25-07-2020

luglio 24, 2020 by Redazione  
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SIBIU CYCLING TOUR (Romania)

L’austriaco Gregor Mühlberger (Bora – Hansgrohe) si è imposto nella prima tappa, Sibiu – Bâlea Lac, percorrendo 183 Km in 4h52′11″ alla media di 37.58 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Patrick Konrad (Bora – Hansgrohe) e di 16″ l’elvetico Matteo Badilatti (Israel Start-Up Nation). Miglior italiano Luca Wackermann (Vini Zabù – KTM), 5° a 1′41″. Konrad è il nuovo leader della classifica con 3″ su Mühlberger e 53″ su Badilatti. Miglior italiano Wackermann, 5° a 2′40″

24-07-2020

luglio 24, 2020 by Redazione  
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SIBIU CYCLING TOUR (Romania)

Il tedesco Nikodemus Holler (Bike Aid) si è imposto nel prologo, circuito a cronometro di Sibiu, percorrendo 2.5 Km in 03′34″ alla media di 42.06 Km/h. Ha preceduto di 2″ il polacco Kacper Walkowiak (CCC Development Team) e di 3″ il polacco Wojciech Sykala (Voster ATS Team). Miglior italiano Matteo Rotondi (Work Service Dynatek Vega). Holler è il primo leader della classifica con 2″ su Walkowiak e 3″ su Sykala. Miglior italiano Rotondi, 5° a 9″

BATTI UN CINQUE – 1963, IL QUARTO TOUR DI ANQUETIL

luglio 21, 2020 by Redazione  
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Vuelta e Tour nello stesso anno è un’impresa che fino al 1963 non era riuscita a nessuno. L’anno buono per la doppietta doveva essere quello precedente, ma Altig s’era rivelato una spina del fianco del suo capitano, nonché un corridore inaspettatamente resistente in salita. Così il transalpino rimanda alla stagione successiva l’ambizioso progetto, che riesce a portare felicemente in porto: in Spagna dominerà come suo solito a cronometro, ma in Francia dovrà faticare non poco e alla vigilia dell’ultima crono si troverà ad avere soli 28 secondi di vantaggio sull’immarcescibile Bahamontes.

Monsieur Anquetil s’è ingolosito (ed è pure un po’ incazzato, come i francesi della celebre “Bartali” di Paolo Conte).

Non gli basta un record, ne vuole due per la stagione 1963 e tutti e due inediti. Punta alla vittoria nel quarto Tour ma cerca anche la doppietta e non ambisce a quella con il Giro d’Italia, che finora è già stata conquistata dal solo Fausto Coppi. Perché Tour e Vuelta nello stesso anno non li ha mai vinti nessuno e poi lui ha un conto aperto con la corsa spagnola, che aveva affrontato anche l’anno prima, ma si era trovato a fare i conti un inatteso avversario, il suo compagno di squadra Rudi Altig, che aveva il compito di puntare alle vittorie di tappa. Invece quest’ultimo aveva resistito sulle salite e lo aveva addirittura battuto, e per un solo secondo, nella lunga cronometro di San Sebastián del penultimo giorno, terminata la quale Jacques si ritrovava ad avere un ritardo di quasi 5 minuti in classifica generale, un’onta che aveva spinto il francese a ritirarsi dalla corsa iberica nonostante sia comunque secondo in graduatoria e manchi solo una tappa alla conclusione. Così dodici mesi più tardi torna in Spagna e, assente Altig, fa sua la Vuelta dominandola fin dall’inizio perché quell’anno gli organizzatori hanno piazzato una crono di ben 52 Km al primo giorno di gara, tappa che Anquetil vince staccando di 2’40” il secondo arrivato, l’italiano Aldo Moser, per poi imporsi nella classifica finale con 3’06” sullo spagnolo José Martín Colmenarejo dopo esser stato battuto per 26” nella crono di Barcellona. È la riprova di come, nonostante la classe sia sempre la stessa, Anquetil non riesca più a dare il massimo a crono e a imprimere grandi distacchi e la conferma arriverà anche dal Tour, che da qualche stagione sta vincendo con vantaggi in progressiva caduta libera.

Forte del successo alla Vuelta, Anquetil si presenta al via della corsa francese rivestendo ancora il ruolo di favorito numero uno, ma anche di numero due, tre e quattro. A parte il connazionale Raymond Poulidor, gli avversari del transalpino, stavolta, non sembrano offrire particolare garanzie: lo spagnolo Federico Bahamontes compirà 35 anni proprio nei giorni del Tour, Charly Gaul ha oramai ben poco da dare e concluderà il suo ultimo Tour con un ritiro nel tappone alpino di Val-d’Isère, Jozef Planckaert l’anno prima era riuscito a rimanere agganciato ad Anquetil sulle salite, ma poi era stato spazzato via come un fuscello dal francese nell’ultima crono. Anche l’Italia si schiera al Tour con le sue principali armi spuntate perché entrambi i corridori più quotati al via non stanno attraversando un buon periodo di forma: Guido Carlesi è sotto antibiotici mentre Franco Balmamion, reduce dalla sua seconda vittoria consecutiva al Giro d’Italia, ha problemi alla gola. Per entrambi arriverà il momento del ritiro e, alla fine, il miglior dei nostri sarà un corridore sconosciuto ai più, lo spezzino Renzo Fontona, che riuscirà ad agguantare un insperato settimo posto in classifica a quindici minuti da Anquetil. Nel 1963 saranno gli spagnoli a rendere dura la vita a “Jacquot” perché i corridori che gli giungeranno più vicini saranno il vecchio Bahamontes e il più giovane José Pérez Francés, avversario che Jacques già conosce perché qualche settimana prima si è piazzato secondo al Delfinato (vinto proprio dal francese) e ora si accinge a disputare il Tour con la maglia di campione nazionale sulle spalle.

Dopo 13 anni di partenze lontano da “casa” il Tour torna a scattare da Parigi per festeggiare la sua cinquantesima edizione e brinda a champagne perché l’arrivo della prima tappa è fissato 152 Km più avanti tra i vigneti di Épernay, dove di certo non ha nulla da brindare Anquetil. Il suo Tour è iniziato con l’affanno, prima per colpa di una caduta, poi per l’inseguimento a due fughe nelle quali si sono infilati uomini pericolosi: se il tentativo con Poulidor e Rik Van Looy viene rintuzzato, ciò non accade con quello successivo che ha tra i protagonisti Bahamontes e che riesce ad andare fino al traguardo, al quale s’impone il belga Eddy Pauwels mentre Anquetil già si ritrova un passivo di un minuto e mezzo da recuperare allo spagnolo.

Il giorno successivo il tracciato offre ad Anquetil una prima occasione per ridurre lo svantaggio patito nella prima frazione. Dopo una semitappa vinta allo sprint da Rik Van Looy a Jambes, nella quale Carlesi e Gaul accusano cinque minuti di ritardo, sulle strade della stessa cittadina belga, alle porte di Namur, si disputa una cronosquadre di 22 Km che consente al francese di recuperare, però, appena nove secondi allo spagnolo. La prova collettiva, vinta dal team francese Pelforth, vede solo Planckaert guadagnare tempo su Anquetil (e comunque soli 16 secondi), mentre Poulidor ne perde 15 e Pérez Francés lascia per strada poco più di un minuto. La prova non intacca il primato di Pauwels, che continua a comandare la classifica con 30” sul connazionale Edgar Sorgeloos e 39” sul britannico Alan Ramsbottom, entrambi protagonisti della fuga del primo giorno.

L’indomani si rientra in Francia con una frazione dal profilo pianeggiante ma resa indisiosa dal pavè e dal maltempo, sotto il quale Balmamion, in quel momento miglior italiano della classifica a 3’34” da Pauwels, è vittima di una rovinosa caduta causata dallo scollamento del tubolare, in conseguenza di una foratura. Mentre il corridore piemontese lascia il Tour a bordo di un’ambulanza (all’ospedale non gli saranno riscontrate fratture ma gli saranno applicati nove punti di sutura alla fronte), la tappa prosegue e vede dieci corridori riuscire a prendere il largo e accumulare un importante vantaggio sul gruppo maglia gialla, che al traguardo di Roubaix si presenta quasi nove minuti dopo l’arrivo solitario dell’irlandese Seamus Elliott, evaso dal plotoncino in fuga a 7 Km dall’arrivo. È inevitabile il cambio al vertice della classifica, che ora vede proprio l’irlandese in maglia gialla con 1’14” sul francese Henry Anglade e 1’30” sul belga Guillaume Van Tongerloo.

Il giorno successivo è previsto l’arrivo a casa di Anquetil e qualcuno pensa che il normanno potrebbe ritentare l’azione a sorpresa che nel 1957, al suo primo Tour, gli aveva consentito di imporsi nella frazione che terminava nella sua Rouen. Stavolta, consapevole anche degli anni che passano e desideroso di non sprecare per ora inutili energie, preferisce attendere la crono in programma un paio di giorni più tardi e ne viene fuori una tappa sonnolenta e priva di grandi emozioni. Il gruppo si presenta così quasi totalmente compatto sul Boulevard de la Marne, dopo che Antonio Bailetti ha tentato inutilmente la fuga – guadagnandosi almeno il titolo di più combattivo di giornata – e con qualche secondo di ritardo rispetto ai primi tre uomini che hanno tagliato la linea d’arrivo, i belgi Frans Melckenbeeck, Willy Derboven e Van Looy.

Protagonista sfortunato il giorno prima, Bailetti ci riprova ventiquattrore più tardi nella tappa più lunga di questa edizione e stavolta ottiene il bottino sperato perché è proprio il corridore vicentino a tagliare vincitore il traguardo dell’interminabile Rouen – Rennes (285 Km) davanti ai suoi compagni di fuga, tra i quali c’è un altro italiano, il corregionale Danilo Ferrari, che si piazza al secondo posto.

Come avvenuto anche nel 1962 la prima cronometro individuale è soltanto il secondo atto di una giornata che prevede una prima semitappa priva d’insidie e che ancora termina a gruppo compatto perché la regia della squadra di Anquetil non ha concesso a nessuno d’andarse e ha lasciato via libera solo alla sparata del belga Roger de Breuker a 500 metri dal traguardo, che gli consente di imporsi con un secondo di vantaggio sul connazionale Willy Vannitsen. Nella pomeridiana corrida della crono nessuno, come da copione, riesce a “matare” il toro Anquetil, che sul circuito di Angers è autore di una prestazione che ricorda quella dell’anno precedente a La Rochelle perché anche stavolta i distacchi che impone sono limitati rispetto agli “standard” di un tempo: Poulidor gli cede solo 45”, terzo a 55” è il belga Gilbert Desmet mentre il primo ad accusare più di un minuto di ritardo è Planckaert (1’03”). Bahamontes perde 1’38” e, tenuto conto anche dell’abbuono conquistato da Anquetil, si vede totalmente azzerato il vantaggio conquistato in occasione della prima tappa; Bailetti è ancora il primo degli italiani (16° a 1’57”), Pérez Francés è 22° a 2’16”, Carlesi 39° a 2’47” e Gaul 78° a 3’53”. Persi 3’32” nella crono Elliott non ha più la maglia gialla, che passa sulle spalle di Desmet, nuovo capoclassifica con 6” su Anglade e 1’02” sull’irlandese, che si trovano ancora ai primi posti in virtù del tempo guadagnato nella tappa del pavè. Bisogna scendere fino al sesto posto per incontrare Anquetil, che a questo punto ha 6’14” di ritardo dalla maglia gialla ma ha già distanziato i rivali che teme di più: Bahamontes è a 1’19”, Poulidor a 1’30” e Planckaert a 1’49”, mentre più lontani sono Pérez Francés (4’27”), Gaul (9’49”) e Carlesi (10’30”).

Prima di arrivare sui Pirenei si devono superare tre lunghe tappe interlocutorie, la prima delle quali termina a Limoges con il successo dell’olandese Jan Janssen, che riesce ad anticipare di una manciata di secondi la volata del gruppo, conquistata da Van Looy. Il giorno dopo si arriva a Bordeaux che, come l’anno prima, accoglie la Grande Boucle lo stesso giorno della partenza del Tour de l’Avenir, che nel 1963 schiera al via nella nazionale azzurra futuri protagonisti ad alto livello del calibro del bresciano Michele Dancelli, del padovano Dino Zandegù e del toscano Marcello Mugnaini, che alla fine sarà l’unico dei nostri a vincere una tappa e il migliore della classifica, 4° a quasi quattro minuti dal francese André Zimmermann. È, invece, un olandese, Lex Van Kreuningen, a inaugurare la terza edizione della corsa poche ore prima dell’arrivo della tappa dei professionisti, terminata in volata con la vittoria di Van Looy.

