EVENEPOEL AL CALOR BLANCO, DOMINA SULLA PRIMA SALITA DELLA “RECONQUISTA”

luglio 31, 2020 by Redazione  
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Il giovane belga della Deceuninck-QuickStep sull’impegnativa salita del Picón Blanco, la prima vera salita affrontata in corsa dopo il lockdown, ha centrato il suo sesto successo di questo 2020 portandosi in testa della classifica generale della Vuelta a Burgos. Il podio di giornata è stato occupato da George Bennett e Mikel Landa. Fabio Aru, primo degli italiani, è giunto ottavo.

Remco Evenepoel, nonostante la giovanissima età, e tutte le attese che ricadono su di lui, ha dimostrato per l’ennesima volta il suo valore andando a conquistare il suo sesto successo in stagione, con tutta l’intenzione di portarsi a casa la terza corsa a tappe a cui ha partecipato.
La salita del Picón Blanco (7.8 chilometri al 9.3% di pendenza media) poteva essere un ostacolo ostico per molti, ma non ha impensierito il portacolori della Deceuninck-Quick Step, che dapprima si è mosso insieme a Esteban Chaves, ben coadiuvato dalla sua Mitchelton-Scott, e a George Bennett (Jumbo-Visma), per poi attaccare in solitaria ai meno due e andare a cogliere il successo con un vantaggio di 18″ su Bennett e di 32″ su Mikel Landa (Bahrain-McLaren). A seguire sono arrivati Chaves a 35″, João Almeida (Deceuninck – Quick Step) a 45″, Ben Hermans (Israel Start-Up Nation) e Richard Caparaz (Team INEOS) a 52″, Fabio Aru (UAE-Team Emirates) a 1’03”, Joel Nicolau (Caja Rural – Seguros RGA), Mikel Nieve e Simon Yates (Mitchelton-Scott) a 1’20”.
Prima dell’atteso finale i partecipanti alla Vuelta a Burgos 2020 non si sono risparmiati, accendendo la corsa già dopo pochi chilometri di corsa, quando si sono avvantaggiati Edward Theuns (Trek-Segafredo), Nikita Stalnov (Astana), Nicolau, Jetse Bol e Juan Felipe Osorio (Burgos BH), Gotzón Martín (Euskaltel-Euskadi), Márton Dina (Kometa Xstra), Roger Adriá e Francisco Galván (Kern Pharma). Dimostrando la loro intenzione di vendere cara la pelle prima di essere ripresi sono riusciti a guadagnare fino a nove minuti di vantaggio e uno di questi fuggitivi, lo spagnolo Nicolau, alla fine è riuscito a chiudere nella topten. Successivamente ai meno 55, si è aggiunto un nuovo protagonista, il vento, che ha fatto salire in cattedra Bora-Hansgrohe e Team Ineos, la cui azione ha frantumato il plotone, in parte ricompattatosi ai meno 29, poco prima dell’attacco di Adriá nel gruppetto dei fuggitivi, rimasto in solitaria in testa alla corsa finchè la Mitchelton-Scott ha lanciato il decisivo attacco di Chaves, al quale hanno risposto, come già detto, i soli George ed Evenepoel.
Il successo del giovane talento belga gli è valso anche la conquista della leadership della classifica generale, che rispecchia nelle prime otto posizioni l’ordine d’arrivo di questa terza tappa.
Oggi si torna in pianura per una tappa di 163 Km favorevole ai velocisti, per il quali l’unico ostacolo sarà rappresentato da una breve e pedalabile rampetta da affrontare all’ultimo chilometro.

Mario Prato

Evenepoel incanta i suoi estimatori imponendosi nella prima tappa di montagna della Vuelta a Burgos (Getty Images)

Evenepoel incanta i suoi estimatori imponendosi nella prima tappa di montagna della Vuelta a Burgos (Getty Images)

30-07-2020

luglio 30, 2020 by Redazione  
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VUELTA A BURGOS

Il belga Remco Evenepoel (Deceuninck – Quick Step) si è imposto nella terza tappa, Sargentes de la Lora – Picón Blanco, percorrendo 150 Km in 3h59′09″ alla media di 37.63 Km/h. Ha preceduto di 18″ l’australiano George Bennett (Team Jumbo-Visma) e di 32″ lo spagnolo Mikel Landa Meana (Bahrain – McLaren). Miglior italiano Fabio Aru (UAE-Team Emirates), 8° a 1′03″. Evenepoel è il nuovo leader della classifica con 18″ su Bennett e 32″ su Landa Meana. Miglior italiano Aru, 8° a 1′03″.

TOUR OF BULGARIA

Il francese Pierre Barbier (NIPPO DELKO One Provence) si è imposto nella terza tappa, Plovdiv – Sliven, percorrendo 151 Km in 3h29′51″ alla media di 43.17 Km/h. Ha preceduto allo sprint i polacchi Patryk Stosz (Voster ATS Team) e Tobiasz Pawlak (Mazowsze Serce Polski). Miglior italiano Alessandro Baroni (Gallina Colosio Eurofeed), 21°. Stosz è il nuovo leader della classifica con 6″ su Baroni e 8″ sullo spagnolo Miguel Ángel Ballesteros Cánovas (Equipo Amateur Caja Rural – Serguros RGA).

GAVIRIA VOLA A VILLADIEGO, SUA LA SECONDA DELLA TAPPA VUELTA A BURGOS

luglio 29, 2020 by Redazione  
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Vittoria in volata per Fernando Gaviria sul traguardo di Villadiego dove si è conclusa la seconda tappa della Vuelta a Burgos. Sul podio alle spalle del velocista colombiano sono saliti il francese Arnaud Démare e l’rlandese Sam Bennett. Quarto Matteo Trentin, anche oggi primo italiano al traguardo. Nella TopTen anche Giacomo Nizzolo, settimo.

Nonostante la sua UAE Team Emirates abbia dovuto rinunciare a ben tre elementi per rispettare i protocolli in seguito al Covid19, il colombiano Fernando Gaviria è stato il primo a transitare sul traguardo della seconda tappa della Vuelta a Burgos, posto a Villadiego. Sul podio di giornata sono saliti nell’ordine Arnaud Démare (Groupama-FDJ) e Sam Bennett (Deceuninck-QuickStep). Medaglia di legno, invece, per Matteo Trentin (CCC) che ha preceduto Jon Aberasturi (Caja Rural RGA), Jasper Stuyven (Trek-Segafredo), Giacomo Nizzolo (NTT Pro Cycling), Edward Theuns (Trek-Segafredo), Pascal Eenkhoorn (Jumbo-Visma e Mikel Aristi (Fundacion-Orbea). L’ordine d’arrivo non ha scalfito le prime posizioni della classifica generale, che vede in vetta sempre il vincitore di ieri, l’austriaco Felix Großschartner (Bora-Hansgrohe), che ora precede di 8” lo spagnolo Aberasturi e Trentin. Il portacolori della polacca CCC è così risultato per due giorni consecutivi il migliore degli italiani presenti alla corsa spagnola.
La seconda tappa era iniziata nel segno dei protocolli anti Covid19 con l’esclusione dalla competizione di Juan Sebastián Molano, Sergio Muñoz e Andrés Camilo Ardila della UAE Team Emirates a causa dell’avvenuto contatto nella giornata di sabato con una persona successivamente risultata positiva al coronavirus. Per i tre sono così scattate subito le procedure del caso per isolare i possibili contagiati ed evitare il proliferare dell’infezione, cosa già attuata nella giornata di ieri per due rappresentanti della Israel Start-Up Nation, Alex Dowsett e Itamar Einhorn.
Ritornando ai fatti di gara bisogna citare soprattutto coloro che hanno animato la tappa per la sua quasi totalità, anche se non hanno mai messo alla corda le squadre dei velocisti che non avevano nessuna intenzione di farsi sfuggire il traguardo della tappa più semplice dell’intera competizione spagnola. Si è trattato di Joel Nicolau (Caja Rural – RGA), di Angel Fuentes (Burgos – BH), di Kiko Galván Fernández (Equipo Kerno Pharma) e dei nostri Alessandro Fedeli (Nippo Delko One Provence) e Riccardo Verza (Kometa Xstra). I cinque hanno proceduto d’amore e d’accordo per buona parte della tappa, “costringendo” la Bora-Hansgrohe del leader della classifica generale a tenerli sotto controllo solo quando il loro vantaggio ha superato i cinque minuti. Solo nelle fasi finali ovviamente la corsa si è accesa, sia davanti con i cinque che incominciavano ad avanzare senza accordo, sia dietro con le squadre che cominciavano ad organizzare l’inseguimento. Ai meno 20 il vantaggio dei fuggitivi si era ridotto a soli 36 secondi, segno che da li a poco la loro avventura sarebbe finita. Ultimo a cedere è stato Nicolau, ripreso ai meno cinque.
Dopo che anche l’ultimo fuggitivo era stato richiamato nei ranghi è cominciato il lavoro di fino dei vari treni con la Deceuninck-Quick Step e la Groupama-FDJ che avevano conquistato la testa del plotone. Il treno della squadra francese sembrava quello più motivato ed organizzato, ma nell’ultima curva del percorso si è disunito favorendo così il colombiano Gaviria, che ha aperto il gas ed è andato a cogliere il successo con un leggero vantaggio sugli inseguitori.

