GIRO 2015: FINESTRE ULTIMO GIUDICE
Svelato il tracciato della prossima Corsa Rosa: 3481 km da San Lorenzo al Mare a Milano, sei arrivi in salita, il Finestre al penultimo giorno, una maxi-cronometro di 59 km e molte tappe mosse. Non del tutto convincenti le frazioni di alta montagna e i chilometraggi leggeri di molte tappe (appena tre oltre i 200 km).
Non è un brutto Giro quello svelato a Milano in un’interminabile cerimonia; un evento in cui, per guadagnare i dieci minuti necessari a presentare il tracciato della 98a Corsa Rosa – tramite un video di pregevole grafica ed insostenibile sottofondo sonoro –, gli spettatori hanno dovuto reggere un’ora abbondante di sfilata sul palco di dirigenti RCS impegnati a complimentarsi vicendevolmente e ad annunciare passaggi di consegne ai vertici di dubbio interesse per il pubblico. Non è un brutto Giro, dicevamo, ma è forte la sensazione che bastasse davvero poco per renderlo ottimo.
Come annunciato in estate, sarà la pista ciclabile tra San Lorenzo al Mare e Sanremo ad ospitare la partenza del Giro (o il Big Start, se preferite la dicitura che tenta pateticamente di imitare il francese “Grand Départ”). L’indomani, 173 km da Albenga a Genova, su un tracciato pianeggiante che si concluderà con un circuito cittadino nel capoluogo ligure.
Già dalla terza tappa ci troviamo costretti a sollevare obiezioni; non sull’aspetto sportivo, in questo caso, ma su quello organizzativo. In luglio, infatti, RCS aveva annunciato in pompa magna il via dalla Liguria, anticipando che la terza frazione si sarebbe snodata tra Chiavari e La Spezia. Oggi – come era del resto nell’aria da qualche settimana – abbiamo appreso che la tappa in questione sarebbe slittata al quarto giorno, lasciando spazio per infilare una quarta frazione ligure, tra Rapallo e Sestri Levante. Nulla da ridire sul lato tecnico, che anzi potrebbe addirittura averne beneficiato, ma pare un clamoroso scivolone l’aver annunciato come ufficiale ciò che ufficiale o non era, senza nemmeno premurarsi in seguito di fornire una giustificazione alla modifica. E speriamo di non sembrare esterofili se diciamo di faticare ad immaginare che qualcosa di simile possa accadere – ad esempio – al Tour de France.
Tornando a temi squisitamente sportivi, la nuova tappa ligure si presenta in ogni caso interessante, con quasi 100 km di saliscendi pressoché ininterrotti e molto più impegnativi di quanto non suggeriscano i soli due GPM fissati (Colle Caprile e Barbagelata), prima di una lunga discesa e un tratto finale pianeggiante di qualche chilometro troppo lungo.
Meglio ancora la quarta frazione (la famosa Chiavari – La Spezia, per l’appunto), con le salite di Colla di Velva, Passo del Bracco (anch’esso ignorato come GPM), Passo del Termine e Biassa, l’ultima a soli 10 km – quasi tutti in discesa – dalla conclusione.
La prima tranche di salite si concluderà l’indomani, quando la corsa lascerà La Spezia per dirigersi verso l’Abetone, primo arrivo in quota dell’edizione 2015. La collocazione ad inizio Giro ha suggerito agli organizzatori di evitare non soltanto il San Pellegrino in Alpe, che provocò feroce selezione nel 2000, ma tutte le asperità della zona. Una tendenza al risparmio in questo caso comprensibile, ma che sarà uno dei fili conduttori del tracciato. L’ascesa finale verrà approcciata dal versante di La Lima: 17.3 km al 5.4% di pendenza media il cui unico troncone discretamente impegnativo sarà quello tra i -13 e -5 alla vetta.
Qualche saliscendi nella fase centrale non dovrebbe precludere ai velocisti la sesta tappa, da Montecatini Terme a Castiglione della Pescaia. Qualche difficoltà in più, invece sulla strada tra Grosseto e Fiuggi: sarà questa – la settima – la tappa più lunga del Giro, con i suoi 263 km. Se qualcuno ha sperato che fosse il segnale di una inversione di tendenza a favore dei fondisti, il seguito lo ha disilluso.
