ITALIA, UN MONDIALE DA OUTSIDER

settembre 24, 2011
Categoria: Approfondimenti

Come mai era accaduto in tempi recenti, l’Italia prenderà il via nella prova maschile élite di domani con il ruolo di outsider. La facilità del percorso rende più che probabile un finale in volata, in cui il nostro uomo di punta, Daniele Bennati, non partirà tra i principali favoriti. Andiamo ad analizzare la formazione selezionata da Paolo Bettini, che dovrà tentare di sovvertire un pronostico che individua altrove i nomi da battere.

Foto copertina: Daniele Bennati conquista la 20a tappa della Vuelta 2011; è a lui che sono affidate le speranze italiane di titolo mondiale (foto Vuelta a Espana)

Sarà sotto molti un Campionato del Mondo all’insegna delle novità quello che attende la Nazionale di Paolo Bettini. Novità legate in primo luogo agli uomini selezionati, con Modolo, Oss, Viviani e in misura minore Gavazzi e Visconti a dar vita ad un nucleo giovane ma inevitabilmente carente in fatto di esperienza ad altissimi livelli. Inedita anche l’assegnazione del ruolo di leader a Daniele Bennati, anche se l’impressione è che si vada verso un’Italia battagliera con l’aretino quale opzione principale in caso di arrivo in volata, anziché verso una Nazionale sprinter-centrica come fu sei anni fa quella costruita da Franco Ballerini attorno ad Alessandro Petacchi, che costò probabilmente il titolo ad un Bettini straripante, che si trovò però a correre quasi da solo.
Se però i molti mutamenti rispetto alle passate edizioni possono essere ricondotti ad un tracciato insolitamente agevole, che offrirà ai velocisti la più ghiotta occasione da nove anni a questa parte (giustamente; a quando però un Mondiale che strizzi l’occhio agli scalatori?), il cambiamento più significativo risiede probabilmente nel ruolo che l’Italia rivestirà nelle gerarchie della corsa. Mai, nella storia recente della manifestazione, i nostri portacolori si sono trovati a partire così indietro nella griglia dei favoriti. Per la prima volta da molti anni a questa parte (l’indicazione generica di “molti anni” è data dal fatto che è difficile richiamare alla mente dei precedenti), ci presentiamo alla rassegna iridata privi di corridori attualmente competitivi nelle grandi classiche, dopo che, nelle ultime due edizioni, Cunego prima e Pozzato poi avevano provveduto a fornire alla Nazionale delle punte di richiamo anche in assenza di Bettini, malgrado risultati non pienamente soddisfacenti (specie a Mendrisio).
Il lato peggiore della cosa risiede probabilmente nel fatto che questa carenza di campioni non è frutto di un improvviso accesso di follia del C.T., che non ha potuto far altro che reclutare il meno peggio di quanto il ciclismo nostrano ha offerto in una stagione sciagurata a livello di corse di un giorno, dopo una promettente Sanremo con quattro italiani nel gruppetto buono poi regolato da Goss. A complicare il tutto ha poi provveduto lo slancio della Federazione Ciclistica Italiana, che per rilanciare l’immagine del nostro ciclismo non ha trovato nulla di meglio che bandire dalla Nazionale i corridori con trascorsi di doping. Una decisione che, essendo isolata all’interno del panorama internazionale, ha lo 0% di possibilità di segnare un passo importante nella lotta al doping, riuscendo però con straordinaria efficacia ad azzoppare una selezione che già non prometteva esattamente di far rivivere i fasti di Varese 2008, oltre a penalizzare chi, una volta scontata la squalifica – lunga o breve e giusta o sbagliata che sia – avrebbe il diritto di tornare a correre come tutti gli altri. Se le squalifiche sono ritenute troppo brevi, sarebbe più opportuno cambiare i regolamenti, piuttosto che agire di testa propria con ripercussioni ulteriori del tutto arbitrarie. E se quest’anno il piattissimo tracciato danese avrebbe lasciato delle chances, tra gli interessati, al solo Alessandro Petacchi, probabilmente incompatibile con Bennati (e alla Vuelta lo spezzino è parso meno pimpante), assai più pesanti potrebbero essere, fra dodici mesi, le assenze a Valkenburg di corridori quali Scarponi, Basso e Rebellin.
