A TRIESTE È DI CASA MEZGEC. QUINTANA SOVRANO DEL GIRO DEL FUTURO
Parata e volata. Tappa passerella triestina, vinta dallo sloveno Luka Mezgec, che qui quasi “gioca in casa”. In un Giro alpinistico, dedicato a Pantani, è apparso a suo agio come a casa propria anche Quintana, circondato dalla famiglia – in primis la figlia di pochi mesi portata sul podio – e osannato da un pubblico colombianissimo, in ebollizione per la fantastica doppietta (o tripletta, se alla seconda piazza di Urán aggiungiamo la maglia blu di Arredondo).
Riavvolgiamo il Giro. Anzitutto, la cronaca dell’ultima tappa: come da previsioni, passerella e volata. Fuga irrilevante, Bouhanni che rinsalda la maglia rossa sprintando su un traguardo volante, forse sentendo la gamba meno frizzante dopo le grandi montagne. Non per niente sulla linea d’arrivo lo passeranno il vincitore, che conferma i fasti della Volta a Catalunya, premiando la GIANT orfana ormai da mo’ di Kittel, l’eterno secondo Nizzolo e un Farrar che torna a fare capolino tra le ruote veloci. Volata caotica, strabordante spallate, con Mezgec che incastrato ai -500 metri indovina un varco improbabile e vi si fionda in un’istante.
Chapeau, comunque, a Bouhanni che porta a casa la maglia rossa concludendo per la prima volta in carriera un GT, e non si può dire che quest’anno il percorso fosse dei più bonari.
Che cosa resterà di questo Giro? Molto, e molto a lungo, cominciando dai protagonisti: se non altro c’è ragione di sperarlo, vedendo in top ten atleti giovanissimi (e forti in salita, va da sé, dato il tracciato) che promettono di farci divertire nei prossimi anni.
La loro prova è stata avvalorata dalle oneste prestazioni sullo stesso palcoscenico da parte di “vecchi leoni” come gli indomiti Evans e Hesjedal, ma soprattutto da parte di atleti che paiono aver raggiunto la maturità proprio in questo Giro, le cui caratteristiche tra loro molto variegate hanno costituito un interessante banco di prova: Pozzovivo, lo scalatore peso piuma in un Giro di grandi montagne; l’attaccante indefesso Rolland, fin dalla prima settimana attivo ben prima del traguardo; e soprattutto Urán, che si conferma corridore forte e completo, davvero a 360 gradi.
I giovani(ssimi) di cui parliamo sono Aru, naturalmente, un lampo di entusiasmo nell’asfittico panorama del ciclismo tricolore; ma anche Majka o Kelderman.
Su tutti ovviamente la maglia rosa… e maglia bianca!… Nairo Quintana: tuttavia la sua dimensione va molto al di là di quella di una “promessa”, dopo quanto visto l’anno scorso al Tour, ove riuscì a mettere alla corda Froome in un paio di ascese, e soprattutto in più di un’occasione provò a smuovere le acque da distanze ben superiori rispetto al raggio d’azione ormai consueto nel “ciclismo moderno”.
Non per nulla, in un Giro viziato da un certo attendismo, per via del faccia a faccia tra capitani dalle forze equilibrate, delle molte squadre indebolite dal clima tormentoso o dalle cadute, Quintana trova la forma strada facendo, e si impadronisce della corsa con un singolo colpo decisivo, sferrato in un momento nebuloso quanto determinante, regalando agli annali il gioiello di questo Giro, l’unica tappa veramente epica, monumentale e memorabile (ma quanti GT trascorrono senza averne neppure una, così…). Taciterà poi ogni polemica con la prestazione dominante sul Grappa, e per il resto si limiterà a controllare senza strafare. Semplice e perfetto.