L’ottava tappa rappresenta forse la principale sorpresa rispetto alle indiscrezioni trapelate nei mesi scorsi. Il finale della prima settimana restava l’unico vero nodo da sciogliere, e in pochi avevano pronosticato che il traguardo del secondo sabato di corsa potesse essere collocato a Campitello Matese, di ritorno al Giro dopo tredici anni. La salita finale (13 km al 6.9%) sarà preceduta da un percorso non tremendo ma molto nervoso.
Non meno interessante la Benevento – San Giorgio del Sannio dell’indomani, seconda delle (purtroppo) sole tre frazioni oltre i 200 km. Anche in questo caso, i soli tre Gran Premi della Montagna – l’ultimo a 12 km dall’arrivo, al Passo Serra – non rendono giustizia alla difficoltà del percorso (al Tour, avremmo visto almeno 6-7 pallini rossi sull’altimetria, a parità di tracciato).
Il primo giorno di riposo, lunedì 18 maggio, offrirà alla carovana l’occasione di un corposo trasferimento verso Nord, per ripartire il 19 maggio da Civitanova Marche. Il traguardo sarà a Forlì, per una tappa che non sembra offrire soluzioni alternative alla volata di gruppo.
Di ben altro tenore il menù delle due frazioni successive. Mercoledì 20 si pedalerà tra Forlì e Imola, su un tracciato breve (147 km) ma in cui si concentreranno ben otto asperità degne di nota. Nei primi 70 km si affronteranno, in rapida successione, le ascese di Passo del Trebbio, Monte Casale, La Valletta, Monte Albano e Valico del Prugno; dalla cima di quest’ultimo, occorreranno 27 km per giungere al traguardo, immettendosi in un circuito finale di 17 km. Ogni tornata includerà un passaggio sulla salita dei Tre Monti, prima della lunga e nervosa discesa nell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, dove sarà posto l’arrivo.
Altrettanto intrigante la Imola – Vicenza dell’indomani, nella quale a due terzi di percorso piatti come biliardi seguiranno 60 km ottimamente disegnati, con quattro strappi. I 3400 metri al 9% di media di quello di Crosara potrebbero rappresentare il primo punto di svolta, anche se i 27 km che lo separano dall’arrivo potrebbero suggerire ai meno temerari di attendere la rampa verso il traguardo di Monte Berico.
Dopo una frazione destinata a riscrivere il significato dell’espressione “tappa di trasferimento” come la Montecchio Maggiore – Jesolo – 153 km con dislivello positivo totale che stimiamo dell’ordine dei nanometri -, si entrerà nella settimana decisiva, in cui solo una tappa per velocisti e il secondo riposo spezzeranno una sequenza di sei giornate cruciali.
Si comincerà sabato 23 maggio, con la cronometro-fiume tra Treviso e Valdobbiadene: 59.2 km piattissimi nella prima metà, più impegnativi nella seconda, con le salite di San Pietro di Feletto e San Pietro Barbozza. Una prova nella quale gli specialisti dovranno mettere da parte un gruzzolo sufficiente ad affrontare le rimanenti cinque giornate in montagna, con tre ulteriori arrivi in salita.
Fino a questo punto, salvo per la gestione dilettantesca della partenza ligure, avremmo solo buone parole da spendere sul tracciato, forte di un’abbondanza di quei percorsi accidentati che un po’ erano mancati quest’anno e di una maxi-cronometro che costringerà gli scalatori all’attacco nell’ultima settimana. Proprio su questo punto, però, Vegni e soci si sono a nostro avviso smarriti, annacquando inutilmente un paio di tappe che avrebbero spostato l’equilibrio generale e il giudizio complessivo sul tracciato.
La prima frazione alpina sarà la quindicesima, la già ufficializzata Marostica – Madonna di Campiglio (ufficialità che, come abbiamo imparato, non conta però granché). Prima della salita che il narratore del video introduttivo ha presentato come “cara a Pantani”, autorizzando a sospettare che il suo rapporto con il ciclismo sia quello di chi ha appreso stamane della possibilità di spostarsi su mezzi a due ruote dotati di pedali, si affronteranno la salita della Fricca e soprattutto il breve (8.4 km) ma durissimo (9.2% la pendenza media) Passo Daone, circumnavigando nel mezzo il Monte Bondone. Rispetto al 1999, all’ascesa finale è stata aggiunta un’appendice di due chilometri e mezzo, con annesso spostamento del traguardo in località Patascoss.
