MOHORIC IN FABULA: MATEJ CANTA VITTORIA
Matej Mohoric era l’uomo da battere e dopo 129 chilometri mantiene le promesse vincendo alla grande. Lo sloveno parte all’ultimo chilometro subito dopo l’ultimo scollinamento del Cauberg conservando quei pochi metri che hanno scongiurato una rimonta da parte del gruppo inseguitore. Al secondo posto si piazza l’australiano Caleb Ewan e al terzo il croato Josip Rumac.
Medaglia di legno amara per l’Italia con Federico Zurlo, che nel finale non ha potuto esprimere tutta la sua potenza nel rettilineo finale perchè chiuso allo sprint (per il secondo posto).
Foto copertina: Mohoric surclassa tutti gli altri junior (foto Bettini)
Questo ragazzo sloveno ha vinto in un mese il Giro della Lunigiana, quattro tappe e la classifica finale del Giro di Basilicata, il che ci poteva indicare che era in possesso di una condizione semplicemente straordinaria. Ulteriore testimonianza del suo grande talento, e non solo in salita, è stato il secondo posto ottenuti pochi giorni fa nella prova iridata a cronometro: Mohoric ha recuperato trenta posizioni solamente nell’ultima parte di gara. La corsa odierna ha anticipato di poche ore la prova degli elite, mentre questi ultimi percorrevano il tratto in linea, e in complesso i ragazzi dovevano affrontare otto giri del circuito di Valkenburg per un totale di 130 chilometri. Pronti e via gli atleti si sono dati subito battaglia per cercare di portare via qualche tentativo di fuga interessante, ma appena partita la fuga tipica della prima parte di gara con Oliviero Troia inspiegabilmente sono iniziate, dal secondo giro in poi, tattiche ben precise che hanno bloccato la corsa per un po’ di giri.
A tre giri dalla fine sono ricominciati gli scatti, e questa volta con successo, visto che si è formato al comando un bel drappello composto da 11 corridori; ma il loro vantaggio non saliva mai sopra i 20 secondi e i gruppo non ha avuto molte difficoltà nel riprenderli. Appena ripresi gli undici sono partiti in contropiede altri dodici atleti, ma anche questa volta il gruppo rintuzzava l’attacco dei battistrada, addirittura senza permettere a loro di sviluppare un accordo che potesse mantenere vivo il tentativo. E così i chilometri scivolano via veloci fino all’ultimo giro quando i corridori affrontano l’attacco decisivo al Cauberg, e a muoversi sono i più importanti.
Nel tratto più duro dello strappo partono l’australiano Ewan e il nostro Giacomo Peroni, ma anche questa volta, così come nella gara under 23, il gruppo non lascia scappare nessuno. Nessuno tranne uno sloveno che ha le stigmati del campione e che in queste periodo lascia agli altri i piazzamenti dal secondo gradino in poi: Matej Mohoric piazza un colpo da finisseur subito dopo lo scollinamento del Cauberg, sotto la Flame Rouge dell’ultimo chilometro, e con lo scatto guadagna terreno sul gruppo ancora in fila. Mohoric rimane ancora a tiro rispetto agli inseguitori, che sperano di saltarlo con lo sprint finale; ma lo sloveno non ci sta e insiste di nuovo. Quando supera il cartello dei 200 metri al traguardo la sua vittoria appare molto probabile, ma diventa sicura quando Mohoric alza le braccia in segno di vittoria. Nello sprint alle sue spalle si piazzano nell’ordine l’australiano Ewan, il croato Rumac, Federico Zurlo e l’inglese Dibben. Nonostante non sia stata tipica della categoria junior, con scatti dall’inizio alla fine, possiamo comunque dire che alla fine è riuscito a vincere il più forte, che riesce inoltre nel non facile di compito di resistere ad un gruppo di settanta corridori in rimonta. Quarto posto con rimpianto quello di Federico Zurlo che nella volata finale per la medaglia d’argento non è riuscito a trovare un varco, dovendosi accontentare della medaglia di legno.