Quali le istantanee memorabili di queste tre settimane? Anzitutto la tappa cinque stelle, l’inedita combinazione del Re Stelvio e della Regina Gavia, col bel finale di Val Martello. I muri di neve, i timori della vigilia, l’aria di insurrezione serpeggiante, e poi la corsa che esplode alla faccia degli sceriffi già tra i muri di neve del Gavia. Lo Stelvio, la foschia, la “nebbia della guerra”, dove gracchiano dalle radio comunicati ambigui, e Quintana decide di abbandonare le sicurezze della squadra, fortissima e completa, la comodità del gruppo, sempre accogliente, per seguire la traccia dell’avventuriero impavido Rolland. Il mutismo degli altri direttori sportivi, che vedono tutto in televisione ma pensano di non agire, non chiedere, meglio non approfondire e poi semmai recriminare. Intanto rimpolpiamo di gregari le nostre compagini, così poi potremo incasellare la gara negli schemi che tranquillizzano le nostre teste quadrate come tabelle: questo il retropensiero scompaginato dall’intuizione del colombiano imperscrutabile. Poi le bocche si apriranno per polemizzare, lamentarsi, rivendicare secondi a tavolino: ma nessuno proverà nemmeno a riprenderseli in strada quei secondi, nemmeno per orgoglio o per sfida. Ciclismo allo stato puro, con Quintana che, tirando sempre da solo quando la strade sale, sfalda squadre sconquassate da una tappa hors categorie, se mai ce n’è stata una.
Bellissime le cronometro, nuova specialità del Giro che ha fatto da apristrada a una tendenza già scopiazzata da Tour e Vuelta. Sorprese, colpi di scena, tasso tecnico altissimo: nonostante le mediocre copertura in termini di distacchi, intertempi, e regia, entrambe le tappe contro il tempo (crono dei vini dominata da Urán e dalla sua Omega Pharma nonché cronoscalata “moloch” del Grappa contesa tra Aru e Quintana) si fanno romanzo, in scenari che pur ripetuti decine di volte non stancano per la loro eccezionale bellezza. Ecco come rendere godibile questo esercizio per tutti i palati, non solo per gli esteti della posizione e del wattaggio solitario, e senza sacrificarne lo spessore contenutistico, anzi!
Ben disegnate le tappe pantaniane, considerando che Montecampione, di per sé a rischio di povertà di sviluppi, non veniva sola bensì combinata con lo splendido tracciato di Oropa del giorno prima. Ne è uscita una specie di Ventoux minimalista, esteticamente poco suggestivo ma atleticamente affascinante, e impreziosito nella memoria dall’assalto all’arma bianca di Aru: un “all in” che echeggiava, in scala ovviamente 1:1000, il pantaniano “o salta lui o salto io” della sfida con Tonkov, con tanto di identico luogo dello scatto cruciale. A Montecopiolo come a Oropa, invece, va detto come sia stato un peccato che i corridori di classifica non abbiano colto – fatti salvi i tentativi di Rolland – le occasioni ghiottissime che la strada offriva: forse un disegno affine sarebbe venuto più a proposito nella terza settimana, come ultima chance di ribaltare le graduatorie (in luogo di uno Zoncolan, che non avrebbe potuto far altro che confermare e congelare l’esistente), o anche come momento interlocutorio, tappa trappola, se proprio alleggerita altimetricamente, a sostituire quella tappa dolomitica che invece proprio nella mediocre disposizione delle salite vedeva il proprio punto debole, finendo ridotta all’insignificanza. Montecopiolo come, e ancor più, Oropa hanno però offerto agli appassionati due vittorie impreziosite da gesti tecnici davvero squisiti: il bello scatto, secco e autorevole di Ulissi, a ripetere un’ottava più in su il già bell’acuto di Viggiano, e soprattutto la volata fotonica di Battaglin a Oropa. La resistenza strenua e soffertissima del giovane della Bardiani contro corridori più forti in salita, il distacco ancora vasto in prossimità dell’arrivo e poi il colpo d’occhio e di cuore, l’istinto che dice che la distanza è quella di sparo, la sola combinazione possibile di spazio, tempo, velocità ed energia che consenta di passare per primo sulla linea d’arrivo.
Il pubblico, impressionante, ad aprire il Giro in Irlanda e a chiuderlo sullo Zoncolan, vere e proprie invasioni di folla a bordo strada (come pure a Trieste, nonostante la pioggia). Stendendo un velo pietoso su certe intemperanze di chi si improvvisa tifoso per un giorno e vuole “spingere il ciclista”.
