MADRID PARLA INGLESE CON MATTHEWS E HORNER
Secondo successo parziale per l’australiano dell’Orica-GreenEdge che domina lo sprint conclusivo della Vuelta davanti a Tyler Farrar e Nikias Arndt mentre il 41enne nativo di Okinawa diventa di gran lunga l’atleta più anziano ad aggiudicarsi la gara a tappe iberica precedendo Vincenzo Nibali, Alejandro Valverde e Joaquim Rodríguez che hanno comunque l’occasione immediata per una rivincita nei Mondiali di Firenze.
Foto copertina: stretta di mano tra Nibali e Horner sul podio di Madrid (foto Bettini)
E’ stato il tradizionale scenario della Plaza de Cibeles di Madrid a ospitare la conclusione della 68a edizione della Vuelta España, con il consueto circuito finale di 5,7 km da ripetere per 8 volte dopo esser partiti da Leganés. Inevitabile l’arrivo in volata, a maggior ragione dopo tre settimane in cui, un po’ per la mancanza di molti sprinter di punta (e, dunque, di squadre interessate a controllare la corsa nei finali) e un po’ perchè, in un’edizione che ancor più di quella del 2012 ha strizzato l’occhio agli scalatori puri, di traguardi adatti alle ruote veloci già non ve ne erano più di cinque o sei, l’unico vero sprint di gruppo è stato quello di Lago de Sanabria con il successo di Michael Matthews (Orica-GreenEdge).
Dopo che il tratto di trasferimento verso Madrid è stato affrontato ad andatura turistica – con tanto di omaggio alla Euskaltel che lascerà a fine stagione, rimpiazzata da una nuova squadra grazie all’intervento del pilota asturiano della Ferrari Fernando Alonso, i cui corridori sono transitati davanti a tutti entrando nel circuito finale – è iniziata la corsa vera grazie a Javier Aramendia (Caja Rural), sempre molto attivo soprattutto nelle fasi iniziali delle tappe, e al bergamasco Alessandro Vanotti (Astana), che è stato l’uomo ombra di Vincenzo Nibali in pianura lungo tutte le tre settimane e in precedenza anche al Giro d’Italia e che con ogni probabilità avrà lo stesso ruolo nella nazionale azzurra di Firenze. Le squadre dei velocisti, a partire dalla Lampre-Merida di Max Richeze, dalla Garmin-Sharp di Tyler Farrar e dall’Orica-GreenEdge di Matthews, hanno fatto buona guardia in testa al gruppo non concedendo mai più di una trentina di secondi ai due battistrada e, una volta avvenuto il ricongiungimento all’inizio dell’ultimo giro, andando a chiudere immediatamente sui contrattaccanti Juan Antonio Flecha (Vacansoleil), di gran lunga il corridore più combattivo della Vuelta sebbene non abbia ottenuto grandi risultati, e Paul Voss (NetApp-Endura). Come avvenuto in diverse altre occasioni è stata l’Argos-Shimano a portare il proprio velocista Nikias Arndt in testa sul rettilineo finale ma, non avendo (almeno per il momento) i mezzi per essere sullo stesso piano dei connazionali e compagni di squadra Marcel Kittel, dominatore delle volate del Tour, e John Degenkolb, vincitore a Madrid un anno fa oltre che di altre quattro tappa della Vuelta 2012, il giovane tedesco non ha potuto nulla di fronte al ritorno di Farrar e soprattutto di Matthews che si è rivelato di gran lunga il più forte imponendosi davanti allo statunitense, ad Arndt, a Gianni Meersman (Omega-QuickStep), che in queste tre settimane ha fatto decisamente meglio negli sprint in pianura piuttosto che in quelli in cima a brevi strappi che pure sono la sua specialità, e Richeze, che tra gli sprinter è stato il più regolare con ben cinque piazzamenti nei primi 3 senza però mai riuscire a vincere. Oggi il migliore dei nostri è stato il marchigiano Francesco Lasca (Caja Rural) che ha chiuso al 9° posto, mentre la classifica generale è rimasta naturalmente invariata e ha visto il successo finale, inaspettato alla vigilia, del quasi 42enne Chris Horner (RadioShack), che per 37” ha avuto la meglio su Vincenzo Nibali al termine di un emozionante duello conclusosi sulle durissime rampe dell’Angliru. 