Alla vigilia dei Pirenei si disputa un’altra tappa che sulla carta dovrebbe essere adatta ai velocisti e invece vede andar via una fuga nella quale è effettivamente presente uno sprinter, uno dei più “navigati” del gruppo, il 34enne André Darrigade. È il lui il naturale favorito per il successo, anche perché a un certo punto è evidente che il gruppo inseguitore non riuscirà a raggiungere il piccolo manipolo all’attacco, che si presenta al traguardo con poco più di tre minuti di vantaggio. Di certo non può impensierlo Pino Cerami, il siciliano naturalizzato belga che di anni ne ha ben 41 e che qualche tempo prima aveva pensato di smettere non trovandosi più a suo agio nel ciclismo: invece, è proprio lui a farla sotto il naso a Darrigade partendo di scatto all’ultimo chilometro, dopo essersi accorto che il francese continuava a voltarsi per controllare il connazionale Jean Graczyk, entrando nella storia del Tour con la qualifica di vincitore di tappa più anziano del dopoguerra, primato tuttora imbattuto.

Entrambe le frazioni pirenaiche propongono l’arrivo posto in fondo alle discese e così a Bagnères-de-Bigorre ci si presenta dopo esser saliti prima sull’Aubisque e poi sul Tourmalet, sui quali transita in testa Bahamontes. Lo scalatore spagnolo, al quale un quotidiano madrileno di estrema destra ha offerto 250 mila pesetas (circa 28.500 euro odierne) in caso di vittoria al Tour, scollina l’Aubisque con 47” su Poulidor e 1’30” su Anquetil, ma poi viene raggiunto in discesa, che da sempre è il suo tallone d’Achille. Ci riprova sul Tourmalet, stavolta senza riuscire a fare il vuoto alle sue spalle perché “Poupou” rimane al suo fianco e “Jacquot” cede cinque secondi appena. Poi si ritorna a pedalare tutti assieme nella picchiata che termina sulla linea d’arrivo, dove Anquetil fulmina allo sprint i due rivali, accanto ai quali c’è anche l’altro iberico Pérez Francés. Il primo degli azzurri al traguardo è Fontona, 16° a 4’09”, mentre Carlesi perde più di sette minuti anche a causa dei dolori che gli ha lasciato in corpo un incidente avvenuto mentre si recava in bici al raduno di partenza della tappa del giorno precedente, quando era stato investito da un’auto. Poco più del toscano perde Gaul, oramai l’ombra del campione che fino a pochi anni prima riusciva a dettar legge in montagna, mentre la principale vittima della prima frazione pirenaica è – con gran sollievo per Anquetil – il corridore che l’anno precedente fino all’ultimo gli avava conteso la maglia gialla perché oggi Planckaert è crollato sin dall’Aubisque ed è giunto al traguardo con 13 minuti di ritardo.

Il giorno successivo è prevista una tappa molto simile nella costruzione alla precedente, anche se le tre salite in programma nel viaggio tra le località termali di Bagnères-de-Bigorre e Luchon sono meno impegnative rispetto alle due affrontate ventiquattrore prima. Ciò non scoraggia Bahamontes che, dopo un primo tentativo sull’Aspin, va nuovamente all’attacco sul Peyresourde, in cima al quale riesce a guadagnare quasi 4 minuti sul gruppo dei migliori. Come al suo solito si fa raggiungere nella picchiata che conduce a Luchon, transitati dalla quale si deve ancora percorrere un circuito di una sessantina di chilometri che lo spagnolo intraprende assieme ai corridori che gli erano giunti più vicini sul Peyresourd, i francesi Guy Ignolin, Claude Mattio e Guy Epaud. Costatato il recupero del gruppo inseguitore, a un certo punto l’Aquila di Toledo decide di fermarsi e farsi riassorbire, lasciando agli altri tre il palcoscenico di una gara che vedrà Ignolin portarsi al comando con netto vantaggio sul Portillon e giungere solitario al traguardo. Dietro, intanto, si registra un po’ di bagarre tra gli uomini di classifica che provoca, però, ben poca selezione e vede Poulidor guadagnare undici secondi su Pérez Francés e Anquetil, che ha rischiato un “dritto” nell’ultima discesa, e 21 su un Bahamontes che non ci ha più provato a staccare gli avversari. Per gli italiani – Fontona è ancora il migliore dei nostri, 15° a 3’22” – è un’altra giornata da dimenticare a causa di due incidenti avvenuti nel corso della discesa finale, resa insidiosa dalla pioggia e che hanno avuto come sfortunati protagonisti il piemontese Giancarlo Gentina, che perde i sensi per qualche minuto dopo aver centrato una roccia a bordo strada, e il toscano Graziano Battistini, leggermente feritosi dopo aver investito un tifoso che gli si era parato improvvisamente dinanzi e che, colpito dal corridore italiano, era finito in un profondo fossato fratturandosi una spalla. All’uscita dalla due giorni pirenaica la situazione in classifica vede Anquetil in seconda posizione a 3’03” da Desmet, che continua a vestire la maglia gialla. Il favorito per la vittoria finale ha, però, ancora un discreto vantaggio sugli avversari che più teme perché Poulidor è a 2’19” dal transalpino e Bahamontes ha dieci secondi di ritardo in più. Pérez Francés ne perde 4’57”, Fontona 11’48”, Planckaert 18’14” mentre Gaul, che oggi è andato meglio rispetto alla tappa del giorno prima (solo un minuto perduto da Anquetil), si ritrova ad avere ben 21 minuti di ritardo da “Jacquot”.

Dopo la tappa di Tolosa il Tour si dirige verso le Alpi, stavolta senza percorrere il solito “corridoio” pianeggiante che rasenta le coste del Mediterraneo ma imboccando la strada che conduce sulle alture del Massiccio Centrale, sul quale sono disegnate un paio di frazioni. La prima di queste termina ad Aurillac nel giorno dell’unica affermazione italiana al Tour de l’Avenir per opera di Mugnaini e vede protagonisti i big della classifica, nonostante un percorso poco accidentato e poca selettivo. Trentasette secondi dopo l’arrivo di Van Looy, “evaso” a 15 Km dal traguardo, piomba sulla linea d’arrivo un primo gruppo composto di una quarantina di corridori che viene regolato allo sprint da Anquetil su Bahamontes e Poulidor, con il primo che intasca i trenta secondi d’abbuono riservati al secondo piazzato e porta a 2’33” il suo svantaggio da Desmet.

Osservato l’unico giorno di riposo e affrontata la tappa di Saint-Étienne, terminata con il bis di Ignolin e il temporaneo inserimento del fuggitivo Jean Gainche al terzo posto della classifica, si arriva alla fase alpina del Tour, che prevede per prima una frazione con arrivo a Grenoble, ricalcando il finale della tappa che due anni prima aveva visto Gaul attaccare Anquetil e riuscire a staccarlo, senza tuttavia detronizzarlo dal vertice della classifica. Ripetere le gesta del lussemburghese sembra impresa impossibile perché gli organizzatori hanno addolcito il tratto conclusivo e del tridente Granier-Cucheron-Porte hanno conservato solo l’ultima ascesa, seguita dalla picchiata che conduce al traguardo. Comunque, ci si aspetta ancora un tentativo di Bahamontes, e lo spagnolo non delude le attese transitando in vetta al Porte con 2’15” di vantaggio, ma poi si è quasi certi che paleserà nuovamente difficoltà in discesa e sarà raggiunto. Stavolta, invece, l’iberico riesce a esorcizzare la sua “bestia nera” e tira dritto fino al traguardo, dove si presenta con un vantaggio quasi immutato, al quale viene addizionato il minuto d’abbuono che gli consente di scavalcare di tre secondi Anquetil in classifica, ancora comandata da Desmet.

Le sorti della maglia gialla si decideranno nei due tapponi d’alta montagna a venire e poi nella lunga cronometro prevista qualche giorno più tardi. Dopo l’impresa del giorno precedente gli occhi sono nuovamente puntati su Bahamontes, ma deludentemente la tappa di Val-d’Isère si rivela essere al traguardo una fotocopia di quella disputata il primo giorno sui Pirenei perché – quasi otto minuti dopo l’arrivo del vincitore, l’iberico Fernando Manzaneque – Anquetil, Poulidor e Bahamontes transitano sulla linea d’arrivo nel medesimo gruppo, dopo che lo spagnolo era riuscito a guadagnare una ventina di secondi sull’Iseran. È, però, saltato Desmet e così Bahamontes può consolarsi per la mancata selezione con la conquista della maglia gialla, che veste con i tre secondi che anche alla partenza lo separavano da Anquetil.

Ora le speranze di vedere un’altra giornata di grandi battaglie tra i big vacillano, nonostante l’indomani sia in programma un tappone ancora più duro. L’ultima giornata disegnate sulle Alpi prevede di arrivare a Chamonix attraversando l’Italia, entrando in Valle d’Aosta dal Piccolo San Bernardo per uscirvi attraverso il Gran San Bernardo, che fino a quell’estate costituiva l’unica possibilità di passaggio verso la Svizzera (il sottostante traforo, il primo realizzato sulle Alpi, sarà inaugurato l’anno successivo). È la cornice nella quale viene incastonata una piccola impresa a due perché all’ennesimo attacco di Bahamontes sulla salita, all’epoca sterrata, del Col de la Forclaz riesce a rispondere con autorità il solo Anquetil, che piomba come un falco sul rivale e in sua compagnia compie i chilometri che mancano per arrivare al traguardo, dove lo batte in volata anticipando di una ventina di secondi i corridori che sono arrivati loro più vicini. Tra questi ci sono Pérez Francés, l’italiano Fontona e il velocista belga Van Looy (che pure è equipaggiato per la salita), a dimostrazione che la tappa è sì stata selettiva ma non eccessivamente battagliata. Intanto il corridore spagnolo, che sperava oggi di dilatare il vantaggio di tre secondi che lo separava dal francese, si vede invece sopravanzato da quest’ultimo perché con l’abbuono si è finalmente portato al vertice della classifica: ora è tornato a essere padrone del Tour con 28” sul toledino e 6’43” su Pérez Francés, mentre Fontona ribadisce d’essere il migliore dei nostri con il sesto posto a 10’29” da Anquetil.

I distacchi inflitti dal francese sono destinati a lievitate perché quarantottore più tardi, dopo la tappa di Lons-le-Saunier vinta con quasi tre minuti di vantaggio dal belga Frans Brands, si deve disputare la lunga prova contro il tempo di Besançon, disegnata su un pianeggiante percorso di 55 Km. La crono riserva comunque delle sorprese e la prima è offerta dal belga Ferdinand Bracke che al rilevamento posto dopo 10 Km si ritrova ad avere un secondo di vantaggio su “Jacquot”, favorito sia dalle sue attitudini di cronoman, sia dalle numerose curve che presenta il tratto iniziale; poi il francese ingrana la sua solita marcia e riesce a superarlo agli altri intermedi fino a distanziarlo di 1’04” al traguardo, al quale Bracke sarebbe potuto giungere con un passivo inferiore al minuto senza la foratura che l’ha rallentato un paio di chilometri prima. L’altra sorpresa arriva dal vecchio Bahamontes, autore di una prestazione che stupisce perché riesce a limitare a 2′07″ il ritardo da Anquetil, un distacco lontano anni luce dai quasi 10 minuti che l’anno prima aveva accusato nella crono di Lione.

Forte dei 3’35” che lo separano da Bahamontes, ora Anquetil può godersi senza eccessivi patemi gli ultimi scampoli di un Tour che riserverà ancora la vittoria del belga Roger De Breucker a Troyes e il quarto squillo di Van Looy a Parigi. Poi spazio alla celebrazione del record dei record, le quattro vittorie che finora mai nessuno era riuscito a indovinare sulle strade del Tour.