Paolo Terzi
23-09-2012
settembre 24, 2012 by Redazione
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CAMPIONATI DEL MONDO
Disputate le gare su strada elite e junior uomini
Per gli elite si è imposto il belga Philippe Gilbert (BMC Racing Team) che ha percorso i 269 Km del tragitto Maastricht – Valkenburg in 6h10′41″, alla media di 43,541 Km/h. Ha preceduto di 4″ il norvegese Boasson Hagen e di 5″ lo spagnolo Valverde Belmonte. Miglior italiano Oscar Gatto (Farnese Vini – Selle Italia), 13° a 5″.
Per gli juniores si è imposto lo sloveno Matej Mohoric che ha percorso il circuito di Valkenburg (128,8 Km) in 3h00′45″, alla media di 42,755 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’australiano Ewan e il croato Rumac. Miglior italiano Federico Zurlo, 4°.
TOUR OF CHINA II
Lo statunitense Oscar Clark (BMC – Hincapie Sportswear Development Team) si è imposto nella quinta ed ultima tappa, circuito di Tianjin, percorrendo 106 Km in 1h46′01″, alla media di 59,990 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo spagnolo Osuna Montes e l’olandese Goos. Miglior italiano Angelo Furlan (Christina Watches – Onfone), 7° a 3″. In classifica si impone lo spagnolo Stefan Schumacher (Christina Watches – Onfone) con 27″ sull’olandese Huizenga e 33″ sull’ucraino Popkov. Miglior italiano Furlan, 13° a 1′27″.
TOUR DU GÉVAUDAN LANGUEDOC-ROUSSILLON
L’italiano Davide Rebellin (Meridiana Kamen Team) si è imposto nella seconda ed ultima tappa, circuito di Mende, percorrendo 162,4 Km in 4h08′10″, alla media di 39,264 Km/h. Ha preceduto di 8″ il britannico Bibby e il tedesco Sinkewitz. In classifica si impone Rebellin con 16″ sullo sloveno Vrecer e 22″ sul francese Molard.
GOOIKSE PIJL
Lo statunitense Ken Hanson (Team Optum presented by Kelly Benefit Strategies) si è imposto nella corsa belga, circuito di Gooik, percorrendo 192,8 Km in 4h20′34″, alla media di 44,395 Km/h. Ha preceduto allo sprint il tedesco Thömel e il belga Demoitie. Due italiani in gara: Eugenio Alafaci (Leopard Trek Continental Team) 4°, Giorgio Brambilla (Leopard Trek Continental Team), 19°.
MILANO – RAPALLO “MEMORIAL EMILIO DE MARTINO” (dilettanti)
L’italiano Carmelo Consolato Pantò (Gragnano Sporting Club) si è imposto nella corsa italiana, Gaggiano – Rapallo, percorrendo 206 Km in 4h35′45″, alla media di 44,823 Km/h. Ha preceduto di 11″ e 12″ gli italiani Luca Chirico (Trevigiani Dynamon Bottoli) e Marco Tizza (Casati – MI Impianti)
QUEEN MARIANNE – VOS PROFETA IN PATRIA
Marianne Vos vince, anzi domina, quella gara che le sfuggiva da sei anni e che finalmente riconquista nella sua Olanda. Dietro di lei si classificano l’australiana Rachel Neylan e la bravissima Elisa Longo Borghini che fino all’ultimo giri corre alla pari del fenomeno orange. Corsa intensa e densa di emozioni, ha saputo prendere giro dopo giro, anche a cause di eventi non piacevoli come le cadute, una piega diversa dalle altre prove in linea corse fino ad ora.
Foto copertina: Marianne Vos taglia il traguardo mondiale in completa solitudine (foto Bettini)
Ha vinto tutto, o meglio dire ha RIvinto tutto. Era dai Mondiali di Salisburgo edizione 2006 che non RIconquistava questo titolo, facendo seguire a quella vittoria cinque secondi posti. Era diventato un incubo questa gara. Ma quest’anno non poteva fallire, quando le ricapitava di correre un’altra volta un’edizione dei Mondiali in casa?