3° e 4° con distacchi rispettivamente di 1′36” e 3′22” hanno concluso i due spagnoli che, insieme al siciliano, erano considerati gli uomini da battere, ovvero Alejandro Valverde (Movistar) e Joaquim Rodríguez (Katusha). Al di là degli inevitabili sospetti che si potranno avere su di un atleta come Horner in virtù dell’età, della sua grande amicizia con Lance Armstrong maturata negli ultimi anni di carriera del texano e del fatto che in precedenza vantava come miglior piazzamento in una corsa di tre settimane un 10° posto al Tour del 2010, va comunque detto che lo statunitense ha iniziato a correre stabilmente in Europa solo nel 2004, che aveva già dimostrato di possedere un grande motore soprattutto in salita in corse come la Tirreno-Adriatico, il Giro dei Paesi Baschi e il Giro della California e che non aveva mai condotto in passato una preparazione specifica per una grande corsa a tappe, con l’unica eccezione forse del Giro d’Italia 2009 in cui, dopo una brillante prova sull’Alpe di Siusi in cui aveva chiuso insieme al poi vincitore della corsa rosa Denis Menchov e agli altri uomini di classifica, era stato costretto al ritiro per una caduta. Il suo unico vero passaggio a vuoto in questa Vuelta è stato quello della cronometro di Tarazona, nella quale ha accusato un distacco di 2′54” dal compagno Fabian Cancellara, che dal canto suo ha impressionato in chiave Firenze, soprattutto per il rendimento nelle tappe più impegnative, e di 1′29” da Nibali perdendo provvisoriamente la maglia rossa che aveva conquistato in precedenza dominando nei due arrivi in salita di Vilagarcía de Arousa e di Alto de Hazallanas ma alla lunga la sua netta superiorità in montagna è stata decisiva.
Dal canto suo Nibali, che pure non aveva certamente la stessa condizione del Giro d’Italia per via di una preparazione non condotta a puntino come era stata quella per la corsa rosa, ha comunque colto il suo sesto podio negli ultimi sette grandi Giri disputati e potrà avere un pizzico di rammarico per quanto accaduto nel tappone di Collada de la Gallina, in cui in una giornata di freddo e pioggia aveva forse le gambe per distanziare Horner più nettamente rispetto ai soli 2” guadagnati sul traguardo e mettersi al riparo dal successivo ritorno del rivale. In ogni caso, dopo aver accusato un calo nella tappa di Aramon Formigal e nei primi due arrivi in salita asturiani di Peña Cabarga e Alto del Naranco, il messinese ha dimostrato con i suoi scatti sull’Angliru, malgrado sia stato staccato nel finale da Horner, di aver ritrovato il giusto colpo di pedale che lo porterà a essere un sicuro protagonista nel mondiale di Firenze. Altri due atleti che puntano forte alla rassegna iridata in cui guideranno la nazionale spagnola, che si presenta come una vera e propria corazzata, sono proprio Valverde e Rodríguez che hanno entrambi pagato le fatiche di un Tour de France corso ad altissimi livelli, in particolare in termini di mancanza della consueta esplosività (se si eccettua la sparata che ha consentito di Purito di imporsi in cima all’Alto del Naranco): ciò nonostante sono sempre rimasti nel vivo della corsa con il murciano che ha avuto la meglio sul catalano nella lotta per il podio grazie, soprattutto, al miglior rendimento avuto a cronometro. Tutti gli altri hanno chiuso nettamente distanziati da Horner con Nicolas Roche (Saxo-Tinkoff), vincitore sul Monte da Groba ed eccellente 5° a 7′11” davanti a un Domenico Pozzovivo (Ag2r), 6° a 8′00”, che, dopo lo strabiliante terzo posto nella crono di Tarazona, sembrava poter puntare anche a qualcosa in più ma che ha comunque ottenuto il suo miglior risultato in carriera in una grande corsa a tappe proprio nella sua prima esperienza al di fuori del Giro d’Italia, pur non essendo mai riuscito a far valere fino in fondo le sue attitudini di scalatore puro. 7° a 8′41” ha chiuso Thibaut Pinot (Fdj), tornato competitivo dopo la crisi psicofisica che l’ha costretto al ritiro al Tour de France, 8° a 9′51” il veterano Samuel Sánchez (Euskaltel), che dopo un avvio da dimenticare ha strada facendo ritrovato una buona condizione anche se quasi mai ha fatto vedere l’indole da attaccante che lo ha sempre caratterizzato, 9° a 10′11” la rivelazione Leopold König (NetApp-Endura), che alla sua prima corsa di tre settimane in carriera ha colto anche il successo in quel di Estepona, e 10° a 13′11” un Daniel Moreno (Katusha) che ha iniziato alla grande vincendo a Finisterre e Valdepeñas de Jaén e indossando per un giorno la maglia rossa per poi calare decisamente nella parte centrale della Vuelta e riprendersi nel finale riconquistando un posto nella top ten e risultando come sempre di fondamentale apporto per Rodríguez.