Evitando di dilungarci su quanto risulti ridicolo che a prodigarsi così tanto per dare una certa immagine del ciclismo italiano siano le stesse persone che si prestano a corse aventi per scopo quello della propaganda politica (ogni riferimento al Giro della Padania non è affatto casuale), non possiamo che aggrapparci alla volata dell’uomo Leopard Trek, tornato al successo in un GT dopo tre anni di astinenza proprio all’ultima Vuelta. Certo, la concorrenza, nell’occasione, era quella di Gasparotto e Damiano Caruso, non proprio – con tutto il rispetto – Cipollini e Van Steenbergen, ma l’aretino resta l’unico uomo in rosa apparentemente in grado di tener testa ai big dello sprint.
Lo stesso Bennati ha dichiarato al “Corriere della Sera” di vedere in Daniel Oss l’apripista ideale, lasciando immaginare che anche il corridore della Liquigas verrà mantenuto al coperto fino alle battute conclusive. A far loro compagnia saranno verosimilmente Matteo Tosatto, naturale sostituto del Bruseghin dei trionfi dell’era Ballerini quale uomo di fatica capace di restare in testa per decine di chilometri, e Manuel Quinziato, altro gregario ideale su un tracciato come quello di Copenaghen. Presumibile che venga sacrificato per trainare il plotone anche Luca Paolini, corridore di esperienza e uomo di fiducia di Bettini, che, avendo apparentemente smarrito lo spunto dei giorni migliori (non vince da due anni), potrebbe risultare più utile come gregario puro che non come uomo da fughe.
Quest’ultima veste dovrebbe dunque essere riservata agli altri quattro azzurri, Modolo, Viviani, Gavazzi e Visconti, tutti certamente veloci (soprattutto i primi due), ma altrettanto certamente non abbastanza da poter pensare di imporsi in una volata di gruppo. L’imperativo per questi quattro uomini (e all’occorrenza anche per qualcuno di quelli già citati in precedenza) sarà quello di farsi trovare sempre pronti ad inserirsi in qualsiasi tentativo, provando a scombinare, con una condotta di gara offensiva (e chi meglio di Bettini per organizzarla?), i piani delle nazionali che partiranno con il solo obiettivo di rintuzzare qualsiasi iniziativa (Gran Bretagna, Stati Uniti e Germania tra le più attrezzate). Intento che a dire il vero, alla luce delle prime prove in linea disputate ieri e stamane, appare piuttosto arduo da realizzare, specie se si tiene presente che le gare delle categorie giovanili tendono spesso a vedere una maggiore selezione rispetto a quelle dei professionisti. È pertanto assai probabile che si vada verso un epilogo a ranghi pressoché compatti, in cui solo con un’azione nelle battute conclusive si potrà pensare di anticipare un plotone che avrà comunque gioco abbastanza facile, transenne permettendo.
Per la prima volta dopo tanti anni, domani ci piazzeremo dunque davanti al teleschermo sperando che i pronostici vengano disattesi. Non senza un pizzico di nostalgia per quelle recenti edizioni in cui in sede di selezione si doveva scegliere se far ruotare la squadra attorno al velocista più forte del pianeta (Petacchi) o al più forte uomo da classiche (Bettini), e si poteva correre privi di un Di Luca o di un Pozzato e restare comunque la formazione da battere. Alle gambe di Bennati e tutti gli altri, che siamo perlomeno certi che non risparmieranno neppure un barlume di energia, l’arduo compito di sovvertire le gerarchie della vigilia.

Matteo Novarini

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