In questa stagione ha dominato dalla prima prova di Coppa del Mondo a Cittiglio fino all’ultima, questa prova in linea del Mondiale, farcite da altre vittorie importanti come il Giro Donne, la gara olimpica e il Giro d’Olanda femminile. Anche se forse era molto più sbrigativo elencare le gare che non ha vinto, tra le quali spicca la Freccia Vallone, a dimostrazione che anche lei è umana almeno una volta all’anno.
Durante questi anni di regno assoluto gli aggettivi per descriverla sono finiti e oramai, se ripetuti, fanno fischiare le orecchie. D’ora in avanti sarà sufficiente pronunciare la parola “Vos” per sottintendere tutte le altre.
Prima di rivelare in che modo ha vinto e successivamente festeggiato, dobbiamo anche descrivere l’andamento della gara dall’inizio.
Una gara che nei primi due giri era un po’ in sordina, ma si è sbloccata col passare dei chilometri.
L’evento chiave della prima parte di gara è stata una maxi caduta che ha tolto di mezzo quasi la metà delle partecipanti tra le quali Tatiana Guderzo, Judith Arndt e Ina Yoko Teutenberg.
Così la miccia si accende e inizia lo show dell’Olanda che tenta in tutti i modi di rendere dura la corsa facendo scattare a ripetizione le proprie atlete: a rotazione scattano Gunnewijk e Brand.
A tre giri dal termine rompe gli indugi sul Bemelberg Amber Neben che si trova a ruota Rossella Ratto, la tedesca Becker, l’australiana Neylan e l’olandese Van der Breggen. Le cinque procedono di buona lena anche se il gruppo è ancora lì che controlla.
Sul passaggio verso il Cauberg del giro successivo esplode la corsa: Marianne mette giù due denti e parte decisa, guadagnando terreno già dopo pochi secondi dalla sparata iniziale; e a sorpresa tenta il ricongiungimento solo la giovanissima Elisa Longo Borghini, che con il suo passo riesce a rientrare sulla Vos, cosa non affatto scontata.
Vos e Longo Borghini riescono a rientrare sulle cinque battistrada, e da questo punto in avanti la corsa si restringe fra 7 atlete.
La campionessa olandese trova nel gruppetto la sua connazionale Van der Breggen, che le darà una mano fondamentale per la sua causa.
Si decide tutto ciò che è rimasto da decidere nell’ultimo giro, anzi sull’ultima tornata del Cauberg quando Marianne Vos (chissà quanto avrà sofferto per trattenersi dallo scattare fino all’ultimo giro) si alza sui pedali e già con la prima accelerazione scioglie gli ultimi due superstiti e ostacoli alla vittoria, la Longo Borghini e la Neylan.
Il suo volo dura 1600 metri fino a che si presenta davanti a lei il traguardo, e solitaria ha tutto il tempo di procurarsi una bandiera olandese che alzerà poi in segno di vittoria. E che vittoria.
Ha fatto sembrare tutto così facile Marianne, che all’arrivo sembrava in procinto di effettuare ancora due o tre giri a tutta del circuito mondiale.
Soddisfazione anche per le piazzate Neylan, seconda, e Longo Borghini, terza, felice quasi come avesse vinto. Ma davanti c’è ancora questa ragazza olandese che corre ogni anno con una fame di vittoria come se non avesse vinto neanche una corsa in carriera.
Paolo Terzi
IL KAZAKISTAN FESTEGGIA LUTSENKO IN CIMA AL MONDO
La prova mondiale in linea degli under 23 è conquistata dal kazako Alexey Lutsenko che con un ottimo spunto finale batte il francese Coquard e il belga Van Asbroeck. Primo degli italiani è Fabio Felline che ottiene un misero 39° posto dopo una gara all’insegna dell’attacco con tutti gli italiani che hanno provato a portare via un gruppetto.
