste del 2015 abbiano dissuaso Mauro Vegni e i suoi dal riproporre una cronometro fiume come quella di Valdobbiadene.
L’undicesima tappa introduce quello che sarà il leitmotiv della seconda metà di Giro: un percorso impegnativo, ma non all’altezza delle aspettative e delle possibilità offerte dal territorio. Pedalando verso Bagno di Romagna, infatti, si incontreranno quattro asperità, ma quale ultimo scoglio è stato scelto il Monte Fumaiolo, selettivo soltanto negli ultimi 3 km.
Reggio Emilia e Tortona ospiteranno quindi due traguardi pressoché impossibili da sottrarre alle grinfie dei velocisti, per poi lasciare spazio ad uno dei week-end alpini più insipidi della storia recente. Si comincerà con un arrivo in salita a Oropa, prima del quale ogni asperità è stata evitata con cura; si proseguirà con la Valdengo – Bergamo, che riproporrà il finale del Giro di Lombardia 2016, ma soltanto dall’ascesa di Miragolo San Salvatore in poi. Niente Valcava e niente Sant’Antonio Abbandonato, dunque, per una frazione che, in questa veste, poco potrà dire in chiave classifica generale.
Il terzo ed ultimo riposo precederà l’indiscussa frazione regina della corsa, che il 23 maggio porterà il gruppo da Rovetta a Bormio. Si scalerà dapprima il Mortirolo dal versante di Monno, utile soprattutto a poter includere il nome dell’ascesa nel percorso (non si affronterà nemmeno la variante della Recta Contador). Quindi sarà la volta dello Stelvio, affrontato dal versante meno nobile di Bormio. Terminata la discesa, una deviazione verso la Svizzera consentirà di approcciare l’Umbrailpass, al termine del quale ci si ricongiungerà alla strada dello Stelvio per la picchiata su Bormio. Una frazione che si giocherà probabilmente più sull’usura che su grandi offensive; e proprio in quest’ottica sarebbe forse stato preferibile scollinare all’Umbrail salendo da Bormio, per poi affrontare la Cima Coppi dal lato storico.
Una perplessità minore, in ogni caso, rispetto a quelle che è necessario sollevare di fronte alle quattro tappe successive. Si comincerà con una lunga frazione interlocutoria alla volta di Canazei, nel cuore delle Dolomiti, senza GPM negli ultimi 80 km. Quindi toccherà ai Monti Pallidi, le cui rampe più arcigne saranno però evitate lungo la strada per Ortisei: si affronteranno infatti Pordoi, Valparola, Gardena e Pinei prima di salire fino al traguardo (il GPM è collocato a Pontives, pochi chilometri prima), senza la pronosticata ascesa al durissimo Passo delle Erbe.
Ancora meno intrigante la tappa dell’indomani, da San Candido a Piancavallo, con la sola Sella Chianzutan, poco dopo metà percorso, ad impedire una sostanziale replica del canovaccio di Oropa. Alla vigilia di Milano, nella giornata di solito dedicata all’ultimo tappone, ecco un altro frutto della politica del risparmio, nei 190 km tra Pordenone e Asiago. All’Altopiano si accederà tramite la non proibitiva ascesa di Foza, preceduta dal Monte Grappa. Per quest’ultimo, fra le miriadi di versanti a disposizione, è stato scelto quello di Caupo, vale a dire uno dei meno ardui. Pur sempre una signora salita, ma non sarebbe stata una barbarie gratuita optare per una via più impervia, specie considerando l’assenza di altre ascese nel tracciato.
Dopo alcuni anni di passerelle, si tornerà alla chiusura a cronometro, di nuovo a Milano dopo il finale a Torino dell’anno passato. I 28 km renderanno l’ultimo atto più di una semplice formalità.
Forse proprio l’aver annacquato molte delle frazioni alpine ha permesso al percorso di guadagnare in equilibrio. Se la preoccupazione era quella di non sbilanciare troppo il Giro a favore degli scalatori, tuttavia, sarebbe stato forse preferibile limitare il numero delle tappe di montagna, anziché impoverirne la maggior parte.

Matteo Novarini

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