VUELTA A ESPAÑA 2016 – LA “SEGUNDA SEMANA”

agosto 26, 2016
Categoria: Approfondimenti

Arrivano le salite vere alla Vuelta che, nella seconda settimana di corsa, offriranno i panorami della Cordigliera Cantabrica e del Principato delle Asturie. Si comincerà sabato con il tremendo arrivo alla Camperona, al quale seguirà, due giorni più tardi, il tradizionale traguardo presso i laghi di Covadonga. In mezzo s’inserisce il più pedalabile Naranco e poi spazio al breve ma arcigno approdo in vetta alla Peña Cabarga. Infine, ci saranno quindi un paio d’insidiose tappe disegnate nella tormentata geografica dei Paesi Baschi, antipasto al tappone pirenaico che aprirà la settimana conclusiva.Tappe tranquille di trasferimento, in questa fase di Vuelta, non se ne vedranno proprio…

8a TAPPA: VILLALPANDO – LA CAMPERONA (VALLE DE SABERO) (181.5 Km)

La seconda settimana di gara si aprirà con il botto di uno dei più impegnativi arrivi in salita di questa edizione che, dopo gli “assaggini” dei traguardi in vetta ai miradores di Ézaro e di San Andrés de Teixido, proporrà d’ora in avanti approdi su ascese decisamente più corpose, com’è il caso della Camperona, montagna della Cordigliera Cantabrica che la Vuelta ha scoperto nel 2014, quando vi s’impose Ryder Hesjedal, il corridore canadese che due anni prima aveva conquistato il Giro d’Italia. In quell’occasione un corridore, del quale non rammentiamo il nome, dichiarò a un cronista la speranza di non riveder mai più in corsa una salita così cattiva e non aveva tutti i torti perché la Camperona è veramente “mostruosa”, anche se gli 8,5 Km al 7,4% segnalati dal “Garibaldi” della corsa iberica non lo lasciano intendere. Il fatto è, all’inizio, la salita è gradevole e su tale livello rimane nei primi 5 Km, che salgono appena al 3,4% e di cattivo presentano solo il passaggio più aspro dell’intera scalata, un breve muretto al 25%. E’ l’anteprima di quanto si scatenerà sotto le ruote dei corridori una volta attraversato il centro di Sotillos de Sabero e imboccata la strada costruita per dare accesso ai ripetitori innalzati sulla cima della Camperona: nel volgere di tre chilometri e mezzo dovranno essere superati i rimanenti 460 metri di dislivello, vale a dire che i corridori si troveranno a fare i conti con una pendenza media superiore al 13%. Prima di questo finale infernale, l’ottava tappa avrà, al contrario, un decorso nettamente più paradisiaco poiché tutta la marcia d’avvicinamento alla Camperona sarà in costante pianura, nemmeno ravvivata dall’immancabile traguardo volante poiché quest’ultimo sarà collocato nel centro di Sabero, proprio dove ha inizio l’ascesa che condurrà al traguardo.

9a TAPPA: CISTIERNA – OVIEDO (ALTO DEL NARANCO) (164.5 Km)

Dalla Cantabria ci si sposta nelle Asturie, terra che sta alla Vuelta come le Dolomiti stanno al Giro. È tra le pieghe del principato, infatti, che gli organizzatori hanno “stanato” ascese tra le più celebri e impegnative della corsa, come il tremendo Angliru, che quest’anno non sarà della partita, e gli spettacolari laghi di Covadonga, presso i quali terminerà la frazione successiva. Oggi ci si dovrà accontentare del traguardo sulla montagna che sovrasta la città di Oviedo, il Naranco, decisamente meno “dotata” rispetto alle due ascese sopra citate ma che si è comunque ritagliata un notevole spazio nella storia del ciclismo iberico al punto d’essergli intitolata una gara, la Subida al Naranco, in calendario dal 1941 al 2010, anno nel quale è confluita nel Giro delle Asturie. La linea d’arrivo sarà collocata al termine di una salita che misura poco meno di 6 Km e che presenta il medesimo numero come dato di pendenza media; nemmeno i chilometri precedenti paiono sulla carta temibili, ma la successione di “alti” ugualmente poco pendenti che, senza respiro, scandiranno gli ultimi 53 Km di gara renderanno la corsa più dura di quanto possano suggerire le cartine. E c’è un precedente da tenere bene a mente, che porta la data del 13 settembre 2013, l’ultima volta che una frazione della Vuelta terminò lassù, e che rende bene l’idea di quanto impegnativo possa in realtà rivelarsi questo finale di gara. Quel giorno si affrontava un percorso quasi identico a questo nella seconda parte e il nostro Vincenzo Nibali, che vestiva la maglia rossa con appena 3” secondi di vantaggio sullo statunitense Chris Horner, perse le insegne del primato per lo stesso intervallo di tempo, gap che poi salirà a 37” l’indomani sull’Angliru e con il quale il corridore americano s’imporrà 48 ore più tardi sul conclusivo traguardo di Madrid.