Foto copertina: Lutsenko è campione del mondo U23 (foto Bettini)
177 chilometri di corsa di cui 22 praticamente in salita non hanno posto ostacoli ad un finale in volata e così 50 corridori si sono giocati la corsa. Percorso sopravvalutato? Le prime due gare in linea sostengono questa ipotesi di un tracciato che sembrava tutto sommato selettivo sulla carta ma che non ha dato le stesse risposte sulla strada, ma c’è da dire che la corsa la fanno i corridori e dunque attenzione a mettere sullo stesso piano la statistica con l’imprevedibilità di una corsa ciclistica in previsione delle ultime prove.
Per quanto riguarda la cronaca della gara possiamo dividerla in due parti: la prima parte contraddistinta dalla fuga di giornata composta da tre corridori, lo svedese Dahlstrom, il giapponese Kiroshita e più tardi raggiunti dall’australiano Freiberg, che ha avuto un vantaggio massimo di circa sette minuti ma è stata inevitabilmente raggiunta quando al traguardo mancavano ancora quattro giri, quindi 60 chilometri.
Da quel momento in poi sono iniziate, forse con un po’ di ritardo, le strategie delle squadre interessate a rendere gli ultimi giri un vero e proprio inferno a chi ripone la propria forza sulla velocità, e le squadre più vivaci sono state sicuramente l’Italia, il Belgio, la Russia, la Germania e la Francia, senza dimenticarci dell’Australia.
Sono stati tre giri corsi a tutta con scatti e controscatti a comporre la sceneggiatura, compresi i favoriti che non disdegnavano di mettere le proprie ruote fuori dal gruppo: drappello degno di nota è stato quello composto dal belga Waeytens, dal russo Pomoshnikov, dal nostro Fabio Felline e dall’australiano Dennis, ma i quattro non fanno in tempo a mettersi d’accordo sul serio che vengono ripresi dal plotone.
A questo punto mancano due giri al termine e il gruppo è ancora numeroso anche se la voglia di attaccare è ancora ben radicata in qualche atleta come Andrea Fedi e Manuel Bongiorno che si portano a ruota atleti come Dumoulin, Stuyven, Polanc e McCarthy. Ma tutti questi sforzi da parte degli azzurri sono vani e vengono così neutralizzati dal gruppo che perde troppe poche unità per parlare di una vera e propria selezione.
Arriviamo così all’ultima tornata del Cauberg con un gruppo ben nutrito, anche dopo che sul Bemelberg ha provato di nuovo McCarthy assieme a Vorobyev (fresco iridato a cronometro), Sepulveda e Postlberger.
Sulla stessa salita dell’Amstel è ancora Felline che tenta uno scatto secco, ma il gruppo è lì che non ha intenzione di cedere niente, e sullo scollinamento parte in contropiede il belga Skujins e ancora una volta il gruppo fa l’aspirapolvere catturando tutto ciò che prova a scappargli.
La volata è inevitabile e nella sua preparazione prende il comando del gruppo la formazione belga che prova a tirare la volata a Van Asbroeck, ma è Lutsenko che riesce a piazzare la zampata vincente che gli vale il titolo mondiale.
Dietro, e in rimonta, si piazza il francese Coquard (medagliato nell’Omnium agli ultimi giochi olimpici), mentre in terza posizione troviamo il belga Van Asbroeck.
Gioia infinita da parte del kazako che oggi ha messo da parte la sua indole di attaccante e fuggitivo, sostituendola con una freddezza analoga a quella presente nel suo paese durante la stagione invernale conservando le energie necessarie a vincere la volata.
Ordine d’arrivo amaro, invece, per la squadra italiana che non riesce a piazzare nessuno nelle posizioni di testa, con Felline primo degli italiani in 39° posizione; possiamo riassumere la corsa degli azzurri in “tanto fumo” con gli attacchi negli ultimi giri e “poco arrosto” nell’ordine d’arrivo con Felline 39esimo.
Paolo Terzi
22-09-2012
settembre 23, 2012 by Redazione
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CAMPIONATI DEL MONDO
Disputate le gare su strada U23 e donne elite.
