GESINK BATTE VICHOT E LE CRITICHE
Lo scalatore olandese, attaccato duramente nei mesi scorsi in patria per via dei risultati al di sotto delle aspettative, torna al successo in un combattuto Gp Québec che già lo aveva visto due volte sul podio in passato superando nello sprint in leggera salita il sorprendente campione francese e il più quotato Greg Van Avermaet, mentre il grande favorito Peter Sagan spende moltissime energie nel finale e paga dazio negli ultimi metri non andando oltre il 10° posto. Poca gloria per gli italiani il migliore dei quali è Enrico Gasparotto 27° mentre Filippo Pozzato chiude 35°.
Foto copertina: Gesink esulta sul traguardo di Québec (foto Oran Kelly / PhotoSport International)
Dopo l’antipasto dello Sprint Challenge vinto da Bryan Coquard (Europcar) il weekend World Tour nel Canada francofono è entrato nel vivo con la quarta edizione del Gp Québec, che si è disputato lungo il tradizionale circuito di 12,6 km da ripetere per 16 volte, caratterizzato nel tratto finale dagli strappi di Côte de la Montagne e Côte de la Potesse e da 1500 metri ancora in leggera ascesa, per un totale di 201,6 km di gara e quasi 3000 metri di dislivello complessivo. Dopo essere stato dominante ai recenti Giro del Colorado e Tour of Alberta, in cui ha raccolto un totale di 7 successi, a presentarsi come uomo da battere è stato Peter Sagan (Cannondale), con Ryder Hesjedal (Garmin-Sharp), Matti Breschel (Saxo-Tinkoff), Rui Alberto Faria da Costa (Movistar), Alexander Kolobnev (Katusha), Sylvain Chavanel e Niki Terpstra (Omega-QuickStep), Tony Gallopin (RadioShack), Lars Petter Nordhaug e Robert Gesink (Belkin), Cadel Evans e Greg Van Avermaet (Bmc), Michael Albasini (Orica-GreenEdge) e Björn Leukemans (Vacansoleil) pronti a contrastarlo oltre a un Chris Froome (Team Sky) che, seppur apparso ancora molto indietro di condizione nelle ultime uscite, punta forte sul Mondiale di Firenze. In casa Italia a presentarsi con le maggiori credenziali è stato Filippo Pozzato (Lampre-Merida), reduce dal trionfo di Plouay, e in seconda battuta Matteo Trentin (Omega-QuickStep), Enrico Gasparotto e Simone Ponzi (Astana), Giacomo Nizzolo (RadioShack), Marco Marcato (Vacansoleil) e Damiano Cunego (Lampre-Merida).
La gara è vissuta a lungo sulla fuga del ciociaro Valerio Agnoli (Astana) che, dopo i tentativi iniziali senza esito di Jack Bobridge (Belkin), Brent Bookwalter (Bmc) e Peter Velits (Omega-QuickStep), ha preso il largo all’inizio del secondo giro insieme a Tiago Machado (RadioShack) e Peio Bilbao (Euskaltel), acquisendo un vantaggio massimo di 6′10” su un gruppo controllato da Cannondale e Belkin. La corsa vera è, però, esplosa molto prima del previsto, a 75 km dal traguardo, quando Tejay Van Garderen (Bmc), reduce dal successo nella classifica generale del Giro del Colorado, si è portato al comando con a ruota i compagni Steve Morabito e Amael Moinard e il campione spagnolo Jesús Herrada (Movistar), fratello minore di quel José Herrada che si sta ben comportando alla Vuelta, apparentemente solo per aumentare l’andatura. Ma il resto del plotone ha lasciato fare e quello della Bmc si è trasformato in un attacco vero e proprio, al quale si sono aggregati anche Eduard Vorganov (Katusha) e l’attivissimo Bobridge, che strada facendo sono andati a riprendere i tre battistrada, con Agnoli e Bilbao che hanno immediatamente perso contatto mentre Machado ha retto il ritmo conquistando punti sufficienti sui vari GPM per aggiudicarsi la classifica degli scalatori.
Non è stato facile per il plotone, in cui anche la Lampre-Merida (e segnatamente un Adriano Malori apparso in ripresa in vista della crono mondiale di Firenze) ha collaborato nell’inseguimento, chiudere su questi uomini il cui vantaggio non ha mai superato i 30”. Il ricongiungimento è avvenuto nel corso del quartultimo giro e immediatamente sulla Côte de la Potesse si sono lanciati al contrattacco i nostri Marcato e Daniel Oss (Bmc) – chiaro segnale di una strategia della formazione di Lelangue finalizzata a rendere più dura possibile la corsa per favorire Evans e Van Avermaet – insieme a Joan Offredo (Fdj); su di loro sono rinvenuti Sergej Chernetskij (Katusha), Dries Devenyns (Omega Pharma-QuickStep), Sergej Lagutin (Vacansoleil) e Björn Thurau (Europcar), figlio di quel Didi professionista a cavallo degli anni ‘70 e ‘80 e considerato il più forte corridore tedesco della storia prima dell’avvento di Jan Ullrich ed Eric Zabel, ma anche questo tentativo e il successivo portato in solitaria da George Bennett (Cannondale) non ha avuto esito con una Cannondale ancora piuttosto compatta nel guidare il plotone, ridottosi nel frattempo a un’ottantina di unità , malgrado le molte energie già profuse in precedenza, e del quale non faceva più parte tra gli altri l’enfant du pays David Veilleux (Europcar), che a soli 25 anni ha scelto di abbandonare il ciclismo per dedicarsi agli studi e proprio sulle strade di casa chiuderà la sua carriera.