Ma Anquetil non ha intenzione di fermarsi qui…

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

Anquetil e Bahamontes (in maglia gialla) allattacco sulla salita sterrata del Col de la Forclaz, nella tappa di Chamonix

Anquetil e Bahamontes (in maglia gialla) all'attacco sulla salita sterrata del Col de la Forclaz, nella tappa di Chamonix

19-07-2020

luglio 19, 2020 by Redazione  
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PUCHAR MINISTRA OBRONY NARODOWEJ (Polonia)

Il tedesco Felix Groß (nazionale tedesca) si è imposto nella corsa polacca, Gołasze-Puszcza – Wysokie Mazowieckie, percorrendo 149 Km in 3h03′28″ alla media di 48.73 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’estone Markus Pajur (Tartu 2024 – Balticchaincycling.com) e il polacco Stanisław Aniołkowski (CCC Development Team). Nessun italiano in gara

18-07-2020

luglio 18, 2020 by Redazione  
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DOOKOŁA MAZOWSZA (Polonia)

Il tedesco Felix Groß (nazionale tedesca) si è imposto nella terza ed ultima tappa, circuito di Kozienice, percorrendo 165 Km in 3h35′38″ alla media di 45.84 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Filippo Fortin (Team Felbermayr – Simplon Wels) e il polacco Sylwester Janiszewski (Voster ATS Team). Il ceco Michael Kukrle (Elkov – Kasper) si impone in classifica con 7″ sul connazionale Daniel Turek (Israel Cycling Academy) e 8″ sul polacco Paweł Bernas (Mazowsze Serce Polski). Miglior italiano Fortin, 6° a 39″.

BATTI UN CINQUE – 1962, IL TERZO TOUR DI ANQUETIL

luglio 18, 2020 by Redazione  
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Nel 1962 Anquetil riesce ad eguagliare il primato di tre Tour de France vinti, finora conseguito solo da due corridori, il belga Philippe Thys e il suo connazionale Luison Bobet. Ma quello sarà un Tour più difficile da conquistare per Jacques, che non riesce a mordere come suo solito nella prima delle due cronometro e non riesce a scrollarsi di dosso gli avversari più coriacei nelle tappe di montagna: alla fine il suo vantaggio sul secondo sarà di 5 minuti, nulla al confronto dei quarti d’ora abbondanti con i quali si era imposto nei suoi primi Tour.

Philippe Thys e Luison Bobet.

Saranno questi due i principali avversarsi di Jacques Anquetil al Tour del 1962. Due avversari a distanza, però, perché il belga ha più di settant’anni e si è ritirato nel lontano 1927, mentre il suo connazionale è ancora in attività, ma è all’ultima stagione da professionista, non disputa più il Tour dal 1959 e non sarà presente nemmeno in questa edizione. Entrambi hanno vinto tre edizione della Grande Boucle a testa e finora sono stati gli unici a conseguire un record che ora è nel mirino di Anquetil, il quale fisicamente si trova a gareggiare contro avversari diversamente “dislocati” rispetto alle edizioni precedenti. È stata, infatti, abbandonata la formula per squadre nazionali e così il francese, che gareggia nella Saint-Raphaël-Helyett diretta da Raphaël Géminiani, non avrà una nazionale tutta per sé e non sarà circondato solo da fidati connazionali perché in formazione ha anche due olandesi e un tedesco. Ben sei sono le squadre di matrice italiana e in particolare la più temibile pare essere la Ignis-Moschettieri, che sfodera un tridente di tutto rispetto costituito dal toscano Gastone Nencini e dai forlivesi Ercole Baldini e Arnaldo Pambianco, tutti e tre vincitori del Giro d’Italia. Nella Gazzola-Fiorelli il corridore di punta non è “nostrano” poiché si tratta dello “stagionato” Charly Gaul, che si presenta al via del Tour con la maglia di campione lussemburghese appena conquistata ma è oramai indirizzato al capolinea (quel campionato nazionale sarà, infatti, l’ultima vittoria della sua carriera, che terminerà ufficialmente tre anni più tardi).Nella Legnano-Pirelli c’è Imerio Massignan, nella Carpano Nino Defilippis, mentre la Philco ha schierato il miglior italiano dell’edizione precedente, Guido Carlesi, al quale si è deciso d’affiancarli il promettente parmense Vittorio Adorni, professionista da un anno e già messosi in luce all’ultimo Giro d’Italia, dove si è piazzato quinto dopo aver vinto la tappa di Moena. Per quanto riguarda i corridori stranieri quelli che offrono maggiori garanzie sembrano essere il giovane francese Raymond Poulidor, che gareggia nella Mercier-BP-Hutchinson, e lo spagnolo – “anziano” (34 anni) ma ancora sulla cresta dell’onda – Federico Bahamontes, che corre con le insegne della Margnat-Paloma-D’Alessandro. Alla fine di questo Tour, però, tutti questi corridori termineranno lontano dal podio (Massignan sarà settimo) con l’esclusione di Poulidor, che si piazzerà terzo, preceduto da un ciclista non pronosticato alla vigilia, il sorpendente belga della Flandria-Faema-Clément Joseph Planckaert. E a sorprendere sarà anche l’entità dei distacchi che riuscirà a imporre Anquetil, decisamente più bassi rispetto ai suoi due primi Tour, segnali d’esordio di un progressivo declino agonistico che gli consentirà comunque di far sue altre due edizioni della Grande Boucle.

Si inizia con una tappa insolitamente lunga per essere il primo giorno, perché ben 253 sono i chilometri che si devono percorrere per andare da Nancy al traguardo belga di Spa, nel cuore della Vallonia, dove Rudi Altig, il tedesco inquadrato nella formazione di Anquetil, nega al francese André Darrigade la quinta vittoria in carriera nella frazione d’apertura del Tour precedendolo in uno sprint di ventiquattro corridori tra i quali ci sono anche Carlesi (quinto), “Jacquot”, Nencini, Baldini e Massignan. Il Tour è, invece, partito con il piede sbagliato per altri attesi corridori perché già al primo giorno di gara Gaul si ritrova sul groppone un ritardo di 1’49” e peggio è andata a Bahamontes, Poulidor e Pambianco, che hanno rispettivamente perduto circa otto minuti i primi due e più di tredici il vincitore del Giro del 1961, vittima di una foratura.

È solamente rimandato di ventiquattrore l’appuntamento con la vittoria per Darrigade, che l’indomani fa sua allo sprint la prima delle sue semitappe con arrivo a Herentals, nella quale il grande sconfitto è il belga Rik Van Looy, che corre con la maglia iridata e che è giunto solamente quarto nella frazione terminata nel paese dove risiede e della quale è per tutti “l’Imperatore”. Registrato in casa Italia il ritiro di un febbricitante Defilippis, il pomeriggio si disputa una cronometro a squadre di 23 Km nella quale la Flandria, la formazione nella quale corre Planckaert, s’impone distanziando 1’15” la VC XII-Leroux-Gitane-Dunlop della maglia gialla Darrigade, che riesce a mantenere le insegne del primato conquistate al termine della semitappa mattutina. La formazione migliore tra quelle dei big è quella di Anquetil, che fa meglio di 1’09” della squadra di Carlesi, di 1’30” della favoritissima Ignis del “tridente”, di 2’03” della squadra di Bahamontes, di 4’18” della formazione di Poulidor, di 5’05” di quella di Massignan e di 5’18” di quella di Gaul.

Si fa ritorno in Francia con una tappa diretta ad Amiens, caratterizzata da diversi tentativi e che ha tra i protagonisti Carlesi, il pavese Giuseppe Sartore e il tedesco Rolf Wolfshohl, che si lanciano in fuga ai meno 18 e che vengono ripresi a soli 5 Km dal traguardo, dove Altig s’impone in volata riuscendo a togliere grazie all’abbuono la maglia gialla a Darrigade per 24 secondi. Intanto, in una giornata insolitamente caratterizzata da temperature fredde, ci sono corridori di vertice che hanno ancora perduto tempo e così Gaul, Bahamontes e Nencini si ritrovano a concedere agli avversari 56 secondi i primi due e quasi un minuto e mezzo il toscano.

Il giorno successivo l’Italia sfiora la vittoria con il ferrarese Dino Bruni, che al traguardo viene preceduto allo sprint dal belga Willy Van Den Berghen dopo esser stato tra i promotori del tentativo di fuga che era andato a riprendere il comasco Giancarlo Manzoni e in compagnia di quest’ultimo era arrivato fino a Le Havre, dove il gruppo dei migliori è preceduto di poco più di due minuti.

I nostri corridori sono ancora in bella vista nel corso della tappa che conduce a Saint-Malo e stavolta con nomi importanti in fuga, come quelli di Pambianco e di Adorni. Nel tentativo si inseriscono anche il vicentino Antonio Bailetti, il ligure Arnaldo Di Maria e il varesino Augusto Marcaletti, corridore che quell’anno al Tour conquisterà un primato unico al mondo e mai più ripetuto, una “doppietta” all’incontrario con Giro e Tour essendo piazzatosi ultimo – maglia nera, dunque – sia nell’edizione della Corsa Rosa disputata nel 1961, sia nella Grande Boucle in corso. La presenza di Pambianco stimola Massignan, che cerca di raggiungere i battistrada per recuperare il tempo perduto nelle prime tappe, ma la sua reazione trova una pronta risposta nel gruppo che non intende lasciarsi scappare Imerio, miglior scalatore al Tour del 1961, e aumenta la velocità, andando a riprenderlo ma anche causando il fallimento della fuga degli altri italiani. Con il ricongiugimento del gruppo ben 130 corridori si presentano sul traguardo di Saint-Malo, dove a cogliere la vittoria è il belga Emille Daems, che riesce a guadagnare qualche metro al momento dell’ingresso della pista sulla quale è posto l’arrivo e a imporsi con due secondi di vantaggio sul francese d’origini polacche Jean Graczyk e sull’italiano Rino Benedetti.

La lunga marcia d’avvicinamento verso l’attesa cronometro della Rochelle, in programma fra tre giorni, passa ora da un’altra lunga tappa di trasferimento, il cui traguardo è posto all’estremità occidentale dello stato francese, nella città portuale di Brest. È una tappa, questa, che cambia il volto alla leader della classifica perché il tradizionale tentativo di fuga è promosso da quindici corridori di ben nove formazioni differenti e sono, dunque, ben poche le squadre sulle quali ricade un lavoro di ricongiungimento che fallisce per quasi 5 minuti. Tra gli “ardimentosi” di giornata ci sono due italiani (il campano Francesco Miele e il lombardo Carlo Azzini), il francese Robert Cazala – vincitore in quel di Brest – e soprattutto l’olandese Albertus “Ab” Geldermans, che grazie al tempo guadagnato sulla strada riesce a levare per 3’14” la maglia gialla ad Altig, che in classifica viene preceduto anche da un altro dei corridori andati in fuga quest’oggi, il belga Jos Hoevenaars, secondo a 23 secondi. A completare la festa olandese sarà l’indomani la vittoria di Hubertus “Huub” Zilverberg sul traguardo di Saint-Nazaire.

Arriva l’atteso giorno della cronometro, che si disputa nel pomeriggio del primo luglio, dopo che il mattino è arrivata la prima vittoria italiana, conquistata sul traguardo di Luçon dal bolognese Mario Minieri precedendo in volata Benedetti. Anche la crono sorride all’Italia perché l’Anquetil che la disputa non è lo stesso tiranno contro il tempo che si era visto negli anni precedenti: è il francese a vincere ma, dopo una crono filata via velocissima a quasi 48 Km orari, Baldini gli arriva vicinissimo e perde soli 22 secondi. Anche gli altri avversari riescono a contenere il distacco e così Altig finisce a 46” dal transalpino, Planckaert a 1’07”, Carlesi a 1’41”, Nencini a 2’17”, Poulidor a 3’12”, Bahamontes a 3’15”, Gaul a 3’19” e Massignan a 3’30”. Lo sprinter francese Darrigade termina a 4’14” dal suo connazionale e, grazie al tempo guadagnato nei primi giorni di gara, si riprende la maglia gialla vestendola con 51” sul britannico Tom Simpson e 1’21” sull’ex leader Geldermans; Altig è 7° a 3’20”, Planckaert 10° a 3’36” mentre Anquetil è solo 12° a 4’11”: a pochi giorni dall’inizio delle montagne il favorito numero uno per la vittoria finale si ritrova ad avere 1’06” di vantaggio su Baldini, 2’45” su Carlesi, 4’08” su Massignan, 4’34” su Nencini, 7’16” su Poulidor, 8’18” su Gaul e 13’04” su Bahamontes.

Poche ore dopo l’affermazione di Minieri arriva un altro successo italiano, conseguito da Bailetti sul traguardo di Bordeaux, dove il corridore della Carpano regola in volata cinque compagni d’avventura, tra i quali ci sono il romagnolo Franco Magnani e Willy Schroeders, il corridore belga che con questa fuga riesce a spodestare per 45 secondi Darrigade dal vertice della classifica. Alla vittoria di Bailetti fa eco, lo stesso giorno e sullo stesso traguardo, il secondo posto del suo conterraneo Mario Zanin nella prima tappa del Tour de l’Avenir, conquistata dall’olandese Jan Janssen. Quest’anno, però, la nazionale azzurra non riuscirà a bissare il successo conseguito nella prima edizione del Tour dei dilettanti di dodici mesi prima e si dovrà accontentare di una sola vittoria di tappa e del secondo posto sul podio finale di Parigi con un altro corridore che arriva dal Veneto, Mario Maino.