Mario Prato

La volata vincente di Gaviria nella seconda tappa della Vuelta a Burgos (Getty Images)

La volata vincente di Gaviria nella seconda tappa della Vuelta a Burgos (Getty Images)

29-07-2020

luglio 29, 2020 by Redazione  
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VUELTA A BURGOS

Il colombiano Fernando Gaviria Rendón (UAE-Team Emirates) si è imposto nella seconda tappa, Castrojeriz – Villadiego, percorrendo 168 Km in 3h55′38″ alla media di 42.78 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Arnaud Démare (Groupama – FDJ) e l’irlandese Sam Bennett (Deceuninck – Quick Step). Miglior italiano Matteo Trentin (CCC Team), 4°. L’austriaco Felix Großschartner (Bora – Hansgrohe) è ancora leader della classifica con 8″ sullo spagnolo Jon Aberasturi Izaga (Caja Rural – Seguros RGA) e Trentin.

TOUR OF BULGARIA

Il polacco Patryk Stosz (Voster ATS Team) si è imposto nella seconda tappa, Pazardžik – Plovdiv, percorrendo 131 Km in 3h06′20″ alla media di 42.18 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Alessandro Baroni (Gallina Colosio Eurofeed) e lo spagnolo Miguel Ángel Ballesteros Cánovas (Equipo Amateur Caja Rural – Serguros RGA). Baroni è il nuovo leader della classifica con lo stesso tempo di Stosz e 2″ su Ballesteros Cánovas

PROSERIES, SI RIPARTE CON LA VITTORIA DI GROßSCHARTNER A BURGOS

luglio 28, 2020 by Redazione  
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Ritorno alle corse in Spagna nel segno di Felix Großschartner (Bora-Hansgrohe) che si è aggiudicato la prima tappa della Vuelta a Burgos disputatasi oggi e che si è conclusa come da recente tradizione sullo strappo dell’Alto del Castillo dopo 153 km. Seconda piazza per João Almeida (Deceuninck-Quick-Step) arrivato insieme ad Alejandro Valverde (Movistar) e Alex Aranburu (Astana). Matteo Trentin (CCC), primo italiano al traguardo, è giunto nono.

In questo periodo, dove si è finalmente arrivati al tanto atteso ritorno alle competizioni dopo la pandemia di Covid19 che ha stravolto non solo il Calendario UCI ma anche la vita quotidiana di tutti noi, in Spagna ha preso il via la Vuelta a Burgos 2020, una delle poche corse che ha mantenuto il suo collocamento originale in calendario.
La prima tappa di 153 km con arrivo, come da recente tradizione, sulla collina del castello che sovrasta Burgos, è andata al portacolori della Bora-Hansgrohe Felix Großschartner, che si è avvantaggiato alle prime rampe della salita finale. Il traguardo è stato raggiunto dopo 8 secondi da un terzetto composto da João Almeida (Deceuninck-Quick-Step) e Alejandro Valverde (Movistar), mentre primo degli italiani e buon nono a 10″ si è classificato Matteo Trentin (CCC) davanti al giovane e atteso belga Remco Evenepoel (Deceuninck-Quick-Step), che è stato l’autore di un tentativo in solitaria ai meno 35 durato una decina di chilometri, ma degno di miglior fine.
La tappa, come da tradizione delle corse spagnole, non è stata affatto noiosa e, anzi, è stata un susseguirsi di attacchi, iniziati fin da subito.
Tra i molti a mettersi in mostra ricordiamo gli autori della prima fuga di giornata, Jetse Bol (Burgos-BH), Gotzon Martin (Euskaltel-Euskadi), Diego Sevilla (Kometa Xstra) e Kiko Galvan (Kern Pharma). Scappati subito dopo il via, sono rimasti in avanscoperta fino ai meno 35, quando si è avuto il già citato tentativo del giovane Evenepoel. Dopo di lui è stata la volta di Willie Smit (Burgos-BH) ma con l’approssimarsi del traguardo e il doppio passaggio sulla salita finale il gruppo ha chiuso le fila procedendo compatto fino all’ultima ascesa, quando Großschartner si è avvantaggiato andando a cogliere il successo in solitaria. La classifica generale non prevede abbuoni e rispecchia così fedelmente l’ordine d’arrivo.
Domani seconda tappa quasi totalmente pianeggiante di 168 Km con partenza da Castrojeriz e arrivo a Villadiego.

Mario Prato

Felix Grossschartner vince la prima tappa della corsa iberica (foto Bettini)

Felix Grossschartner vince la prima tappa della corsa iberica (foto Bettini)

28-07-2020

luglio 28, 2020 by Redazione  
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VUELTA A BURGOS

L’austriaco Felix Großschartner (Bora – Hansgrohe) si è imposto nella prima tappa, Catedral de Burgos – Mirador del Castillo, percorrendo 157 Km in 3h40′20″ alla media di 42.75 Km/h. Ha preceduto di 8″ il portoghese João Pedro Gonçalves Almeida (Deceuninck – Quick Step) e lo spagnolo Alejandro Valverde Belmonte (Movistar Team). Miglior italiano Matteo Trentin (CCC Team), 9° a 10″. Großschartner è il primo leader della classifica con 8″ su Gonçalves Almeida e Valverde Belmonte. Miglior italiano Trentin, 9° a 10″

TOUR OF BULGARIA

Il polacco Alan Banaszek (Mazowsze Serce Polski) si è imposto nella prima tappa, Sofia – Pazardžik, percorrendo 128 Km in 2h47′49″ alla media di 45.76 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Patryk Stosz (Voster ATS Team) e il britannico Reece Wood (Holdsworth Zappi Team). Miglior italiano Matteo Pongiluppi (Gallina Colosio Eurofeed), 5°. Banaszek è il primo leader della classifica con 4″ su Stosz e 6″ su Wood. Miglior italiano Pongiluppi, 5° a 10″.

AGOSTO 2020, LA RIPARTENZA

luglio 27, 2020 by Redazione  
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Il coronavirus ha sconvolto il calendario, ma ci ha “regalato” un mese di agosto nel quale il gruppo non troverà spazio per le ferie. Nei trentuno giorni del mese delle vacanze si concentreranno appuntamenti blasonati come la Sanremo e il Lombardia, il Delfinato e i campionati (nazionali ed europei). E alla fine del mese dal porto di Nizza salperà il Tour de France.

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Dopo ben quattro mesi di stop a causa dell’emergenza coronavirus è arrivato l’atteso momento della ripartenza. Si sono già disputati alcuni campionati nazionali e corse a tappe minori come il Dookoła Mazowsza (Giro della Masovia) in Polonia e il Sibiu Cycling Tour in Romania, ma la data della ripartenza ad alti livelli sarà il 28 luglio quando si disputerà la frazione d’apertura della Vuelta a Burgos, corsa del calendario “Pro Series” che non presenterà un percorso molto dissimile per quanto riguarda le principali difficoltà da quello delle ultime tre edizioni e che vedrà schierati al via tra i grandi nomi il belga Remco Evenepoel, il polacco Rafał Majka, gli spagnoli Mikel Landa e Alejandro Valverde, il britannico Simon Yates, l’ecuadoregno Richard Charapaz, il colombiano vincitore delle ultime due edizioni Iván Sosa, l’altro colombiano Nairo Quintana e gli italiani Fabio Aru e Matteo Trentin, che preparerà in Spagna l’assalto alla Sanremo. Mai nella storia c’è stata una starting list così da urlo per la corsa iberica, che scatterà con una tappa di 157 Km disegnata in circuito attorno a Burgos, dove l’arrivo sarà collocato in vetta alla breve ascesa al locale castello, rampa di novecento metri al 5.4% in cima alla quale gli ultimi due vincitori sono stati italiani, Giacomo Nizzolo lo scorso anno e Francesco Gavazzi nel 2018. Favorevole ai velocisti, nonostante una salita di 1.5 Km al 5.2% piazzata nel finale, sarà la successiva frazione che condurrà in 168 Km da Castrojeriz a Villadiego e che anticiperà la prima giornata chiave della corsa, caratterizzata dall’arrivo in salita ai 1500 metri del Picón Blanco dove, percorsi 8.5 Km all’8.9%, nelle ultime tre edizioni della corsa si sono imposti Landa nel 2017, il colombiano Miguel Ángel López nel 2018 e il suo connazionale Sosa lo scorso anno. Affrontata al penultimo giorno di gara una seconda tappa destinata ai velocisti, disegnata tra Gumiel de Izán e Roa de Duero, come avviene puntualmente dal 2015 a decidere la corsa sarà il tradizionale arrivo in salita alle Lagunas de Neila, ascesa di 4 Km all’11% dove sia dodici mesi fa, sia nel 2018 è giunto per primo il corridore che poi si è imposto nella classifica finale, il già citato Sosa.

