L’ITALIA DI FIRENZE

settembre 21, 2013
Categoria: News

A poco più di una settimana dalla prova iridata élite su strada, andiamo ad analizzare possibilità e speranze della nazionale di Paolo Bettini, reduce dalle disastrose spedizioni di Copenaghen e Valkenburg. Nibali sarà il leader designato, con Pozzato, Ponzi, Ulissi e Scarponi quali principali alternative. Nella prova a cronometro, spazio a Pinotti e Malori.

Foto copertina: Vincenzo Nibali, leader azzurro a Firenze, impegnato sull’Alto de Angliru (foto Bettini)

Vincenzo Nibali, Simone Ponzi, Alessandro Vanotti, Luca Paolini, Giampaolo Caruso, Rinaldo Nocentini, Ivan Santaromita, Michele Scarponi, Filippo Pozzato, Diego Ulissi, Giovanni Visconti, Marco Pinotti e Adriano Malori: sono questi i tredici nomi che Paolo Bettini ha convocato per i Mondiali di Firenze, chiamati a riscattare le disfatte di Copenaghen (annunciata) e Valkenburg (meno preventivabile). Nove dei primi undici nomi rappresenteranno l’Italia domenica prossima, nella prova in linea che potrebbe decidere anche il futuro del commissario tecnico, già vicino all’addio in primavera, quando sfumò all’ultimo l’ingaggio di Maximilian Sciandri; Pinotti e Malori disputeranno invece una prova a cronometro dove la lotta per le medaglie appare virtualmente già chiusa, con Cancellara, Martin e Wiggins a spartirsi i metalli.
Come facilmente pronosticabile, il perno della Nazionale sarà Vincenzo Nibali, reduce da un secondo posto agrodolce alla Vuelta che ne ha comunque certificato la buona condizione. L’impegno spagnolo ha costretto il siciliano a spendere più di quanto non abbiano fatto i principali avversari, ma Bettini auspica che le due settimane di stacco tra la passerella madrilena e la prova iridata siano sufficienti a ricaricare le batterie provate dal testa a testa con Horner.
Rispetto ai favoriti (Sagan, Gilbert e Cancellara in testa), Nibali paga soprattutto uno spunto veloce pressoché inesistente; tradotto, ciò significa che lo Squalo avrà bisogno di arrivare da solo, e la Nazionale, di conseguenza, di rendere quanto più duro possibile un tracciato sulla carta selettivo, ma non proibitivo.
Forse proprio per questo il C.T. ha puntato, anziché su una pattuglia di faticatori in grado di tenere cucita la corsa fino all’ultimo giro, su seconde punte capaci di movimentare la gara, purtroppo privata di una discreta fetta di potenziale dislivello dal tratto in linea da Lucca all’imbocco del circuito, pur animato dalle salite di Montecarlo e San Baronto. Alessandro Vanotti, uomo di fiducia di Nibali in Astana (e già in Liquigas fino allo scorso anno) rappresenta l’unico gregario vero e proprio in rosa. Tutti gli altri, in modi e tempi diversi, potrebbero infilarsi in tentativi vari e giocarsi eventualmente le proprie carte, nel caso – in teoria a noi non troppo sgradito – in cui un’azione a lunga gittata dovesse trovare fortuna.
Fra i nostri luogotenenti, spiccano i tre del blocco Lampre: Ulissi, Scarponi e Pozzato. Il primo – l’elemento più giovane della nazionale – è uscito bene dalla Vuelta, piegandosi solo a Joaquim Rodriguez sull’Alto del Naranco, mentre il marchigiano è riuscito a guadagnarsi la convocazione più con il coraggio e la volontà di trovare sempre la fuga buona che non con una condizione apparsa ancora approssimativa. Pozzato, infine, potrebbe invece essere una sorta di jolly, essendo l’unico azzurro fornito di una volata degna di tale nome, forte anche di uno stato di forma garantito dalle prestazioni offerte a Plouay e in Canada.
Dalla Vuelta viene anche la coppia Katusha formata da Giampaolo Caruso, principale candidato ad un lavoro di gregariato puro insieme a Vanotti, nonché brillante scudiero di Rodriguez sulle strade spagnole, e Luca Paolini, meno convincente in terra iberica, ma pedina fondamentale nella testa di Bettini (in attesa di capire se potrà esserlo anche in strada). Insieme a loro, hanno pedalato anche il campione d’Italia Santaromita, capace di curare una buona classifica per più di metà corsa, e Rinaldo Nocentini, vanamente dedicatosi a cercare un successo di tappa solo sfiorato a Castelldefels, quando fu beffato da Barguil.