Bisogna affrontare ancora due frazioni prima delle tappe pirenaiche ed entrambe finiscono in mano a corridori belgi. A Bayonne ad imporsi è Willy Vannitsen mentre sul tradizionale traguardo di Pau, al quale stavolta si arriva senza affrontare in precedenza grandi salite, a transitare per primo è Eddy Pauwels. Quest’ultima, però, non è una giornata felice per il Belgio perché perde uno dei suoi corridori più rappresentativi, il campione del mondo in carica Van Looy, costretto al ritiro a causa di una caduta provocata dalla brusca frenata della moto di un quotidiano locale.

È prevista una sola vera tappa di montagna sui Pirenei, 207 Km per andare da Pau a Saint-Gaudens con le salite “ammucchiate” nella fase centrale (nell’ordine Tourmalet, Aspin e Peyresourd) e nessuna difficoltà da superarsi nei primi 65 Km e negli ultimi 50. Sul primo dei tre colli entra in scena Bahamontes, che esce dal gruppo, raggiunge i corridori che si trovavano in fuga da diversi chilometri e li stacca, arrivando a vantare in vetta al Tourmalet due minuti su Massignan e due minuti e mezzo sugli altri assi, tra i quali non ci sono Carlesi – che sta perdendo a questo punto una trentina di secondi da Anquetil – e l’ancor più attardato Baldini. Dietro si attrezzanno per l’inseguimento e riescono a ridurre il vantaggio dello spagnolo sull’Aspin prima e sul Peyresourde poi, in vetta al quale l’Aquila di Toledo transita con 13” su Massignan, 1’22” su “Poupou” e 1’35” sul gruppetto di venti corridori, con Gaul e Anquetil, nel quale è riuscito a rientrare Carlesi. Successivamente una foratura dello spagnolo permette al tedesco Wolfshohl e a Massignan di raggiungerlo e di portarsi al comando della corsa. Ai meno otto viene ripreso lo scalatore vicentino, poco dopo anche il tedesco viene fagocitato dal gruppo che si presenta forte di 18 corridori sul traguardo di Saint-Gaudens, dove coglie la vittoria Cazala mentre Carlesi si piazza secondo guadagnando trenta secondi d’abbuono. Tra i nomi di punta incassano pesanti ritardi Nencini (6’36”) e Baldini (8’45”) mentre esce dai piani alti della classifica la maglia gialla Darrigade, che lascia le insegne del primato a Simpson, primo britannico a vestire il nobile indumento.

È previsto a questo punto il ritorno a Superbagnères, stavolta per una frazione completamente diversa rispetto a quella dell’anno precedente. L’arrivo è, infatti, previsto al termine di una cronoscalata di 18 e mezzo, un esercizio che Anquetil ha già avuto modo di affrontare in due occasioni al Giro d’Italia, al Vesuvio nel 1959 e alle Cave di Carrara nel 1960: nella prima, lunga 8 Km, aveva accusato 52” di ritardo da Gaul, mentre in quella brevissima dell’anno successivo, 2 Km appena, si era imposto ex aequo con lo spagnolo Miguel Poblet. La distanza stavolta è maggiore e i più pensano che pure in quest’occasione il francese si troverà a perdere terreno rispetto agli scalatori: in parte succede proprio così perché ai 1800 metri della stazione di sport invernali sopra Luchon i cronometri sanciscono un minuto e mezzo di ritardo per il francese nei confronti di Bahamontes mentre di soli tre secondi è il vantaggio al traguardo del sorprendente Planckaert, che diviene la nuova maglia gialla. Jacques, però, fa registrare il terzo miglior tempo, superiore di un solo secondo a quello di Gaul, e gli altri avversari si trovano ancora a perdere nei suoi confronti, come nell’altra crono: Poulidor è stato staccato di 1’35”, Massignan di 2’36” e Baldini di 2’53”. Messe in archivio le Alpi ora il favoritissimo Anquetil si ritrova a essere in quarta posizione in classifica, preceduto di 3” da Geldermans, di 18” dal belga Gilbert Desmet (da non confondere con il connazionale Armand Desmet, che quell’anno aveva vestito per una settimana la maglia rosa al Giro) e di 1’08” da Planckaert. Tutti gli altri sono ancora costretti a inseguirlo: Simpson è a 52”, Masslgnan a 6’44”, Carlesi a 7’50”, Gaul a 8’19” e Poulidor a 8’51”.

Il prossimo obiettivo del gruppo sono le Alpi, in direzione delle quali sono state disegnate quattro tappe di trasferimento, la prima delle quali termina a Carcassonne con il successo del francese Jean Stablinski, che anticipa di dodici secondi la volata del gruppo. Il giorno successivo l’arrivo è fissato a Montpellier, dove l’anno precedente al Tour de l’Avenir si era imposto Giorgio Zancanaro, che ora è passato professionista e si trova proprio nel gruppo che sta affrontando l’altro Tour, quello dei “grandi”. Memore di questo precedente il corridore piemontese ambisce ad a imporsi sul medesimo traguardo che l’aveva consacrato e più volte tenta di creare la fuga buona, nessuna delle quali va in porto anche perché i gregari di Anquetil tutte le volte lo vanno a riacciuffare, consapevoli che è un uomo di Carlesi, il corridore che l’anno prima era arrivato secondo al Tour. Il “catenaccio” dei transalpini è tale che, fatto raro nei Tour di quegli anni, l’arrivo è a gruppo compatto e a vincere allo sprint è il belga Willy Vannitsen.

Dopo la tappa di Aix-en-Provence, vinta Émile Daems, il Tour propone l’arrivo ad Antibes, dove nel 1961 era iniziato il filotto di vittorie italiane all’Avenir ed è proprio su questo traguardo che viene colta l’unica vittoria azzurra nella corsa riservata dai dilettanti, per opera del fiorentino Roberto Poggiali. La tappa dei “big” vede, invece, il successo del tedesco Altig alla vigilia del tappone più duro della corsa francese.

L’indomani si deve viaggiare per 241 Km dalle rive del Mediterraneo al cuore delle Alpi, dove l’arrivo è fissato a Briançon dopo esser saliti su Izoard, Vars e su una succulenta salita inedita, il Col de Restefond. Con questo nome viene presentato sull’altimetria ufficiale il colle oggi noto con il nome di Bonette e che conduce al punto più elevato della rete stradale francese, a 2802 metri di quota. Ci sono tutte le prerogative perché ne esca un tappone da far tremare i polsi e invece a tremare è ben poco, al punto che un velocista come Daems riesce a rimanere assieme agli scalatori e addirittura li precede al traguardo, dove Massignan, Poulidor, Anquetil, Gaul, Planckaert e Bahamontes giungono tutti assieme. A pagare sono solo i soliti nomi che già erano apparsi in difficoltà sui Pirenei, ai quali si aggiunge quello di Carlesi, oggi staccato di quasi otto minuti.

È rimasta una sola tappa di montagna per tentare di mettere in croce Anquetil, quella che termina ad Aix-les-Bains dopo aver affrontato il Lautaret, il Luitel e, nel finale, il tridente Porte-Cucheron-Granier, percorso al contrario rispetto alla frazione dove l’anno prima Gaul era riuscito a staccare il francese. Anche stavolta è questo trittico a rivelarsi decisivo, con l’attacco di Bahamontes sul Porte e la risposta di Poulidor, con il francese che riesce a raggiungere e lasciare sul posto il corridore spagnolo, involandosi verso un traguardo dove giunge con 2’30” sull’Aquila di Toledo e il connazionale Anglade, mentre “Jacquot” termine nel gruppo di 17 corridori che giunge dopo 3’16” e nel quale c’è ancora Planckaert, che così mantiene intatto il vantaggio di 1’08” che alla partenza aveva su Anquetil. Per quanto riguarda gli italiani cede ancora Carlesi, che oggi ha terminato con un passivo di poco inferiore ai venti minuti. Finite le Alpi ora la classifica vede, come detto, ancora in testa il corridore belga, secondo è Anquetil a poco più di un minuto, terzo Poulidor a 5’43”; s’incontrano quindi Desmet a 7’15”, Geldermans a 7’23”, Simpson a 7’27”, Massignan a 7’50” e Gaul a 9’27”. Baldini è 11° a 16’39” mentre Carlesi è sprofondato in diciottesima posizione con 32’28” di ritardo. A parziale consolazione per l’Italia arriva il terzo posto di Maino nella tappa del Tour de l’Avenir (vinta dall’elvetico René Binggeli), piazzamento grazie al quale il corridore veneto si porta al secondo posto della classifica generale con 1’54” di ritardo dalla maglia gialla, lo spagnolo Antonio Gómez del Moral.

È quasi diventato un incubo quel Planckaert per Anquetil, ma ora Jacques ha a dispozione la tappa che gli consentirà di riportare l’ordine, la lunga crono che in 68 Km conduce da Bourgoin-Jallieu a Lione. Sul suo terreno di gara prediletto torna a farsi vedere il solito schiacciasassi contro il tempo che si conosceva perché stavolta i distacchi che riesce ad affliggere non sono ridotti ai minimi termini, come invece era successo nella crono della Rochelle. È ancora Baldini il primo dei battuti, ma con un ritardo quasi decuplicato rispetto all’altra volta, quando aveva accusato un passivo di 22 secondi, ora divenuti 179, vale a dire quasi tre minuti. Quel che più contano per il transalpino sono i cinque minuti e rotti che è riuscito a dare a Planckaert, che deve salutare la maglia gialla pur riuscendo a conservare la seconda posizione in classifica, al cui terzo posto si conferma Poulidor.

Ora Anquetil può dormire sonni tranquilli e non possono certo turbarlo i 12 secondi che Planckaert e Poulidor riescono a sgranocchiargli l’indomani nel finale della penultima tappa, vinta a Nevers dall’italiano Bruni, antipasto della prestigiosa affermazione che Benedetti otterrà ventiquattrore più tardi sull’approdo finale sulla pista del velodromo del Parco dei Principi.

Missione tripletta compiuta per Anquetil, che ora punta dritto al primato assoluto…

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

Nota: presenti sono le frazioni pirenaiche, quelle alpine e due delle tappe di trasferimento verso le Alpi







Anquetil e Poulidor al Tour del 1962

Anquetil e Poulidor al Tour del 1962

17-07-2020

luglio 17, 2020 by Redazione  
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DOOKOŁA MAZOWSZA (Polonia)

Il ceco Michael Kukrle (Elkov – Kasper) si è imposto nella seconda tappa, circuito di Grodzisk Mazowiecki, percorrendo 168.5 Km in 3h25′30″ alla media di 49.20 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Daniel Turek (Israel Cycling Academy) e il polacco Paweł Bernas (Mazowsze Serce Polski) . Miglior italiano Filippo Fortin (Team Felbermayr – Simplon Wels), 7° a 33″. Kukrle è il nuovo leader della classifica con 7″ su Turek e 9″ su Bernas. Miglior italiano Fortin, 18° a 45″.

16-07-2020

luglio 16, 2020 by Redazione  
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DOOKOŁA MAZOWSZA (Polonia)

Il tedesco Felix Groß (nazionale tedesca) si è imposto nella prima tappa, circuito a cronometro di Służewiec (Varsavia), percorrendo 2.3 Km in 02′48″ alla media di 49.28 Km/h. Ha preceduto di 1″ il polacco Adrian Banaszek (Mazowsze Serce Polski) e di 2″ il ceco Petr Kelemen (CCC Development Team). Miglior italiano Filippo Fortin (Team Felbermayr – Simplon Wels), 15° a 5″. Groß è il primo leader della classifica con 1″ su Kelemen e Banaszek. Miglior italiano Fortin, 16° a 5″. La breve corsa polacca, prima gara dopo la lunga sospensione del calendario per l’emergenza coronavirus, sarebbe dovuta partire ieri ma la prima tappa, prevista in circuito attorno al centro di Teresin, è stata annullata in seguito ad un incidente stradale avvenuto sul percorso di gara.

BATTI UN CINQUE – 1961, IL SECONDO TOUR DI ANQUETIL

luglio 16, 2020 by Redazione  
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Dopo l’exploit del 1957 bisogna attendere quattro anni per rivedere Anquetil vincere il Tour de France. Nelle stagioni precedenti è stato messo alle corde in salita ed è riuscito a vincere il Giro del 1960 per soli 28 secondi. Ma nel 1961 torna a farsi vedere il normanno che aveva dominato il suo primo Tour, complice un avversario numero uno, Charly Gaul, che non rende più in salita come prima e ha già imboccato la strada che lo porterà al ritiro dalle competizioni. Alla fine il corridore che gli giungerà più vicino sarà l’italiano Guido Carlesi, premio di consolazione per la nazionale azzurra che avrà comunque modo di gioire grazie alla vittoria di Guido De Rosso nella parallela prima edizione del Tour de l’Avenir.