Il primo agosto si tornerà a correre anche in Italia con la 14a edizione della Strade Bianche, una delle più spettacolari corse del calendario che si disputa per 80 Km (sui 184 Km del percorso) sugli sterrati del senese, difficoltà alle quale si aggiungono i continui saliscendi e la ripida rampa finale in lastricato verso Piazza del Campo.

Lo stesso giorno prenderà il via una delle più interessanti corse a tappe di avvicinamento al Tour de France, La Route d’Occitanie, gara che fino a un paio di stagioni fa si chiamava “Route du Sud” e che si annuncia non meno “strombazzante” della Vuelta a Burgos: hanno, infatti, scelto di partecipare alla corsa transalpina corridori del calibro del francese Thibaut Pinot, dei colombiani Egan Bernal e Miguel Ángel López e del quattro volte vincitore del Tour Chris Froome. Si comincerà con una tappa destinata ai velocisti, 189 Km da percorrere tra Saint-Affrique e Cazouls-lès-Béziers, ai quali faranno seguito i 182 Km della Carcassonne – Cap Découverte, frazione dal finale leggermente più intricato rispetto alla precedente per la presenza di una piccola “côte” da superare a una dozzina di chilometri dall’arrivo, a sua volta collocato al termine di un breve strappo. Il giorno successivo si ripartirà da Saint-Gaudens alla volta dei Pirenei dove il gruppo andrà alla scoperta di un colle inedito, finora mai esplorato da una corsa ciclistica: si tratta del Col de Beyrède, raggiunto al termine di una salita di 11 Km al 7.2% che rappresentano una sorta di alternativa al parallelo e più noto Aspin e in vetta al quale si concluderà una frazione di 167 Km che proporrà anche le più tradizionali ascese del Port de Balès e del Peyresourde. Se la classifica fosse ancora aperta al termine di questa frazione decisiva potrebbe rivelarsi quella conclusiva, che l’indomani terminerà nel pittoresco villaggio di Rocamadour in cima a un muretto di 1500 metri all’8.5%.

Il 3 agosto si disputerà una corsa creata “ad hoc” per questa stagione e dunque si disputerà solo nel 2020 il Grande Trittico Lombardo, gara nata dell’eccezionale fusione per questioni di calendario della Coppa Bernocchi, della Coppa Agostoni e della Tre Valli Varesine. Si partirà da Legnano, tradizionale sede d’arrivo della Bernocchi, si toccherà Lissone – culla dell’Agostoni – e poi si farà nuovamente un salto sulle strade della Bernocchi per affrontare la salita del Piccolo Stelvio immeditamente prima di giungere a Varese dove, percorsi poco più di 200 Km, la corsa si concluderà con quattro giri del circuito classico della Tre Valli, ricalcato in parte su quello che ospitò i mondiali del 2008 e che prevede le ascese dei Ronchi e del Montello, con il traguardo situato un chilometro dopo lo scollinamento della prima.

La marcia d’avvicinamento alla Sanremo non passerà quest’anno per la Tirreno-Adriatico – che si svolgerà a settembre in concomitanza con la seconda settimana del Tour de France – ma ai velocisti sarà comunque concessa l’opportunità di affinare al meglio le armi grazie all’anticipo dall’autunno alla primavera della Milano – Torino, che tornerà a essere loro favorevole perché gli organizzatori hanno deciso di rinunciare per un anno all’arrivo in salita a Superga, costante della corsa sin dal 2012: si partirà da Mesero per arrivare al cospetto della spettacolare Palazzina di Caccia di Stupinigi – che nulla ha da invidiare alla basilica sui colli torinesi, come quella progettata dall’architetto messinese Filippo Juvarra – dopo un tracciato di 198 Km prevalentemente pianeggiante ma che proporrà lo stesso un piccolo assaggio di colline quando si attraverserà da parte a parte il Monferrato.

La Milano – Sanremo vedrà la sua 111a edizione svolgersi sabato 8 agosto, quando si gareggerà sul tracciato classico di 291 Km, senza alcuna variazione sul tema, mentre altre classiche (come il Fiandre, per esempio), hanno optato per una riduzione dei chilometraggi. Quindi Turchino e Capo Berta, Cipressa e Poggio contineranno a costituire l’ossatura della “classicissima”, anche perché è stato risolto da tempo il dissesto idrogeologico che aveva messo in forse la presenza del Poggio nell’edizione che si sarebbe dovuta disputare a marzo. Data a parte le uniche vere novità della Sanremo 2020 saranno quelle del caldo e degli orari di gara perché l’estate ha suggerito agli organizzatori si posticipare di un paio d’ore lo svolgimento della corsa, che si chiuderà tra le 18 e le 19.

Negli stessi giorni sarà in corso di svolgimento il Tour de Pologne, che come “stelle” al via dovrebbe avere il campione del mondo Mads Pedersen, Evenepoel e Carapaz. L’atto d’apertura, il 5 agosto, sarà una tappa di 196 Km che partirà dallo stadio Śląski di Chorzów per terminare a Katowice con un circuito cittadino di 16 Km che dovrà essere ripetuto tre volte e che prevede un microscopico Gran Premio della Montagna (800 metri al 2.9%) da superare subito primo dello striscione dell’ultimo chilometro. Più snello è il finale della successiva Opole – Zabrze, che pure prevede un anello a conclusione dei suoi 152 Km. Il giorno successivo si celebrerà il 100° anniversario della nascita di Giovanni Paolo II con la partenza della terza tappa dal paese natale dell’indimenticato pontefice, Wadovice: non sarà una frazione banale quella che si concluderà in lieve ascesa a Bielsko-Biała dopo aver affrontato per due volte sia la salita del Passo Przegibek (4.2 Km al 6.4%) , sia il muro di Kocierz (1300 metri al 12.6%), che era stato inserito nel tracciato anche lo scorso anno, nella tappa che poi sarà annullata in segno di lutto per la scomparsa del belga Bjorg Lambrecht, vittima a soli 22 anni di un drammatico incidente di corsa durante la frazione del giorno precedente. Si disputerà a questo punto la tappa decisiva sul circuito disegnato sulle colline della località termale di Bukowina Tatrzańska, presenza fissa della corsa polacca sin dal 2010 e che quest’anno costituirà l’unico arrivo in salita previsto, al termine di un’ascesa di 3.4 Km al 5.5% che sarà preceduta da altre nove salite, la più impegnativa delle quali è quella di Sciana Bukovina, 1600 metri al 10% che dovranno essere ripetuti tre volte. L’ultima tappa prenderà il via dalla nota località di sport invernali di Zakopane ma, dopo esser saliti un paio di volte sopra i 1000 metri di quota e aver affrontato cinque salite nei primi 90 Km, non presenterà più difficoltà altimetriche nei restanti 100 Km verso il traguardo di Cracovia, dove con tutta probabilità la corsa terminerà con un altro arrivo allo sprint.

Nel frattempo gli scalatori che puntano al Tour, quest’anno più favorevole del solito per i “grimpeur”, riprenderanno a scaldarsi i muscoli sulle strade di Francia, che dopo l’Occitania proprorrà altri due succulenti appuntamenti in vista della Grande Boucle, il primo dei quali sarà la Mont Ventoux Dénivelé Challenge, disputata per la prima volta lo scorso anno, quando si impose lo spagnolo Jesús Herrada. Se dodici mesi fa fu affrontata una sola volta la scalata al “Gigante della Provenza”, il 6 agosto si salirà per ben due volte al Ventoux, la prima terminando la fatica ai 1400 metri dello Chalet Reynard (dove ci fu l’arrivo d’emergenza al Tour del 2016, quando vinse Thomas De Gendt) per poi ridiscendere a Bédoin e solo stavolta dare l’assalto all’ascesa completa, fino ai quasi 1900 metri dell’osservatorio.