10a TAPPA: LUGONES – LAGOS DE COVADONGA (188.7 Km)

Se le montagne asturiane sono le Dolomiti di Spagna, allora l’ascesa ai “Lagos” può tranquillamente, per scomodar anche l’altra grande corsa a tappe, esser definita l’Alpe d’Huez iberica. Il paragone ci sta tutto perché il Tour de France, dopo aver sedotto e abbandonato l’Alpe nel 1952, la riscoprirà nel 1976 facendone un traguardo abituale, inserito nel tracciato per 28 volte negli ultimi 40 anni. Più o meno la stessa cosa è successa con la salita di Covadonga, che è arrivata nel mondo del ciclismo poco più tardi, nel 1983, e in 33 anni ha visto 19 volte i corridori arrampicarsi verso uno dei luoghi più deliziosi di Spagna, due piccoli specchi d’acqua incastonati nello scenario del parco nazionale dei Picos d’Europa. Non è stato soltanto il panorama a conquistare organizzatori, corridori e tifosi, ma anche i dati dell’ascesa che, a parte la netta differenza di quota (1110 metri contro 1850), può competere quasi a pari livello con l’Alpe francese, anche se questa è un pelino più impegnativa: per raggiungere il traguardo bisognerà percorrere 12,2 Km di strada inclinata al 7,2%, con la pendenza massima del 17,5% che viene raggiunta nel corso della breve rampa di 500 metri in cima alla quale è posto il traguardo. In precedenza il tracciato proporrà una lunga serie di saliscendi nei primi 140 Km di gara, poi – come spesso accaduto in occasione degli arrivi ai “Lagos” –i motori dei big si cominceranno a scaldare sulla salita di 1a categoria del Mirador del Fito (6,2 Km al 7,8%), in vetta alla quale quale si scollinerà una trentina di chilometri prima d’approcciare l’ascesa finale, scalata l’ultima volta alla Vuelta del 2014, quando questo prestigioso traguardo andò ad arricchire il palmarès del polacco Przemysław Niemiec. Il primo vincitore, nel citato 1983, era stato lo spagnolo Marino Lejarreta; gli italiani, invece, stanno ancora aspettando…

11a TAPPA: COLUNGA (MUSEO JURÁSICO) – PEÑA CABARGA (168.6 Km)

Sarebbe stato il quarto arrivo in salita consecutivo se gli organizzatori non avessero pensato di spezzare la fatica inserendo subito dopo la frazione dei laghi di Covadonga la prima delle due giornate di riposo che, da circa una decina d’anni, sono state rese obbligatorie dall’UCI. Si tratta di un momento di sosta, però, temuto da diversi corridori perché interviene a rompere ritmi di gara oramai consolidati e c’è chi fatica poi a ritrovarli, ancora più se si riparte con una tappa di montagna. Fortunatamente per loro quella che terminerà in vetta alla Peña Cabarga, il massiccio calcareo che domina la baia di Santander, è stata disegnata con mano abbastanza leggera, caratterizzata da tratti di pianura alternati a modeste collinette sino ai piedi dell’ascesa finale, breve ma decisamente fiammeggiante. Oggi i giochi per la classifica si faranno, dunque, esclusivamente negli ultimi 6 Km, non tutti all’insù perché poco dopo metà ascesa un tratto in quota di circa mezzo chilometro la spezza in due parti distinte, con la prima già impegnativa (3,4 Km al 9,8%), ma meno cattiva rispetto ai 2000 metri conclusivi, che condurranno al traguardo con una pendenza media dell’11,3% e incontrando un paio di punte al 18%. Come l’ascesa del Naranco, anche quella alla Peña Cabarga fu affrontata l’ultima volta nel 2013, il giorno prima della frazione nella quale Nibali perse la maglia rossa, e pure su questo traguardo, dove s’impose il russo Kiryienka, il corridore messinese aveva accusato un passaggio a vuoto, lasciando 25” ad Horner.

