KWIATKOWSKI, CHE ASSOLO!

settembre 28, 2014
Categoria: News

L’Italia riesce nell’intento di far scoppiare la corsa, ma ad approfittarne è il giovane polacco, che anticipa lo strappo finale e resiste al ritorno di un gruppetto regolato da Gerrans. Ennesimo podio senza iride per Valverde, terzo. Gli azzurri si sciolgono nel finale, mancando tutte le azioni nell’ultimo giro e mezzo. La prima nazionale di Davide Cassani si deve accontentare del tredicesimo posto di Colbrelli.

Al termine di una giornata resa più dura del previsto dal maltempo e dagli assalti ripetuti dell’Italia, a vestire la maglia arcobaleno è giustamente il corridore che ha messo in strada più coraggio, più fantasia e più personalità. Meno quotato di altri ai nastri di partenza, Michal Kwiatkowski è stato il primo a schierare in blocco al comando i suoi uomini, per rintuzzare la fuga che il lituano Savickas, il croato Kvasina, il colombiano Quintero e l’ucraino Polivoda avevano promosso al primo giro, arrivata a sfiorare i sedici minuti di vantaggio nel corso della quinta tornata; ancora lui è stato il primo capitano a muoversi, nonché il solo ad inventarsi qualcosa di diverso dal prevedibile tutto per tutto sullo strappo finale, strategia prudentemente adottata dai Gerrans, Gilbert e Valverde del gruppo.
L’azione polacca (derisa in diretta tv dai guru Rai, che ipotizzavano un’alleanza trasversale tra i compagni in Omega Kwiatkowski e Boonen, senza ovviamente spiegare in quale modo la cosa avrebbe dovuto motivare corridori come Bodnar, Huzarski e tutti gli altri militanti in altre formazioni) ha scosso il gruppo da un torpore durato un’ottantina di chilometri, ed ha segnato di fatto il solo momento di svolta della corsa fino al quintultimo passaggio.
È stato allora, nel tratto di discesa tra la vetta della salita della Confederacion e l’inizio dello strappo del Mirador, che l’Italia si è portata con decisione al comando, allungando il gruppo in previsione degli attacchi da sferrare all’inizio della tornata successiva. I primi a muoversi sono stati Fabio Aru e Giovanni Visconti, subito seguiti da Kennaugh, Wellens, Albasini e Jensen. L’azione ha fatto esplodere all’istante il gruppo come forse nessuno avrebbe immaginato, e per un breve frangente al comando – con un margine di quasi mezzo minuto sul plotone – è stato sul punto di formarsi un gruppetto di una ventina di unità, comprendente esponenti di quasi tutte le nazionali di vertice.
La ghiotta occasione di mettere subito in piedi un attacco potenzialmente decisivo è almeno in parte sfumata subito, quando al raggruppamento è seguita l’immancabile fase di studio e tentennamenti. Kennaugh e Visconti hanno allora rilanciato, portando con sé da subito Boasson Hagen, Jensen, Albasini e Geschke, quindi anche Wellens, Tony Martin, Trofimov Vanmarcke, Caruso e Navarro. Particolarmente significativa, ai fini del successivo naufragio dell’azione, il mancato ingresso nel tentativo di Joaquim Rodriguez, inizialmente tra i corridori evasi, ma in un secondo momento colpito da un attacco di attendismo acuto caratteristico della selezione spagnola, forse non al corrente del ritiro di Oscar Freire due anni fa.
Nell’ultima discesa prima del traguardo, Tony Martin ha allungato sui compagni di viaggio, transitando ai -3 giri con 8’’ di vantaggio sul drappello Visconti e 30’’ sul gruppo, pilotato dall’Australia. L’assolo del tedesco si è spento in cima allo strappo del Mirador, quando la fuga, forte di una quarantina di secondi sul gruppo, sempre trainato da una selezione aussie non particolarmente brillante nel suo complesso, ha raggiunto il suo massimo vantaggio.
L’entrata in scena in testa al gruppo della Francia, evidentemente intenzionata a puntare su Bouhanni, e la contemporanea interruzione dell’accordo nel gruppetto di testa hanno azzoppato definitivamente l’azione, il cui vantaggio si assestava già a 29’’ al successivo passaggio sulla linea d’arrivo. Visconti ha inutilmente provato ad andarsene, prima da solo, poi con Kennaugh, prima di capitolare ed essere inghiottito dal gruppo.
Poco dopo il ricompattamento generale, la Francia ha improvvisamente cambiato idea sul da farsi, promuovendo l’azione destinata a caratterizzare quasi un giro e mezzo di corsa: Gautier è partito, De Marchi e Andersen si sono accodati, Kiryenka ha esitato un istante di troppo e ha impiegato una decina di chilometri per ricucire da solo sul terzetto, rallentato dalla passività proprio di un Gautier in aperta diatriba con se stesso. In corrispondenza del Mirador, con 23 km ancora da percorrere, i tre di testa avevano 8’’ sul bielorusso e 32’’ sul solito Albasini, tarantolato ma poco produttivo, che guidava una lunga fila di corridori sfilacciati, chiusa dal grosso del gruppo, attardato di quasi un minuto. De Marchi e soci hanno cominciato a nutrire qualche sogno di gloria, ma proprio quando il suo attacco raggiungeva il massimo vantaggio, cominciavano a sorgere dubbi sulle condizioni degli azzurri di punta, che non riuscivano a replicare ad allunghi come quello di Daniel Moreno.