Sei giorni più tardi prenderà il via la corsa che da diverse stagioni è divenuta una sorta di “prova generale” del Tour, il Critérium du Dauphiné, quest’anno eccezionalmente ridotto nella durata da sette a cinque tappe epurando dal percorso – che era stato presentato nella durata tradizionale a febbraio, prima che scattasse il blocco alle competizioni – le tappe secondarie e conservando solo quelle che presentano l’arrivo in salita. La più facile sarà la prima che, dopo la partenza da Clermont-Ferrand, proporrà il traguardo a Saint-Christo-en-Jarez, preceduto di un paio di chilometri dallo scollinamento dell’ultima delle sei ascese in menù, il pedalabile Col de la Gachet (5.3 Km al 4%), in vetta al quale si transiterà accanto alla stele eretta in ricordo del kazako Andrej Kivilëv, che come Lambrecht perse la vita in corsa su queste strade alla Parigi-Nizza del 2003. L’indomani il Delfinato entrerà nel vivo con la tappa che partirà da Vienne per concludersi dopo 135 Km – sarà la frazione più corta – ai 1315 metri del Col de Porte, ascesa in programma anche al Tour pur se affrontata in quest’occasione da un versante differente, lungo quasi 17 Km e caratterizzato da una pendenza media del 6%. Sulle strade della Grande Boucle ci sarà, invece, lo storico Col de la Madeleine, che sarà proposto dall’inedito versante di Montgellafrey, 18 Km all’8.2% che saranno testati dai partecipanti al Delfinato nella terza frazione, subito prima dell’arrivo in salita a Saint-Martin-de-Belleville (15 Km al 5.9%). Sarà, infine, Megève ad accogliere l’arrivo delle ultime due tappe, entrambe con il traguardo fissato al termine della salita che conduce all’aeroporto della nota stazione di sport invernali, 7.5 Km al 5% che nella prima di queste tappe saranno preceduti da cinque ascese sulle quali spicca l’impegnativa Montée de Bisanne (12.7 Km al 7.7%). Apparentemente più agevole sembra il tracciato della frazione conclusiva, che prima dell’ascesa finale proporrà l’impegnativo e poco conosciuto Col de Romme (9.4 Km all’8.6%), il più tradizionale Col de la Colombière (7.4 Km all’8.5%) e la breve ma ripida Côte de Domancy (2.6 Km all’8.4%), la salita che caratterizzò il durissimo circuito del mondiale di Sallanches del 1980, vinto da Bernard Hinault.

Nei giorni del Delfinato in Italia si vivrà l’attesa del Giro di Lombardia, anticipato di qualche giorno dal Gran Piemonte, che si disputerà il 12 agosto sulle vallonate strade delle Langhe, terreno di gara per 187 Km tra Santo Stefano Belbo e Barolo, con un percorso “ubriacante” costituito dalla successione di 13 brevi ascese: a decidere la 104a edizione della corsa che fino al 2008 era noto come “Giro del Piemonte” dovrebbe essere quella della Morra, 3 Km al 5.7% da affrontare tre volte, l’ultima a poco meno di 7 Km dal traguardo, a sua volta posto al termine di un tratto in salita di 1200 metri al 6.1%.

A Ferragosto si disputerà quindi il Giro di Lombardia, per il quale s’è scelto di mantenersi fedele alla tradizione – come già fatto per la Sanremo – e di riproporre in toto il percorso tornato a essere abituale nelle più recenti stagioni. Così quella che per un anno diventerà la “Classica delle foglie vive” proporrà la serie di ascese che ne fanno una delle prove monumento più impegnative della stagione, prima il Colle del Gallo, poi il Colle Brianza, quindi Ghisallo, Muro di Sormano, Civiglio e San Fermo della Battaglia.

Pur non essendo previste altre corse a tappe, particolarmente affollati di appuntamenti di prestigio saranno i 10 giorni che precederanno la partenza del Tour de France e che vedranno andare in scena il Giro dell’Emilia il 18 agosto (partenza da Casalecchio di Reno, arrivo tradizionale in vetta all’arcigna salita di San Luca) e la Bretagne Classic – Ouest-France il 25 agosto, che proporrà nel finale un giro del circuito che il giorno successivo ospiterà la prova su strada professionisti del Campionato Europeo. Originariamente previsto in Italia, dopo la scelta degli organizzatori di Trento di rinviare la manifestazione al 2021 l’Unione Ciclistica Internazionale ha chiesto allo staff della Bretagne Classic di allestire la competizione. Pur gareggiando a Plouay, dove si svolsero i campionati del mondo nel 2000, s’è stabilito di non riproporre il circuito che vide conquistare la maglia iridata il lettone Romāns Vainšteins ma di disegnarne uno inedito e molto più breve, circa 13 Km da ripetere altrettante volte e che propone due salite a tornata, la Côte du Lezot (900 metri al 4.5%) in partenza e quella di Restergal (1 Km al 5.2%) nel finale di gara.

Qualche giorno prima dell’europeo si disputaranno diversi campionati nazionali e tra questi ci saranno anche le prove che designeranno il successore di Davide Formolo, organizzate da Filippo Pozzato sulle strade del suo Veneto. Si comincerà il 21 giugno con l’assegnazione della maglia tricolore a cronometro al termine di una veloce ma non troppo prova contro il tempo di quasi 40 Km disegnata tra Bassano del Grappa e Cittadella, in gran parte pianeggiante ma che prevede di affrontare subito dopo il via la salita della Rosina dal versante che normalmente in corsa viene percorso in discesa (1600 metri al 7.1%). Quest’ultima dovrà poi essere ripetuta per ben 12 volte due giorni più tardi nella gara su strada, che si snoderà per 253 Km tra i medesimi due centri della cronometro e che proporrà anche un passaggio che richiama alla memoria quelle classiche del nord che quest’anno si disputeranno a ottobre: si tratta del brevessimo ma tosto Muro della Tisa, 300 metri al 10% con il fondo in acciottolato che si dovranno percorrere una sola volta, inseriti tra gli ultimi due passaggi sulla Rosina, che in questo caso sarà presa dal più tradizionale versante di Marostica (2.3 Km al 5.9%)

Poi dal 29 agosto tutti diretti sulle rotte del Tour. O quasi, perché in questo strano calendario sconvolto dal virus la Grande Boucle si troverà a fare spallate (ma forse è il contrario) con gare come la Tirreno-Adriatico, la Settimana Internazionale di Coppi e Bartali, il Trofeo Matteotti e il Memorial Pantani.

Mauro Facoltosi

I SITI DELLA CORSE

Vuelta a Burgos

http://www.vueltaburgos.com/

Strade Bianche

http://www.strade-bianche.it/

La Route d’Occitanie

https://www.laroutedoccitanie.fr/

Grande Trittico Lombardo

https://www.tritticolombardo.it/

Milano – Torino

http://www.milanotorino.it/

Milano – Sanremo

http://www.milanosanremo.it/

Tour de Pologne

https://www.tourdepologne.pl/

Mont Ventoux Dénivelé Challenge

https://www.denivelechallenges.com/

Critérium du Dauphiné

https://www.criterium-du-dauphine.fr/en/

Gran Piemonte

http://ilgranpiemonte.it/

Giro di Lombardia

http://www.illombardia.it/

Giro dell’Emilia

http://www.gsemilia.it/a32_giro-dell-emilia.html

Bretagne Classic – Ouest-France

http://www.bretagne-classique-ouest-france.bzh/bretagne-classic-ouest-france-plouay/

Campionato Europeo

Sito in aggiornamento

Campionato Nazionale Italiano

https://www.ci2020.it/

Tour de France

https://www.letour.fr/en/

Uno dei tornanti della Cipressa - qui siamo lungo la discesa che riconduce sullAurelia - dà idealmente il bentornato al gruppo (www.villagiada.it)

Uno dei tornanti della Cipressa - qui siamo lungo la discesa che riconduce sull'Aurelia - dà idealmente il bentornato al gruppo (www.villagiada.it)

27-07-2020

luglio 26, 2020 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

GP KRANJ (Slovenia)

L’olandese Olav Kooij (Jumbo-Visma Development Team) si è imposto nella corsa slovena, circuito di Kranj, percorrendo 157.3 Km in 3h29′31″ alla media di 45.05 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Filippo Fortin (Team Felbermayr – Simplon Wels) e il polacco Paweł Franczak (Voster ATS Team)

SIBIU CYCLING TOUR (Romania)

Terza ed ultima tappa suddivisa in due semitappe.