Non ebbe vita facile Anquetil negli anni suiccessivi il suo exploit al Tour del 1957.
Prese le misure del loro nuovo avversario, i suoi rivali si attrezzano e riescono a batterlo, non solo in salita ma anche sul suo terreno di gara. Così al Tour del 1958 il lussemburghese Charly Gaul riesce a precederlo, anche se solo per sette secondi, nella crono di Châteaulin e poi anche nella cronoscalata del Mont Ventoux e nelle tappe di montagna: si scoprirà qualche giorno più tardi che Jacques durante quel Tour covava in corpo, senza saperlo, una congestione polmonare che ne aveva condizionato il rendimento e che lo costringerà al ritiro alla vigilia della penultima tappa, proprio quella cronometro lunga alla quale tanto puntava. Perfettamente ristabilito, nel 1959 decide di puntare alla doppietta Giro-Tour, ma finisce per “prenderle” in entrambe le corse, terminando in seconda posizione la Corsa Rosa – ancora dietro a Gaul – e in terza la Grande Boucle, dove meglio di lui fanno il connazionale Henry Anglade e lo spagnolo Federico Bahamontes, quell’anno maglia gialla. Anche nel 1960 inserisce nei programmi il Giro – è l’anno del debutto del Gavia – e lo vince a fatica riuscendo a prevalere per soli 28”. Il corridore giunto secondo è Gastone Nencini, che Jacques già aveva visto all’opera al Tour del 1957 e che sa essere iscritto al Tour che prenderà il via due settimane più tardi: così il campione francese, che teme la terza sconfitta consecutiva nella corsa di casa, il giorno della conclusione del Giro annuncia che al Tour non ci andrà e che a vincerlo sarà Nencini. Ed è proprio quello che accadrà perché il 18 luglio del 1960 i quotidiani italiani annunceranno la vittoria finale del “Leone del Mugello”, giunto a Parigi con 5 minuti di vantaggio su un altro corridore italiano, il correggionale Graziano Battistini.

Per ritrovare l’Anquetil che aveva monopolizzato il Tour del 1957 bisogna aspettare l’edizione del 1961, che scatta dalla sua Rouen, forse uno sprone voluto dagli organizzatori per accattivarne la partecipazione. E anche questo è un Tour che il francese affronta dopo aver preso parte al Giro d’Italia, dove ha vinto la lunga crono di Bari e ha nuovamente concluso la corsa in seconda posizione, preceduto di 3’45” dal romagnolo Arnaldo Pambianco, mentre Gaul stavolta non è riuscito a superarlo, anche se per soli 37 secondi. Nonostante non riesca più a vincere il Tour da quattro anni è lui il favorito numero uno per la vittoria, anche perché Gaul, pur avendo solo un paio di anni più di lui, sembra aver già imboccato la strada che lo condurrà alla fine della sua carriera due stagioni più tardi. E non si vedono altri corridori in grado di combattere ad armi quasi pari con il corridore francese, che, in effetti, si imporrà in questa edizione con distacchi importanti, anche se inferiori rispetto a quelli che aveva impresso in classifica quando si era cimentato per la prima volta con il Tour nel 1957. La nazionale azzurra – che per la prima volta dal 1950 non ha come commissario tecnico Alfredo Binda, sostituito da Antonio Covolo – schiera comunque corridori interessanti come il già citato Battistini, lo scalatore vincentino Imerio Massignan, primo uomo al comando sul Gavia, il trevigiano Vito Favero – che era giunto secondo nel Tour vinto da Gaul nel 1958 – e il toscano Guido Carlesi, che alla fine sarà il primo dei battuti, un piazzamento che riuscirà a guadagnare all’ultimo giorno di gara invertendosi per soli due secondi con Gaul.

Si inizia con il successo allo sprint del francese André Darrigade, un “habituè” della vittoria nella prima tappa del Tour, che ha conquistato per quattro volte tra il 1956 e il 1961, saltando l’appuntamento soltanto nel 1960. “Dédé” vince a Versailles precedendo in volata l’emiliano Mario Minieri in una prima frazione che già vede Anquetil protagonista, infilatosi nella fuga di 15 corridori – tra i quali c’è Carlesi – giunta al traguardo con quasi 5 minuti di vantaggio sul grosso nel gruppo, nel quale ci sono Gaul e gli altri italiani più interessanti.

“Jacquot” è già in perfetto orario, anzi in anticipo di qualche ora perché lo si aspettava in grande spolvero per il pomeriggio della stessa prima tappa, quando Jacques Goddet ha programmato una cronometro di 28 Km e mezzo. Il verdetto della prova contro il tempo è impressionante perchè Anquetil affibbia ai rivali distacchi mostruosi se paragonati alla distanza da percorrere: se nella crono di Bari del Giro, che era lunga 55 Km, aveva dato quasi tre minuti ai corridori che più gli erano arrivati vicini, al termine di un percorso lungo la metà riesce a distanziare di 2’32” il connazionale Albert Bouvet e di 2’39” l’italiano Battistini, mentre Gaul incassa subito un “diretto” di 2’55”. Per quanto riguarda gli altri azzurri, Massignan è 9° a 3’18” e Carlesi 37° a 4’55”: il predominio del francese è così netto che nessuno, da qui a Parigi, riuscirà a togliergli di dosso la maglia gialla.

Con gli avversari letteralmente annichiliti dalla prestazione di Anquetil il giorno dopo si disputa la tappa del pavè, 230 Km per viaggiare da Pontoise alla volta di Roubaix, dove anziché contare i distacchi di una tappa poco selettiva – bis di Darrigade in volata, gruppo dei migliori compatto con il solo Carlesi che riesce a precederlo di una manciata di secondi – si contano i feriti caduti sul campo. La tappa è, infatti, caratterizzata da almeno sette cadute, due delle quali mandano a terra una trentina di corridori, con sei di questi costretti al ricovero in ospedale e al conseguente ritiro dal Tour: uno dei più gravi è un italiano, il biellese Ezio Pizzoglio, che riporta fratture multiple al cranio e che per un lungo periodo faticherà a ritrovare la parola.

Si supera una prima volta il confine di stato per una tappa diretta a Charleroi attraverso il Muro di Grammont. Su quelle stesse strade quattro anni prima la nazionale francese aveva orchestrato un attacco che aveva permesso ad Anquetil di guadagnare parecchio sugli avversari e in particolare su Nencini (quasi undici minuti di ritardo). Memore di questo precedente i transalpini provano ancora far saltare il banco, ma stavolta la nazionale italiana si fa trovare pronta e, dopo aver accusato un minuto di ritardo, reagisce e si riporta sul gruppo all’attacco per poi ritrovarsi lei stessa nel ruolo di attaccante grazie ad un’offensiva scatenata da Carlesi. Dopo aver fatto sprecare tante energie ai francesi la tappa vede i migliori giungere tutti assieme al traguardo, dove s’impone il belga Emile Daems mentre tra i nostri l’unico a pagare è Favero che, fiaccato da una tappa condotta a oltre 39 Km/h, accusa più di venti minuti di ritardo.

Tanti saliscendi movimentano la tappa che riporta la corsa in Francia, ideali trampolini di lancio per una fuga da lontano. E la fuga parte quando si sono messi alle spalle i primi 30 dei 237 Km che si devono percorrere per andare a Metz e a portarsi al comando sono due francesi, Bernard Viot e Jean Forestier, che nel 1957 proprio grazie ad una fuga simile era riuscito a portarsi al comando della classifica. Guadagnano fino a 8’45” poi Anquetil fa la voce grossa con Marcel Bidot, commissario tecnico della nazionale transalpina, perché non c’è collaborazione all’inseguimento e si corre il rischio che Forestier gli porti via la maglia. Stavolta non vuole concedere nulla a nessuno e ordina così a Bidot di recarsi da Forestier e intimargli di rallentare: il compagno di squadra di Jacques obbedisce con rassegnazione, ma la fuga continua ugualmente a guadagnare e raggiunge i dieci minuti di vantaggio fin quando è la nazionale italiana a prendere in mano le redini dell’inseguimento. È poi Viot, che corre per una delle nazionali francesi regionali, a ricevere l’ordine di rallentare, nello stesso momento nel quale Forestier rompe gli indugi e scatta. Alla fine il vantaggio precipita e i due sono ripresi a 20 Km dal traguardo, mentre si susseguono altri tentativi, fino a quello decisivo del terzetto che va a giocarsi la vittoria, conquistata dal francese Anatole Novak, il corridore più alto del Tour.

Nella medesima squadra di Novak, la regionale francese del Midi-Centre, corre anche il corridore più basso di questa edizione della corsa, Louis Bergaud, la “Pulce del Cantal” che curiosamente gli succede nell’albo d’oro vincendo il giorno successivo la tappa di Strasburgo, che propone le prime salite vere del Tour 1961. Ma le inclinazioni dei Vosgi – si deve salire prima sul Col du Donon e poi sul Champ du Messin – si rivelano abbastanza tenere e nessuno tra gli avversari di Anquetil prova a metterlo in difficoltà, nemmeno quando nella fuga decisiva s’infila Jos Hoevenaars, che da qui a Parigi potrebbe rivelarsi un osso duro per il piazzamento in classifica alle spalle del francese. Il corridore belga, infatti, al Giro dell’anno prima si era piazzato quinto in classifica dopo aver vestito per dieci giorni la maglia rosa e in questa frazione è riuscito a guadagnare quasi 4 minuti, anche se è ancora lontanissimo da Anquetil e Carlesi, attualmente miglior italiano in classifica con 5’22” di ritardo dal francese.

Poco selettiva si rivela anche la successiva tappa di Belfort, più difficile della precedente perché si deve salire sul Ballon d’Alsace. Gli avversari di Anquetil provano a renderla ancor più impegnativa con una serie di pericolose fughe a ripetizione intentate nel velocissimo avvio di gara, quando la velocità supera i 50 Km/h. Il francese non si fa, però, mai prendere in castagna, almeno fin quando non gli scappano due corridori del calibro del nostro Battistini, secondo al Tour dell’anno prima, e dell’irlandese Seamus Elliott, che nonostante i “natali” corre nella nazionale britannica. Ci vuole una mezz’ora buona per andare a riprenderli, più avanti ci provano Massignan e nuovamente Battistini, ma stavolta la reazione del francese è pronta e annichilisce nuovamente gli avversari, che neanche ci provano a infastidirlo sull’atteso Ballon d’Alsace. All’arrivo i migliori sono così nuovamente tutti assieme, preceduti al traguardo di quasi cinque minuti dall’arrivo solitario del belga Joseph Planckaert, che prima che iniziassero le salite si era infilato in un tentativo di cinque corridori al quale Anquetil aveva lasciato via libera.

Affrontate senza troppi scossoni le prime montagne il Tour si dirige ora verso il centro della Francia con una tappa sulla carta di trasferimento che per la nazionale francese si rivela, invece, molto dispendiosa. Riesce, infatti, ad andare in porto una fuga da lontano che rischia di levare la maglia gialla ad Anquetil e al cui inseguimento non contribuiscono né Gaul, né la nazionale belga – i cui corridori erano stati accusati dal francese di aver tentato di farlo cadere nella precedente frazione – né quella italiana perché nel tentativo si era inserito il veronese Adriano Zamboni. Ricaduto tutto sulle spalle dei transalpini, il lavoro di ricucitura permette loro di ridurre a 6’33” il vantaggio dei corridori al comando, tra i quali ci sono anche il francese Jean Stablinski, che si impone in quel di Chalon-sur-Saône, e lo spagnolo Fernando Manzaneque (quello della scazzottata con Vito Taccone al Tour del 1964), che a un certo punto di questa frazione si era trovato a essere ad un passo dalla maglia gialla virtuale e che ora è secondo in classifica a 4’37” dal primato di Anquetil.

Alla vigilia delle Alpi si arriva a Saint-Étienne, dove sono previsti due arrivi di tappa lo stesso giorno ma di due corse differenti: il 2 luglio viene, infatti, tenuta a battesimo la prima edizione del Tour de l’Avenir, la Grande Boucle riservata ai dilettanti, la cui prima frazione è vinta dal francese Jean-Claude Lebaube. Diretta da Elio Rimedio, nella nuova corsa è in gara anche la nazionale “cadetta” che alla fine tornerà in Italia con il bottino maggiore, sei vittorie di tappa consecutive e, soprattutto, la classifica generale finale conquistata dal trevigiano Guido De Rosso con 38” di vantaggio sullo spagnolo Francisco Gabica. La parallela corsa dei professionisti si risolve anche oggi con una fuga, stavolta concessa da Anquetil che così si fa perdonare per lo “sgarbo” fatto qualche giorno prima al suo compagno di squadra Forestier, fermandolo mentre era al comando della corsa: è proprio lui a vincere, dopo esser evaso dal gruppo assieme al connazionale Stéphane Lach ed essere giunto al traguardo quattro minuti prima dei migliori.

