LA SPAGNA BUTTA IL MONDIALE, RUI COSTA LO RACCOGLIE

settembre 29, 2013
Categoria: News

Il portoghese conquista a sorpresa il titolo mondiale sul circuito di Firenze, beffando allo sprint Rodriguez, raggiunto all’ultimo chilometro. Valverde conquista il bronzo, davanti ad un Nibali penalizzato da una caduta, ma colpevolmente addormentatosi al momento dell’attacco di Purito. Solo sesto e nono Sagan e Gilbert, staccati dalle azioni di Scarponi e Nibali all’ultimo passaggio sull’ascesa di Fiesole. Lontano Fabian Cancellara.

Foto copertina: Rui Costa esulta, è campione del mondo (foto AFP)

Al termine del Mondiale più ricco di stelle della storia recente, conteso da uomini da classiche e specialisti di grandi giri, ad alzare le braccia è un outsider. Rui Alberto Faria da Costa, 27 anni fra meno di una settimana, non era probabilmente il corridore più forte al via, ma è stato senz’altro il più lucido e smaliziato all’ultimo giro, quando il titolo pareva ormai questione italo-spagnola.

Le oltre sette ore di gara, in larga parte flagellate dalla pioggia, non erano state sufficienti a ridurre a meno di una quarantina di unità il gruppo dei favoriti all’imbocco della tornata conclusiva, malgrado la tattica d’assalto proposta dalla formazione di Bettini. Dopo un tratto in linea animato dalla fuga di Yonder Godoy (Venezuela), Matthias Brandle (Austria), Jan Barta (Repubblica Ceca), Bartosz Huzarski (Polonia) e Rafaa Chtioui (Tunisia), con Cavendish ad imporre al gruppo un’andatura non proibitiva, gli azzurri hanno cominciato a forzare nella prima discesa dalla collina di Fiesole, azione poi ripetuta per i passaggi successivi. La strada fradicia ha spezzato più volte il plotone, costringendo a turno Sagan, Froome, Valverde e Rodriguez – fra gli altri – a ricucire distacchi di alcune decine di secondi, e dando luogo ad una catena di cadute che hanno decimato anzitempo la rosa dei pretendenti alle medaglie: Roche, Martin, Horner ed Evans sono stati fra i tanti costretti al ritiro da incontri ravvicinati con l’asfalto fiorentino, e sempre al meteo vanno imputati i forfait di Samuel Sanchez, Richie Porte e dell’intera squadra britannica, incluso l’attesissimo Froome.

Dopo cinque giri sul circuito, gli italiani si sono fatti momentaneamente da parte, concedendosi un paio di tornate di respiro, prima di passare davvero all’attacco. Al settimo passaggio, con Huzarski e Barta ultimi superstiti della fuga al comando, inseguiti dal duo Preidler – Kelderman, avvantaggiatosi al giro precedente, è stato Visconti il primo a muoversi, rispondendo ad un allungo di Cyril Gautier. Le due coppie inseguitrici si sono fuse poco dopo il transito dall’arrivo, prima che il siciliano si involasse da solo all’inseguimento del polacco, ormai solo in testa, con una progressione fin troppo esuberante.

Il ricongiungimento fra i due si è materializzato poco dopo Via Salviati, più o meno nello stesso punto in cui, poco più tardi, sarebbe giunta la prima spallata alle speranze azzurre di successo. Vincenzo Nibali e Luca Paolini, preposto ad attaccare sull’ascesa successiva, sono finiti a terra quasi contemporaneamente, lasciando Bettini orfano del suo uomo di fiducia, costretto al ritiro, e tagliando apparentemente fuori dai giochi il capitano, passato sotto il traguardo con oltre un minuto di distacco dal gruppo, tirato dal Belgio.

Il peso del risultato sembrava ormai gravare sulle spalle dei soli Pozzato e Scarponi (quest’ultimo peraltro caduto a sua volta, sia pur senza conseguenze fisiche e cronometriche); la nona scalata a Fiesole ha però esaltato Nibali, capace di ricucire tutto solo il divario dal drappello dei migliori, benché al prezzo di uno sforzo supplementare e – soprattutto – di un cambiamento tattico forse decisivo. Proprio in quel nono giro, infatti, sarebbe dovuto entrare in azione Michele Scarponi, già brillante nei chilometri precedenti; il fuorigiri appena compiuto dallo Squalo ha però costretto il marchigiano a rimandare di una tornata un’azione che – se portata nei tempi originariamente stabiliti – avrebbe forse riscritto il finale del Mondiale.