E poi, e poi… Il bowling disastroso della Garmin nella cronosquadre, la potenza stratosferica di Kittel a Dublino, il blitz di Evans a Montecassino, il ghigno di Basso nel disperato tentativo di vincere a forza di grinta almeno una tappa, Hesjedal attaccato “con lo sputo” a Quintana che trova l’orgoglio di dare qualche cambio dove la strada spiana. E ancora, le cadute (troppe: sì, la pioggia, le strade, ma farsi qualche domanda sulle scelte dei materiali?) e i ciclisti che tirano avanti spaccati, spesso almeno fino al traguardo, come Purito fratturato, quando non fino al termine del Giro tutto. Il folklore delle mille storie piccole e grandi, le proposte di matrimonio nel bel mezzo della cronoscalata o il gesto dell’ombrello di Pirazzi, gli australiani che impazzano, Evans in rosa per qualche tappa, la Orica con Matthews, la doppietta di Rogers.
Avremmo potuto avere di più? Certo, si è sentita la mancanza di tappe dalla difficoltà intermedia, gli “elettrocardiogrammi appenninici” (disegnabilissimi anche sulle Alpi), gli arrivi in discesa, le frazioni insidiose (sul modello di quelle che sono state quelle bergamasche negli ultimi anni). Abbiamo rimpianto la sparizione di protagonisti di spessore come Kittel, per un ritiro che lo sminuisce, o Purito Rodriguez (lo stesso Scarponi in realtà non è mai stato in gara).
Abbiamo comunque avuto, va ribadito, un buon Giro, con i suoi momenti di stasi e quelli di tensione: soprattutto un Giro con una tappa leggendaria e un campione di 24 anni che fa grande la corsa nel vincerla, scalando una classifica piena di futuro. Negli ultimi anni, ben pochi grandi giri possono vantare qualcosa di paragonabile.
Gabriele Bugada
ORDINE D’ARRIVO
1 Luka Mezgec (Slo) Team Giant-Shimano 4:23:58
2 Giacomo Nizzolo (Ita) Trek Factory Racing
3 Tyler Farrar (USA) Garmin Sharp
4 Nacer Bouhanni (Fra) FDJ.fr
5 Roberto Ferrari (Ita) Lampre-Merida
6 Leonardo Fabio Duque (Col) Colombia
7 Luca Paolini (Ita) Team Katusha
8 Tosh Van Der Sande (Bel) Lotto Belisol
9 Borut Bozic (Slo) Astana Pro Team
10 Iljo Keisse (Bel) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team
11 Enrico Battaglin (Ita) Bardiani-CSF
12 Matteo Montaguti (Ita) AG2R La Mondiale
13 Sonny Colbrelli (Ita) Bardiani-CSF
14 Marco Canola (Ita) Bardiani-CSF
15 Georg Preidler (Aut) Team Giant-Shimano
16 Ben Swift (GBr) Team Sky
17 Jos Van Emden (Ned) Belkin Pro Cycling Team
18 Alexis Vuillermoz (Fra) AG2R La Mondiale
19 Patrick Gretsch (Ger) AG2R La Mondiale
20 Elia Viviani (Ita) Cannondale
21 Sébastien Chavanel (Fra) FDJ.fr
22 Enrico Barbin (Ita) Bardiani-CSF
23 Wilco Kelderman (Ned) Belkin Pro Cycling Team
24 Maarten Tjallingii (Ned) Belkin Pro Cycling Team
25 Rafal Majka (Pol) Tinkoff-Saxo
26 Vladimir Gusev (Rus) Team Katusha
27 Oscar Gatto (Ita) Cannondale
28 Rigoberto Uran Uran (Col) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team
29 Tom Veelers (Ned) Team Giant-Shimano
30 Cadel Evans (Aus) BMC Racing Team
31 Julien Berard (Fra) AG2R La Mondiale
32 Domenico Pozzovivo (Ita) AG2R La Mondiale
33 Fabio Aru (Ita) Astana Pro Team 0:00:09
34 Samuel Sanchez (Spa) BMC Racing Team
35 Julien Vermote (Bel) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team
36 Manuel Quinziato (Ita) BMC Racing Team
