14-09-2022
settembre 14, 2022 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
SKODA TOUR LUXEMBOURG
L’italiano Matteo Trentin (UAE Team Emirates) si è imposto nella seconda tappa, Junglinster – Schifflange, percorrendo 163.4 Km in 3h51′51″, alla media di 42.286 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Florian Sénéchal (Quick-Step Alpha Vinyl Team) e l’italiano Davide Ballerini (Quick-Step Alpha Vinyl Team). Il francese Valentin Madouas (Groupama-FDJ) è ancora leader della classifica con 7″ sull’l'olandese Sjoerd Bax (Alpecin-Deceuninck) e 8″ su Trentin
GRAND PRIX DE VALLONIE
L’olandese Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck) si è imposto nella corsa belga, Blegny – Citadelle de Namur, percorrendo 199.7 Km in 4h55′26″, alla media di 40.557 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’eritreo Biniam Girmay (Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux) e lo spagnolo Gonzalo Serrano (Movistar Team). Miglior italiano Stefano Oldani (Alpecin-Deceuninck), 17° a 12″
GRISETTE GRAND PRIX DE VALLONIE (Donne)
La belga Julie De Wilde (Plantur-Pura) si è imposta nella corsa belga, Blegny – Citadelle de Namur, percorrendo 136.6 Km in 3h48′31″, alla media di 35.866 Km/h. Ha preceduto di 3″ la connazionale Justine Ghekiere (Plantur-Pura) e l’olandese Yara Kastelijn (Plantur-Pura). Unica italiana in gara Martina Alzini (Cofidis Women Team), 40° a 5′34″
GIRO DELLA TOSCANA – MEMORIAL ALFREDO MARTINI
L’elvetico Marc Hirschi (UAE Team Emirates) si è imposto nella corsa italiana, circuito di Pontedera, percorrendo 199.2 Km in 4h53′30″, alla media di 40.722 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Lorenzo Rota (Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux) e il colombiano Daniel Felipe Martinez (INEOS Grenadiers)
OKOLO SLOVENSKA / TOUR DE SLOVAQUIE
Il britannico Ethan Vernon (Quick-Step Alpha Vinyl Team) si è imposto anche nella prima tappa, Šamorín – Trnava, percorrendo 142.3 Km in 3h09′02″, alla media di 45.167 Km/h. Ha preceduto allo sprint il russo Gleb Syritsa (Astana Qazaqstan Team) e l’italiano Giovanni Lonardi (EOLO-Kometa Cycling Team). Vernon è ancora leader della classifica con 17″ sul ceco Josef Cerný (Quick-Step Alpha Vinyl Team) e 25″ sul danese Michael Mørkøv (Quick-Step Alpha Vinyl Team). Miglior italiano Liam Bertazzo (Maloja Pushbikers), 11° a 34″.
TOUR DE SERBIE
L’italiano Elia Carta (Meblo Jogi Pro-Concrete) si è imposto nella prima tappa, Požarevac – Mionica, percorrendo 152.6 Km in 3h38′20″, alla media di 41.936 Km/h. Ha preceduto di 23″ il serbo Dorde Duric (nazionale serba) e di 32″ il britannico Eugene Cross (Velo Schils Interbike RT). Carta, unico azzurro, in gara, è il primo leader della classifica con 24″ su Duric e 1′05″ su Cross
GIRO DEL LUSSEMBURGO, MADOUAS PRIMO LEADER DELLA CORSA DEL GRANDUCATO
Ha preso il via oggi dalla capitale del granducato la prima tappa del Giro del Lussemburgo, terminata con la vittoria del corridore francese Valentin Madouas
Tappa movimentata, nel percorso e nei fatti, quella di apertura dello Skoda Tour Luxembourg, 164 km ad anello attorno alla città di Lussemburgo. Al mattino va via la classica fuga di giornata – composta da Gil Gelders (Bingoal), Tom Sexton (Bolton), Antonio Jesús Soto (Euskaltel), Niklas Eg (Uno-X), Justin Wolf (Leopard) e Kasper Viberg Sogaard (Riwal) – alla quale viene concesso di superare i 5’ di vantaggio prima di essere lentamente ripresa dal plotone guidato da Quick Step, Groupama e Trek.
Dei fuggitivi della prima ora l’ultimo a essere ripreso è Gelders a circa 10 km dal traguardo e all’inizio della Côte de Staflter, penultima asperità di giornata. Amanuel Ghebreigzabhier (Trek-Segrafredo) e Arthur Kluckers (UAE) forzano l’andatura lungo l’ascesa provocando un’importante scrematura in gruppo, che arriva a ranghi ridotti all’attacco del Kirchberg, la salita in cima al quale era posto l’arrivo.
Ci prova immediatamente Kevin Geniets (Groupama) a 2.5 km dalla conclusione, seguito da Nicola Conci (Alpecin) che si porta dietro un piccolo drappello di uomini. Tra questi c’è Valentin Madouas (Groupama) che, non appena ripreso il compagno di squadra all’attacco, rilancia l’azione involandosi in solitaria verso il traguardo. Il gioco a due punte funziona con Sjoerd Bax (Alpecin) e Clément Berthet (AG2R), che provano invano a rinvenire. L’olandese finirà a 3” e il francese a 7”, appena davanti al gruppo regolato da Matteo Trentin (UAE) su Florian Sénéchal (Quick Step).
Da segnalare, per i colori azzurri, anche l’11° posto di Kristian Sbaragli (Alpecin), il 15° di Marco Tizza (Bingoal) e il 18° di Giulio Ciccone (Trek).
Domani si va da Junglinster a Schifflange; in programma 163 Km vallonati con 3 GPM ed un ultimo dentello di mille metri al 6.6% da superare a 4 Km dal traguardo. La tappa potrebbe essere resa molto più selettiva delle condizioni meteo perchè è prevista pioggia per quasi tutta la giornata, con vento che potrebbe toccare punte di 24 Km/h
Andrea Mastrangelo

Valentin Madouas (Getty Images Sport)
13-09-2022
settembre 13, 2022 by Redazione
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SKODA TOUR LUXEMBOURG
Il francese Valentin Madouas (Groupama-FDJ) si è imposto nella prima tappa, Stade de Luxembourg – Luxembourg (Kirchberg), percorrendo 163.8 Km in 4h00′25″, alla media di 40.879 Km/h. Ha preceduto di 3″ l’olandese Sjoerd Bax (Alpecin-Deceuninck) e di 7″ il connazionale Clément Berthet (AG2R Citroën Team). Miglior italiano Matteo Trentin (UAE Team Emirates), 4° a 8″. Madouas è il primo leader della classifica con 7″ su Bax e 13″ su Berthet. Miglior italiano Trentin, 4° a 18″
OKOLO SLOVENSKA / TOUR DE SLOVAQUIE
Il britannico Ethan Vernon (Quick-Step Alpha Vinyl Team) si è imposto nel prologo, circuito a cronometro di Bratislava, percorrendo 7 Km in 7′33″, alla media di 55.629 Km/h. Ha preceduto di 6″ il ceco Josef Cerný (Quick-Step Alpha Vinyl Team) e di 14″ il danese Michael Mørkøv (Quick-Step Alpha Vinyl Team). Miglior italiano Liam Bertazzo ( Maloja Pushbikers), 10° a 24″. Vernon è il primo leader della classifica con 6″ su Cerný e 14″ su Mørkøv. Miglior italiano Bertazzo, 10° a 24″.