L’attacco di Scarponi ha in effetti prodotto la selezione sperata, ed è bastato a quel punto un allungo di Nibali per portar via il quintetto destinato a giocarsi l’oro. La risposta più pronta è venuta da Joaquim Rodriguez, mentre Valverde, Rui Costa e Uran riuscivano a rifarsi sotto solo dopo il rallentamento dei primi due. In vista del decimo ed ultimo scollinamento a Fiesole, Purito ha provato a sua volta, trovando l’opposizione del solo Nibali, a conferma dei valori già intravisti al momento del tentativo del siciliano. In vetta, i due potevano vantare 5’’ di margine su Uran e Rui Costa – non sembrati irresistibili – e Valverde, obbligato a non collaborare.

Una certa titubanza dell’azzurro in discesa, forse dovuta al capitombolo di poco prima, ha però consentito il riavvicinamento dei tre inseguitori, trainati da un Uran tanto caparbio quanto sfortunato: poco prima di agganciare la coppia di testa, il colombiano si è cappottato in uscita da una curva a sinistra, danneggiando fortunatamente più la bicicletta che se stesso, ma abbandonando definitivamente i sogni iridati.

L’episodio sembrava dover giocare a favore di Nibali, ma è stato paradossalmente proprio allora che il messinese ha compiuto l’unico ma gravissimo errore del suo Mondiale: Rodriguez non si è arreso al rientro degli inseguitori, rilanciando in fondo alla discesa; lo Squalo lo ha ignorato, aspettando una coppia in cui Valverde giocava da stopper e Rui Costa non voleva saperne di esporsi al vento. Quando Nibali si è reso conto della situazione tatticamente tremenda creatasi, il danno era ormai fatto: le ultime energie se ne sono andate per ricucire questo e gli altri allunghi di Purito, e a 2 km dal traguardo, quando Rodriguez ha attaccato per l’ennesima volta, non ne erano rimaste abbastanza per chiudere di nuovo.

A dispetto dell’affanno con cui era rimasto aggrappato al treno delle medaglie sul muro di Via Salviati, la forza di lanciarsi in un inseguimento disperato rimaneva invece ancora nelle gambe di Rui Costa, che poteva anche approfittare del patologico passivismo di Valverde. Il murciano, anziché marcare il portoghese, ha preferito tagliare definitivamente fuori un esausto Nibali, restandogli in scia, malgrado l’evidente incapacità dell’azzurro di rispondere.

L’arcobaleno che sembrava ormai già dipinto sulla maglia di Rodriguez è stato così rimesso in discussione da Rui Costa, in grado di rosicchiare metro su metro il margine dello spagnolo, fino a colmarlo del tutto già oltre il triangolo rosso. Il lusitano ha commesso l’errore di passare Purito e cominciare lo sprint dalla prima posizione, esponendosi ad una rimonta che Rodriguez è parso destinato a completare fino ad una ventina di metri dal traguardo. Sul più bello, però, il recupero si è esaurito, stoppato dalle scorie dei mille scatti e, forse, della delusione per un Mondiale vinto e sfumato.

Rui Costa ha così rinnovato – con pieno merito – una tradizione di iridati a sorpresa che pareva venuta meno negli ultimi anni, mentre Valverde conquistava un bronzo quanto mai amaro, frutto dell’ennesima, scellerata gestione ultra-conservativa delle battute conclusive. Solo quarto un Nibali a sua volta carico di rimpianti, dopo una gara in cui ha forse dimostrato le gambe migliori del lotto, per di più dopo aver eliminato i rivali più accreditati (Gilbert, Sagan, Cancellara).

A differenza delle ultime edizioni, in cui la condotta di gara azzurra aveva lasciato parecchio a desiderare e le difficoltà dei tracciati erano state spesso mal valutate, la Nazionale di Bettini esce questa volta a testa alta dalla rassegna iridata, malgrado l’occasione sciupata sia di quelle che rischiano di non ripresentarsi a breve. Al di là di quanto avvenuto all’ultimo giro, in cui poco può essere imputato al C.T., l’Italia era riuscita a mettere il suo leader nelle condizioni migliori per provarci, sia pur con l’handicap degli incidenti del terzultimo giro e della conseguente revisione dei piani.

L’ultima istantanea da Firenze, forse la più forte, rimane quella del podio, dove, di fianco al neo-campione Rui Costa, Joaquim Rodriguez non riusciva a trattenere le lacrime. Non ce ne vogliano i lettori più patriottici se, da appassionati, più che per la mancata medaglia italiana, ci dispiacciamo per il dramma di un campione fermatosi, ancora una volta, ad un’unghia dalla vittoria che vale una carriera.

Matteo Novarini

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