Sul traguardo, i battistrada, tra i quali figurava ormai anche Kiryenka, potevano gestire 35’’ sul drappello dello stesso Moreno, frenato dalla poca armonia, e 44’’ sul plotone, tirato da Paterski, ultimo uomo rimasto a disposizione di Kwiatkowski.
Il ritmo imposto all’ultimo giro da Spagna e Belgio sulla salita della Confederacion ha stroncato le speranze del gruppetto di De Marchi, ritrovatosi in cima con appena una decina di secondi. Tutto, insomma, pareva convergere verso il finale predetto dai più: gruppo di una cinquantina di unità compatto ai piedi della rampa del Mirador, girandola di scatti e controscatti, e inseguimento finale negli ultimi 5 km di discesa e pianura.
Kwiatkowski, dimostrando un’intraprendenza e una fantasia sconosciute a tanti più esperti e decorati avversari, ha messo in atto una variante rivelatasi decisiva: anziché attendere lo scontro frontale in salita, si è mosso nella discesa precedente, pennellando le curve viscide del tratto fra le due asperità, ed in particolare la svolta a destra costata cara agli italiani nelle gare Juniores e Under 23.
In poche pedalate, il polacco si è riportato sulla testa della corsa, venendo salutato da un’eloquente smorfia di disappunto di un ormai stremato De Marchi. L’azzurro e Jensen hanno inutilmente provato a tenere la ruota di Kwiatek, la cui diversa freschezza è emersa non appena la strada ha ripreso a salire. Alle soglie dei 250 km di gara, la Spagna si è decisa a metter fuori la testa, lanciando Rodriguez all’inizio dello strappo. Nibali ha provato ad accodarsi, salvo incartarsi dopo pochi metri, in un mesto revival di Valkenburg 2012. Van Avermaet si è portato nella scia di Purito, appena prima che Valverde, a titolo ormai sfumato, producesse uno scatto secco, ma non abbastanza da sbarazzarsi di Gilbert, Gallopin, Gerrans, Van Avermaet e Breschel.
Tra Kwiatkowski e gli inseguitori, in vetta, c’erano nove secondi: più che sufficienti per un discesista e passista formidabile come il polacco. Per fugare ogni dubbio, nel drappello alle sue spalle, tutti hanno delegato la caccia al battistrada al solo Gilbert – splendido, dal canto suo, nel mettersi al servizio del più veloce compagno di squadra -.
Quattordici anni dopo l’argento di Spruch a Plouay, Kwiatkowski ha così regalato alla Polonia il suo primo titolo iridato, alzando le braccia mentre, alle sue spalle, Gerrans vinceva l’amara volata dei battuti, anticipando Valverde, Breschel, Van Avermaet, Gallopin e Gilbert nell’ordine. Kristoff ha bruciato Degenkolb nella volata per l’ottavo posto, nella quale si sono segnalati Bouhanni (10°), Cancellara (11°, ma anonimo oltre ogni previsione) e i temutissimi Swift (12°) e Matthews (14°), tra i quali si è inserito Sonny Colbrelli, 13° e primo degli italiani. Solo 43° Peter Sagan, che ha dissipato ogni dubbio circa l’eventualità che il suo modesto rendimento nelle corse di avvicinamento al Mondiale facesse parte di una mefistofelica pretattica.
Sebbene, da appassionati, sia impossibile non sorridere di fronte alla riuscita di un numero di pura classe come quello di Kwiatkowski, lo è altrettanto non rilevare il magro bottino raccolto dalla spedizione italiana in terra spagnola. Il medagliere langue (un solo podio: il secondo posto di Sofia Bertizzolo nella gara Donne Junior), e se in altre categorie dei quarti posti e alcune circostanze sfortunate contribuiscono a salvare il bilancio, in quella regina allarma – più ancora del pur modesto risultato – la sensazione di aver fatto più o meno il possibile. Si potrebbe obiettare sull’impiego forse prematuro della carta Visconti e sull’esclusione dai titolari di un Formolo in grande condizione nelle gare canadesi, ma nessuna delle due scelte crediamo abbia rappresentato la differenza tra vincere e perdere il Mondiale, o anche solo tra andarci vicini e recitare un ruolo di semplici animatori. La tattica italiana è stata in linea con l’esigenza di scuotere la corsa e cercare soluzioni diverse dal solito scontro frontale all’ultimo giro, e non è certo colpa del commissario tecnico se Ulissi non è stato della partita o se nessun azzurro ha avuto la prontezza di accodarsi a Kwiatkowski (che aveva comunque gamba diversa dai nostri, e se ne sarebbe con ogni probabilità potuto sbarazzare sull’ultima erta). Proprio il fatto di chiudere un Mondiale da 13° posto senza grandi rimpianti, però, è forse la più triste certificazione del livello attuale del movimento italiano, per quel che concerne le corse di un giorno.