E’ stata anche la Vuelta dei giovani francesi con Warren Barguil (Argos-Shimano) a segno a Castelldefels e Aramón Formigal e Alexandre Geniez e Kenny Elissonde, entrambi della Fdj, vincitori il primo del tappone di Peyragudes e il secondo in cima all’Angliru. A questi corridori transalpini va aggiunto il più esperto Nicolas Edet (Cofidis) che ha conquistato la maglia a pois emulando l’ex compagno David Moncoutiè, che si era imposto ininterrottamente nella classifica degli scalatori dal 2008 al 2011. Ma è stata anche la Vuelta del bielorusso Vasil Kiryienka (Team Sky), autore di un’impresa con cui, verso Peña Cabarga, ha resistito al ritorno del gruppo, del campione del mondo Philippe Gilbert (Bmc) tornato al successo in quel di Tarragona (anche se la condizione in salita non è sembrata tale da potergli permettere di competere per la maglia iridata di Firenze), e ancora di Michael Mørkøv (Saxo-Tinkoff), Zdenek Stybar (Omega-QuickStep) e Bauke Mollema (Belkin) tutti a segno di una tappa anche se l’olandese, al pari di altri protagonisti della Grande Boucle come Roman Kreuziger (Saxo-Tinkoff), Jacob Fuglsang (Astana) e Mikel Nieve (Euskaltel), ha pagato le fatiche del Tour non risultando competitivo per la classifica generale. Le delusioni maggiori in assoluto sono stati, però, i colombiani con Rigoberto Urán (Team Sky) che non è andato oltre un secondo posto nella frazione di Aramón Formigal e il suo compagno Sergio Henao, Winner Anacona (Lampre-Merida) e Carlos Betancur (Ag2r) che sono stati assolutamente invisibili lungo tutte le tre settimane.
Detto di Nibali e Pozzovivo, l’Italia ha portato a casa il successo nel tappone di Collada de la Gallina per merito di Daniele Ratto (Cannondale), che si è imposto al termine di una lunghissima fuga anche se per il resto non si è mai visto; hanno avuto un rendimento altalenante Michele Scarponi, 15° in classifica generale, e Diego Ulissi (Lampre-Merida) che hanno comunque chiuso in crescendo facendo ben sperare in vista di Firenze mentre non ha brillato Rinaldo Nocentini (Ag2r), se si eccettua la tappa di Castelldefels in cui è stato beffato da Barguil, e dopo un buon avvio sono calati strada facendo Dario Cataldo (Team Sky) e il tricolore Ivan Santaromita (Bmc). Sfortunati invece l’altro azzurro della formazione di Lelangue Marco Pinotti, che sarà comunque in gara nella crono iridata insieme ad Adriano Malori, costretto al ritiro da un malanno e soprattutto Ivan Basso (Cannondale) che, dopo una prima metà di Vuelta condotta sempre nelle zone alte e che poteva portarlo a chiudere nei primi 5 a Madrid (anche se difficilmente sul podio alla luce del livello di chi già lo precedeva in classifica), è stato vittima di un principio di ipotermia nella discesa del Port d’Envalira, nella frazione di Collada della Gallina, e ha dovuto a sua volta abbandonare la gara a tappe iberica. L’attenzione si sposta comunque ora tutta sulla Toscana con i Mondiali che scatteranno domenica 22 con le cronometro a squadre maschili e femminili vinte un anno fa dal Team Specialized di Amber Neben e dall’Omega-QuickStep di Tony Martin.
Marco Salonna