12a TAPPA: LOS CORRALES DE BUELNA – BILBAO (193.2 Km)

La prossima frazione di montagna sarà in programma tra 48 ore ma se vi aspettate due giornate tranquille in vista del tappone pirenaico dell’Aubisque rimarreste delusi… o forse no, se vi piace lo spettacolo duro tutti i giorni. Oggi, per esempio, non sarà in programma una sessione di montagna e non ci sarà l’arrivo in salita ma la tappa che condurrà la corsa a Bilbao potrà lasciare il segno nei muscoli di quei big che saranno usciti malconci dalla prima razione di montagne. Innanzitutto sarà una delle più chilometriche di questa edizione e poi proporrà a 13 Km dall’arrivo la salita dell’Alto El Vivero, che sulle prime potrebbe non incutere paura per la sua classificazione di 2a categoria. Ma se la paragoniamo all’arrivo del giorno precedente sulla Peña Cabarga, considerato di 1a categoria, possiamo notare come le differenze tra le due ascese non siano così nette: la prima proponeva 5,9 Km al 9,8%, mente il Vivero si ferma un gradino più in basso con i suoi 4,2 Km all’8,5%, numeri comunque di tutto rispetto, soprattutto se che si pensa che quest’ascesa dovrà essere ripetuta due volte, inserita in un circuito di una trentina di chilometri, affrontanto anche alla Vuelta del 2011, in occasione della tappa che riportò la Vuelta nei Paesi Baschi dopo un allontanamento ultratrentennale, iniziato quando l’organizzazione della corsa passò dalle mani del quotidiano basco El Correo a quelle dell’agenzia pubblicitaria Unipublic, dal 2014 totalmente di proprietà di ASO, il gruppo organizzatore del Tour de France. La citata tappa del “grande ritorno” fu conquistata proprio da un corridore basco, Igor Antón Hernández, mentre l’indomani a Vitoria-Gasteiz, il capuologo della comunità autonoma, andò a segno il nostro Daniele Bennati.

13a TAPPA: BILBAO – URDAX/DANTXARINEA (213.4 Km)

Nelle intenzioni originarie degli organizzatori questa doveva essere una delle frazioni più insidiose della corsa iberica, una vera e propria tappa trabocchetto che avrebbe ricalcato la fisionomia tipica delle frazioni più impegnative del Giro dei Paesi Baschi, vale a dire una vera e propria “grandinata” di salite proposte in successione, talvolta pedalabili, talaltra più ripide, mai eccezionali nelle pendenze ma senza momenti di tregua tra un “alto” e l’altro. Dopo i sopralluoghi di rito sul tracciato, però, il direttore di corsa Javier Guillén ha optato per un addolcimento dei chilometri conclusivi, che proponevano le interessanti ascese del Collado de Urbia e del Puerto Otsondo proprio a ridosso del traguardo di Urdax. Il tracciato rimodellato, che proporrà in tutto nove ascese, concentrerà così la fase più intricata tra il 94° e il 163° Km di gara, tratto nel quale si dovranno superare gli “alti” di Monte Igueldo, di Aritxulegi (il più ripido del lotto, 6,2 Km al 6,5%) e di Aguiña e infine il Puerto de Lizaieta, valico situato sul confine di stato. Il nuovo finale di gara, infatti, prevede un circuito di una trentina di chilometri disegnato a cavallo tra Francia e Spagna e movimentato da tre salitelle, l’ultima delle quali è la Ventà Berrouet, da superare al momento del rientro in territorio spagnolo, quando mancheranno circa 6 Km a un traguardo che, dopo la modifica al percorso, sembra proprio una preda da non lasciarsi scappare per i cacciatori di tappe. I grandi nomi della classifica, invece, pur disputando vigili questa insidiosa frazione, cerceranno di correre al risparmio in vista del tappone pirenaico previsto l’indomani.

Mauro Facoltosi

Il più grande dei due laghi di Codavonga (foto Google Street View)

Il più grande dei due laghi di Codavonga (foto Google Street View)

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