Per gli U23 si è imposto il kazako Alexey Lutsenko (Continental Team Astana) che ha percorso il circuito di Valkenburg (161 Km) in 4h20′15″, alla media di 37,118 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Coquard e il belga Van Asbroeck. Miglior italiano Fabio Felline (Androni Giocattoli – Venezuela), 39°.
Per le donne si è imposta l’olandese Marianne Vos (Rabobank Women Team) che ha percorso il circuito di Valkenburg (129 Km) in 3h14′29″, alla media di 39,797 Km/h. Ha preceduto di 10″ l’australiana Neylan (Abus – Nutrixxion) e di 18″ l’italiana Elisa Longo Borghini (Hitec Products – Mistral Home Cycling Team)
TOUR OF CHINA II
Il tedesco Stefan Schumacher (Christina Watches – Onfone) si è imposto nella quarta tappa, circuito a cronometro di Tianjin, percorrendo 18,2 Km in 22′36″, alla media di 48,318 Km/h. Ha preceduto di 19″ l’olandese Huizenga e di 26″ l’ucraino Popkov. Miglior italiano Angelo Furlan (Christina Watches – Onfone), 14° a 1′05″. Schumacher ha conservato la testa della classifica, con 27″ su Huizenga e 33″ su Popkov. Miglior italiano Furlan, 13° a 1′27″.
TOUR DE VOJVODINA II
L’austriaco Clemens Fankhauser (Tyrol Team) si è imposto nella corsa serba, Apatin – Pecinci, percorrendo 164 Km in 4h01′37″, alla media di 40,725 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo sloveno Fajt e di 3′39″ l’austriaco Weiss.
TOUR DU GÉVAUDAN LANGUEDOC-ROUSSILLON
Lo sloveno Robert Vrecer (Team Vorarlberg) si è imposto nella prima tappa, Châteauneuf-de-Randon – La Grand’Combe, percorrendo 153 Km in 3h27′46″, alla media di 44,184 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Davide Rebellin (Meridiana Kamen Team) e il francese Molard, distanziati di 4″ e 6″ nella prima classifica generale.
DE KUSTPIJL
Il belga Kevin Claeys (Landbouwkrediet – Euphony) si è imposto nella corsa belga, circuito di Knokke-Heist, percorrendo 170,8 Km in 3h47′30″, alla media di 45,046 Km/h. Ha preceduto di 8″ il connazionale Cappelle e di 19″ lo statunitense Hanson. Unico italiano Giorgio Brambilla (Leopard Trek Continental Team), 12° a 19″.
SARA’ L’ANNO DI GILBERT?
Dopo le due vittorie di tappa alla Vuelta, il belga si presenta ancora una volta ai nastri di partenza del Campionato del Mondo in veste di uomo da battere, malgrado una stagione per il resto fallimentare. Sagan e la corazzata spagnola rappresentano le principali alternative, anche se la corsa si preannuncia di lettura assai più difficile rispetto all’ultima edizione.
Foto copertina: Philippe Gilbert e Joaquim Rodriguez dopo il traguardo della tappa di Barcellona dell’ultima Vuelta (foto Bettini)
Può un corridore reduce dalla peggior stagione della carriera, con appena due vittorie all’attivo e tutti gli appuntamenti chiave bucati clamorosamente, presentarsi ad un Campionato del Mondo da favorito? Sì, se il corridore in questione è Philippe Gilbert. Pazienza se il passaggio multimilionario alla BMC è stato per il momento un flop di proporzioni colossali (stessimo parlando di calcio, il Bidone d’Oro avrebbe già un padrone), pazienza anche se per otto mesi il vallone è parso la copia sbiadita e svuotata del mostro dell’anno passato, quando il rapporto corse vinte/corse disputate rasentava i livelli del Michael Schumacher dei tempi d’oro. Il Mondiale – come Gilbert ha imparato sulla sua pelle nella scorsa edizione – non è un premio alla stagione: conta essere al top al momento giusto e trovare un terreno favorevole. Condizioni che per il belga paiono essersi verificate.