Matteo Novarini

ORDINE D’ARRIVO
1 Michal Kwiatkowski (Poland) 6:29:07
2 Simon Gerrans (Australia) 0:00:01
3 Alejandro Valverde Belmonte (Spain)
4 Matti Breschel (Denmark)
5 Greg Van Avermaet (Belgium)
6 Tony Gallopin (France)
7 Philippe Gilbert (Belgium) 0:00:04
8 Alexander Kristoff (Norway) 0:00:07
9 John Degenkolb (Germany)
10 Nacer Bouhanni (France)
11 Fabian Cancellara (Switzerland)
12 Ben Swift (Great Britain)
13 Sonny Colbrelli (Italy)
14 Michael Matthews (Australia)
15 Ramunas Navardauskas (Lithuania)
16 Daryl Impey (South Africa)
17 Maciej Paterski (Poland)
18 Bauke Mollema (Netherlands)
19 Warren Barguil (France)
20 Michael Valgren Andersen (Denmark)
21 Daniele Bennati (Italy)
22 Tom Dumoulin (Netherlands)
23 Rui Alberto Faria Da Costa (Portugal)
24 Jon Izaguirre Insausti (Spain)
25 Brent Bookwalter (United States Of America)
26 Nicolas Roche (Ireland)
27 Rigoberto Uran Uran (Colombia)
28 Edvald Boasson Hagen (Norway)
29 Petr Vakoc (Czech Republic) 0:00:14
30 Alex Howes (United States Of America)
31 Chris Anker Sörensen (Denmark)
32 Giovanni Visconti (Italy)
33 Joaquin Rodriguez Oliver (Spain) 0:00:17
34 Fabio Aru (Italy)
35 Yury Trofimov (Russian Federation)
36 Daniel Moreno Fernandez (Spain)
37 Lars Petter Nordhaug (Norway)
38 Dominik Nerz (Germany) 0:00:21
39 Simon Geschke (Germany) 0:00:24
40 Vincenzo Nibali (Italy) 0:00:27
41 Giampaolo Caruso (Italy) 0:00:31
42 Grega Bole (Slovenia) 0:00:38
43 Peter Sagan (Slovakia) 0:00:42
44 Andriy Grivko (Ukraine) 0:00:50
45 Alessandro De Marchi (Italy) 0:01:03
46 Alexandr Kolobnev (Russian Federation) 0:01:05
47 Kristijan Durasek (Croatia)
48 Jan Bakelants (Belgium)
49 Tom Boonen (Belgium)
50 Sergei Chernetski (Russian Federation)

Kwiatkowski si invola nellazione decisiva (foto Bettini)

Kwiatkowski si invola nell'azione decisiva (foto Bettini)

Commenta la notizia