HORNER DOMINA: LA VUELTA HA IL SUO PADRONE?

settembre 2, 2013
Categoria: News

Il quasi 42enne della Radioshack strapazza la concorrenza sull’Alto de Hazallanas, infliggendo 48’’ a Vincenzo Nibali e oltre 1’ su tutti gli altri. I primi due di tappa conquistano anche le prime due piazze della generale, separati da 43’’. Perdono 1’02’’ Valverde, Basso, Rodriguez e Pinot; 1’10’’ il distacco di Roche, ora 3° in classifica, a 53’’. Domani primo giorno di riposo, poi la cronometro.

Foto copertina: Chris Horner alza le braccia al termine della sua azione solitaria (foto AFP)

Se alla decima tappa della Vuelta si chiedeva di ridurre la rosa dei papabili candidati al successo finale, la frazione si è spinta perfino oltre, arrivando a suggerire addirittura un possibile padrone della corsa. Il nome uscito dall’urna dell’Alto de Hazallanas, però, non era propriamente in cima alla lista dei più attesi: laddove tutti aspettavano Nibali e la pattuglia spagnola, interrogandosi sulla tenuta di Moreno e sul possibile ritorno in auge di Ivan Basso, a dominare è stato Chris Horner, 42 anni ad ottobre, già vincitore a Vilagarcia de Arousa nella terza tappa. Come allora, il successo parziale è coinciso con la conquista di una maglia rossa che appare però questa volta ben più solida, se non altro per il vantaggio di 43’’ nei confronti di Nibali, ora secondo.
Il siciliano, altalenante nella prima settimana, ha convinto nel primo vero test, staccando negli ultimi due chilometri gli avversari pronosticati, ma nulla ha potuto contro lo strapotere del nonno volante. Persino nel finale, quando il drappello inseguitore perdeva di vista lo Squalo, il divario fra i primi due è rimasto inalterato, fissandosi sul traguardo a 48’’.
Poco peggio è andata a Basso, giunto a 1’02’’, in un quartetto regolato da Valverde, e comprendente anche Rodriguez e la gradita sorpresa Pinot, non lasciatosi divorare dalle solite paure nella discesa del Monachil. Sarebbe insomma una Vuelta equilibratissima, se una prestazione quasi indecifrabile di Horner non avesse rivoluzionato la classifica e le gerarchie della corsa.
I distacchi massicci inflitti dall’americano sono stati favoriti dall’andatura forsennata che ha caratterizzato le prime due ore di gara, animate già nel tratto di trasferimento da una maxi-caduta che ha coinvolto – fra gli altri – Haimar Zubeldia. Sono serviti 65 km perché Flecha, Ulissi, Preidler, Meersman, Paterski, Marczynski, Kohler, Oroz, Sijmens e Clement ottenessero finalmente il via libera del gruppo, non riuscendo peraltro mai a superare i 6’ di vantaggio.
Già ai piedi dell’Alto de Monachil, a 35 km circa dal traguardo, il plotone pedalava appena 2’ dietro i fuggitivi, pilotato prima da Cancellara, poi da un trenino di maglie Movistar. Zubeldia ha ben presto pagato le conseguenze del capitombolo in partenza, e anche König, pur senza perdere definitivamente contatto, ha preannunciato l’affanno che gli sarebbe costato 3’ sull’ultima ascesa.
Al comando, Ulissi riusciva intanto a seminare i compagni d’avventura e a scollinare solo sull’ascesa che sette anni fa decise la Vuelta, grazie ad un geniale attacco di Vinokourov al capoclassifica Valverde. Marczynski e Preidler transitavano ad un pugno di secondi, ancora saldamente davanti ad un gruppo trainato senza troppa veemenza da Szmyd, incapace di scremarlo a meno di una trentina di unità.
La pericolosa propensione di Ulissi a disegnare curve quadrate in stile Alex Zulle ha consentito ai più immediati inseguitori di raggiungerlo e superarlo nella successiva discesa, costringendo il toscano ad un dispendio extra di energie per riagganciarsi. Marczynski ha nuovamente salutato la comitiva ad una decina di chilometri dal traguardo, quando il ritmo imposto da José Herrada aveva ormai riportato però il drappello dei favoriti a meno di un minuto dalla testa, condannando di fatto il polacco al ricongiungimento.
Non appena la salita è entrata nella sua sezione più selettiva, a 8 km dall’arrivo, Capecchi ha prodotto un’ulteriore frattura, spianando la strada al primo scatto eccellente, portato da Igor Anton. Fuglsang, finalmente in grado di fornire supporto a Nibali, ha riportato i big nella scia del basco, prima dell’affondo portato in prima persona dal siciliano, ai -5. Basso, Rodriguez e Horner hanno replicato con prontezza, mentre Valverde, Pinot, Roche e Pozzovivo hanno dovuto attendere il successivo rallentamento per riportarsi sotto.
Quasi in contemporanea con il rientro del murciano è partita l’azione decisiva di Horner, a 4 km e mezzo dal termine. Le esitazioni degli inseguitori hanno consentito al nativo di Okinawa di accumulare in breve un margine superiore ai 30’’, arrivato addirittura a quasi 50’’ ai -2 dall’arrivo. Solo allora, dopo qualche scaramuccia buona soprattutto per il battistrada, Nibali ha trovato la forza di piazzare uno scatto secco, al quale nessuno è riuscito ad opporsi.
Neppure uno Squalo a tutta, però, è riuscito a ridimensionare il distacco, pur mettendo 14’’ fra sé e il quartetto di Basso. Roche ha reso alla fine 1’10’’, 15’’ meno del duo Anton – Pozzovivo, mentre Majka, 10° a 1’52’’, è stato l’ultimo a mantenere il passivo al di sotto dei 2’.
La nuova generale lancia così di nuovo Horner al comando, con 43’’ su Nibali e 53’’ su Roche, a questo punto credibile candidato ad un piazzamento di prestigio. Valverde segue a 1’02’’, davanti a Rodriguez (+1’40’’). Moreno ha fugato qualsiasi dubbio circa le gerarchie in casa Katusha, rendendo 2’22’’ al vincitore, e scivolando al 6° posto della generale, a 2’04’’. Basso sale al 7° posto, staccato di 2’20’’, in una top 10 completata da Pinot (+3’11’’), Majka (+3’16’’) e Pozzovivo (+3’28’’).
I corridori sono ora attesi dal primo giorno di riposo; occasione da sfruttare al meglio, visto che, alla ripresa, sarà la volta dell’unica cronometro individuale della Vuelta. La prova fornirà un’idea più precisa delle possibilità di Horner di portare fino in fondo la sua impresa, che già a metà strada ha sollevato sul web non poche insinuazioni. Non è certo facile spiegare la crescita netta di un quasi 42enne, ma occorre ricordare che tutti gli avversari, ad eccezione di Basso, hanno già nelle gambe un grande giro e una stagione molto più sfiancante rispetto a quella dello statunitense. Aggiungendo al tutto l’attendismo che ha consentito al neo-capoclassifica di prendere il largo, appare doveroso quantomeno un atteggiamento prudente nei confronti di un corridore che, ad oggi, condivide con un illustre connazionale soltanto l’anno di nascita.

Matteo Novarini

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