GRANDE BOUCLE 2014, UN TOUR FIGLIO DEI SUOI PADRI
Non sarà una “passeggiata” per Froome e Wiggins il Tour che gli organizzatori francesi hanno presentato ieri a Parigi. Se negli scorsi anni la loro vittoria era stata agevolata da percorsi troppo sbilanciati verso le loro potenzialità, nel 2014 dovranno fare i corti con una delle edizioni più avare della storia sotto l’aspetto delle cronometro, confinate in una sola frazione collocata alla vigilia della conclusione. Prima ci saranno da digerire tutte le montagne e una serie di delicatissime frazioni che punteggeranno la prima settimana di corsa.
Foto copertina: uno scorcio dell’Izoard, la “Cima Coppi” del Tour 2014 (www.basenji.it)
Un anno, presentando l’ultima sua “creatura”, l’ex direttore del Giro d’Italia Carmine Castellano aveva detto che “ogni Giro è figlio di quello che l’ha preceduto”. Proprio questa è stata la filosofia adottata dagli organizzatori del Tour de France al momento di mettersi a tavolino e decidere l’ossatura dell’edizione 2014, legata da stretta figliolanza alle ultime due disputate. Di primo acchito non lo sembrerebbe, i percorsi 2012 e 2013 hanno spessori totalmente differenti rispetto a quello svelato il 23 ottobre a Parigi, ma la realtà è che il tracciato che si affronterà l’anno prossimo è nato proprio dall’aver preso atto, da parte degli organizzatori, di quelli che potremmo definire gli “errori di progettazione” nei quali erano recentemente incappati. Si era scelto, infatti, di rimettere sotto i riflettori le gare a cronometro e di impoverire quelle di montagna e il risultato era stato da una parte quello di aver avuto al via il grande campione che potesse dominare la corsa e che effettivamente ha svolto il compito in maniera superlativa, dall’altra quella di aver ammazzato agonisticamente la corsa. Le tappe di montagna, pur molto interessanti (in particolare l’anno scorso), si erano rivelate insufficienti per contrastare i chilometri da percorrere contro il tempo e la corsa era risultata decisamente più noiosa rispetto a Giro e Vuelta che, invece, da alcuni anni hanno fatto la scelta diametralmente opposta, meno crono e più salite.
Così, nel 2014, Wiggins, Froome e gli altri passistoni al via si troveranno sotto le ruote meno strada adatta alle loro cilindrate, poiché dei complessivi 3656 Km appena 54 saranno a cronometro, concentrati in un’unica frazione collocata alla vigilia della conclusione e, di conseguenza, dopo essersi sorbiti tutte le sette frazioni di montagna previste, sei delle quali avranno l’arrivo in salita.
In quest’edizione carente come non si vedeva da decenni di cronometro (mancherà anche la cronosquadre, per trovare un Tour così “avaro” bisogna tornare indietro nel tempo all’edizione del 1967, quando si percorsero in tutto 52 Km contro l’orologio) spiccano anche una serie di tappe che potremmo definire di “rinforzo”, inserite nel corso della prima settimana e che la renderanno meno innocua rispetto al solito.
I giochi per la successione a Froome si apriranno il 5 luglio a Leeds poiché, come accadrà al Giro, si partirà dal Regno Unito e sulla terra d’Albione si disputeranno le prime tre frazioni, tutte in linea ricalcando le modalità dell’ultimo “Grand Départ” dalla Corsica. Se la prima (Leeds – Harrogate) e la terza (Cambridge – Londra) saranno i primi terreni di caccia per i velocisti, la tappa che condurrà il gruppo da York a Sheffield costituirà la prima delle giornate che abbiamo definito di “rinforzo”, caratterizzata da un percorso a continui saliscendi e, soprattutto, dall’inserimento di un muro al 33% a ridosso del traguardo.
