I SOLITI PICCOLI GRANDI

luglio 16, 2011
Categoria: News

Regnano ancora l’attendismo e la paura tra i pretendenti al successo finale nella terza ed ultima frazione pirenaica. Il successo parziale va al bravissimo Jelle Vanendert, già 2° a Luz Ardiden, davanti a Samuel Sanchez, che recupera ancora terreno sugli altri favoriti, staccato di 21’’. Andy Schleck anticipa di appena 2’’ il drappello degli altri uomini di classifica, comprendente anche un Thomas Voeckler che va ormai inserito tra i papabili vincitori del Tour de France.

Foto copertina: un quasi incredulo Jelle Vanendert celebra il successo di Plateau de Beille (foto AFP)

Difficile dire se siano maggiori i meriti di Thomas Voeckler, difesosi ancor meglio rispetto a quanto fatto a Luz Ardiden, o i demeriti dei nomi più attesi, incapaci di produrre attacchi un po’ più decisi di qualche misero cambio di ritmo di poche decine di metri, senza alcun seguito. Quel che è certo è però che da oggi l’alsaziano non può più essere considerato un semplice traghettatore della maglia gialla dalle spalle di Thor Hushovd a quelle del Cadel Evans o Frank Schleck di turno, ma va annoverato a tutti gli effetti tra i pretendenti al successo finale. Il tanto atteso arrivo in quota di Plateau de Beille, forse il più duro tra i quattro di questo Tour, sul quale ci si attendeva un’aspra battaglia tra i big, dopo che la frazione di Luz Ardiden aveva delineato un quadro tale da obbligare alcuni all’attacco, ha infatti partorito divari ancor meno netti rispetto alla tappa di giovedì, con il solo Samuel Sanchez capace di recuperare un altro pugno di secondi sulla maglia gialla.
E dire che le basi per una lotta di ben altra intensità erano state gettate, più che dall’avvento in testa della Leopard Trek attorno a metà percorso, mai tradottosi però in un ritmo davvero selettivo in salita, dallo scatto di Andy Schleck a 12 km dalla conclusione, quando ancora il terreno per provarci era molto. Il 26enne lussemburghese e il fratello maggiore si sono però di fatto fermati a quelle minacciose premesse, producendo da lì in avanti una serie (neppure particolarmente lunga) di scatti di poche decine di metri, seguite da brusche frenate non appena un qualunque altro uomo di classifica riusciva a riportarsi in scia. Più o meno sulla stessa linea si sono mantenute le accelerazioni di Ivan Basso, l’altro uomo atteso all’attacco quest’oggi, che ha solo sporadicamente e senza troppa convinzione provato a fiaccare i rivali imponendo un passo più sostenuto per tratti più prolungati. L’offensiva più decisa è stato portata da Cadel Evans ad un paio di chilometri dal traguardo, ma nemmeno l’australiano, dopo un cambio di ritmo non letale ma protrattosi per alcune centinaia di metri, ha saputo dare un seguito significativo alla sfuriata.
Mentre gli atleti più blasonati inscenavano ostilità a tratti quasi snervanti nella loro pochezza, ben altro piglio mostrava invece Jelle Vanendert, bruciato da Samuel Sanchez due giorni fa, che ha oggi saputo approfittare del suo essere fuori classifica per andarsene incontrastato attorno a metà salita, passare di gran carriera Sandy Casar, ultimo superstite della maxi-fuga che ha caratterizzato la giornata, e acquisire un margine massimo di quasi un minuto sul drappello maglia gialla, conservato poi quasi intonso (46’’) fino alla linea bianca. Una vittoria destinata quasi certamente a rompere la tradizione che voleva i vincitori a Plateau de Beille in giallo a Parigi, e che lascerà forse un pizzico di rammarico alla Omega Pharma – Lotto pensando a cosa Jurgen Van den Broeck avrebbe potuto fare in questo Tour governato dall’equilibrio, in cui nessuno convince davvero e la paura sembra prevalere sempre sulle necessità di classifica, con una spalla come Vanendert, che nessuno alla vigilia si attendeva a questi livelli sulle grandi montagne.
Della situazione di studio tra i grossi calibri ha approfittato anche Samuel Sanchez, non molto pimpante sulle prime rampe della salita finale, ma abile nel prendere quasi di soppiatto un margine che l’attendismo sempre regnante nel drappello Voeckler ha lasciato salire fino ad una trentina di secondi, ridottisi a 25 sul traguardo. 3°, staccato di 46’’ dal vincitore, è giunto Andy Schleck, che potrebbe aver realizzato proprio grazie alla lunga volata lanciata ai 300 metri dal traguardo che Thomas Voeckler è forse meno inattaccabile di quanto lo scarsissimo coraggio dei leader abbia lasciato supporre per diversi chilometri. L’alsaziano, che merita in ogni caso solo applausi per la stoica difesa odierna, ha infatti perso qualche metro, nonostante il finale fosse sostanzialmente pianeggiante, facendo sì che a lui e agli altri favoriti venissero addebitati 2’’ di distacco dal lussemburghese; un piccolissimo passaggio a vuoto, che sarebbe forse stato meno piccolo se una progressione così decisa fosse stata prodotta qualche chilometro prima.
A fronte dei terremoti paventati alla vigilia, la classifica generale si è così mantenuta molto simile a quella di ventiquattro ore fa, con Voeckler che può ancora amministrare 1’49’’ su Frank Schleck e 2’06’’ su Cadel Evans. A questo punto del Tour, con i Pirenei ormai alle spalle e delle Alpi che non appaiono mostruose come qualcuno le tratteggia, è inevitabile credere che a questo margine il beniamino di casa inizi a guardare non soltanto pensando a come mantenere per un giorno in più il primato, ma anche nell’ottica di un piazzamento finale assolutamente impensabile alla vigilia. Cosa lecita alla luce della tappa di oggi, soprattutto guardando alle condizioni degli altri aspiranti vincitori: Alberto Contador continua a correre soltanto in difesa, autorizzando ad immaginare che la gamba sia ancora ben distante da quella del Giro; Frank Schleck e Ivan Basso, i più brillanti a Luz Ardiden, hanno convinto molto meno quest’oggi; Cadel Evans è estremamente solido, ma non appare in grado di fare la differenza in montagna; Damiano Cunego ha perso terreno; Samuel Sanchez ha recuperato altri secondi ma resta distante, e non dà l’impressione di avere la forza per staccare tutti anche in caso di un maggiore controllo nei suoi confronti; Andy Schleck, oggi forse il più pimpante tra i grandi nomi, non sembra comunque essere quello di dodici mesi fa, ed appare sempre schiacciato da un’imbarazzante complesso di inferiorità nei confronti di Contador, oggi ancora una volta marcato a uomo, a dispetto di una condizione palesemente ancora non ottimale. Un quadro che obbliga coloro che vogliono vincere il Tour in salita ad una condotta ben diversa sulle Alpi, e che autorizza i francesi a sognare.

Matteo Novarini

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