Il secondo giorno di riposo, lunedì 25 maggio, precederà quella che sarà forse la tappa regina, ma anche quella che più ha risentito, insieme alla penultima, della parsimonia che ha contraddistinto l’approccio alle Alpi. Dopo la partenza da Pinzolo e la scalata al Passo Campo Carlo Magno (ripercorrendo un lungo tratto previsto anche nel finale della frazione precedente) e al Passo del Tonale, l’usuale infilata Gavia – Mortirolo sarà rimpiazzata dalla ben più leggera sequenza Aprica – Mortirolo, prima della discesa su Monno e della risalita all’Aprica per l’arrivo. Approviamo in pieno la scelta di ripresentare la salita cara a Pantani (questa sì) dal versante di Mazzo di Valtellina in luogo della chiacchierata Dritta, ma la sensazione che si sia voluto risparmiare ai corridori un tappone vero e proprio è netta.
La diciassettesima frazione offrirà l’unico sconfinamento del Giro, con partenza da Tirano e traguardo a Lugano, dopo 136 km in cui l’unica reale asperità sarà collocata in partenza (la salita di Teglio).
Il trittico montano decisivo si aprirà invece con l’atto sulla carta meno decisivo: 172 km tra Melide e Verbania, con la scalata al Monte Ologno, ai -33 dal termine. Particolare la conformazione dei chilometri dallo scollinamento all’arrivo, con 8 km di saliscendi marcati prima della lunga discesa sul capoluogo del VCO, anch’essa inframezzata da un tratto in contropendenza verso Premeno.
Venerdì 29 maggio sarà il giorno della frazione di montagna più lunga, nonché dell’unica – insieme a quella dell’Aprica – a potersi avvicinare al titolo di tappone. I chilometri tra Gravellona Toce e Cervinia saranno 236, anche se di salite vere non se ne parlerà fino agli ultimi 90. Nell’ultimo terzo abbondante di gara saranno però concentrate tre ascese oltre i 15 km di lunghezza: dapprima il Saint-Barthélémy, con i suoi 20.1 km di ascesa irregolare e una pendenza media del 5.6% massacrata dai quattro chilometri di falsopiano finali; quindi il Saint-Pantaléon, la più dura, con i suoi 16.5 km al 7.2%, ben collocata a 28 km dall’arrivo, in posizione ideale per un attacco; infine, l’ascesa verso Cervinia, i cui 19 km al 5% potranno fare la differenza solo se la battaglia si sarà accesa in precedenza.
Sempre dalla Val d’Aosta (Saint-Vincent) partirà la ventesima e penultima tappa, in direzione di Sestriere. Qui – forse ancor più che nella frazione dell’Aprica – il desiderio di evitare le cavalcate alpine come le conosciamo è parso palese, con il solo Colle delle Finestre a precedere la facilissima scalata conclusiva. Magari abbastanza per divertirsi, ma probabilmente non per assistere ad un attacco in grado di ribaltare le sorti del Giro.
Oltre che il teatro dell’ultimo scontro in montagna, il Colle delle Finestre sarà anche la Cima Coppi del Giro, con i suoi 2178 metri. Se escludiamo l’edizione 2009, in cui saltarono l’Izoard e gli ultimi chilometri del Blockhaus dopo la presentazione, trasformando il Sestriere nella vetta più alta, bisogna tornare al 1985 per trovare una Cima Coppi più bassa (il Sempione); in assoluto, l’unico ulteriore caso è quello del 1978 (Passo Valles). Non crediamo sia un caso, dopo gli eventi della tappa della Val Martello dell’edizione 2014.
Lo spazio per attaccare – sia chiaro – gli scalatori lo avranno, e la scelta di proporre come arrivi in quota salite perlopiù pedalabili, anticipate da altre più impegnative, ci trova concordi, nell’ottica di promuovere la battaglia già dalla media distanza. Quello che ci sembra manchi è invece la volontà di far emergere quelle doti di fondo che dovrebbero costituire il requisito fondamentale per vincere qualsiasi Grande Giro, e che solo frazioni di chilometraggio massiccio e con difficoltà in serie permettono di esaltare. È chiaro anche a noi che la direzione imboccata dal ciclismo è opposta, e va detto che, in tal senso, questo Giro è comunque meno lontano dal nostro modo di immaginare le corse di tre settimane rispetto ad altre gare recenti. Di fronte ad un tracciato così azzeccato nelle prime due settimane, però, non possiamo però reprimere una punta d’amarezza, pensando che sarebbero bastati un paio di aggiustamenti per raggiungere un equilibrio quasi impeccabile.
Matteo Novarini

Una veduta del Colle delle Finestre (foto Google Maps)