MONDIALE ELITE: I FAVORITI

settembre 25, 2013
Categoria: News

A quattro giorni dalla prova maschile élite in linea, proviamo ad analizzare i favoriti dell’evento clou della rassegna iridata. Quelli di Sagan, Gilbert e Cancellara sono i nomi più gettonati, mentre la Spagna sembra la squadra più talentuosa, forte di 5-6 potenziali capitani. Da seguire anche Horner, fresco vincitore della Vuelta.

Foto copertina: Peter Sagan, favorito numero uno del Mondiale, festeggia il successo alla Gand – Wevelgem (foto Photopress.be)

Negli ultimi due anni, è stato il favorito della vigilia ad alzare le braccia al termine della prova mondiale élite maschile; se così fosse anche nel 2013, a Philippe Gilbert, trionfatore a Valkenburg, succederebbe Peter Sagan, 23 anni e quasi altrettante vittorie in stagione (ne manca una). Capace di tener testa a Cavendish, Greipel e Kittel in volate di gruppo, lo slovacco sarebbe sulla carta imbattibile in uno sprint ristretto, e gli exploit di Gand – Wevelgem e GP di Montréal dimostrano che – all’occorrenza – il baby-prodigio di Zilina sa prendere l’iniziativa e non attendere gli ultimi 200 metri. Quanto alle salite, quelle di Fiesole e Via Salviati rischiano di non bastare a far fuori chi, quest’anno, ha saputo imporsi nella tappa di Porto Sant’Elpidio alla Tirreno-Adriatico (fatale invece ad un certo Chris Froome) e in quella di Meiringen al Tour de Suisse, superando indenne l’ascesa di Hasliberg/Winterlücke.
Trattandosi però di sport e non di scienze esatte, per ogni Cavendish 2011 o Gilbert 2012, i Mondiali propongono un Evans 2009 o Hushovd 2010, legittimando perciò le speranze di una schiera di avversari raramente folta quanto quest’anno. La difficile interpretazione del tracciato fiorentino lascia infatti spiragli ai corridori più disparati, e i soli cinque uomini a disposizione dell’uomo da battere (peraltro non eccelsi: Jurco, Tybor, il fratello Juraj e i due Velits, Peter e Martin) rendono impensabile un completo controllo della corsa da parte della squadra slovacca.
Il nome più accreditato per rimandare l’appuntamento di Sagan con il titolo iridato è forse quello di Fabian Cancellara, ritiratosi in anticipo dalla Vuelta, malgrado un compagno in maglia rossa, proprio in funzione di Firenze. Quattro volte trionfatore a cronometro (anche se reduce dalla batosta incassata poco fa da Tony Martin), lo svizzero culla ormai da anni il sogno di conquistare anche la maglia arcobaleno più ambita, peraltro già sniffata a Mendrisio, quattro anni fa. A suo sfavore giocano una volata discreta ma battibile, e soprattutto l’essere quasi mai capace di fare la differenza in salita. Certo, Spartacus ha abbondantemente dimostrato di essere in grado di fare la differenza in pianura, ma, in caso dovesse trovarsi a far parte di un gruppetto nei chilometri finali, sarà senz’altro lui l’uomo più marcato fino alla volata.
Le buone prestazioni dell’ultima Vuelta, coronate dal successo di tappa a Tarragona, hanno rilanciato anche le quotazioni del campione uscente, Philippe Gilbert, reduce da un’annata molto sottotono, ma sinistramente (per gli avversari) simile a quella che precedette il trionfo di Valkenburg: anche dodici mesi fa, dopo una primavera molto al di sotto delle attese, il vallone si svegliò in Spagna, conquistando due tappe, per poi staccare tutti sul Cauberg, involandosi verso quel titolo sfuggitogli nelle sue stagioni migliori. Lo strappo di Via Salviati sembra disegnato su misura per le fucilate di Gilbert, che dovrà però fare i conti con l’ultimo problema che un capitano del Belgio si sarebbe mai aspettato di dover fronteggiare: il contingente ridotto. Saranno infatti soltanto sei i compagni a disposizione del 31enne di Verviers, malgrado l’ammontare di talento garantito da Monfort, Bakelants, Leukemans, Pauwels, Vansummeren e Van Avermaet (seconda punta di lusso) sia forse in grado di compensare i due uomini in meno.