L’austriaco Gregor Mühlberger (Bora – Hansgrohe) si è imposto nella prima semitappa, cronoscalata Curmătura Ștezii – Arena Platos, percorrendo 12.5 Km in 26′11″ alla media di 28.64 Km/h. Ha preceduto di 1′02″ l’elvetico Matteo Badilatti (Israel Start-Up Nation) e di 1′04″ il connazionale Patrick Konrad (Bora – Hansgrohe). Miglior italiano Marco Tizza (Amore & Vita – Prodir), 11° a 2′22″. Mühlberger è il nuovo leader della classifica con 1′01″ su Konrad e 1′52″ su Badilatti. Miglior italiano Luca Wackermann (Vini Zabù – KTM), 6° a 5′54″

Il tedesco Pascal Ackermann (Bora – Hansgrohe) si è imposto nella seconda semitappa, circuito di Sibiu, percorrendo 109 Km in 2h15′38″ alla media di 48.22 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Michael Schwarzmann (Bora – Hansgrohe) e il rumeno Eduard-Michael Grosu (NIPPO DELKO One Provence). Miglior italiano Davide Appollonio (Amore & Vita – Prodir), 5°. Mühlberger si impone in classifica con con 1′01″ su Konrad e 1′52″ su Badilatti. Miglior italiano Wackermann, 6° a 5′54″

IN THE FOOTSTEPS OF THE ROMANS (Bulgaria)

Lo slovacco Martin Vlčák (Dukla Banská Bystrica) si è imposto nella seconda ed ultima tappa, circuito di Bansko, percorrendo 151.6 Km in 3h29′33″ alla media di 43.41 Km/h. Ha preceduto di 8″ il serbo Veljko Stojnić (nazionale serba) e il greco Charalampos Kastrantas (Alfa Cycling Team). Miglior italiano Matteo Pongiluppi (Gallina Colosio Eurofeed), 32° a 8″. Il polacco Norbert Banaszek (Mazowsze Serce Polski) si impone in classifica con 4″ su Stojnić e sullo spagnolo Miguel Ángel Ballesteros Cánovas (Equipo Amateur Caja Rural – Serguros RGA). Miglior italiano Gabriele Porta (Gallina Colosio Eurofeed), 17° a 1′22″

26-07-2020

luglio 25, 2020 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

SIBIU CYCLING TOUR (Romania)

Il tedesco Pascal Ackermann (Bora – Hansgrohe) si è imposto nella seconda tappa, circuito di Sibiu, percorrendo 181.2 Km in 3h58′58″ alla media di 45.50 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Rudy Barbier (Israel Start-Up Nation) e l’italiano Riccardo Stacchiotti (Vini Zabù – KTM). L’austriaco Patrick Konrad (Bora – Hansgrohe) è ancora leader della classifica con 3″ sul connazionale Gregor Mühlberger (Bora – Hansgrohe) e 53″ sull’elvetico Matteo Badilatti (Israel Start-Up Nation). Miglior italiano Miglior italiano Luca Wackermann (Vini Zabù – KTM), 5° a 2′40″

IN THE FOOTSTEPS OF THE ROMANS (Bulgaria)

Il polacco Norbert Banaszek (Mazowsze Serce Polski) si è imposto nella prima tappa, circuito di Razlog, percorrendo 125.2 Km in 2h45′50″ alla media di 45.30 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo spagnolo Miguel Ángel Ballesteros Cánovas (Equipo Amateur Caja Rural – Serguros RGA) e lo slovacco Ján Andrej Cully (Dukla Banská Bystrica). Miglior italiano Gabriele Porta (Gallina Colosio Eurofeed), 16° a 28″. Banaszek è il primo leader della classifica con 4″ su Ballesteros Cánovas e 6″ su Cully. Miglior italiano Porta, 16° a 38″

BATTI UN CINQUE – 1964, IL QUINTO TOUR DI ANQUETIL

luglio 25, 2020 by Redazione  
Filed under News

L’ultimo Tour di Anquetil è il più sofferto per il campione normanno. A cronometro non eccelle più come in passato, in salita viene staccato da Poulidor e i suoi eccessi cominciano a presentargli il conto. Intanto tra i dilettanti comincia a sgomitare un certo Gimondi.

Una doppietta tira l’altra… e si deve sbrigare!

Chiuso il conto con la Vuelta ora Anquetil vuole anche la doppietta con il Giro e la desidera forse ancora più ardentemente perché sa che gli anni stanno passando e non avrà poi molte altre occasioni di metterla in cascina. Si sta accorgendo anche lui che non rende più come un tempo a cronometro e in salita fatica a staccare gli avversari, forse a causa degli eccessi di una vita vissuta al massimo. Non ci sono solo le sue stravaganze nella vita affettiva, che non staremo a rivangare in quest’articolo e che sono degne più un giornale scandalistico che di un magazine sportivo (roba, comunque, che fa impallidire la storia della peccaminosa liaison tra Coppi e la Dama Bianca, che al confronto sembra un racconto da educande). Anquetil è un tipo che non si tira indietro nemmeno a tavola e in questa edizione del Tour rischierà di compremettere le sue possibilità di vittoria per colpa di una “ciucca” di sangria, anche se è solo una leggenda la storiella che aleggiava in quel tempo in gruppo, secondo la quale il francese viaggiava con champagne nella borraccia. A sfatarla sarà Vittorio Adorni, il quale un giorno si avvicinò a Jacques e, accampando la scusa della fine della sua acqua, gli chiese un sorso dalla sua borraccia: conteneva semplicemente tè, non zuccherato affinchè la dolcezza della bevanda non lo invogliasse a bere con troppa frequenza.

Al Giro si rivede il solito Anquetil che, seppur meno potente di un tempo, risolve la gara a suo favore già alla quinta tappa, la lunga crono di Busseto nella quale distanzia di 1’23” Ercole Baldini e di 1’48” Adorni, prendendosi sulle spalle quella maglia rosa che porterà fino a Milano, resistendo al tremendo tappone dolomitico di Pedavena (quasi 300 forature complessive sul Croce d’Aune) e poi alla riedizione della mitica Cuneo-Pinerolo e vincendo la Corsa Rosa con 1’22” su Italo Zilioli e 1’31” su Guido De Rosso, il corridore vicentino che tre anni prima si era imposto nella prima edizione del Tour de l’Avenir, corsa che nel 1964 tornerà a essere conquistata da un italiano.

L’Anquetil che scenderà sulle strade del Tour, invece, sarà meno incisivo e lo testimoniano sia l’entità dei distacchi che affliggerà a cronometro, sia quello in classifica che lo separerà dal corridore arrivato secondo, il più basso tra i suoi cinque Tour: 55 secondi appena, un abisso rispetto al quarto d’ora di ritardo che era stato accusato dal belga Marcel Janssens nel 1957, quando Anquetil si era imposto per la prima volta nella Grande Boucle. Gli avversari del francese sono i soliti noti perché saranno gli stessi che l’avevano fatto penare al Tour dell’anno prima, il suo connazionale Raymond Poulidor, che sarà quello che più gli arriverà vicino, e l’intramontabile Federico Bahamontes, il cui fisico non si vuole arrendere al tempo che passa – ha già 36 anni – e che gli consentirà ancora di salire sul podio, l’ultimo della sua carriera che terminerà l’anno successivo. Altri corridori in grado di competere con questo trittico non se ne vedono, anche se alla partenza si nutrono speranze sulla pattuglia italiana, forte di corridori di pregio: nella Salvarani diretta da Luciano Pezzi sono, infatti, schierati due passati vincitori del Giro (Baldini e Arnaldo Pambianco), un futuro vincitore della Corsa Rosa (Adorni) e l’imprevedibile Vito Taccone, la cui presenza al Tour – l’unico della sua carriera – si farà soprattutto ricordare per la lite in corsa con lo spagnolo Fernando Manzaneque e per le accuse che gli saranno rivolte da altri ciclisti, che gli rimprovereranno d’esser stato la causa delle cadute che nei primi giorni di corsa avevano “movimentato” gli arrivi in volata.

Si parte quell’anno da Rennes con una prima frazione di 215 Km che ha il traguardo fissato a Lisieux, dove si assiste a un epilogo esattamente opposto a quello della tappa che aveva aperto il Tour l’anno precedente. In quell’occasione Poulidor e Bahamontes erano riusciti a distanziare di quasi un minuto e mezzo Anquetil, mentre stavolta accade il contrario a causa di una caduta a 3 Km dal traguardo che spezza il gruppo in due tronconi, all’arrivo separati da venti secondi: nel secondo ci sono i due rivali del transalpino, che riesce a terminare nella prima parte del gruppo assieme ad altri 37 corridori, tra i quali ci sono Adorni, Taccone, lo spagnolo José Pérez Francés (l’anno precedente terzo in classifica), il britannico Tom Simpson e il belga Edward Sels, che s’impone allo sprint conquistando la prima maglia gialla.

Non si assistono a cadute l’indomani, quando il gruppo si presenta in assetto quasi del tutto compatto sul traguardo di Amiens, dove solo quattro corridori su 131 giungono distanziati e dove va in scena un’entusiasmante volata che solo il fotofinish riesce a “sbrogliare”, assegnando la vittoria al francese André Darrigade, che ha la meglio per questione di millimetri sull’olandese Jan Janssen e su Taccone e riesce a raggiungere al vertice della classifica Sels, il quale mantiene la maglia gialla in virtù dei migliori piazzamenti nei primi due giorni di gara.