VUELTA, ATTO FINALE, ATTORI SPECIALI. I GIUDIZI CONCLUSIVI DEL TERZO ED ULTIMO GRANDE GIRO DELL’ANNO
settembre 13, 2022 by Redazione
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Ultimi giudizi, quelli conclusivi, al termine della Vuelta 2022. Le sufficienze superano abbondantemente le insufficienze. E alcuni dei protagonisti della Vuelta li ritroveremo al Mondiale di Wollongong tra due settimane. Primo fra tutti la maglia rossa Remco Evenepoel
Vincenzo Nibali e Alejandro Valverde. La passerella finale di Madrid, tra due ali di colleghi ciclisti e della folla acclamante, consegnano al ciclismo una momento indelebile di quello che hanno rappresentato per questo sport questi due campioni. Onorano il loro ultimo GT lavorando rispettivamente per Miguel Angel Lopez e per Enric Mas, e provando anche ad infilarsi in qualche fuga a lunga gittata. Due campioni e due signori del ciclismo la cui assenza a partire dal prossimo anno si farà sentire nel gruppo. Voto 9.
Remco Evenepoel. La maturità di un quarantenne nel corpo di un ventenne. Il belga viene in Spagna per stupire e lo fa senza porsi limiti. Dopo le prime tappe in cui prende le misure ai suoi avversari, indossa la maglia rossa nella sesta tappa e non la molla più, conducendo la seconda e la terza settimana di corsa con il piglio dei campioni più scafati. Domina la crono di Alicante e mette la ciliegina sulla torta sull’Alto del Piornal. Vince la Vuelta riportando la vittoria di un GT nel Paese simbolo del ciclismo dopo 44 anni. Giro d’Italia e Tour de France sono avvisati. Voto 9.
Mads Pedersen. Tre tappe vinte in volata, più o meno ristretta, e tre secondi posti. Il danese stravince la classifica a punti e visto l’ottimo stato di forma facciamo fatica a comprendere la sua decisione di restare a casa e non disputare il Mondiale. Cosa dire, sarà contenta sua moglie. Voto 8.
Juan Ayuso. Un ventenne che va a podio in un GT è cosa più unica che rara ed il giovane spagnolo, che deve ancora finirli i venti anni, il prossimo 16 Settembre, merita un voto sicuramente alto e forse soffre più del dovuto il dualismo con Joao Almeida. Nella terza settimana piazza anche qualche scatto interessante tra Alto del Piornal ed Alto de Navacerrada. Tra i volti nuovi del ciclismo spagnolo per i GT, è sicuramente il ciclista che ha maggiori margini di miglioramento. Voto 7.5.
Jay Vine. Dopo due tappe vinte tra Cantabria e Asturie e avendo dimostrato di essere un validissimo scalatore, indossa la maglia a pois e pone tappa per tappa le basi per portarla fino a Madrid, ma una caduta all’inizio della 18° tappa spezza il suo sogno. Sarà per la prossima. Voto. 7.5
Richard Carapaz. Come Pedersen, ottiene tre vittorie, tutte a coronamento di una fuga vincente e tutte in tappe con arrivi in salita. Il campione olimpico, dopo essere uscito praticamente subito dalla classifica generale, si reinventa uomo da fuga e sull’Alto del Piornal funge anche da gregario per l’acciaccato Carlos Rodriguez. Meritata la maglia a pois, nonostante la sfortuna che ha colpito Vine. Voto 7.5
Rigoberto Uran. Va in fuga nella 17° tappa e vince al Monastero di Tentudia resistendo al ritorno del big. Con questa vittoria entra nella ristretta cerchia dei ciclisti che hanno vinto almeno una tappa in tutti e tre i GT. Chapeau. Voto 7.5.
Primoz Roglic. Lo sloveno, negli ultimi tempi abbonato alle cadute, inizia bene la Vuelta vincendo sia la cronosquadre d’apertura che la quarta tappa di Laguardia. Cede qualcosa ad Evenepoel al termine della prima settimana ed è l’unico a limitare i danni sul belga nella cronometro di Alicante. Promette una terza settimana spettacolare dopo che riesce a rosicchiare qualcosa al belga tra Asturie e Sierra Nevada ma la clamorosa caduta nel finale della 16° tappa lo costringe al ritiro. Voto 7.
Enric Mas. La personale tripletta del ciclista spagnolo (secondo nel 2018, nel 2019 e nel 2021), si concretizza sfruttando le sue qualità di buon scalatore e di discreto succhiaruote. Pochi bassi, alti ancora meno. Nell’ultima settimana, venuto meno Roglic, prova a staccare le ruote della sua bici da quelle di Evenepoel ma non ci riesce mai. Si accontenta del secondo posto della generale sapendo che di più non poteva fare. Voto 7.
Miguel Angel Lopez. Inserito all’ultimo momento dall’Astana per la Vuelta 2022, diventa col passare dei giorni il capitano unico ed alla fine ottiene un quarto posto di tutto rispetto. La continuità non è mai stata il suo marchio di fabbrica ma magari chissà che giunto alla soglia dei 30 anni riesca a trovarla ed a rimettersi di nuovo in discussione. Voto 7.
Joao Almeida. Stereotipo del cagnaccio, il portoghese rimane attaccato con le unghie e con i denti ai drappelli della maglia rossa che si formano nelle tappe di montagna incontrate durante il percorso. Dà l’impressione di non cedere mai ed anche quando deve lavorare per Ayuso, mantiene sempre una distanza di sicurezza dai primi. E’ quinto della generale e può essere anche un outsider da non sottovalutare per il Mondiale di Wollongong. Voto 7.
Sam Bennett. Vince le prime due tappe in linea in Olanda e sembra avere tutte le carte in regola per puntare alla maglia verde ma il covid lo estromette dalla Vuelta. Voto 7.
Juan Sebastian Molano. Vincere la tappa finale di un GT è sempre una bella soddisfazione per un ciclista. A Madrid ci riesce in volata il giovane velocista colombiano che nell’UAE Team Emirates può dimostrare in futuro di essere il nuovo ciclista di punta rispetto a Fernando gaviria e Pascal Ackermann. Voto 7.