A testimonianza della globalizzazione del ciclismo avvenuta nell’ultimo decennio, a schierare nove uomini saranno invece – oltre a tradizionali potenze quali Italia, Spagna, Francia e Olanda – Australia, Polonia, Svizzera e Colombia, seguite dalla Gran Bretagna, a quota otto. E se australiani e polacchi dovrebbero al più lottare per un piazzamento, le altre partiranno con fondate speranze di podio. Oltre a Cancellara, gli elvetici potranno contare su un più che dignitoso cast di supporto, in cui spiccano Zaugg, Frank e Albasini; Uran, Henao, Betancur e Quintana formano un quartetto capace di dinamitare la corsa, a condizione che la forma dei primi tre non sia quella della Vuelta, e che l’ultimo abbia ritrovato/conservato il colpo di pedale del Tour; Froome, infine, non nasconde ambizioni d’oro, anche se la gamba mostrata nella trasferta canadese non sembra sufficiente a soddisfarle. Pressoché impossibile, invece, che possano dire la loro gli altri totem del ciclismo d’Oltremanica, Cavendish e Wiggins, benché l’argento a cronometro di quest’ultimo faccia ben sperare circa le sue condizioni.
La varietà di soluzioni offerte dal circuito di Firenze potrebbe strizzare l’occhio a formazioni a più punte; in tal caso, la principale indiziata al successo diverrebbe la nazionale spagnola, che schiera di fatto più capitani che gregari: Valverde, Rodriguez, Moreno, Contador e i due Sanchez – Samuel e Luis Leon – sarebbero leader indiscussi nel 99% delle squadre, ma è probabile che almeno un paio di loro siano costretti a sacrificarsi in tentativi da lontano o lavori di gregariato, onde evitare di lasciare la gestione di 272 km di gara ai soli Castroviejo, Herrada e Martinez. Javier Minguez, alla prima da C.T., dovrà trovare l’alchimia necessaria a far coesistere una simile batteria di potenziali capitani, e l’assenza di Freire impedirà agli iberici di rifugiarsi nella tattica esasperatamente ostruzionistica che tante volte ha pagato negli ultimi quindici anni.
Sempre in tema di nobili del ciclismo europeo (tra le quali trascuriamo l’Italia, alla quale abbiamo dedicato un’apposita analisi pochi giorni fa), meritano attenzione l’Olanda – forte di un Mollema in crescita nel finale di Vuelta e di un Gesink oltre ogni aspettativa in Canada – e la Francia di Voeckler e Barguil, quest’ultimo osservato speciale dopo due diversissime vittorie di tappa alla Vuelta.
Il terzo GT stagionale, come sempre, ha obbligato ad includere nuovi nomi nell’elenco dei favoriti, a cominciare da quello di Chris Horner, maglia rossa a Madrid in mezzo ai ben noti (e ad oggi non provati) sospetti. Affiancato da una squadra forse un po’ troppo sbilanciata verso gli scalatori e carente di uomini da tracciati intermedi, in cui figurano Talansky e Van Garderen, il nonno volante proverà a far impallidire i quasi 39 anni di Joop Zoetemelk all’epoca del successo al Montello, in barba al vespaio che sicuramente un nuovo exploit solleverebbe.
Dalla Vuelta è uscito alla grande anche Nicolas Roche, costretto però a dividere i gradi di capitano in casa Irlanda con Daniel Martin, vincitore dell’ultima Liegi, mentre Boasson Hagen, sottotono in Spagna, darà vita, insieme a Hushovd e Nordhaug, ad una nazionale norvegese tanto scarsa numericamente quanto colma di talento.
Già oro nella prova a cronometro grazie a Tony Martin, la Germania sarà invece costretta quasi certamente ad un ruolo da comprimaria nella gara in linea, a meno che la corsa non risulti così poco selettiva da consentire di resistere a John Degenkolb (a nostro avviso molto più pericoloso di Dominik Nerz, presentato dalla federazione come leader).
Fra le squadre sulla carta di seconda fascia, potrebbero portare minacce Matti Breschel, già bronzo a Varese e argento a Melbourne, e corridori indecifrabili come Rui Costa e Kolobnev, capaci di qualsiasi prestazione o controprestazione.
Comunque vada, al di là delle preferenze personali, fa piacere registrare la presenza di grandi nomi non necessariamente in cima alla lista dei papabili per le medaglie. La partecipazione dei primi tre di tutti i GT stagionali e dei vincitori di tutte le classiche monumento, ad eccezione di Ciolek, restituisce al Campionato del Mondo un gusto quasi antico, spesso venuto meno negli ultimi anni, a causa di tracciati troppo indirizzati verso particolari tipologie di corridori (vedi Copenaghen) e di una preparazione ultra-specifica di singoli avvenimenti da parte dei big. Sperando che non si tratti di un’anomalia, ma di un gradito ritorno ad antiche consuetudini, godiamoci intanto l’occasione di vedere a confronto i vincitori di Giro e Fiandre, Tour e Liegi, Vuelta e Freccia.

Matteo Novarini

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