Arriva il momento della prova del nove per Anquetil, che nelle ultime stagioni le ha sempre “prese” in salita, anche se le tre frazioni disegnate attraverso la catena alpina non sembrano particolarmente accidentate. Deve in particolare guardarsi le spalle da Gaul ed è proprio lo scalatore lussemburghese a pugnalargliele nella tappa che si conclude in discesa a Grenoble dopo aver scavalcato nel finale il tridente costituito dalle ascese ai colli del Granier, del Chucheron e di Porte. Davvero di pugnalata si può parlare perché “l’Angelo della Montagna” sceglie un momento di difficoltà dell’avversario per attaccarlo, quando Anquetil si è dovuto fermare per fare sostituire una ruota (in precedenza aveva forato e un suo compagno di squadra gli aveva ceduto la sua, che però era fornita di rapporti inadatti alle salite). Il lussemburghese arriva a guadagnare fino a 3 minuti in vetta al Cucheron, poi rischia di compromettere il lavoro fatto osando eccessivamente nella successiva discesa, lungo la quale ruzzola a causa dell’asfalto bagnato. Riparte ferito, ma riesce a stringere i denti sino al traguardo, dove giunge con un vantaggio quasi dimezzato su Anquetil, che sarebbe potuto essere maggiore se non avesse azzardato troppo in discesa. Ma il lussemburghese è stato l’unico a guadagnare sul francese, che ha terminato la prima tappa alpina assieme a Massignan, al tedesco Hans Junkermann e al secondo della classifica Manzaneque, mentre tutti gli altri si sono nuovamente piegati all’asso normanno: in particolare Carlesi ha perduto quasi due minuti, mentre Battistini è vittima di una grave crisi che lo porta ad accusare al traguardo un passivo di più di dodici minuti.

C’è particolare attesa tra gli italiani per la tappa del giorno successivo, perché si deve arrivare in Italia dopo esser saliti prima sulla Croix-de-Fer e poi sul Moncenisio. Una novantina di chilometri dopo la cima dell’ultima ascesa il traguardo è fissato presso lo Stadio Comunale di Torino, dove rimangono delusi i circa tremila tifosi accorsi, desiderosi di applaudire il successo di un nostro connazionale. La vittoria, infatti, se la giocano due corridori francesi scappati a una ventina di chilometri dalla partenza e rimasti al comando per i successivi 230 km – nell’ordine si classificano Guy Ignolin ed Emmanuel Busto – mentre il gruppo degli assi, oggi assai poco belligeranti, taglia il traguardo a quasi un quarto d’ora dai primi due, preceduto di un minuto e mezzo circa dall’arrivo solitario dell’umbro Carlo Brugnami.

Bisogna attendere il rientro del Tour in Francia per assistere al primo dei tre successi italiani, colto da Carlesi sul traguardo di Antibes, al quale si giunge al termine dell’ultima frazione alpina. Un altro azzurro protagonista della giornata è Massignan, che transita in testa su tutte e tre le salite previste – i colli di Tenda (fino al traforo), di Brouis e di Braus – consolidando il proprio primato nella classifica dei Gran Premi della Montagna, all’epoca non contraddistinta da una maglia da far indossare al titolare, assegnata per la prima volta nel 1975. È nel corso della discesa dal secondo colle che entra in scena Carlesi, che si lancia solitario all’attacco e arriva a guadagnare una trentina di secondi prima di essere ripreso a 2 Km dalla vetta del Braus. Non succede più nulla d’emozionante fino al rettilineo d’arrivo, sul quale si fionda un gruppo di una ventina di corridori nel quale non ci sono né Battistini, ritiratosi dal Tour dopo aver tamponato violentemente un’ammiraglia ferma in coda sul Brouis, né Brugnami, che si porta addosso i dolorosi segni di una caduta avvenuta il giorno prima nella discesa dal Moncenisio, quando era stato colpito da un secchio sfuggito di mano a un tifoso che voleva lanciargli dell’acqua. Le due brutte notizie vengono, però, mitigate via dalla bella vittoria di Carlesi, che sulla pista d’atletica del Fort Carré riesce a precedere il re del Tour Anquetil, che al termine della tre giorni alpina si ritrova ad avere in classifica 5’37” di vantaggio su Manzaneque, 6’33” su Gaul e 7’13” sul corridore toscano.

All’affermazione di Carlesi replica quella di Guido De Rosso, che il giorno successivo s’impone per distacco ad Aix-en-Provence nella frazione del Tour de l’Avenir che si disputa sul medesimo tracciato che lo stesso giorno affrontrano anche i professionisti, tra i quali emerge il belga Michel Van Aerde, in fuga assieme ad altri undici corridori tra i quali c’è l’italiano Renzo Accordi. Per i nostri c’è da registrare un altro ritiro perché, ventiquattrore dopo Battistini, anche Brugnami è costretto a mettere piede a terra e salire in ammiraglia.

Un’altra tappa priva di particolari sussulti è quella che arriva a Montpellier, dove Darrigade ottiene la sua terza vittoria mentre il c.t. della nazionale azzurra Covolo affligge una multa di centomila lire (corrispondenti a 1290 euro odierni) al toscano Guido Boni per punirlo dopo essersi rifiutato di aiutare Brugnami a portare a termine la frazione del giorno precedente. Lo minaccia anche di spedirlo a casa ma non sarà lui a farlo perché il destino ha riservato anche per Boni una caduta e il giorno successivo – quando è in programma il riposo – è costretto pure lui ad abbandonare la corsa e farsi ricoverare all’ospedale di Montpellier.

Se la nazionale italiana dei “grandi” sta attraversando un momentaccio, nonostante la buona posizione di Carlesi in classifica e il primato di Massignan tra gli scalatori, un clima esattamente opposto sta vivendo la squadra diretta da Rimedio che, mentre i professionisti si godono il meritato riposo a Montpellier (c’è anche chi, come Gaul, opta per trascorrerlo in una vicina località balneare), stavolta riporta la vittoria con l’alessandrino Giorgio Zancanaro.

Dopo il riposo si riparte con la più breve tra le venti frazioni in linea del Tour, 174 Km da percorrere per andare a Perpignano, dove a essere protagonisti sono ancora i corridori in fuga, sia nella tappa dell’Avveniere, sia in quella dei professionisti: la prima finisce ancora per arricchire il palmarès della pattuglia italiana grazie alla vittoria del romano Clay Santini, la seconda è conquistata dal belga Eddy Pauwels.

Alla vigilia dei Pirenei, sui quali il Tour si fermerà per due impegnative frazioni molto più toste rispetto a quelle alpine, si corre un’ennesima tappa di trasferimento che si conclude inaspettatamente con la vittoria di Carlesi. Il corridore toscano decide di festeggiare il primo compleanno del figlio dedicandogli un successo che riesce a cogliere partendo improvvisamente a 5 Km dal traguardo di Tolosa, sorprendendo il gruppo “spompato” da un precedente inseguimento e andando a riprendere i corridori che si trovavano in testa alla corsa per poi precederli allo sprint. Il tempo fisicamente guadagnato su Anquetil e Gaul è poco, soli sei secondi, ma l’aggiunta dell’abbuono di un minuto riservato al vincitore gli consente di scavalcare il lussemburghese in classifica e di portarsi al terzo posto a poco meno di sei minuti dalla maglia gialla. E ancora si festeggia in casa Italia per un successo tra i “puri” all’Avvenire, firmato in questa occasione da Gilberto Vendemiati, il ferrarese che l’anno successivo inaugurerà l’albo d’oro del Giro della Valle d’Aosta.

I Pirenei vedono quest’anno il debutto della salita di Superbagnères, che accoglie il Tour in una giornata meteorologicamente infernale a causa di un nubifragio che a tratti si trasforma in grandine ed è accompagnato da un vento fortissimo, impetuoso al punto che l’organizzazione si vede costretta a smontare lo striscione del traguardo, mentre i giornalisti presenti all’arrivo vanno a rifugiarsi dietro un muretto dal quale, di tanto in tanto, fanno capolino per controllare la situazione di corsa, sperando di non essere centrati da “oggetti volanti”. Il vento rischia anche d’ostacolare la marcia dei corridori e in particolare quella dell’italiano Massignan, che riesce a fare il vuoto ma si becca una violenta folata in senso contrario che lo lascia in “souplesse” e lo rispedisce nel gruppo. Poi ci riprova con più successo e, bruciata l’ultima curva, con la stessa violenza con la quale spirava il vento fa un giro di 180° e si pone alle spalle dello scalatore vicentino, permettendogli di arrivare quasi senza sforzo sull’inedito traguardo, che taglia precedendo di 8” Carlesi, di 14” Junkermann, di 16” Anquetil e Gaul e di 22” Manzaneque. Se per la maglia gialla i giochi di fatto non si sono mai aperti, la lotta è ancora accesissima per il podio perché oggi Carlesi è risalito al secondo posto, a 5’29” da “Jacquot”, precedendo di 14” Manzaneque e di 1’04” Gaul. Più fortuna dei professionisti hanno avuto i dilettanti, che hanno gareggiato prima che si scatenasse il maltempo e che hanno visto imporsi per la quinta volta di fila un italiano: a Superbagnères è giunto per primo De Rosso, che oltre a bissare il successo ottenuto nella quinta tappa si porta al comando della classifica, togliendo per quasi un minuto e mezzo la maglia gialla allo spagnolo Gabica.

L’ultima occasione per gli scalatori è offerta dalla Luchon – Pau, classica cavalcata di 197 Km che propone quattro storici colli concentrati nei primi 140 Km, Peyresourde, Aspin, Tourmalet e Aubisque. Ma si vedono ben pochissimi attacchi tra i corridori in lotta per il podio e alla fine i “big” giungono tutti assieme al traguardo, regolati in volata da Carlesi che però deve accontentarsi del piazzamento del sesto posto perché di questa situazione ne ha approfittato un piccolo manipolo di coraggiosi che è riuscito a precedere di quasi 4 minuti il gruppo e nel quale c’è Pauwels, il belga che a Pau bissa il successo ottenuto qualche giorno prima a Perpignano. È l’ultima tappa di montagna anche per il Tour de l’Avenir, che si disputa sulla seconda parte della frazione dei professionisti e che termina ancora con un’affermazione italiana (s’impone il trevigiano Bruno Fantinato e sarà l’ultima vittoria dei nostri), mentre De Rosso viene attaccato sull’Aubisque da Gabica, ma i trenta secondi accusati dalla maglia gialla in vetta al colle vengono totalmente annullati nel corso della successiva discesa.

Dopo la tappa di Bordeaux, vinta dal belga Martin Van Geneugden, entrambe le corse propongono un’attesa tappa a cronometro, ma in luoghi differenti. I futuri professionisti gareggiano in circuito attorno a Limoges, su di un anello di 42 Km che vede l’elvetico Erwin Jaisli viaggiare più veloce di tutti e la maglia gialla De Rosso perde 48” dal diretto rivale di classifica Gabica, conservando per 38” le insegne di un primato che non sarà più messo in discussione da qui a Parigi. Non c’è, invece, storia per l’esito della Bergerac – Périgueux dei “grandi” per quanto riguarda la vittoria di tappa, predestinata ad Anquetil che percorre 74 Km e 500 metri in 1h42’32”, alla media di 43.595 Km/h, distanziando di tre minuti Gaul. Si battaglia apertamente, invece, per il podio con il lussemburghese che riesce a far meglio di 38” (i quali aggiungerne trenta d’abbuono, previsti anche nelle cronometro) di uno sfortunato Carlesi, rallentato da ben tre forature, e si riprende per soli quattro secondi il secondo posto in classifica.

È stato l’abbuono a levare il secondo posto in classifica a Carlesi e il toscano vuol proprio sfruttare quelli in programma all’arrivo di Tours, l’indomani, per riprendersi quello che la sfortuna più che l’avversario gli ha portato via. Gli va male il colpo, però, perché sono previsti solo per il primo classificato (ben un minuto, come già detto) e il primo dei battuti (i trenta che il giorno prima si era intascato Gaul) e lui a Tours si ferma solamente al terzo posto, preceduto allo sprint da Darrigade e Viot.