Thymen Arensman, Marc Soler, Jesus Herrada. In una Vuelta dominata dalle fughe vincenti, anche loro ottengono una vittoria ciascuna e si possono ritenere soddisfatti della prova offerta. Una nota di merito in più per il giovane olandese che riesce anche a terminare nella top ten finale. Voto 7.
Edoardo Affini. Unico guizzo italiano in tutte e ventuno le tappe, veste la maglia rossa per un giorno al termine della terza tappa di Breda. Una bella soddisfazione per un ciclista che ha lavorato diligentemente per Roglic fino alla suo ritiro dopo la nona tappa. Voto 6.5.
Simon Yates. Raggiunge il risultato massimo della sua Vuelta dopo la cronometro di Alicante, al termine della quale è quinto della generale. Il covid lo costringe al ritiro subito dopo. Avrebbe certamente potuto dire la sua in ottica top five. Voto 6.
Jai Hindley. Degli uomini di classifica o presunti tali, è probabilmente quello che delude di più, pur avendo vinto a Maggio il Giro d’Italia. Non è mai protagonista e pur terminando nella top ten finale per il rotto della cuffia lascia una sensazione di incompletezza. Voto 5.5
Tao Geoghegan Hart. Ha l’opportunità di spiccare il volo ed emergere tra i capitani dell’INEOS ma il britannico non dà mai l’impressione di poter puntare alle posizioni che contano per la classifica generale. Viene superato sia da Rodriguez che da Sivakov e termina in un anonimo 19° posto. Voto 4.5
Thibaut Pinot. Il francese ha raggiunto ormai una condizione di aurea mediocritas e pur partendo sempre come capitano della Groupama FDJ nelle corse via via disputate, delude sempre. Non incide neanche nelle fughe in cui è presente e coglie soltanto un quarto e due sesti posti che non gli cambiano la vita. Voto 4.
Mikel Landa. Dopo il podio conquistato al Giro, parte con i gradi di capitano tra le fila della Bahrain Victorious, ma conferma che la corsa di casa non gli si addice, vuoi per salite troppo brevi e troppo ripide o vuoi per mancanza di condizione nella seconda parte della stagione. Fatto sta che lo spagnolo, pur terminando la corsa in quindicesima posizione, non si è mai visto. Voto 4
Tim Merlier. Dato da molti il più serio pretendente alla maglia verde all’inizio della Vuelta, non rispetta assolutamente i pronostici e si vede poco nelle volate, supportato anche da un’Alpecin Deceunick non propriamente all’altezza. Ottiene due terzi posti a Utrecht ed a Cabo de Gata ma si eclissa praticamente dal resto della corsa. Voto 4.
Chris Froome. Un fantasma si aggira per la Vuelta 2022. E’ quello del fu Chris Froome, ciclista che non si è più ripreso dall’incidente del 2019 al Delfinato. Chissà, forse era meglio fargli fare la passerella insieme a Nibali e Valverde… Voto 4.
Giuseppe Scarfone
12-09-2022
settembre 12, 2022 by Redazione
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TOUR CYCLISTE FÉMININ INTERNATIONAL DE L’ARDÈCHE
La francese Coralie Demay (St Michel-Auber 93) si è imposta nella settima ed ultima tappa, Vesseaux – Privas, percorrendo 120.9 Km in 3h25′08″, alla media di 35.362 Km/h. Ha preceduto di 26″ l’olandese Loes Adegeest (IBCT) e di 28″ la britannica Henrietta Colborne (GT Krush Tunap Pro Cycling). Miglior italiana Silvia Zanardi (BePink), 10° a 2′03″. La tedesca Antonia Niedermaier (CANYON//SRAM Generation) si impone in classifica con 1′14″ sulla Adegeest (IBCT) e 1′51″ sulla colombiana Paula Patiño (Movistar Team). Miglior italiana la Zanardi (BePink), 5° a 3′22″.
LA VUELTA CHE VERRÀ (e altro ancora)
settembre 12, 2022 by Redazione
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Terminata l’edizione 2022 della Vuelta vi proponiamo le prime succulente anticipazioni sul probabile scenario che la corsa spagnola proporrà l’anno prossimo
Calato il sipario sulla settantasettesima edizione del Giro di Spagna, comincia leggermente ad alzarsi il velo che nasconde il tracciato della Vuelta 2023 grazie ai rumors che serpeggiano in rete e che già fanno venire l’acquolina in bocca agli appassionati. Non è una voce, però, ma una concreta realtà la sede di partenza della corsa iberica, perchè a gennaio era stato annunciato che sarebbe stata Barcellona a tenere a battesimo il terzo dei grandi giri stagionali. Il gruppo si fermerà per 48 ore nel capoluogo della Catalogna, sulle cui strade si svolgeranno prima la cronosquadre d’apertura, lunga circa 14 Km, e poi la prima tappa in linea, che proporrà l’arrivo sulla collina del Montjuïc, presenza fissa in tutte le corse ciclistiche disegnate in quel di Barcellona. Le prime salite impegnative i corridori potrebbero affrontarle subito perchè alcune voci sostengono che il terzo giorno di gara si concluderà nel principato d’Andorra. Molto più concrete sono, invece, le possibilità di vedere due impegnative tappe di montagna in Navarra, la prima delle quali scatterà dalla Francia per terminare in salita nella stazione di sport invernali di Larra-Belagua dopo esser affrontato le difficile ascese al Col de la Hourcère (13 Km al 7.8%) e del Port del Larrau (15 Km al 7.7%); per la seconda si punta a riproporre la Pamplona – Lekunberri già inserita nel tracciato della Vuelta 2020, che prevedeva l’impegnativa salita dal fondo in cemento verso il santuario di San Miguel de Aralar (11 Km al 8%) e che terminò con il successo dello spagnolo Marc Soler, giunto al traguardo con 19″ di vantaggio su di un gruppetto di nove corridori regolati allo sprint dallo sloveno Primož Roglič. Anche il tremendo Angliru dovrebbe essere della partita mentre chi conta di vincere la Vuelta puntando sulle doti a cronometro dovrà attendere la tappa di Valladolid, con tutta probabilità posizionata all’inizio della seconda settimana di gara.
La città di Barcellona vista dalla collina del Montjuïc (attrazionibarcellona.it)
RASSEGNA STAMPA
Vuelta 2022: corsa a Evenepoel, l’ultimo sprint è di Molano
Gazzetta dello Sport – Italia
Zastor 77. Vuelte je padel. Dobrodošli v Remcovo dobo
Delo – Slovenia
Evenepoel sacré, la dernière étape pour Molano
L’Équipe – Francia
Bienvenidos al futuro
AS – Spagna
Madrid estende passadeira vermelha a Evenepoel na Volta a Espanha
Público – Portogallo
Evenepoel cruises to victory in final stage
The Guardian – Regno Unito
Nu is het officieel: Evenepoel is eindwinnaar van Vuelta 2022, slotrit is voor Juan Sebastian Molano
Het Nieuwsblad – Belgio
Evenepoel wint Vuelta, Arensman zesde
De Telegraaf – Paesi Bassi
Colombianer slår Mads Pedersen på finaledagen, mens ung dansker imponerer
Politiken – Danimarca
Evenepoel gewinnt Vuelta und beendet Belgiens lange Durstrecke
Kicker – Germania
Molano ganó en el embalaje y cerró con broche de oro la Vuelta a España – Remco Evenepoel, el futbolista que ganó la Vuelta a España
El Espectador – Colombia
Richard Carapaz celebra en Madrid el título de la montaña; Remco Evenpoel gana La Vuelta
El Universo – Ecuador
Evenepoel wins the Vuelta to break Belgium’s grand tour drought
Belgian Remco Evenepoel claimed the Vuelta a Espana on Sunday for his first grand tour triumph, capping a dominant three weeks.