Il giorno successivo è in programma il primo appuntamento di una certa consistenza, una cronometro a squadre di 21 Km che si disputa sul circuito della cittadina belga di Forest, dove lo stesso giorno termina una prima semitappa che si conclude con il successo del corridore di casa Bernard Van De Kerckhove, il cui arrivo precede di una ventina di secondi quello del gruppo con la maglia gialla Sels, al quale riesce a levare le insegne del primato. Le manterrà anche dopo la crono pomeridiana, vinta dalla formazione basca KAS-Kaskol che precede di 8” la Pelforth e di 21” la Wiel’s, mentre tra le formazioni dei “vip” la Ferrys di Pérez Francés, 5a a 1’17”, distanzia di 8” la Mercier di Poulidor, di 26” la Saint-Raphaël di Anquetil, di 1’24” la Salvarani e di ben 2’32” la Margnat di Bahamontes. In classifica Pérez Francés è così il primo dei corridori che contano, con sette secondi di vantaggio sugli italiani Adorni e Taccone, dieci su Anquetil, sedici su Poulidor e 1’12” su Bahamontes.

Si rientra in Francia con l’interminabile tappa di Metz, lunga quasi come la Milano-Sanremo (291 Km) e terminata allo sprint con la vittoria del tedesco Rudi Altig, poi la corsa torna nuovamente a sconfinare. L’arrivo è in terra di Germania, dove Altig non riesce a ripetersi sulle sue strade dopo esser stati tra i protagonisti della fuga di giornata, giunta al traguardo di Friburgo in Brisgovia con quattro minuti di vantaggio sul gruppo. La delusione per il secondo posto, regolato allo sprint dal belga Willy Derboven, viene mitigata dalla conquista della maglia gialla, vestita con 1’08” sul francese Georges Groussard, uno dei cinque corridori inseritisi nel tentativo, tra i quali c’è anche suo fratello maggiore Joseph.

Tornato in patria con la tappa di Besançon, vinta con una sparata nel finale dall’olandese Henk Nijdam, il Tour propone alla vigilia delle Alpi una frazione di media montagna caratterizzata da due salite abbastanza pedalabili, Septmoncel e la Faucille, da superare entro i primi 90 Km e a 100 Km dal traguardo. L’arrivo è fissato a Thonon-les-Bains, dove in una frazione molto simile nel 1957 Anquetil era stato autore di un colpo che gli aveva permesso di guadagnare parecchi minuti sugli avversari e in particolare ben 11 su Nencini. Dev’essere questo un tracciato particolarmente stimolante perché pure nel 1964 vede nascere un tentativo a sorpresa, nel quale a essere sorpreso è lo stesso Anquetil: succede tutto in un tratto di falsopiano a una trentina di chilometri dall’arrivo, quando Poulidor è lesto a inserirsi in un gruppetto di quindici attaccanti, tra i quali c’è Pambianco, che riesce a stringere i denti fino al traguardo, dove i secondi guadagnati su Anquetil sono 34”, a cogliere la vittoria è Jan Janssen e ben quattordici sono i corridori mandati fuori tempo massimo da questa velocissima frazione, tra i quali il bolognese Romano Piancastelli.

La fase alpina è quest’anno costituita da due lunghe frazioni, entrambe consistenti nel chilometraggio e caratterizzate dall’arrivo in discesa. Il primo giorno sono in programma quasi 250 Km che prevedono nel finale l’inevitabile accoppiata Télégraphe-Galibier e che dimostrano come Bahamontes sia ancora un avversario temibile per Anquetil, nonostante sia alle porte il suo trentaseiesimo compleanno, traguardo che taglierà dieci giorni più tardi. Intanto transita per primo su quello di Briançon, dove si presenta con 1’32” di vantaggio su Poulidor dopo esser andato all’attacco già sul Télégraphe ed essersi presentato in vetta al Galibier con quasi 4 minuti su “Poupou” e Anquetil, con quest’ultimo che all’arrivo che cede 17 secondi al connazionale a causa di una foratura mentre la maglia gialla passa dalle spalle di Altig e quelle di Groussard. La tappa è, invece, fatale per gli italiani che erano partiti da Rennes con la volontà di fare bene: il primo all’arrivo è Pambianco, 27° con quasi nove minuti di ritardo, e ancor più accusano Adorni e soprattutto Taccone, che perde quasi un quarto d’ora.

La tappa successiva è più breve di una decina di chilometri e, dopo esser saliti su Vars e Bonette (tetto del Tour, 2802 metri di quota) e su un paio di colli dell’entroterra della Costa Azzurra nel finale, ha in serbo l’arrivo sulla pista dello stadio Louis II di Monaco, dove si devono percorrere due giri del brevissimo anello. Ma Poulidor non ha letto con attenzione le carte o forse s’è dimenticato di questo particolare e, convinto che ci sia una sola tornata da compiere (come solitamente capitava negli arrivi di questo genere), si spreme nel precedere allo sprint Anquetil e gli altri 22 corridori che si sono presentati per primi nello stadio monegasco, accorgendosi subito dopo che la tappa non è ancora conclusa. Consumate le energie in questo tentativo, non ne ha più per competere, pochi secondi più tardi, nella volata che conta e che vede Anquetil precedere Simpson e intascare i preziosi secondi d’abbuono riservati al vincitore. Dopo la disfatta del giorno prima stavolta gli italiani sono andati meglio perché nel gruppo di testa hanno concluso Adorni, Pambianco e il romagnolo Battista Babini, mentre ha pagato ancora Taccone, giunto al traguardo quasi 18 minuti dopo l’arrivo dei primi. Intanto, giunti all’altro capo della catena alpina Groussard continua a mantenere la maglia gialla con 3’35” su Bahamontes, il quale precede di 32” Poulidor e di 47” Anquetil, mentre per incontrare il primo italiano bisogna scendere fino alla diciannovesima posizione di Adorni, che si trova a 12’33” dal capoclassifica.

In un Tour avaro di buone notizie per l’Italia le liete novelle arrivano dal Tour de l’Avenir, che scatta il giorno successivo con Felice Gimondi, capitano della nazionale azzurra, che s’impone a sorpesa nella tappa d’apertura di Tolone, nella quale ha tirato la volata al veronese Pietro Campagnari, il quale all’ultimo momento ha perso le ruote del bergamasco. Poche ore più tardi sul medesimo traguardo termina la prima delle tre cronometro individuali previste dal Tour dei “grandi”, che si risolve nuovamente in una sfida tra i due corridori francesi più amati, con Poulidor che riesce addirittura a viaggiare quasi sui tempi di Anquetil nella prima parte del tracciato, arrivando ad accusare appena 5 secondi di ritardo al rilevamento posto dopo 10 Km, a metà tappa. Poi Jacques ingrana la marcia e riesce a distanziare l’avversario di 36”, mentre anche Altig conclude con un passivo di poco inferiore al minuto. Assente Baldini, che al Giro era stato il corridore arrivato più vicino al francese nella crono di Parma e che si è ritirato da diversi giorni, il migliore dei nostri è Adorni, 5° a 1’31”. Come al solito soffre in prove del genere Bahamontes, 14° a 2’20”, e parecchio tempo perde la maglia gialla Georges Groussard, che riesce comunque a rimanere al comando della corsa per 1’11”.

La notizia del giorno, soprattutto sui quotidiani italiani, è un’altra, oltre a quella della vittoria di Gimondi tra i “puri”. È nella semitappa mattutina verso Hyères, vinta dall’olandese Janssen, che accade lo storico episodio della zuffa tra Taccone e Manzaneque, che costerà ai due una multa di 65 mila lire (700 euro odierne). A iniziarla è lo spagnolo, che ce l’ha con l’abruzzese perché non lo sta aiutando nel tirare il gruppo, dopo che questo si è spezzato in due tronconi in zona rifornimento e loro due sono rimasti nella seconda parte. Manzaneque vuole ricucire lo strappo perché dietro è rimasto anche Pérez Francés, Vito non ne vuole sapere perché nella prima parte del gruppo c’è il suo compagno di squadra Adorni e così lo spagnolo lo insulta e arriva a mettergli le mani addosso strattonandolo. Nonostante il suo carattere notoriamente rissoso Vito non reagisce e preferisce recarsi all’auto del direttore del Tour Jacques Goddet per lamentare l’accaduto, ma appena rientra in gruppo Manzaneque gli si avvicina per strattonarlo di nuovo, provocando la caduta di entrambi. Poi ci riprova una terza e una quarta volta, arrivando addirittura a brandire la bici come una clava: è a questo punto che scatta l’ira di Taccone, che colpisce lo spagnolo con un pugno, dando il via a un vero e proprio incontro di pugilato, viene fermato solo dall’intervento di Goddet che riesce a separarli a colpi di pompa di bicicletta. E in serata arriverà una seconda multa per Manzaneque, della medesima entità, reo di aver insultato un giudice di gara alla partenza da Monaco.

