PRA LOUP, QUANDO ASSALTARONO LA “BASTIGLIA” DI MERCKX

luglio 20, 2011
Categoria: Approfondimenti

Ogni grande campione ha una sua “Bastiglia”, una fortezza fatta d’imprese e successi che tutti i più diretti avversari tentano di assaltare. E, tranne rarissime eccezioni, ce la fanno. Ci riuscirono gli sfidanti di Indurain a Les Arcs nel 1996, ci riuscì – forse in maniera ancora più eclatante – il francese Thevenet al Tour del 1975, in una giornata che sembrava doversi concludere con l’ennesimo successo di Eddy Merckx. Riviviamo questa storica giornata attraverso la penna del nostro storico Mario Silvano.

Foto copertina: Merckx arranca a pochi metri dal traguardo di Pra Loup (filmato d’epoca della TV francese)

All’inizio degli anni 70 la località di Pra Loup era ben nota agli appassionati di sci alpino.
Fu proprio lassù che Rolando e Gustavo Thoeni, nel 72, realizzarono nello slalom di Coppa del Mondo la prima doppietta per i nostri colori.
Le gare di sci, seguitissime all’epoca (erano gli anni d’oro della valanga azzurra), avevano dato notorietà internazionale a quella stazione invernale delle Alpi Marittime, nel sud della Francia.

Gli organizzatori del Tour –che in quegli anni scoprivano località note agli appassionati di sport invernali- pensarono bene di far arrivare a Pra- Loup una frazione della Grande Boucle.
Neppure Goddet e Levitan avrebbero immaginato, quando resero noto il tracciato dell’edizione del 75, che su quella salita breve e neppure troppo impervia della valle dell’Ubaye, sarebbe stata scritta una pagina indimenticabile nella storia del ciclismo.
Quel Tour, infatti, era particolarmente ricco di salite.
Più che le tappe pirenaiche e il Puy de Dome erano le salite delle Alpi a far tremare i polsi, con quattro frazioni in successione che certamente avrebbero dato un volto definitivo alla classifica.
Le Alpi, quindi, come arbitri di una sfida il cui vincitore sarebbe stato incoronato nello scenario -inedito per il Tour- del Campi Elisi.

Non è neppure da escludere che un percorso così arcigno fosse stato concepito per rendere più difficile a Eddy Merckx l’impresa, fino a quel momento mai realizzata da alcun corridore, di conquistare il sesto successo in terra di Francia.
L’anno precedente Eddy aveva appaiato, ottenendo la quinta vittoria, il record di Anquetil e certamente i transalpini non vedevano di buon occhio che il belga strappasse al campione normanno il primato di plurivittorioso nella corsa più importante del mondo.
Merckx, d’altronde, era alla soglia dei trent’anni e due lustri di professionismo corsi alla sua maniera rischiavano di renderlo più vulnerabile.
Era il campione mondiale in carica, certo, e nel 74 aveva pur realizzato la terza doppietta Giro-Tour. In entrambi i casi, però, aveva dovuto sudare per salire sul gradino più alto del podio.
Fuente e Baronchelli lo avevano attaccato sulle strade italiane e solo un prodigioso rush finale sulle Tre Cime di Lavaredo gli aveva consentito di mantenere la maglia rosa.
E sulle strade del Tour – sofferente per un fastidioso disturbo al soprasella – aveva accusato qualche battuta a vuoto sui Pirenei.

Il1975 era cominciato bene, con le vittorie alla Sanremo, al Fiandre e alla Liegi. Ma era stato costretto a disertare il Giro per problemi di salute e, alla vigilia della partenza del Tour, più di un critico non scommetteva su una sua vittoria.
Bastava dare un’occhiata al campo dei partenti per rendersi conto che il belga avrebbe dovuto guardarsi da avversari vecchi e nuovi.
Poulidor, Gimondi, Ocana, Fuente, Zoetemelk, Agostinho, Van Impe, Thevenet, Pollentier, Kuiper, Galdos, Lopez Carrill: pareva che i più bei nomi del ciclismo a cavallo degli anni 60 e 70 si fossero dati un appuntamento con la Storia. E c’erano anche Moser e Battaglin, al loro esordio al Tour.
Non sarebbe stato facile, insomma, cogliere il sesto successo alla sesta partecipazione.