The Age – Australia
VUELTAALCONTRARIO
L’ordine d’arrivo e la classifica generale visti dal punto di vista della maglia nera.
Ordine d’arrivo della ventesima tappa, Moralzarzal – Puerto de Navacerrada
1° Juan Pedro Lopez
2° Xabier Azparren a 15″
3° Jimmy Janssens a 59″
4° Dario Cataldo a 1′01″
5° Jonas Iversby Hvideberg s.t.
Classifica generale
1° Davide Cimolai
2° Lluis Mas a 3′44″
3° Tim Merlier a 10′03″
4° Ivo Oliveira a 11′31″
5° Julius van den Berg a 15′43″
Maglia nera: Remco Evenepoel, 134° a 5h31′26″
VUELTA PER LA STORIA: EVENEPOEL VINCE, AGLI ALTRI L’INVIDIA
Una Vuelta intraprendente, un po’ sforacchiata nella partecipazione dalla pandemia e altre stanchezze, trova guizzi di spettacolo ed emozione che danno, nonostante tutto, una bella consistenza al trionfo storico di Evenepoel.
A Remco e al suo entourage è sempre piaciuto esagerare, gonfiare, cercare la zuffa mediatica, ancor meglio se via reti sociali: sarà chissà per la matrice calcistica dell’atleta, o forse per il suo avvento da predestinato in un Paese che respira ciclismo e che, forse anche per questo, tende a trasformare i propri campioni del pedale in divinità fragili, costantemente sotto i riflettori, a volte per brillare al massimo sulla scena, altre invece per essere abbattuti da raffiche di mitragliatrice mediatica. Questo contesto, assieme alla giovane età del fenomeno belga, spiega le lacrime di ieri all’atto di confermare sul traguardo della tappa regina la vittoria de facto della Vuelta, ma oggi Remco ha modo di razionalizzare e verbalizzare più chiaramente quale sia il peso oggettivo della sua vittoria, un peso proporzionale a decenni interi di Storia del ciclismo.
Il Belgio non vinceva nessun Grande Giro da qualcosa come un quarto di secolo, come a dire l’ultimo 20% di tutta quanta la Storia di questo sport. E non parliamo solo di Merckx – “certo Merckx, ma quello era Merckx!” – perché durante e dopo Merckx il Belgio aveva ancora saputo esprimere negli ultimi anni Settanta e fino alla primissima soglia degli Ottanta tutta una generazione di talenti puri, come Van Impe e Criquielion (o anche meno puri, come Pollentier) per non dire di De Muynck o del fenomenale, inmitabile Maertens capaci fra tutti di vincere lungo l’intero ventaglio dei Grandi Giri, oltre a raccogliere svariati podi, giusto per dimostrare che non di exploit occasionali si era trattato. Da lì in avanti, il nulla cosmico, appena solcato meteoricamente dal podio totalmente occasionale seppur non accidentale di un altro grande talento quale De Gendt, al Giro 2012,nonché da un Bruyneel pollentieresco che fa terzo alla Vuelta 1995, quella del compagno di squadra Jalabert, in cui la famigerata ONCE piazza tre atleti ai primi quattro posti della generale, tanto per capirci (se proprio vogliamo, ci sarà anche un podio ex post per Jurgen Van den Broeck nel riscrittissimo Tour 2010, ma di quel genere che alletta più i fan del ciclismo su carta che gli amanti di quello su strada). Per spigare questa carestia epocale non è che si possa più di tanto elucubrare su doping o men che doping, visto che alcuni dei nomi citati, così come le semplici note di cronaca nel corso degli ultimi decenni, lasciano ben chiaro che il Belgio non sia certo luogo di speciali ascetismi farmacologici: oltre tutto, il declino nei Grandi Giri del movimento belga precede ampiamente le ben note evoluzioni tecnologiche che sarebbero state capaci di alterare nel tempo certi equilibri dello sport. Né ha senso arrovellarsi in congetture fisiognomiche legate alla geografia o alla genetica del Benelux, dacché la stessa area ha frattanto prodotto sia nei Paesi Bassi sia in Lussemburgo un discreto profluvio di uomini da podio, capaci di giocarsi e in una o due occasioni perfino vincere un GT.
Si tratta, più probabilmente, di una miscela fra il mero caso e certi indirizzi culturali di un movimento: il profilo prediletto a livello giovanile, il tipo di gare più amate dagli sponsor, le squadre dominanti nel lungo periodo e le loro rispettive attitudini. Viene da pensare alle allergie del movimento spagnolo quando si parla di Classiche, anche se in Spagna non sono mancate illustri e pesanti eccezioni. In entrambi i casi, comunque, gioca un ruolo interessante l’esistenza di una struttura di team molto longeva de estremamente specializzata in una delle due macrocategorie di gare ciclistiche: così come la saga di Unzué in Spagna vive di gare a tappe, parimenti quella di Patrick Lefevere in Belgio si alimenta di Classiche; e in entrambi i casi l’idiosincrasia sfocia in un certo qual imbarazzo all’atto di confrontarsi con l’altro lato dell’universo ciclistico. Questa Vuelta è infatti anche il primissimo Grande Giro vinto dalla Quickstep in qualunque sua incarnazione degli ultimi vent’anni, da quando cioè il team si formò come una sorta di spin-off della Mapei (che invece aveva un decoroso comparto da gare a tappe, sebbene non così dominante e spesso soggetto a tensioni). Anche qui risulta impossibile la faciloneria esplicativa, dato che la struttura di Lefevere ha provato in alcune occasioni a contrattare specialisti da GT: tuttavia, al contrario di quanto non succeda coi velocisti, quando esiste un termine di paragone esterno presso altra squadra, non si osserva alcun beneficio derivante dal correre in Quickstep; i risultati più di spicco, relativamente recenti, sono i secondi posti di Urán o Mas, presto replicati altrove, mentre, anche al di là del caso emblematico di Rujano, potenziali uomini da GT belgi come Seeldraeyers o Devenyns non sono mai stati fatti sbocciare come tali, né troppo migliori, in proporzione, sono stati i frutti con atleti di be superiore talento come Jungels o lo stesso Almeida. D’altronde colpisce che gli sparutissimi podi belgi dell’ultimo trentennio siano venuti dall’estero o dall’altra sponda nazionale, la di per sé ben più modesta Lotto, epperò ben più versatile come squadra.