Inizia intanto il trasferimento verso le frazioni pirenaiche, che non è certo una passeggiata perché è lunga ben 250 Km la tappa che termina a Montpellier dove il belga Sels s’impone allo sprint in una giornata che si fa ricordare quasi esclusivamente per una caduta di massa che ha coinvolto una trentina di corridori a una sessantina di chilometri dall’arrivo (tra questi c’è Taccone) e per una lite all’arrivo tra Bahamontes e Goddet, con lo spagnolo che minaccia addirittura di abbandonare il Tour se Anquetil si farà ancora aiutare dalle scie delle moto per andare all’attacco. Dura sole ventiquattrore, intanto, la permanenza di Gimondi al vertice della classifica del Tour de l’Avenir poichè viene scalzato per sei secondi dallo spagnolo Ginés García Perán al traguardo di Montpellier, dove a imporsi è un corridore che corre nella nazionale olandese pur essendo lussemburghese: è Johny Schleck, futuro papà dei fratelli Fränk e Andy (vincitore del Tour del 2010).

Continua il momentaccio per Taccone, che era stato più volte accusato dagli altri corridori di aver innescato cadute in occasione degli arrivi in volata a causa dei suoi attacchi scomposti. Stavolta è lui a cadere a soli 400 metri dal traguardo di Perpignano, sul quale s’impone con un leggero margine di vantaggio l’olandese Jo de Roo, e il capitombolo è di quelli che fanno male, sia alla sua bicicletta (entrambe le ruote spezzate, che è costretto a far cambiare prima di percorrere il tratto finale del rettilineo d’arrivo), sia a lui stesso, perché ha picchiato la testa e dopo aver tagliato il traguardo comincia ad avvertire nausea e senso di stordimento che consiglieranno l’immediato ricovero in ospedale, dove non gli vengono riscontrati danni e gli viene consentito di riprendere la corsa, anche se si ritirerà poco dopo aver preso il via nella frazione successiva. Per le buone novelle ci si deve ancora una volta appigliare al Tour de l’Avenir, dove arriva la vittoria del veronese Luciano Dalla Bona mentre, per la terza volta in tre giorni, la maglia gialla cambia proprietario e passa sulle spalle del polacco Józef Beker, con Gimondi terzo in classifica a 50” dal primato.

I Pirenei debuttano con una novità assoluta perché finora nemmeno la Vuelta aveva proposto un traguardo nel Principato d’Andorra, dove la tredicesima tappa si conclude sulle strade della capitale del piccolo stato incastonato nel mezzo delle montagne dopo esser saliti sino ai 2407 metri del Port d’Envalira. La primizia lascia però con l’amaro in bocca gli appassionati perché la tappa si svolge priva di particolari sussulti agonistici, se non quello provocato dalla tremenda caduta del belga Armand Desmet nella discesa dal Col de Puymorens, costretto con il resto del gruppo ad allargare per evitare una moto ferma a bordo strada. Alcuni corridori si ritrovano con il transitare con la bici sul brecciolino a bordo strada, perdendo l’aderenza del mezzo e innescando una caduta di una ventina di corridori e tra questi c’è lo sfortunato belga che subisce le conseguenze peggiori andando a impattare violentemente contro la moto e riportando un grosso e sanguinante squarcio sul volto. Nel frattempo in testa alla corsa si era portato lo spagnolo Julio Jiménez che, dopo aver scollinato in testa tutti e tre i GPM di giornata, riusciva a presentarsi solitario al traguardo di Andorra con quasi nove minuti di vantaggio sul primo gruppo inseguitore, regolato dal campione del mondo in carica Benoni Beheyt e nel quale ci sono anche Poulidor e Anquetil, mentre Bahamontes ha perso leggermente le ruote nel velocissimo finale in discesa, ma ha contenuto il ritardo in soli sette secondi. All’Avenir, invece, la vittoria viene stavolta sfiorata dall’Italia con il secondo posto del romano Adriano Massi, anticipato di un amen dal polacco Józef Gawliczek nella tappa che vede lo spagnolo García Perán tornare in possesso della maglia gialla.

Andorra ospita anche l’unica giornata di riposo prevista in questa edizione, mentre non si fermano i dilettanti che affrontano a questo punto una cronometro disegnata tra Tarascon-sur-Ariège e Foix, 36 Km al termine dei quali Gimondi fa registrare il secondo miglior tempo, di appena due secondi inferiore a quello del francese Désiré Letort, portandosi al secondo posto della classifica con 24” di ritardo dallo spagnolo in maglia gialla. I “grandi”, invece, si rilassano e chi ne approfitta più di tutti è Anquetil, che annulla una sessione di allenamento e accetta l’invito a un barbecue “vip” – tra i presenti c’è la nota cantante italo-francese Dalida – dove viene visto servirsi di abbondanti bicchieri di sangria (gli organizzatori dell’evento si erano equipaggiati con ben 200 litri del celebre vino spagnolo). Sono noti i suoi eccessi a tavola e così la cosa viene riferita a Poulidor, invitandolo all’attacco il giorno dopo, quando in partenza è nuovamente presente la salita dell’Envalira. E poi riprende a serpeggiare in gruppo la voce di una profezia che un veggente, tale Belline, aveva rilasciato al quotidiano France-Soir prima della partenza del Tour, secondo la quale Anquetil sarebbe morto durante il quattordicesimo giorno del Tour: tale giorno coincide proprio con il riposo ed è forse per questo motivo che il corridore francese, notoriamente superstizioso (la mogle Janine aveva tentato inutilmente di tenergli nascosto quel giornale) aveva preferito annullare l’allenamento e dirigersi alla festa.

L’indomani mattina anche Raymond si accorge di qualcosa di strano perché Anquetil si presenta al raduno di partenza con il volto pallido e indossando un paio di occhiali da sole, accessorio quasi certamente necessario per celare alla vista gli occhi ancora segnati dalla sbornia. Sarà vera la notizia che gli hanno comunicato? Nel dubbio va subito all’attacco, dopo appena 3 Km dal via, e in effetti coglie l’avversario in sofferenza e sempre più pallido in volto, un pallore accresciuto dalla nebbia che ammanta la cima dell’Envalira. In vetta Jacques arriva ad accusare 4 minuti da Bahamontes e Poulidor e per molti questa è una sentenza definitiva sul Tour del transalpino, che invece risorge nella successiva discesa, affrontata con un misto di follia che lo porta a osare eccessivamente in tornanti quasi totalmente mascherati dalla nebbia. L’inseguimento al gruppo di testa dura quasi 120 Km e si conclude favorevolmente per Anquetil che al traguardo di Tolosa, dove per la terza volta s’impone Sels, si ritrova addirittura a guadagnare quasi due minuti e mezzo su Poulidor, ghermito due volte dalla sfortuna nel giro di poche centinaia di metri, prima costretto a cambiare bici dopo che gli si era scentrata una ruota e immediatamente dopo ruzzolato a terra al momento della ripartenza, a causa della spinta troppo potente ricevuta dal meccanico della sua squadra. Mentre si attendeva l’epilogo di questo appassionante frazione giungeva a termine la sesta frazione dell’Avenir, conquistata allo sprint dallo spagnolo Juan José Sagarduy sul belga Roger Swerts (futuro gregario di Merckx) e sul romagnolo Luciano Sambi.

È un “Poupou” decisamente infuriato quello che l’indomani si agginge ad affrontare il tappone che arriva a Luchon. Un po’ c’è l’ha con la malasorte, un pochino anche con il meccanico che il giorno prima l’aveva scaraventato a terra e sfoga la sua rabbia attaccando a 20 km dall’arrivo sulla salita del Portillon. Il suo è un attacco talmente deciso che va a riprendere tutti i corridori che in quel momento si trovano in testa alla corsa, mentre nessun altro riesce a rimanere aggrappato alle sue ruote e tutto solo si presenta al traguardo, dove riesce ad annullare totalmente il tempo perduto il giorno precedente: Anquetil perde, infatti, 1’43” ai quali va sommato il minuto d’abbuono riservato al vincitore e che consente a Poulidor di ritornare al terzo posto della classifica, che vede ancora al vertice il resistente francese Groussard. Tra i dilettanti, invece, concede il bis lo spagnolo Sagarduy in una frazione che vede Gimondi piazzarsi al quarto posto conservando i 24 secondi di ritardo che ha dalla maglia gialla.