Tutto si è deciso a partire dal penultimo passaggio sulla Côte de la Montagne quando, dopo una fugace apparizione in testa al gruppo di Alberto Contador (Saxo-Tinkoff), poi scivolato nelle retrovie, un’accelerazione di Hesjedal ha portato fuori un gruppetto dal quale, nella successiva e breve discesa, è fuoriuscito Terpstra, che ha resistito al ritorno dapprima di Nordhaug, vincitore un anno fa a Montréal, e poi a quelli di Vladimir Kuznetsov (Katusha) e di un Mirco Selvaggi (Vacansoleil) galvanizzato dal recentissimo matrimonio, tirando dritto e acquisendo fino a 40” su un gruppo nel quale i compagni Trentin, Velits e Stijn Vandenbergh rompevano i cambi lasciando il solo Kristjan Koren (Cannondale), ultimo gregario al fianco di Sagan, a fare l’andatura. Sembrava fatta per il forte passista olandese ma la gara si è riaperta grazie all’intervento del Team Sky, che con Geraint Thomas e David Lopez Garcia ha dimezzato il divario preparando l’attacco di Froome sulla Côte de la Montagne. In effetti, è stato proprio l’anglo-keniano il primo a muoversi ma la sua accelerazione, a differenza di quelle cui ci aveva abituato al Tour de France e in precedenza nella stagione, è stata tutt’altro che devastante a differenza di quella di Sagan che, con Terpstra ancora saldamente al comando, ha scelto di tentare il tutto per tutto invece di attendere lo sprint finale. Trentin è stato bravissimo a replicare favorendo l’azione del compagno di squadra ma nulla ha più potuto sulla Côte de la Potesse di fronte a un secondo scatto ancora più violento del fuoriclasse slovacco, che con a ruota solo un tenacissimo Van Avermaet è riuscito a riportarsi su Terpstra.
A quel punto, con ancora 3 km da percorrere e l’olandese e il belga che si mantenevano alla sua ruota, Sagan ha rallentato l’andatura consentendo il rientro di una trentina di altri corridori, tra i quali non vi era più Pozzato che, dopo essere sempre rimasto nel vivo della corsa in precedenza, è venuto a mancare nel momento decisivo. Tutto si è deciso nell’ultimo km, a partire dai -800 dal traguardo quando è stato Simon Geschke (Argos-Shimano) a tentare invano di scongiurare l’arrivo in volata. Per lui non c’è stato nulla da fare ed è stato Gesink, che con il Gp de Québec vanta un grande feeling essendo arrivato 3° nel 2010 e 2° nel 2011, ad approcciare lo sprint in testa, apparentemente senza alcuna chance di restarci fino alla linea bianca. L’andatura sostenuta di tutti i 200 precedenti chilometri ha, però, tagliato le gambe ai rivali dello scalatore olandese che ha resistito fino al traguardo, ritornando al successo dopo quello nella classifica generale del Giro di California della passata stagione e dando una bella risposta ai suoi detrattori che in patria lo avevano messo nel mirino per gli insoddisfacenti risultati nelle grandi corse a tappe degli ultimi anni. A tal proposito va detto che in diverse occasioni il 27enne di Varsseveld è stato condizionato nel suo rendimento dalle cadute mentre nell’ultimo Giro d’Italia, pur non brillando, era comunque in lotta per un posto nei primi 10 della generale prima di essere costretto al ritiro da un’influenza nella tappa delle Tre Cime di Lavaredo.
Al secondo posto, con una prestazione ancor più sorprendente di quella che gli è valsa il successo al campionato francese, si è piazzato Arthur Vichot (Fdj), seguito da un Van Avermaet ancora brillante malgrado l’enorme sforzo compiuto nel tenere la ruota di Sagan, dal redivivo Fabian Wegmann (Garmin-Sharp), dal sempre presente Rui Costa e da un Terpstra che ha avuto ancora la forza di piazzarsi 6° nonostante tutti i chilometri trascorsi al vento in precedenza. Invece, ha clamorosamente ceduto di schianto negli ultimi 300 metri proprio Sagan, che si è fermato al 10° posto alle spalle di Tom Slagter (Belkin), Breschel e Geschke e in generale ha dimostrato di avere ancora qualche limite di tenuta che rischia di metterlo fuori gioco nei ben 280 km del Mondiale di Firenze, al quale si presenterà comunque come uno degli uomini da battere. Per quanto riguarda gli azzurri non è stata una buona giornata con Gasparotto che è stato il meglio classificato ma non è andato oltre il 27° posto, seguito a breve distanza da Ponzi 34°, Pozzato 35° e Trentin (apparso il più pimpante al di là del risultato finale), 36°. Marcato, Cunego e Caruso hanno, invece, chiuso in un gruppetto poco oltre la 50a posizione. L’occasione per riscattarsi sarà offerta già domenica 15 dal Grand Prix Cycliste de Montréal, corsa anch’essa caratterizzata da un circuito da ripetere pià volte (17 tornate di 12,1 Km ciascuna), sulla carta ancora più duro di quello del Gp de Québec con gli strappi della Côte de Camilien-Houde e della Côte de la Polytechnique e con gli ultimi 500 metri ancora in salita verso il traguardo, che sarà posto in Avenue du Parc.
Marco Salonna