Insomma, le premesse storiche non erano delle più incoraggianti, e difatti un’impresa che a tratti sarebbe potuta sembrare facile, alla fine non lo è stata affatto. Anzi, diciamo che sotto molti punti di vista sia l’atleta sia la squadra dovranno intavolare importanti riflessioni in vista del futuro: intanto, però, il segno storico è stato tracciato, e il merito di averlo ottenuto in questo contesto non può essere sminuito. Evidentemente, per un’infinità di motivi, negli ultimi vent’anni è divenuto impervio frequentare l’altissima classifica generale di un Grande Giro se si è nati in Belgio, e peggio ancora se si corre per Patrick Lefevere. Potremmo perfino dire che questa Vuelta ha addirittura confermato, in certo qual modo, queste indicazioni di massima: Evenepoel tuttavia è stato superiore, a questo carico enorme ancor più che agli avversari.
Prima che si cominciasse a pedalare, c’erano state già notevolissime oscillazioni nelle aspettative e nelle sensazioni, fermo restando – va sottolineato – un bel percorso, almeno per i canoni della Vuelta, anzi ulteriormente migliorativo nel solco già apprezzabile di progresso pian piano imboccato da una decina di anni in qua, riducendo la ripetitività di tappe monosalita improntate al garagismo, pur senza rinunciare del tutto a questa specie di marchio di fabbrica. Abbiamo addirittura visto diverse tappe superare i 180 km con buon dislivello, e fra queste quelle che più si sono avvicinate alle cinque ore di gara sono state fra le più spettacolari in assoluto, senz’altro la 18.a ma anche la 20.a o la 6.a ; anche tappe di montagna più brevi come quelle cruciali della Pandera o di Sierra Nevada pur di chilometraggio non abnorme hanno superato le quattro ore per la loro difficoltà altimetrica. Viceversa hanno un po’ deluso (ma può succedere) le due tappe da tre orette e spicci che si sperava potessero produrre fuoco e fiamme su un terreno mosso, ai due estremi della competizione quella basca di Laguardia e quella di Talavera de la Reina; alla fine si sono tradotte in inseguimenti di qualche interesse ma comunque finiti in volata ristretta, per puncheur a Laguardia e per sprinter resistenti a Talavera.
La peculiarità negativa del tracciato era una terza settimana leggerina, e questo già creava aspettative positive su Evenepoel, così come la presenza di una solida crono filante di 30 km da spingere ben al di sopra dei 50 km/h (55 per i primissimi). A favore di Remco anche il fatto che pur in una bella variabilità di fattori mancava una vera e propria tappa regina con salite sia dure, sia lunghe, sia multiple. Va detto che le tappe che in qualche modo più rispondessero a questa descrizione si situavano nella prima settimana, e forse grazie a questo Remco invece di soffrirle le ha rese il teatro di un vero e proprio one-man show di distruzione generalizzata della concorrenza. Ex post, tutto facile: ma niente impediva che invece gli andassero subito di traverso, come a un Carapaz, per dire. Sulle salite davvero maiuscole, anche perché mai unica ascesa del giorno, Evenepoel ha in effetti sofferto, alla fine della seconda settimana: ma quando le pendenze si sono moderate, nella terza settimana, il belga si è ripreso alla grandissima, quando invece avrebbe potuto perfettamente proseguire un’inerzia di gara in calando. Si è comunque capita l’importanza fondamentale di ridurre le tappe monosalita: sia sulla Pandera sia a Sierra Nevada, Roglic ha spinto al limite o direttamente alle corde Remco grazie al lavoro pregresso dei propri Jumbo Visma sulle salite precedenti. Senza quelle salite, la gestione degli sforzi sarebbe stata del tutto diversa, così come diversa sarebbe stata la possibilità di isolare il leader.
A proposito di isolamento, va detto che il supporto collettivo del “wolfpack” è stato accettabile ma modesto, e poi via via direttamente insufficiente. Alaphilippe ha fatto il diavolo a quattro per Remco, prima di farsi male, Van Wilder ha confermato il suo verde talento già visto a livello giovanile, Masnada e Cavagna si sono confermati piuttosto solidi (anche se un po’ opachi) sui rispettivi terreni, pure il covid ci ha messo del suo… ma la verità globale è che non solo UAE (specialmente), INEOS, Jumbo (aggressivamente più che per qualità intrinseca dei gregari) hanno brillato assai di più, non solo, no, anche team più zopicanti o affaticati come Astana, Bora o Trek hanno saputo impressionare di più in quanto collettivo. Per un corridore che da un certo punto in poi doveva puntare sulla difesa, si è trattata di una sfida non da poco, ancor più con un’esperienza comunque breve alle spalle, specie se parliamo di tre settimane. Scommessa stravinta, a livello individuale, per Evenepoel.
Ecco, soggiungiamo anche, a questo punto, che di un altro tipo di “isolamento” invece Remco ha goduto: i rivali non sono stati dei più tremendi, anche se quando Roglic è entrato in forma sono stati guai grossi. E dire che nei mesi precedenti alla gara si parlava di un redivivo Bernal, e poi Pogacar, e tutti i reduci presuntamente recuperatissimi del Giro, da Hindley a Carapaz a Landa, più quanti finirono prematuramente fuori gara per qualsivoglia motivo, ancor più freschi, come Simon Yates o Superman López… Alla fine dei conti, la verità è che la stagione viene lunga anche se non si corre; o forse, una volta di più, che la classe superiore in questa generazione è stata profusa in abbondanza, ma forse non su troppi nomi. Il covid, come anticipato, ci ha messo del suo. Fatto sta che Remco ha avuto un solo vero rivale, Roglic. Certo, Roglic è bastato per offrire una solida pietra di paragone. I suoi attacchi di squadra e poi inviduali, da “tutto per tutto”, hanno inflitto tutto il danno possibile e immaginabile. Evenepoel ha patito quel che doveva e poteva patire: non sapremo mai, questo è vero, se avrebbe retto con eguale scioltezza la pressione quasi più psicologica che fisica di un rivale di tale caratura ben addentro la terza settimana. La caduta di Roglic ha smorzato i colori di una terza settimana già non folgorante sulla carta, anche se poi va detto che la buona volontà degli altri attori, specie la UAE dell’adolescente Ayuso (a podio!), di Almeida e Soler, ha reso lo stesso godibilissime le lunghe tappe di montagna che rimanevano, di nuovo legittimando il leader. Appassionanti anche le vicende INEOS, con Carapaz arrembante cacciatore di tappe dopo aver rinunciato alla generale non sentendosi all’altezza (tre tapponi e la maglia di miglior scalatore corroborano la sua caratura di atleta di prima fila in questi anni), e l’altro giovanissimo spagnolo, Carlos Rodríguez, scivolato al sesto posto in una resistenza strenua dopo aver sofferto una brutta caduta. Mas e la Movistar, che dire, solidi, di eccelsa qualità, ma in sostanza anonimi, preoccupati di altro che non di vincere, un po’come Valverde onestissimo 13esimo alla fine, 42enne alle sacrosante soglie di una meritat pensione. Dice molto questa top 20 finale divisa quasi equamente fra baby fenomeni (maglia bianca e rossa condividono buona parte delle posizioni top), lo stesso Evenepoel, e poi appunto Ayuso, Almeida, Carlos Rodríguez, Arensman, più giù anche un Mäder, e, all’altro estremo anagrafico, una palata di quasi pensionati – letteralmente! – come Urán, Meintjes, Valverde, Landa, Luisle Sánchez, Pinot… fra coloro che sono sospesi si difendono solo, e senza incidere troppo, due forze già ben note e definite (due forze peraltro opposte, caratterialmente e come persone) quali Enric Mas e Superman López.