A disposizione di “Coppino” rimane solo la tappa conclusiva con arrivo al velodromo del Parco dei Principi, sulla cui pista si vede in testa a tirare nientepopodimenoché Anquetil, che s’impegna nel lanciare la volata al suo compagno di squadra Robert Cazala, vittorioso nella capitale francese. Anche stavolta a Carlesi sfuggono gli abbuoni ma non l’occasione di distanziare Gaul, che riesce a staccare durante l’ultimo chilometro, nel quale il lussemburghese si trova costretto a frenare dopo che davanti gli sono cascati due gregari. Così il toscano riesce a recuperare sei secondi all’Angelo della Montagna, un’inezia ma che gli basta per riprendersi definitivamente il secondo posto per appena due secondi.

Un paio di battiti di ciglia per un sogno che si avvera, perché raggiungere e superare il normanno che vola a cronometro in quel momento è pura utopia.

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

Nota: presenti solo le due frazioni alpine, le tre pirenaiche e la cronometro di Périgueux.

Anquetil (al centro), Gaul e Junkermann allinseguimento degli italiani Massignan e Carlesi in mezzo alla tormento di Superbagnères

Anquetil (al centro), Gaul e Junkermann all'inseguimento degli italiani Massignan e Carlesi in mezzo alla tormento di Superbagnères

BATTI UN CINQUE – 1957, IL PRIMO TOUR DI ANQUETIL

luglio 14, 2020 by Redazione  
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Nel 1957 irrompe Anquetil sulle strade del Tour e non ce n’è per nessuno. Non ha mai preso parte a un grande corsa a tappe e mai ha affrontato salite come il Galibier e il Tourmalet. Arriva dalla crono e in esse si è prevalentemente cimentato nei primi quattro anni di professionismo, che lo vedono spadroneggiare al Grand Prix des Nations e strappare a Coppi un record dell’ora che resisteva da ben 14 anni. Tutti lo attendono al varco nelle due prove contro il tempo inserite nel tracciato e le vince entrambe, ma gli sono inutili: i quasi 15 minuti di vantaggio sul secondo con i quali s’imporrà li guadegnarà altrove, a dimostrazione che un nuovo grande campione è arrivato sulle strade del Tour, corridore in grado di monopolizzare la classifica per molte edizioni.

Un pivello già navigato.

Quando Jacques Anquetil prende parte al suo primo Tour de France ha 23 anni, è un “pivello” che però ha alle spalle già quattro stagioni da professionista. Ha debuttato a soli 19 anni imponendosi nel Grand Prix des Nations, gara a cronometro di 140 Km che vince con quasi sette minuti sul connazionale Roger Creton. Farà sue altre nove edizioni di questa massacrante corsa (le prime sei consecutivamente) e nei primi anni da corridore preferisce prevalentemente dedicarsi alle prove contro il tempo (nel 1956 riuscirà a battere il record dell’ora superando quello precedente di Fausto Coppi, che durava da ben 14 anni) non disdegnando fugaci apparizioni nelle altre corse, come il Tour de la Manche che vince nel 1953 e la Parigi-Nizza dell’anno successivo, nella quale s’impone nella tappa conclusiva a cronometro. Bisogna attendere fino al 1957 per vederlo al via del Tour, che all’epoca si disputa ancora per squadre nazionali e che non lo vede inserito tra i “papabili” per il successo finale perché finora non lo si è mai visto in azione sulle lunghe e difficoltose tappe di montagna e non si conosce la sua tenuta in una corsa di tre settimane. Si presenta al via, comunque, esibendo un bel biglietto da visita fresco di stampa, quello della vittoria nella classifica finale della Parigi-Nizza, anche se il suo vantaggio alla fine è stato risicato, appena 23” sul belga Désiré Keteleer e 55” su un altro corridore che viene dalla terra delle classiche del nord, Jean Brankart. I favoriti per la vittora sembrano essere altri, anche perché la nazionale transalpina presenta al via il vincitore uscente del Tour Roger Walkowiak, mentre è assente il trentaduenne Louison Bobet (vincitore del Tour per tre anni consecutivi tra il 1953 e il 1955), che non vuole correre in squadra con Anquetil (ma l’antipatia è reciproca e anche Jacques aveva detto lo stesso) e che non si è ancora ripreso dalle fatiche di un Giro dove è stato battuto per soli 19 secondi da Gastone Nencini. Il corridore toscano è la punta di diamante della nazionale azzurra diretta da Alfredo Binda, mentre la formazione mista del Lussemburgo (in squadra ci sono anche due portoghesi, un tedesco, un britannico e l’italiano Aldo Bolzan) propone al via Charly Gaul, che era partito come favorito per la vittoria alla Corsa Rosa, gara che ha perduto per il famoso episodio della “pipì” nella tappa del Bondone. Particolarmente temibile è la nazionale spagnola, che ha deciso di presentare ai nastri di partenza l’intero podio dell’ultima Vuelta, il vincitore Federico Bahamontes, Jesús Loroño e Bernardo Ruiz.

Non esistendo all’epoca i prologhi, che saranno introdotti solamente nel 1967, il Tour inizia con una tappa in linea di 204 che da Nantes conduce a Granville e che vede subito Nencini guadagnare più di un minuto e mezzo sugli altri favoriti. Gastone è lesto a inserirsi nel tentativo di undici uomini che prende il via pochi chilometri dopo la partenza e che riesce ad arrivare fino al traguardo, complici anche i continui saliscendi e l’asfalto che si scioglie a causa del gran caldo e che rende difficoltoso l’inseguimento. All’arrivo il toscano è solo quarto (lo precedono il francese André Darrigade, lo spagnolo Miguel Poblet e il francese Joseph Thomin), ma si fa notare tra i più intraprendenti e la giuria decide di assegnargli il premio riservato al corridore più combattivo. Per Anquetil, invece, il debutto sulle strade del Tour non è stato dei più felici a causa di una caduta avvenuta dopo 120 Km di gara, ma fortunatamente il ruzzolone non ha avuto conseguenze ed è riuscito a terminare la tappa nel gruppo principale.

Il secondo giorno è segnato dal clamoroso ritiro di Gaul, che incassa un’altra cocente delusione a causa di un colpo di sole che lo colpisce dopo un centinaio di chilometri dal via della tappa di Caen. Succede subito dopo una sosta a una fontanella per rinfrescarsi, quando al momento di rimettersi in sella improvvisamente il lussemburghese si trovava con due macigni al posto delle gambe e fatica a procedere, arrivando ad accumulare mezz’ora di ritardo a 40 Km al traguardo, punto nel quale opta per salire in ammiraglia e lasciare amaramente la corsa. Gaul non è l’unica vittima del caldo in questa giornata, perché anche la maglia gialla Darrigade paga un pesante dazio alle alte temperature, concludendo la tappa quasi 27 minuti dopo l’arrivo vincente di René Privat, nuovo capo della classifica. Tre minuti e mezzo dopo la vittoria in solitaria del francese, che nel 1960 s’imporrà nella prima edizione della Sanremo con il Poggio, giunge al traguardo un gruppo di 13 corridori tra i quali ci sono Bahamontes e l’italiano Giancarlo Astrua, mentre il vincitore uscente Walkowiak termina la tappa nel plotincino giunto a 6’41” e guadagna 1’31” su Nencini e gli altri favoriti.

Il giorno successivo si devono affrontare due semitappe, la prima delle quali è una breve cronosquadre di 15 Km che si rivela disastrosa per la nazionale italiana a causa di una caduta che coinvolge tutti gli azzurri (l’unico a uscirne indenne è Pierino Baffi), innescata dal toscano Gianni Ferlenghi dopo che questi era entrato in contatto con il cordolo di un marciapiede. L’incidente disunisce la squadra, che fortunatamente riesce a contenere in 39” il ritardo dalla formazione francese, vincitrice a 46.632 Km/h grazie alla presenza di Anquetil, che il giorno stesso conquista la sua prima vittoria sulle strade del Tour imponendosi a Rouen dove, davanti ai suoi titosi (è nativo del vicino centro di Mont-Saint-Aignan), precede in volata il connazionale Georges Gay e Nencini, che non sembra aver subito grandi danni nella caduta del mattino.

Il caldo, intanto, continua a mietere vittime e 12 corridori sono costretti a ritirarsi nel corso della lunga frazione verso Roubaix, che presenta anche diversi tratti da percorrere sul pavè e che vede giungere tutto solo sulla pista del mitico velodromo il belga Marcel Janssens, mentre i corridori di vertice terminano la tappa tutti assieme dopo quasi 11 minuti, senza che nessuno abbia avuto il coraggio (o la forza, vista la canicola) di mettere in croce i grossi nomi che oggi hanno accusato qualche difficoltà ma che poi sono riusciti a rientrare in seno al gruppo, come la maglia gialla Privat e lo spagnolo Bahamontes.

L’indomani si sconfina in Belgio con un’altra tappa caratterizzata dal pavè e che presenta anche la ripida ascesa del muro di Grammont, che il ciclismo ha scoperto 7 anni prima, quando era stato inserita per la prima volta nel tracciato del Giro delle Fiandre. Nella frazione nella quale il caldo lascia il passo alla pioggia avviene il passaggio di consegne al vertice della classifica tra Anquetile e Privat, dopo che la nazionale francese ha dato battaglia sulle insidiose strade fiamminghe, riuscendo a guadagnare parecchio tempo anche grazie a un passaggio a livello abbassato. Vincono al traguardo di Charleroi con Gilbert Bauvin, mentre sono francesi quattro dei cinque corridori che tagliano per primi la linea d’arrivo e tra questi c’è Anquetil, che in questa giornata ha staccato di quasi 11 minuti e mezzo un Nencini febbricitante e qualcosa di più ha perso Bahamontes. Prima di far ritorno in terra di Francia “Jacquot” si trova così già in giallo con distacchi pesanti, nonostante non si siano ancora affrontate le cronometro che tanto ama: ha 1’11” sul vincitore a Roubaix Janssens, 3’17” sul connazionale Jean Forestier, 3’29” sull’ex leader della corsa Privat e 3’52” sul vincitore dell’anno prima Walkowiak. Bahamontes è 14° a 9’18” e precede in classifica di 21 secondi il primo italiano, Astrua; s’incontrano poi Nino Defilippis in 17a posizione a 10’35” e Nencini 18° a 11’13”.

Nella successiva frazione Anquetil si gode le acquisite insegne del primato e fa buona guardia in gruppo, lasciando andare in fuga quattro corridori che sono molti lontani da lui in classifica. Tra questi c’è André Trochut, che corre per una delle quattro formazioni regionali francesi, quella che raggruppa i corridori di “secondo piano” che provengono dalle zone sud occidentali della nazione, e che s’impone in quel di Metz precedendo allo sprint i tre compagni d’avventura, tutti suoi connazionali, anche se due di loro sono d’origine italiana (il friulano Mario Bertolo e il toscano Nello Lauredi).

Con un copione molto simile va in scena la tappa di Colmar, nella quale si affrontano le prime salite di un certo impegno, il Col de la Schlucht e il Collet du Linge. Ancora la fuga va in porto ma stavolta la nazionale francese fa male i conti e così Anquetil si vede portar via la maglia gialla per 38” da un suo connazionale, quel Nicolas Barone che ha antenati abruzzesi di Vasto, che a marzo era stato protagonista alla Sanremo con una lunga fuga terminata a 15 chilometri dal traguardo e che prima di fare il corridore lavorava come fattorino per “L’Équipe”, il principale quotidiano sportivo francese. Al traguardo Barone è nono, ultimo del gruppetto di testa nel quale ci sono anche lo spagnolo Loroño e il francese Roger Hassenforder, che ottiene il successo di tappa sulle strade di casa, lui che è nato a una quarantina di chilometri da Colmar, nella cittadina di Sausheim. Di nove minuti è il passivo con il quale giunge al traguardo il gruppo Anquetil, nel quale concludono anche Nencini e Defilippis, oggi protagonisti sfortunati il primo per una caduta dopo l’impatto con un poliziotto, il secondo fermato da due forature – entrambe avvenute nel giro di poche centinaia di metri – mentre si trovava in fuga nel gruppetto di Barone e Hassenforder.

Se fin qui il Tour ha offerto ben poche soddisfazioni per gli italiani, arriva ora il momento del “raccolto”, che permetterà di mettere in cascina ben sei vittorie di tappa che faranno della nazionale azzurra la squadra con più successi dietro agli “acchiappatutto” francesi che – tra formazione principale e regionali – s’imporranno in 17 frazioni. Il primo dei nostri a lasciare il proprio nome nell’albo d’oro del 44° Tour de France è il cremasco Baffi, che a Besançon dà sfogo delle sue doti di velocista regolando un plotoncino di quindici corridori giunti al traguardo con quasi 18 minuti di vantaggio sul gruppo dei migliori. In quest’ultimo c’è Barone, costretto a lasciare le insegne del primato a Forestier, presente nel gruppetto all’attacco.