37 Gianluca Brambilla (Ita) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team
38 Dario Cataldo (Ita) Team Sky
39 Danilo Wyss (Swi) BMC Racing Team
40 Serge Pauwels (Bel) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team
41 David Tanner (Aus) Belkin Pro Cycling Team
42 Sebastian Henao Gomez (Col) Team Sky
43 Robert Kiserlovski (Cro) Trek Factory Racing
44 Damiano Cunego (Ita) Lampre-Merida
45 Daniel Moreno Fernandez (Spa) Team Katusha
46 Pierre Rolland (Fra) Team Europcar
47 Paolo Tiralongo (Ita) Astana Pro Team
48 Maxime Monfort (Bel) Lotto Belisol
49 Enrico Gasparotto (Ita) Astana Pro Team
50 Eduard Vorganov (Rus) Team Katusha
CLASSIFICA GENERALE
1 Nairo Alexander Quintana Rojas (Col) Movistar Team 88:14:32
2 Rigoberto Uran Uran (Col) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team 0:02:58
3 Fabio Aru (Ita) Astana Pro Team 0:04:04
4 Pierre Rolland (Fra) Team Europcar 0:05:46
5 Domenico Pozzovivo (Ita) AG2R La Mondiale 0:06:32
6 Rafal Majka (Pol) Tinkoff-Saxo 0:07:04
7 Wilco Kelderman (Ned) Belkin Pro Cycling Team 0:11:00
8 Cadel Evans (Aus) BMC Racing Team 0:11:51
9 Ryder Hesjedal (Can) Garmin Sharp 0:13:35
10 Robert Kiserlovski (Cro) Trek Factory Racing 0:15:49
11 Alexis Vuillermoz (Fra) AG2R La Mondiale 0:24:45
12 Franco Pellizotti (Ita) Androni Giocattoli 0:26:13
13 Alexandre Geniez (Fra) FDJ.fr 0:27:02
14 Maxime Monfort (Bel) Lotto Belisol 0:28:36
15 Ivan Basso (Ita) Cannondale 0:32:08
16 Hubert Dupont (Fra) AG2R La Mondiale 0:36:15
17 Matteo Rabottini (Ita) Neri Sottoli – Yellow Fluo 0:46:35
18 Michael Rogers (Aus) Tinkoff-Saxo 0:48:06
19 Damiano Cunego (Ita) Lampre-Merida 0:49:22
20 André Cardoso (Por) Garmin Sharp 0:51:09
21 Wout Poels (Ned) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team 0:55:59
22 Sebastian Henao Gomez (Col) Team Sky 0:56:24
23 José Herrada Lopez (Spa) Movistar Team 0:59:01
24 Samuel Sanchez (Spa) BMC Racing Team 1:02:40
25 Steve Morabito (Swi) BMC Racing Team 1:02:59
26 Dario Cataldo (Ita) Team Sky 1:04:46
27 Georg Preidler (Aut) Team Giant-Shimano 1:05:03
28 Fabio Andres Duarte Arevalo (Col) Colombia 1:05:53
29 Gianluca Brambilla (Ita) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team 1:09:46
30 Nicolas Roche (Irl) Tinkoff-Saxo 1:13:07
31 Serge Pauwels (Bel) Omega Pharma – Quick-Step Cycling Team 1:15:13
32 Jarlinson Pantano (Col) Colombia 1:16:16
33 Francis Mourey (Fra) FDJ.fr 1:19:33
34 Mikel Landa Meana (Spa) Astana Pro Team 1:23:06
35 Marc Goos (Ned) Belkin Pro Cycling Team 1:30:43
36 Alberto Losada Alguacil (Spa) Team Katusha 1:35:40
37 Igor Anton Hernandez (Spa) Movistar Team 1:37:49
38 Maxime Bouet (Fra) AG2R La Mondiale 1:39:29
39 Davide Malacarne (Ita) Team Europcar 1:40:10
40 Riccardo Zoidl (Aut) Trek Factory Racing 1:44:53
41 Daniel Moreno Fernandez (Spa) Team Katusha 1:45:03
42 Jan Polanc (Slo) Lampre-Merida 1:45:31
43 Philip Deignan (Irl) Team Sky 1:47:49
44 Matteo Montaguti (Ita) AG2R La Mondiale 1:50:08
45 Paolo Tiralongo (Ita) Astana Pro Team 1:50:49
46 Ivan Rovny (Rus) Tinkoff-Saxo 1:52:16
47 Sander Armee (Bel) Lotto Belisol 1:52:52
48 Evgeny Petrov (Rus) Tinkoff-Saxo 1:55:29
49 Przemyslaw Niemiec (Pol) Lampre-Merida 1:57:41
50 Pawel Poljanski (Pol) Tinkoff-Saxo 2:04:29

Quintana assiso sul trono rosa: è lui il dominatore del Giro 2014 (foto Tim de Waele/TDW Sport)