Una situazione che caratterizza anche il campo dei velocisti, dove una ruota veloce ma più che altro resistente come Mads Pedersen stradomina la competizione, tripletta di tappe e maglia verde (complice l’uscita di scena di Bennett). Per capirci, e entriamo in una minimalistica cronaca dell’ultima tappa, vera e propria passerella, oggi vince Molano, l’ultimo vagone del treno di Ackermann: stufo delle cilecche del proprio capitano, uno dei tanti sprinter da un anno di gloria e via, il colombiano semplicemente non smette di pedalare, non si fa da parte… e vince.
Chiudiamo questa disamina con una valutazione impietosa della situazione italica: con un misto di snobismo e di obiettività, dalle nostre parti si è sempre guardata dall’alto in basso la Vuelta, il cui tasso tecnico stentava a decollare perfino quando le manfrine ASO (e altri fattori) inducevano i fenomeni da laboratorio del momento a scontrarsi con la grandissima generazione di atleti locali. A volte c’erano i campioni ma non il terreno, altre volte il viceversa, talora il cerchio quadrava ma “era solo un’annata”. Sta di fatto però che la Vuelta cresce, e di pari passo guarda caso cresce l’attenzione al ciclismo femminile in un Paese che, incredibile a dirsi, era piu indietro dell’Italia in questa specifica combinazione di genere e disciplina. Si moltiplicano di nuovo le gare a tappe in terra spagnola, per uomini e donne, e, guarda guarda, arrivano anche i rimpiazzi per la generazione di mostri sacri che si sono ritirati. La Vuelta evolve e si corregge, invece di involversi come il Giro delle ultime due stagioni. Il Giro ha goduto di contingenze eccezionali – anche per grandi meriti propri – fra 2008 e 2019, quando parallelemente il Tour inciampava spesso in un passo falso dopo l’altro. Ora però la ricreazione è finita, come direbbero appunto Oltralpe. Il prodotto clou di ASO, il Tour, sta tornando forte, anche grazie alla scelta, prima forzosa, poi assecondata in pieno, di sviluppare il versante femminile. E la Vuelta partecipa totalmente, nonché con iniziativa propria, di questa fase di ascesa dei propri organizzatori. Il Giro ha preferito non sfruttare il proprio apogeo per fissare dei punti fermi, ad esempio per associarsi agli altri due Grandi Giri in un concetto televisivo da propugnare su televisioni free broadcast preferibilmente pubbliche. Anzi, ha monetizzato nel breve con l’esclusiva a Eurosport, relegandosi però così alla marginalità spettatoriale in gran parte dei territori tradizionali del ciclismo. Il resto viene un po’ da sé. L’unica speranza è che il comparto del ciclismo ancora di robusta costituzione a livello nazionale, vale a dire i marchi, decida di riportare il baricentro da ogni punto di vista in Italia, anche in manifattura vista la crisi della logistica; e che da ciò discenda – via peso economico e posti di lavoro – un peso leggermente maggiore del comparto stesso nelle decisioni pubbliche, viabilità compresa (la viabilità è dove gli atleti di questo sport si allenano!). A seguire, che poco a poco l’interesse di chi sa prema sulle rendite di chi semplicemente sul ciclismo italiano “si è seduto”, in ogni senso, a ogni livello. Altrimenti ci resterà solo l’invidia verso la Spagna, e una pazienza da belgi per attendere vent’anni (almeno) il prossimo Messia – certo che loro almeno “si consolavano” con le Classiche. Per fortuna alla faccia dei colleghi uomini abbiamo miracolosamente sempre le Elisa, Silvia, Chiara, Marta, Sofia e così via, abituate a emergere anche senza supporti e senza fanfare. Magari potremmo iniziare a offrirgliene, e così di sfuggita goderci Annemiek Van Vleuten che dopo aver vinto Giro, Tour e Vuelta in un anno, si porta a caso, per dire, le Monumento che le mancano, Sanremo e Lombardia – attualmente inesistenti. RCS anyone?
Gabriele Bugada

Remco Evenepoel sul podio di Madrid (Getty Images)
POGACAR CHIAMA WOLLONGONG CONQUISTANDO UN EDIZIONE MONDIALE DI MONTREAL
Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) ha vinto in volata il Grand Prix Cycliste de Montreal battendo Wout Van Aert (Jumbo-Visma) e Andrea Bagioli (Quick-Step Alpha Vinyl Team).
L’edizione numero 11 della Grand Prix Cycliste de Montreal, come nel caso della classica del Quebec, ritorna dopo due anni di stop causato dall’emergenza covid. Il percorso era molto simile a quello classico, con un circuito di 13 chilometri da ripetere 18 volte per un totale di 227 chilometri. Nel circuito erano presenti tre Côte, la prima Côte de Camillien-Houde di 1800 metri al 7.3%, seguita dalla Côte de Polytechnique, strappo di 800 metri al 5%. Mentre nel finale l’ultima asperità era la Côte Pagnuelo con 500 metri al 7.5% a solo un paio di chilometri dalla linea d’arrivo. La lista di partenza era una fotocopia di quella di venerdì con il già due volte vincitore di questa corsa Greg Van Avermaet e il vincitore di Quebec Benoit Cosnefroy per la AG2R Citroën Team, Wout Van Aert e Christophe Laporte (Jumbo-Visma), Adam Yates, Geraint Thomas e Daniel Felipe Martinez (INEOS Grenadiers), Tadej Pogacar e Diego Ulissi (UAE Team Emirates), Biniam Girmay (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Matej Mohoric (Bahrain – Victorious), David Gaudu (Groupama – FDJ), Michael Matthews (Team BikeExchange-Jayco), Jasper Stuyven (Trek – Segafredo), Alex Aranburu e Ivan Garcia Cortina (Movistar Team), Romain Bardet (Team DSM), Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost), Warren Barguil (Team Arkéa Samsic) e Peter Sagan (TotalEnergies).