L’estate oltre ogni aspettativa di Simone Ponzi, vincitore di una tappa alla Vuelta a Burgos e del Trittico Lombardo, ed inchinatosi solo ad un Sagan ingiocabile a Montréal, ha garantito a Nibali l’opportunità di aggiungere un altro uomo Astana alla pattuglia azzurra. La scarsa esperienza ai massimi livelli del 26enne di Manerbio rende improbabile un ruolo diverso da quello di animatore della corsa prima dell’ultima giro, se non altro per l’incerta tenuta su una distanza di oltre 270 km. Il corridore ammirato in Canada, primo degli umani dietro uno dei migliori Sagan di stagione, potrebbe però ritagliarsi un ruolo anche più importante.
Forse ancora superiore è stato il 2013 di Giovanni Visconti, contro il quale gioca però l’aver raccolto tutti i risultati di maggior prestigio nella prima metà di stagione. Il doppio successo di tappa al Giro d’Italia, ed in particolare il pezzo di bravura di Vicenza, avevano indotto alcuni ad ipotizzare per lui addirittura i galloni di co-capitano al Mondiale, ma un’estate molto meno convincente ha probabilmente declassato il tre volte campione italiano ad un ruolo più marginale.
L’esigenza di correre all’arma bianca è stata probabilmente la principale ragione dell’esclusione più discussa, quella di Enrico Gasparotto. Il 6° posto alla Liegi e la buona gamba dimostrata nelle ultime settimane non sono state sufficienti a persuadere Bettini, che vedeva forse nel friulano un uomo più da finale a ranghi semi-compatti che non un possibile attaccante. Meno contestabili, invece, le mancate convocazioni di altri italiani protagonisti alla Vuelta, quali Pozzovivo – 6° in classifica generale, ma troppo scalatore e protagonista di una terza settimana in calando -, e Ivan Basso, che deve forse l’esclusione più al ritiro e alle conseguenze del principio di congelamento nella discesa dell’Envalira che ad una incompatibilità di caratteristiche con il resto della squadra.
Già ad una prima occhiata alla lista dei convocati, non può non saltare all’occhio la presenza di corridori con alle spalle squalifiche per doping, esclusi a priori negli ultimi anni dall’ignobile diktat di Renato Di Rocco. Ritornare di sua iniziativa su una decisione tanto scellerata parrebbe scelta troppo saggia per il Presidente federale, forse mosso più dal timore delle conseguenze che un terzo fallimento mondiale avrebbe avuto sulla sua immagine che non da un improvviso recupero di principi fondamentali non soltanto della vita sportiva. A prescindere dalle motivazioni di una decisione che condividiamo comunque appieno, il cambio di rotta ha offerto al C.T. una maggiore varietà di scelta, e ha dato luogo ad una Nazionale meno giovane ma più solida, forte di uomini di sicuro affidamento come Michele Scarponi.
Ciononostante, l’impressione è che l’Italia si avvicini ad un altro Mondiale da outsider: meno talentuosa di squadre come Spagna e Belgio, e senza i mostri che potranno schierare anche Nazionali tradizionalmente minori quali Svizzera, Slovacchia e l’ormai sempre più consolidata Gran Bretagna. Impossibile pensare di ripetere l’exploit di cinque anni fa, quando, dinanzi al pubblico di Varese, una delle formazioni più dominanti della storia recente dei Campionati del Mondo occupò prima, seconda e quarta piazza con Ballan, Cunego e Rebellin, permettendosi al contempo il lusso di sfruttare il bi-campione in carica e oggi C.T. Bettini per tendere un’imboscata agli altri leader. Le speranze di successo sono queste volte riposte nella possibilità di una gara anomala e nella classe di Vincenzo Nibali. Dopo la perla del Giro stravinto, contornato dai successi della Tirreno e del Trentino e dal podio alla Vuelta, Mondiale e Lombardia chiameranno il siciliano agli ultimi sforzi, per provare a trasformare una grande stagione in una da incorniciare.

Matteo Novarini

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