Alla vigilia dei tapponi alpini arriva il primo colpo da parte di Anquetil in una frazione che si pensava interlocutoria e poco incline alle sorprese. Stavolta non si tratta di un’azione di squadra, come quella messa in scena nella tappa di Charleroi, perché il corridore francese fa tutto da solo (o quasi, con lui c’è il belga Jozef Planckaert) uscendo improvvisamente dal gruppo quando mancano una novantina di chilometri al traguardo e dal gruppo ha già preso la strada di casa un delibitato Bahamontes. In quel momento in testa alla corsa ci sono diece corridori in fuga che Jacques raggiunge e poi regola in volata al traguardo di Thonon-les-Bains, dal quale Nencini transita quasi 11 minuti più tardi, nel gruppo nel quale c’è anche la maglia gialla Forestier. Quest’ultimo, nonostante il tempo guadagnato da Jacques, riesce a mantersi in testa alla classifica con un vantaggio di 2’39” su Anquetil, che dal canto suo si appresta ad affrontare le prime frazioni d’alta montagna con un vantaggio sui principali avversari che già appare incolmabile.

Ma Anquetil non ha mai affrontato in gara salite come quella del Galiber, sul quale si deve transitare prima di giungere al traguardo di Briançon dopo aver percorso 247 Km. Non si sa, e nemmeno lui lo sa, come potrebbe reagire il suo fisico a quelle pendenze e a quelle quote e forse si spiega in tal senso il “colpaccio” del giorno prima. Alla fine esce a testa alta anche dal tappone, perché il minuto e 18 secondi che ha accusato al traguardo dallo scatenato Nencini e dal belga Janssens possono essere considerati un successo per un neofita delle grandi salite e poco hanno scalfito il consistente tesoretto di minuti guadagnato nei primi nove giorni. Senza contare che i corridori giunti dietro il francese hanno incassato anche in questa occasione pesanti distacchi e tra questi c’è Forestier, che perde 6’41” dal suo connazionale e deve consegnargli quella maglia gialla che “Jacquot” vestirà fino a Parigi. E pensare che la sfortuna oggi si era accanita in due occasioni sull’asso transalpino, costretto a fermarsi una prima volta per una foratura sulla salita del Col de Tamié e successivamente per far riparare dal meccanico della sua squadra il deragliatore, rottosi nel tratto pianeggiante che precede l’inizio della lunga ascesa verso il Galibier.

Ancor più complicata è la tappa che l’indomani conduce a Cannes, nonostante all’ultimo momento sia stata tolta dal tracciato la salita al Col de Vars a causa dell’impraticabilità della strada. L’imprevista modifica allunga di 20 Km un percorso che alla fine risulta lungo 286 Km e che presenta anche le ascese ai colli d’Allos e di Luens. Invece, si rivela il palcoscenico di una tappa piuttosto noiosa, priva di grandi attacchi messi in atto dagli avversari di Anquetil e ancora contraddistinta dalla sfortuna che colpisce gli italiani, sotto la forma di forature che attardano Defilippis prima e Arrigo Padovan poi. È quest’ultimo a pagarne il prezzo più salato perché il tubolare gli si era afflosciato a 7 Km dal traguardo mentre si trovava nel gruppetto di cinque corridori che stava viaggiando in testa alla corsa, trovandosi così escluso dalla possibilità di competere per la vittoria, conquista da Privat.

È insidiosa anche la tappa che si deve disputare in direzione di Marsiglia, alla quale si giunge passando per il Col de l’Espigoulier e soprattutto per il breve ma ripido Mont Faron, salite che vedono entrambe scollinare in testa Jean Stablinski. In un’altra tappa rivelatasi monotona per quando riguarda la classifica generale il corridore francese d’origini polacche è protagonista di una lunga fuga, lunga quasi come la frazione da disputare e inizialmente intrapresa assieme al connazionale Henry Anglade, che successivamente ha perso le ruote di Stablinski sul Faron. Quasi quattordici minuti dopo l’arrivo del vincitore transita dal traguardo il grosso del gruppo, nel quale c’è un Anquetil che alla fine delle sue prime Alpi si ritrova ad avere in classifica un vantaggio di 4’02” su Forestier e di 11’02” su Janssens, mentre Nencini – pur non avendo guadagnato tempo in questa tappa – risale in classifica dall’undicesima alla nona posizione conservando intatti i 20’44” di ritardo che aveva alla partenza.

La prima delle tre tappe di trasferimento verso i Pirenei riporta il sorriso nel clan italiano grazie alla vittoria di Defilippis che, superata una piccola crisi nella frazione di Marsiglia, si lancia in fuga assieme ad altri nove corridori, sui quali s’impone allo sprint in quel di Alès, e guadagna 11 minuti sul gruppo, grazie ai quali scavalca di un minuto Nencini in classifica, divenendo così il miglior azzurro del Tour.

Vittoria solamente sfiorata per l’Italia il giorno successivo a Perpignano, dove Padovan rimane ancora una volta a bocca asciutta venendo preceduto allo sprint da Hassenforder, che bissa così il successo ottenuto a Colmar. La tappa è anche caratterizzata da un attacco ad Anquetil apportato da cinque corridori della nazionale belga, iniziato nel momento nel quale il capo della classifica si era leggermente staccato dal gruppo per accostarsi alla sua ammiraglia. Il tentativo è così improvviso che coglie Jacques impreparato, mentre non lo è la dozzina di corridori che riesce ad accordarsi alla pattuglia belga, andando a costituire un gruppetto che rimane all’attacco per una ventina di chilometri prima del ricongiungimento.

Prima di tornare sulle montagne che hanno fatto la storia del Tour è previsto uno sconfinamento in terra spagnola con due semitappe che terminano entrambe a Barcellona. La prima vede ancora il felice approdo di una fuga – all’epoca, grazie allo stato delle strade, evento piuttosto frequente, mentre rari erano gli arrivi a gruppo compatto – coronata dal tris di Privat e da altro tempo guadagnato da Defilippis, che si porta al nono posto della classifica con un ritardo di 16’18” da Anquetil. Nencini, invece, incappa in una giornata sfortunata che gli riserva prima una caduta a 25 Km dal traguardo, che gli lascia come souvenir una ferita alla coscia, e poi una foratura già all’interno della città di Barcellona, che non fa riparare riuscendo lo stesso a concludere la tappa nel gruppo della maglia gialla. Quest’ultima poi il pomeriggio del medesimi giorno ha la prima opportunità al Tour di fare sfoggio delle sue doti a cronometro: e, come da previsioni, è Anquetil il più lesto a percorre il circuito del Montjuïc, 10 Km nei quali riesce a distanziare di 12” il secondo della classifica generale Forestier e di 25” lo spagnolo Loroño, con Defilippis 6° a 39” e Nencini ventesimo a un minuto e otto secondi dall’asso transalpino.

Uscito indenne dalla fase alpina, ora per Anquetil inizia l’esame Pirenei, che prevede tre round il primo dei quali si affronta dopo l’ultimo giorno di riposo, seguito da una frazione di 220 Km che ha il traguardo fissato ad Ax-les-Thermes, in fondo alla discesa dal Col de Puymorens. Forse a causa di pendenze non particolarmente formidabili, forse a causa della superiorità dimostrata anche oggi dai transalpini, la tappa risulta piuttosto deludente. Nencini e Defilippis ci provano, infatti, a uscire dal gruppo in salita, ma la nazionale francese ci mette un attimo ad andare a riacciuffarli, spegnendo così le velleità agonistiche dei nostri corridoti. Va a finire che s’impone un “carneade” che risponde al nome del francese Jean Bourlès e far notizia è, purtroppo, il mortale incidente che coinvolge la moto sulla quale viaggiava il cronista di una radio lussemburghese.
Il tappone è previsto l’indomani, quando si devono scalare i colli di Porte, di Portet d’Aspet, d’Ares e del Portillon, quest’ultimo distante più di 60 Km dal traguardo di Saint-Gaudens. Sono percorsi che oggi sarebbero “improduttivi”, ma che negli anni ’50 erano ancora in grado di portare scompiglio, come contribuisce a fare Nencini attaccando sul Portillon e riuscendo a ridurre il gruppo a 18 elementi, che poi si selezionano leggermente al traguardo, dove Defilippis vince allo sprint su Forestier e Anquetil cede appena cinque secondi. Va peggio proprio a colui che aveva contribuito a creare la selezione perché il “Leone del Mugello”, mentre stava per tagliare il traguardo con una decina di secondi di ritardo da Defilippis, si arrota ai meno 150 metri con l’olandese Mies Stolker e cade riportando una ferita che appare seria e fa temere che il giorno dopo non possa schierarsi al via dell’ultima tappa di montagna.

Ma il corridore toscano è realmente un felino, come il soprannome che gli hanno attribuito, e leccatesi le ferite lascia la sua zampata migliore proprio ventiquattrore più tardi tagliando vittorioso il traguardo di Pau. Nonostante fosse fiaccato alla partenza anche da qualche linea di febbre e da una notte trascorsa quasi interamente insonne, sul Tourmalet Gastone riesce a rimanere con Anquetil, la cui squadra si è sfaldata sulle rampe del mitico colle. La maglia gialla sorprende tutti riuscendo a fare il vuoto a 3 Km dalla vetta, lui che non si pensava fosse in grado di staccare i rivali in salita, e a un certo punto si trova ad avere più di un minuto e mezzo di vantaggio sul toscano. Nencini è costretto a un inseguimento che riesce a portare a termine sulle prime rampe dell’Aubisque e, una volta terminato il lavoro, è lui a sorprendere trovando la forza di ripartire all’attacco, riuscendo a sua volta a staccare Anquetil. Raggiunge i corridori che si trovavano in quel momento in testa alla corsa e con loro va a costituire un plotoncino di 6 uomini che viaggia spedito verso il traguardo, dove Nencini mette la ciliegina sulla torta di questa frazione cogliendo il successo allo sprint sul francese Gay. Anquetil taglia la linea d’arrivo con 2’38” di ritardo ma, forte dei molti minuti guadagnati nella prima settimana, non vede messa in pericoloso la sua leadership perché a questo punto si ritrova ad avere in classifica 9’14” di vantaggio sul secondo, il belga Janssens, mentre terzo a 10’17” è un corridore poco quotato alla partenza, l’austriaco Adolf Christian. Nencini, invece, grazie al tempo insperatamente guadagnato oggi è salito al sesto posto con 18’43” di ritardo.

Dopo la tappa di Bordeaux, terminata con la vittoria in solitaria di Pierino Baffi che all’arrivo si presenta con ben 22 minuti di vantaggio sul gruppo, si disputa la tappa più attesa da Anquetil. Forse, alla partenza da Nantes, temeva di arrivarci con un distacco da recuperare dalla maglia gialla di turno e, invece, è lui ad affrontare con le insegne del primato addoso e parecchi minuti di vantaggio sul secondo la lunga crono di Libourne. Sono 66 i chilometri che si devono percorrere contro il tempo, una sfida contro l’orologio che non può che dilatare il dominio del corridore normanno, primo al traguardo a poco più di 43 km/h con 2’11” di vantaggio sul sorprendente Defilippis, che riesce a far meglio per quasi 4 minuti di Nencini.

Mancano ora solo due tappe al gran finale del Tour al Parco dei Principi, la prima vinta allo sprint dal francese André Darrigade sul traguardo di Tours e la seconda pure, con “Dédé” (noto anche con il soprannomome di “Levriero delle Lande”), che s’impone anche a Parigi completando il trionfo francese nella 44° edizione della Grande Boucle.

E così sullo scenario del Tour irrompe, silenzioso come il ticchettio dei cronometri, un corridore che già s’intuisce recordman della corsa, in grado nelle successive stagioni di battere il primato dei tre successi finora detenuto da Bobet e dal belga Philippe Thys. Ci riuscirà e andrà anche oltre fino a raggiungere quota 5, la quota dei grandissimi.

Mauro Facoltosi

ALTIMETRIE

Nota: presenti le tappe dalla 7a alla 10a, dalla 16a alla 18a e dalla 20a alla 22a.

Anquetil allattacco sul Tourmalet nella tappa di Pau che sarà successivamente vinta da Nencini (foto AFP)

Anquetil all'attacco sul Tourmalet nella tappa di Pau che sarà successivamente vinta da Nencini (foto AFP)

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