Il prologo di Charleroi, però, suona come un presagio: Merckx deve cedere il passo a Francesco Moser, e il trentino deve chiedere agli organizzatori di rimuovere l’adesivo della Molteni, troppo frettolosamente appiccicato sulla prima maglia gialla destinata al campione di casa.
Merckx non è più lui, dunque? Niente affatto, perche nella breve crono di Merlin Plage torna alla vittoria e passa in testa alla classifica. Vince anche la crono di Auch, alla nona tappa, ma i distacchi che infligge ai rivali sono contenuti.Thevenet è secondo a nove secondi appena e sui Pirenei il francese passa all’attacco.
In altri tempi Merckx avrebbe reagito, accettando la sfida lanciatagli dall’alfiere della Peugeot. Ora, invece, è costretto a difendersi sulle rampe di Pla d’Adet, cedendo al rivale 49 secondi.
E anche sul Puy de Dome non resiste al ritmo imposto da Thevenet e Van Impe.
In vista del traguardo, poi, è fatto oggetto di una vera e propria aggressione; un esagitato lo colpisce con un violento pugno al fegato che avrebbe steso un comune mortale.
Non crolla Eddy, ma – pur terzo al traguardo- è costretto a cedere altri 34 secondi al transalpino che, in classifica generale, riduce il suo ritardo a meno di un minuto.
Il giorno successivo il Tour riposa sulla Costa Azzurra, in attesa delle tappe alpine, quelle decisive.
La prima, da Nizza a Pra-Loup, prevede 5 colli prima della salita finale: un sali e scendi sulle Alpi Marittime per 217,5 Km con oltre cinquemila metri di dislivello, con salite vecchie e nuove.
E’ domenica 13 luglio e sulla Promenade des Anglais c’è un caldo asfissiante.
Sui primi tre colli non succede niente, ma la battaglia si accende sul Col de Champs.
Thevenet attacca ripetutamente Merckx, che rintuzza prontamente ogni assalto.
Sul Col d’Allos, storica ascesa del Tour, i migliori sono ancora insieme e pare ormai che la sfida si giocherà sull’ultima salita. Quando manca meno di un chilometro allo scollinamento, Merckx – tra la sorpresa generale – passa all’attacco.
E’ uno scatto deciso, bruciante, che consente al belga di distanziare gli avversari e tuffarsi a capofitto nella lunga discesa.
Il modo con cui viene affrontata non lascia dubbi: il campione del mondo gioca il tutto per tutto e affronta i tornanti in un modo che fa venire i brividi.
Che Merckx fosse atleta capace di primeggiare su tutti i terreni lo si sapeva da anni, ma quella discesa spericolata a 80 all’ora e forse più lascia a bocca aperta.
Affronta rischi incredibili a ogni curva, sfiora i costoni della montagna e lambisce il ciglio di una strada con un fondo stradale infido, non protetta da guard-rail.
Gli avversari preferiscono non rischiare e lo stesso Moser tira i freni su un terreno a lui pur congeniale.
La discesa dell’Allos è una prova ardua anche per le moto e per le auto al seguito dei corridori. Un motociclista della polizia finisce in un burrone, cosi come l’ammiraglia della Bianchi e per il direttore sportivo Ferretti e il meccanico Piazzalunga si vivono momenti di autentica paura. E’ quasi un miracolo se le conseguenze del pauroso incidente dopo un volo di cinquanta metri che finisce su un provvidenziale pianoro si risolvono con la frattura di una gamba per Piazzalunga e lo stato di choc per l’ex gregario di Gimondi il quale, impegnato a seguire il suo eterno rivale, neppure si avvede di quello che è successo alle sue spalle.
Chi assiste alla diretta televisiva scommette sulla vittoria finale di Merckx il quale affronta la salita finale con un vantaggio di un minuto su Gimondi e di un minuto e mezzo su Thevenet.
Poi, lungo l’ascesa verso i 1630 metri di Pra-Loup succede quello che non ti aspetti.
La maglia gialla sale con evidente difficoltà, fatica a spingere sui pedali, si pianta.
Forse risente dell’aggressione di due giorni prima, forse i medicinali che ha assunto per lenire il dolore hanno lasciato il segno.
Pochi pensano, in quel momento, che le immagini che scorrono sulla televisione saranno le ultime del belga in maglia gialla.
Quando mancano tre chilometri rinviene Gimondi, che supera quasi incredulo un Merckx in piena crisi.
Ma chi è veramente scatenato è Thevenet che, incoraggiato dal suo D.S., sale come una furia.
Ha Merckx nel mirino e, su un tratto ostico, lo salta . “ Vai, che è cotto!” gli urlano dall’ammiraglia e non c’è pietà per il più forte di tutti. A un chilometro dalla conclusione, il francese raggiunge Felice, si alza sui pedali e lo supera di slancio, avviandosi a conquistare tappa e maglia, fra il tripudio dei suoi connazionali.
Il bergamasco è secondo, a 23 secondi appena. Poi anche Zoetemelk a 1’12 e Van Impe a 1’42” precedono Merckx, quinto a 1’56” e distrutto dalla fatica.
La situazione in classifica si è ribaltata. La nuova maglia gialla ha, alla fine della frazione, 58 secondi sul belga, lo stesso distacco che separava i due, a ruoli invertiti, alla partenza da Nizza.
Meno di un minuto che potrebbero anche non bastare in vista delle successive, difficili tappe alpine.
Ma Thevenet bisserà il successo il giorno seguente, nella tappa dell’Izoard e a Merckx non servirà tentare un’improbabile fuga a inizio tappa.
Si batte sino alla fine come un leone, neppure segue i consigli dei medici che gli suggeriscono il ritiro per i postumi di una caduta al raduno di partenza della tappa di Valloire e onora con il secondo posto finale un Tour bellissimo e palpitante.

La tappa di Pra-Loup aveva segnato una svolta decisiva nella carriera di Merckx, ben al di là di quello che diceva l’ordine d’arrivo e la classifica generale: il monarca assoluto era stato deposto e ci fu chi paragonò quell’evento ad una sorta di “presa della Bastiglia”.
Il sogno del sesto successo al Tour si era infranto su una salita di seconda categoria delle Alpi Marittime, in un’assolata domenica di metà luglio nella quale Eddy aveva provato ad essere il semidio che conoscevamo.
Non c’era riuscito ed era tornato tra gli umani: sofferente, stremato, sconfitto.
Ma, ancora una volta, coraggioso e irriducibile.
Soprattutto per questo va ricordata Pra-Loup, tappa simbolo di un’epoca nella quale il ciclismo era autentica emozione.

Mario Silvano

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