La lotta per la vittoria finale stavolta è aperta come mai era accaduto durante i Tour di Anquetil. Alla vigilia dell’ultimo tappone pirenaico appena nove secondi separano Anquetil da Poulidor e nella sfida sta per rientrare Bahamontes, che alla partenza da Luchon ha due minuti di ritardo da “Jacquot”, gap che l’Aquila di Toledo riesce completamente a colmare nel viaggio verso Pau, che prevede di salire su Peyresourde, Aspin, Tourmalet e Aubisque. Il corridore spagnolo è già all’attacco sin dal primo colle, in compagnia del connazionale Jiménez al quale concede il transito in testa sulle prime tre ascese per poi rimanare solo al comando sull’Aubisque. Proprio in vetta a quest’ultimo fa registrare il vantaggio massimo sul gruppetto nel quale ci sono Anquetil, Poulidor e ancora Groussard, poi i quasi sei minuti e mezzo guadagnati si assottigliano, complici la mancanza di salite negli ultimi 60 Km e la stanchezza che comincia a fiaccarlo, fino ai quasi due minuti con i quali taglia il traguardo di Pau, che con l’abbuono gli permettono di scavalcare Anquetil in classifica e di avvicinarsi notevolmente a Groussard. Trentacinque, infatti, sono i secondi che lo distanziano dalla maglia gialla mentre cinquantuno sono quelli che Anquetil ha da recuperare allo spagnolo, ancora separato da Poulidor da nove secondi. A completare la trionfare giornata per i corridori spagnoli è la vittoria di Ventura Díaz nell’ultima frazione pirenaica del Tour de l’Avenir, nella quale Gimondi riesce a guadagnare 15 secondi sulla maglia gialla portandosi a soli nove secondi dal capoclassifica.

Ora è il turno dei futuri professionisti di riposare mentre va in scena la seconda crono del Tour dei “pro”, che, numeri alla mano, si rivela una fotocopia della precedente gara contro il tempo. Come otto giorni prima Anquetil e Poulidor sono separati da pochissimi secondi ai primi intermedi – sette sia al rilevamento del decimo chilometro, sia a quello successivo del Km 21 – poi al traguardo di Bayonne diventano trentasette, un secondo in più rispetto al distacco che Jacques aveva dato a Raymond a Tolone. La similitudine con l’altra crono non finisce qua perché anche in quest’occasione il terzo è Altig, ancora sotto il minuto di ritardo, mentre soffrono parecchio sia Bahamontes, sia Groussard: il primo forse patisce gli sforzi fatti per imporsi il giorno prima e termina a 4 minuti da Anquetil, la maglia gialla va ancora peggio, ne perde quasi sei e deve dare all’addio al prestigioso indumento che indossa da una decina di giorni. Anquetil tira un mezzo sospiro di sollievo perché finalmente è riuscito a vestirsi di giallo, ma il suo regno è ancora traballante per via degli appena 56” che lo separano da Poulidor, il quale certamente troverà ancora la maniera di cercare di mettere in difficoltà l’avversario essendo previsto tra un paio di giorni un arrivo in salita, l’unico inserito nel percorso di questa edizione del Tour.

In attesa di quest’appuntamento, che Anquetil teme con non mai in passato, si devono disputare due tappe di trasferimento che vengono conquistate da Darrigade a Bordeaux e da Sels a Brive-la-Gaillarde e anche all’Avenir si assistono a due giornate simili, vinte dal francese Christian Raymond e dal belga Swerts. Quella di Brive è, però, una tappa tragica che passerà alla storia per il peggior incidente mortale avvenuto sulle strade del Tour, avvenuto in località Port-de-Couze quando un camion cisterna che trasporta cherosene sbanda finendo in mezzo alla folla che festosa attende il passaggio del gruppo, provocando tredici feriti e nove morti, tra i quali tre bambini.

I fari sono ora tutti puntati sullo storico arrivo in salita al Puy de Dôme, il vulcano spento del Massiccio Centrale che “riaccende” un Tour che mai si è spento e che oggi vede Anquetil staccato in salita, anche se la frazione in parte si rivela deludente perché Poulidor ha aspetto solo l’ultimo chilometro per attaccare il rivale e avrebbe potuto staccarlo maggiormente e magari portargli via la maglia gialla se si fosse mosso prima. L’attacco gli consente di recuperare 42 secondi e di portare il suo ritardo in classifica a 14”, mentre molto prima erano scattati Jiménez e Bahamontes, con il primo che s’impone in cima al mitico Puy e il secondo che recupera due minuti a Jacquot, confermando la sua terza posizione in classifica a 1’33” da Jacques. La salita finale viene risparmiata ai dilettanti ma, nonostante questo, la tappa con arrivo nella sottostante Clermont-Ferrand rischia di cambiare i connotati alla classifica dell’Avenirr a causa della lunga fuga del francese Lucien Aimar, che guadagna fino a più di 4 minuti e li conserva fino al traguardo, dove viene raggiunto proprio all’ultimo chilometro dal belga Joseph Spruyt, che lo stacca a sua volta precedendolo di 40 secondi: l’impresa consente al francese di portarsi a ridosso dei primi due corridori della classifica, ancora comandata da García Perán con 9” su Gimondi, mentre Aimar si colloca al terzo posto della graduatoria con 51” di ritardo.

Alla vigilia dell’epilogo parigino si arriva ad Orléans, dove l’Italia incassa un doppio secondo piazzamento con il romagnolo Babini e il veronese Claudio Michelotto, il primo preceduto dal francese Jean Stablinski nella tappa dei professionisti e il secondo che si deve inchinare in volata al polacco Jan Kudra nella frazione dell’Avenir.

L’ultimo giorno sono previste due semitappe, la prima delle quali termina a Versailles con l’affermazione di Beheyt mentre, nelle stesse ore, si sta concludendo al parigino Parco dei Principi la quarta edizione del Tour de l’Avenir con una frazione di 129 Km priva di difficoltà altimetriche che non dovrebbe provocare mutamenti in classifica. Invece succede l’imprevedibile sull’unica microscopica salitella che il percorso prevede a una ventina di chilometri dal traguardo, quando scatta improvvisamente Aimar, esibendosi in un’azione alla quale riesce ad accordarsi Gimondi, ma non il capoclassifica García Perán. I due viaggiano di comune accordo, vanno ad accodarsi al gruppetto in quel momento in fuga e con loro giungono al traguardo, dove s’impone l’olandese Gerben Karstens e al quale l’oramai ex maglia gialla giunge con più di due minuti di ritardo.

Mentre gli italiani si godono il successo di Gimondi all’Avenir, vinto con 42” su Aimar e 2’17” García Perán, anche il Tour dei professionisti vede svolgersi una frazione che s’annuncia decisiva, anche se non ci saranno sorprese lungo i 27 Km chilometri che da Versailles conducono a Parigi. Anquetil è sempre il naturale favorito di queste prove e, pur senza riuscire a scavare anche in quest’occasione grossi distacchi nei confronti dei rivali che più gli arrivano vicini, anche nell’ultima crono è suo il tempo migliore. Ancora Poulidor e Altig sono i corridori che più lo insidiano, stavolta a ruoli invertiti rispetto alle precedenti due tappe contro il tempo perché è il tedesco a classificarsi secondo, per appena 15 secondi, mentre “Poupou” ne perde 21.

Il quinto e ultimo Tour targato Anquetil finisce così, con il francese che s’impone con 55” su Poulidor e 4’44” su Bahamontes. Pur non mancando altre grandi affermazioni nei rimanenti cinque anni di carriera (il Delfinato, la Bordeaux-Parigi, due Parigi-Nizza, la Liegi, il Catalogna, il Paesi Baschi) non riuscirà più ad imporsi in nessuna grande corsa a tappe di tre settimane, riuscendo al massimo a collezionare due terzi posti ai Giri del 1966 e del 1967 e concludendo con un ritiro l’unico Tour (1966) al quale prenderà parte dopo quello del 1964. Riuscirà a battere nuovamente il record dell’ora, dopo il primato conseguito nel 1956 strappando il titolo a Fausto Coppi, ma i 47,493 Km che percorrerà il 27 settembre del 1967 migliorando di 146 metri la prestazione del suo connazionale Roger Rivière, non figurano su nessun albo d’oro non essendo mai stati omologati dall’UCI per il suo rifiuto di sottoporsi all’esame antidoping. Non li hai mai accettati quei controlli che diventarono pratiche comuni dopo la tragica morte di Simpson al Tour del 1965, forse perché tra gli eccessi che ne minarono la potenza ci fu l’utilizzo di quei prodotti. Ebbe a dire stizzito “Che qualcuno mi spieghi prima dove finisce la medicina e dove inizia il doping!”, negli anni ammetterà di aver fatto uso di cortisone e forse furono quegli abusi a causargli il tumore allo stomaco che lo porterà alla tomba il 18 novembre del 1987, un paio di mesi prima del suo cinquantaquattresimo compleanno.

Mauro Facoltosi

NOTA AI LETTORI

All’inizio della serie degli articoli sulle cinquine al Tour vi avevamo annunciato anche tre articoli sui Tour vinti da Gastone Nencini, Felice Gimondi e Marco Pantani. Non siamo riusciti a completarli in tempo e quindi abbiamo deciso di rimandarne la pubblicazione a dopo novembre, dopo la fine della stagione di corse.

LE ALTIMETRIE

Lultimo duello tra Anquetil e Poulidor sulla salita del Puy de Dôme

L'ultimo duello tra Anquetil e Poulidor sulla salita del Puy de Dôme

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