L’inizio corsa era molto intenso con più di quindici atleti ad attaccare, tra i quali Simon Carr (EF Education-EasyPost), Davide Formolo (UAE Team Emirates), Aurelien Paret-Peintre (AG2R Citroën Team), Pascal Eenkhoorn (Jumbo-Visma), Eddie Dunbar (INEOS Grenadiers), Ide Schelling (BORA – hansgrohe), Andrea Pasqualon (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Krists Neilands (Israel – Premier Tech), Matthew Holmes (Lotto Soudal), Søren Kragh Andersen (Team DSM) e Kevin Colleoni (Team BikeExchange – Jayco). Questi fuggitivi restavano allo scoperto per circa quindici chilometri con sia un gruppo intenzionato a chiudere su questo gruppo che includeva diversi atleti di rilievo, sia dal gruppo di testa dove non tutti collaboravano. Immediatamente si creava un secondo tentativo con Florian Vermeersch (Lotto Soudal), Antonio Nibali (Astana Qazaqstan Team), Eddy Finé (Cofidis), Andreas Leknessund (Team DSM), Antoine Duchesne (Groupama – FDJ) e Théo Delacroix (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux).
I fuggitivi guadagnavano un vantaggio massimo di circa sei minuti e mezzo, era la UAE Team Emirates a gestire la corsa recuperando velocemente il ritardo una volta entrati negli ultimi 100 chilometri, con Sagan e Girmay che dovevano alzare bandiera bianca. Dalla fuga Nibali cedeva il passo, come Duchesne, alla sua gara di addio, mentre Finè cadeva. Ai -50 era Leknessund a tentare in solitaria la fuga con poco più di due minuti da difendere, mentre in gruppo era sempre la UAE a controllare il ritmo, apparentemente in pieno controllo. Ai -35. nel corso del terzultimo giro era la Jumbo – Visma a prendere di petto la Côte de Camillien-Houde con Tobias Foss. Una caduta coinvolgeva Andrea Piccolo e Neilson Powless (EF Education-EasyPost), mentre la Jumbo – Visma continuava con un ritmo costante nella loro rimonta che si consumava poco dopo l’inizio del penultimo giro.
Magnus Cort Nielsen (EF Education-EasyPost) accelerava all’inizio della Côte de Camillien-Houde, con Tosh Van der Sandre (Jumbo-Visma) ad aumentare il ritmo, mentre Stuyven e Mohoric perdevano contatto con poco più di trenta atleti rimanenti nel gruppo di testa al termine della salita. In un momento di calma era Simone Velasco (Astana Qazaqstan Team) ad evadere dal gruppo insieme a Frederik Wandahl (BORA – hansgrohe) riuscendo a guadagnare trenta secondi grazie alle poche energie rimaste agli uomini della Jumbo-Visma, al via dell’ultimo giro il ritardo era di quaranta secondi, quando diverse squadre si alternavano in testa al gruppo con Bahrain Victorious e Israel Premier Tech tra le squadre più attive.
Subito a inizio salita Martinez attaccava secco senza che nessuno inseguisse in prima persona, Ulissi si metteva a disposizione per Pogacar nell’inseguimento. Pogacar decideva quindi di partire riprendendo subito sia Martinez sia i due attaccanti con i soli Van Aert e Andrea Bagioli (Quick-Step Alpha Vinyl Team) alla loro ruota, mentre Bardet e Yates rientravano in un secondo momento con Cosnefroy, Gaudu e Michael Storer (Groupama – FDJ). Yates partiva subito in contrattacco con Pogacar, Bagioli e Van Aert, il quale soffriva il finale di salita, ma restava in testa, mentre Gaudu riusciva a rientrare di ritmo. Gli atleti che non riuscivano a tenere il loro passo perdevano immediatamente diverso margine con Pello Bilbao (Bahrain Victorious) tra gli atleti più attivi che venivano però marcati da compagni di squadra del gruppo di testa finendo oltre a trenta secondi di svantaggio, Bardet tentava il disperato inseguimento con alla sua ruota Mauro Schmid (Quick-Step Alpha Vinyl Team) e Giovanni Aleotti (Bora – Hansgrohe). Sulla cote finale era Yates a tentare un attacco violento mettendo tutti in difficoltà, ma con nessuno che perdeva contatto, al termine dello strappo Gaudu tentava un altro attacco, ma anche in questo caso restavano in cinque ad avviarsi al finale per giocarsi la vittoria. Van Aert prendeva larga l’ultima curva per non restare in testa sul rettilineo finale in leggera salita, Gaudu si trovava quindi in testa provando poi a partire molto lungo nella sua volata. Pogacar gli prendeva il mirino riuscendo a scavalcarlo con un grande spunto e non lasciando chance a Van Aert e Bagioli che si dovevano accontentare rispettivamente del secondo e terzo posto alle spalle del fenomeno sloveno. Alle loro spalle Yates si classificava quarto e Gaudu quinto, mentre Schmid vinceva la volata per il sesto posto davanti a Aleotti e Bardet.
La lotta per il mondiale di Wollongong è pronta con un segnale di forza di Pogacar ai danni di Van Aert, ma la prestazione di Bagioli dà fiducia che anche l’Italia possa essere protagonista in Australia.
Carlo Toniatti.

La Vittoria di Pogacar a Montreal (Foto: Getty Images)
GP FOURMIES, VINCE CALEB EWAN
Caleb Ewan regola la volata della classica francese davanti a Groenewegen e Capiot. Quarto Oldani
Il percorso della classica transalpina intorno alla città di Fourmies non lascia ampi spazi a finali diversi da quello in volata. Andare in fuga così diventa più un atto di coraggio che un vero tentativo di vittoria finale, e oggi l’arduo compito spetta al quintetto composto da Taco van der Hoorn (Intermarché – Wanty – Gobert), Louis Blouwe (Bingoal Pauwels Sauces WB), Milan Fretin (Sport Vlaanderen – Baloise), Maxime Jarnet (Go Sport-Roubaix Lille Métropole) e Nicolas Debeaumarché (St Michel-Auber 93). I cinque raggiungono un margine massimo di circa 4 minuti sul gruppo controllato da Ag2r Citroën, Lotto Soudal e Team BikeExchange – Jayco, nelle fasi finali supportate anche da Quick-Step Alpha Vinyl. Quando il vantaggio si è ridotto a soli 15″ dal gruppo ci prova anche Sandy Dujardin (TotalEnergies) ma ben presto riacciuffato dal plotone lanciato a gran velocità verso la testa della corsa e la volata di gruppo. A minare l’ordine delle cose una caduta ai -3 Km che coinvolge anche pesci grossi come Fabio Jakobsen (Quick-Step Alpha Vinyl) e Arnaud De Lie (Lotto Soudal), rendendo la volata finale a ranghi leggermente più ristretti. Dylan Groenewegen (Team BikeExchange-Jayco) tenta di anticipare tutti ma si getta sulla sua ruota lesto Caleb Ewan (Lotto Soudal) per poi sopravanzarlo prima della bandiera a scacchi. Chiude il podio Amaury Copiot (Arkea – Samsic) davanti ad un buon Stefano Oldani (Alpecin-Deceuninck).