Sbarcati sul sacro suolo francese (ma ci saranno una capatina in territorio belga per la partenza da Ypres e un breve sconfinamento in Spagna nel corso della seconda frazione pirenaica), il Tour punterà verso le prime montagne proponendo quattro frazioni consecutive nelle quali la pianura regnerà quasi incontrastata, con gli arrivi cronologicamente collocati a Lilla, all’Arenberg, a Reims e a Nancy. Ma tra queste ce ne sarà una, la seconda tra quelle citate, che sarà cerchiata in rosso sui taccuini di tutti perché per arrivare all’Arenberg, alle porte della celebre foresta, bisognerà percorrere ben nove tratti di pavé (per complessivi 15,4 Km), tutti estrapolati dal tracciato della Parigi – Robaix.
Ci potrà, dunque, esser qualche grosso calibro la cui corsa sarà già in parte compromessa alla fine della prima settimana, quando saranno proposte le prime due tappe di montagne, disegnate sulla catena dei Vosgi, mai così protagonista come in questa edizione, e proposte separata dalla facile tappa di Mulhouse. La prima giungerà a Gérardmer dopo aver affrontato due salite brevi ma esigenti a ridosso del traguardo (sulla Grosse-Pierre si raggiungerà un picco del 16%), a sua volta collocato in cima all’inedita rampa della Mauselaine, 1,8 Km inclinati al 10,3%. Due giorni più tardi il Tour ritroverà il traguardo della Planche des Belles Filles (5,9 Km all’8,5%, massima del 20%), dove due anni fa s’impose Froome, al termine di una frazione che proporrà pochissima pianura e ben sette salite, sulle quali spiccano per durezza quella finale e l’immediatamente precedente Col des Chevrères (3,5 Km al 9,5%).
Dopo queste prime fatiche il Tour osserverà la prima giornata di riposo, alla quale seguiranno due facili frazioni (Oyonnaz e Saint-Etienne) che traghetteranno la carovana sulle Alpi, dove si disputeranno due frazioni, entrambe caratterizzate dall’arrivo in salita. Il primo avrà come meta la stazione invernale di Chamrousse (18,2 Km al 7,3%), dove si giungerà dopo aver percorso 200 Km e affrontato preventivamente il Col de Palaquit (14,1 Km al 6,1%), altro debuttante al Tour de France. Seguirà il primo dei quattro tapponi che, dopo aver portato i corridori su due “moloch” del Tour, il Lautaret e l’Izoard (tetto della corsa a 2360 metri), si chiuderà con l’arrivo in salita a Risoul (12,6 Km al 6,9%) che, pur non essendo mai stato affrontato alla Grande Boucle, non costituisce una novità per il gruppo, che l’ha conosciuto in occasione del Tour de l’Avenir e del Criterium del Delfinato.
Facile tappa verso Nîmes, secondo e ultimo riposo e poi si tornerà a parlare di salite con il trittico pirenaico, che comincerà subito dopo la giornata di sosta con la cavalcata da Carcassonne a Bagnères-de-Luchon, nell’unica frazione montana che non proporrà l’arrivo in salita ma che non mancherà di far selezione sia per la distanza da percorrere (237 Km, record giornaliero per questa edizione), sia per la presenza nelle battute conclusive dell’impegnativo Port de Balès (11,7 Km al 7,7%). Le rimanenti ultime due frazioni utili per gli scalatori avranno minore consistenza chilometrica (si percorreranno 270 Km in due giorni) ma saranno più inclini alle loro potenzialità grazie agli arrivi in salita di Pla d’Adet (10,2 Km all’8,3%) e Hautacam (13,6 Km al 7,8%), al termine di tracciati infarciti di salite, tra le quali spicca un altro mito della corsa francese, il Col du Tourmalet (2115m).
Scollinata l’ultima montagna mancheranno 72 ore all’epilogo parigino, lasso di tempo nel quale si disputeranno le ultime due volate (la prima a Bergerac, la seconda quella classica sui Campi Elisi), in mezzo alle quali sarà incastonata come in un diadema l’unica crono individuale, 54 Km da percorrere tra Bergerac e Périgueux da affrontare con oculatezza perché la prima parte pianeggiante invoglierà a spingere più del previsto, con il rischio di trovarsi in debito di energie nel finale ondulato.
Caro Wiggins, caro Froome…. stavolta il piatto sul quale vi hanno offerto il Tour non sarà affatto d’argento!
Mauro Facoltosi