Lorenzo Alessandri

Caleb Ewan vince in volata il GP Fourmies 2022. Photo Credit: Getty Images
11-09-2022
settembre 11, 2022 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA A ESPAÑA
Il colombiano Juan Sebastián Molano (UAE Team Emirates) si è imposto nella ventunesima ed ultima tappa, Las Rozas – Madrid, percorrendo 96.7 Km in 2h26′36″, alla media di 39.577 Km/h. Ha preceduto allo sprint il danese Mads Pedersen (Trek-Segafredo) e Pascal Ackermann (UAE Team Emirates). Miglior italiano Davide Cimolai (Cofidis), 17°. Il belga Remco Evenepoel (Quick-Step Alpha Vinyl Team) si impone in classifica con 2′02″ sullo spagnolo Enric Mas (Movistar Team) e 4′57″ sullo spagnolo Juan Ayuso (UAE Team Emirates).. Miglior italiano Edoardo Zambanini (Bahrain Victorious), 36° a 1h31′40″
GRAND PRIX CYCLISTE DE MONTRÉAL
Lo sloveno Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) si è imposto nella corsa canadese, circuito di Montréal, percorrendo 221.4 Km in 5h59′38″, alla media di 36.938 Km/h. Ha preceduto allo sprint il belga Wout Van Aert (Jumbo-Visma) e l’italiano Andrea Bagioli (Quick-Step Alpha Vinyl Team)
GP DE FOURMIES – LA VOIX DU NORD
L’australiano Caleb Ewan (Lotto Soudal) si è imposto nella corsa francese, circuito di Fourmies, percorrendo 197.6 Km in 4h27′07″, alla media di 44.385 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Dylan Groenewegen (Team BikeExchange-Jayco) e il belga Amaury Capiot (Team Arkéa-Samsic). Miglior italiano Stefano Oldani (Alpecin-Deceuninck)
GRAND PRIX DE LA SOMME – CONSEIL DÉPARTEMENTAL 80
L’estone Ärm Rait (Groupama-FDJ Conti) si è imposto nella corsa francese, Saint-Valery-sur-Somme – Abbeville, percorrendo 173.3 Km in 3h52′39″, alla media di 44.694 Km/h. Ha preceduto allo sprint il britannico Alfie George (Vendée U) e di 2″ il lituano Aivaras Mikutis (Team Ampler-Tartu2024). Due italiani in gara: Lorenzo Germani (Groupama-FDJ Conti), 74° a 2′37″, Lorenzo Ursella (Development Team DSM) non ha terminato la corsa.
OKOLO JIŽNÍCH ČECH / TOUR OF SOUTH BOHEMIA
Il danese Rasmus Bøgh Wallin (Restaurant Suri-Carl Ras) si è imposto nella quarta ed ultima tappa, České Velenice – Jindřichův Hradec, percorrendo 152 Km in 4h01′38″, alla media di 37.743 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Tim Marsman (Metec – SOLARWATT p/b Mantel) e l’ungherese Erik Fetter (EOLO-Kometa). Miglior italiano Diego Rosa (EOLO-Kometa), 9°. Wallin si impone in classifica con 27″ su Fetter e Marsman. Miglior italiano Vincenzo Albanese (EOLO-Kometa Cycling Team), 12° a 1′25″
TURUL ROMANIEI (Giro di Romania)
Il ceco Daniel Babor (Elkov-Kasper) si è imposto nella quinta ed ultima tappa, circuito di Bucarest (non valido per la classifica generale per motivi di sicurezza), percorrendo 52 Km in 1h03′07″, alla media di 49.43 Km/h. Ha preceduto allo sprint il polacco Alan Banaszek (HRE Mazowsze Serce Polski) e l’italiano Matteo Malucelli (China Glory Continental Cycling Team). Il britannico Mark Stewart (Bolton Equities Black Spoke Pro Cycling) si impone in classifica con 13″ sul rumeno Cristian Raileanu (nazionale rumena) e 14″ sul ceco Jakub Otruba (Elkov-Kasper). Miglior italiano Nicolas Dalla Valle (Giotti Victoria Savini Due), 9° a 1′15″
TOUR DE HOKKAIDO (Giappone)
Il giapponese Shunsuke Imamura (Team Bridgestone Cycling) si è imposto nella terza ed ultima tappa, Kutchan – Tomakomai, percorrendo 173 Km in 4h14′35″, alla media di 40.773 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Tadaaki (Nakai Shimano Racing) e lo spagnolo Marcos García (KINAN Racing Team). Nessun italiano in gara. Il giapponese Yusuke Kadota (EF Education-NIPPO Development Team) si impone in classifica con 5″ sul francese Thomas Lebas (KINAN Racing Team) e 29″ sul connazionale Shoi Matsuda (Team Bridgestone Cycling)
TOUR CYCLISTE FÉMININ INTERNATIONAL DE L’ARDÈCHE
L’italiana Silvia Zanardi (BePink) si è imposta nella sesta tappa, circuito di Alès, percorrendo 96.3 Km in 2h26′40″, alla media di 39.395 Km/h. Ha preceduto allo sprint la serba Jelena Erić (Movistar Team) e l’olandese Danique Braam (Bingoal Casino-Chevalmeire-Van Eyck Sport). La tedesca Antonia Niedermaier (CANYON//SRAM Generation) è ancora leader della classifica con 1′22″ sull’olandese Loes Adegeest (IBCT) e 1′53″ sulla Zanardi
LA CHORALIS FOURMIES FÉMININE
La francese Clara Copponi (FDJ-SUEZ-Futuroscope) si è imposta nella corsa francese, circuito di Fourmies, percorrendo 117.8 Km in 2h50′58″, alla media di 41.341 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiana Valentina Basilico (BePink) e la portoghese Maria Martins (Le Col Wahoo)
CERATIZIT CHALLENGE BY LA VUELTA
L’italiana Elisa Balsamo (Trek-Segafredo) si è imposta nella quinta ed ultima tappa, circuito di Madrid, percorrendo 95.7 Km in 2h21′37″, alla media di 40.546 Km/h. Ha preceduto allo sprint la belga Lotte Kopecky (Team SD Worx) e l’italiana Marta Bastianelli (UAE Team ADQ). L’olandese Annemiek van Vleuten (Movistar Team) si impone in classifica con 1′44″ sull’italiana Elisa Longo Borghini (Trek – Segafredo) e 2′11″ sulla connazionale Demi Vollering (Team SD Worx)