Se lampi del miglior Gilbert non fossero improvvisamente apparsi alla Vuelta, l’uomo da battere sarebbe stato con tutta probabilità Peter Sagan, lui sì in grande spolvero in una stagione che ha ne sancito la definitiva consacrazione. A suon di successi (sedici) e piazzamenti di prestigio (2° alla Gand, 3° all’Amstel, 4° alla Sanremo e 5° al Fiandre), lo slovacco si è guadagnato un posto nella ristretta lista degli uomini da battere a Valkenburg, anche se non depone a suo favore il fatto che le ultime vittorie siano arrivate al Tour de France. Il principale problema sarà il cast di supporto: il fratello Juraj e il duo Jurco – Kovac difficilmente potranno fornire grande sostegno, e i soli fratelli Velits non basteranno per controllare una gara che Sagan avrebbe tutto l’interesse a tenere cucita fino all’ultima tornata.
Il limite diventa ancor più evidente se si confronta la compagine slovacca con la corazzata belga, in condizione di relegare Boonen al ruolo di ruota di scorta e di sacrificare uomini come Van Avermaet e Leukemans, e soprattutto con quella spagnola, costretta a lasciar fuori più di un pezzo da novanta per non dover schierare una squadra di soli capitani. Freire, Valverde, Sanchez, Contador e Joaquim Rodriguez sono cinque possibilissimi vincitori, e se Lastras e Castroviejo saranno con ogni probabilità gregari a tutti gli effetti, Moreno e Flecha rappresentano due outsider con cui nessuno vorrà trovarsi a lottare. L’abbondanza di talento potrebbe porre agli iberici solamente qualche grattacapo di natura tattica: sarebbe nell’interesse di Freire e in parte di Valverde una corsa chiusa, in quello di Contador e Rodriguez una gara più selettiva possibile. A sensazione, dati anche i precedenti che hanno spesso visto la Spagna tentare di guastare i piani di chi voleva animare la corsa, verrebbe da pensare ad un atteggiamento più favorevole ai primi due, ma De Santo avrà un invidiabile imbarazzo della scelta.
Sulla carta fortissima sarebbe anche la rappresentativa britannica, ma Wiggins e Froome sono reduci da stagioni estenuanti, e i ripetuti passaggi sul Cauberg sembrano essere fuori dalla portata di Cavendish. Discorso non troppo dissimile vale per l’Olanda, che avrebbe tre potenziali punte in Gesink, Mollema e Terpstra, tutti però apparentemente lontani dalla miglior condizione.
Più paura potrebbe metterla la Francia, guidata da Voeckler e Chavanel, mai riusciti però ad essere protagonisti in una rassegna iridata. A completare il lotto delle formazioni di prima fascia, aventi diritto a nove elementi, l’Italia – per la quale rimandiamo all’analisi dedicata – e gli Stati Uniti, le cui chance di medaglia dovrebbero essersi esaurite con l’argento di Phinney a cronometro.
Fra le altre nazionali, particolare attenzione andrà prestata alla Germania, il cui capitano, John Degenkolb, è uscito con una gamba spaventosa dalla Vuelta, dove ha conquistato cinque tappe. Il percorso potrebbe essere un po’ troppo impegnativo per lui, ma si tratta senz’altro di uno dei corridori da eliminare tassativamente prima dell’ultimo giro.
Ancor più minacciosa la Colombia, che si presenterà al via con una schiera di atleti brillantissimi nel terzo GT stagionale: soltanto il sostegno dovuto a Froome ha impedito a Henao e Uran di essere protagonisti in montagna, e lo stesso vale per Quintana, sacrificato alla causa di Valverde. Anacona ha ereditato da Cunego i gradi di capitano Lampre, mentre Betancur e Duarte sono talenti troppo cristallini per non essere annoverati quantomeno tra le possibili sorprese.
Più che dalle compagini di seconda fascia, le insidie maggiori per i favoriti potrebbero però venire dalle nazionali con meno uomini e tradizione: dalla Norvegia di Boasson Hagen e Nordhaug all’Irlanda di Roche e Martin, passando per la Danimarca di Breschel. Corridori che non potranno certamente pensare di imporre la propria corsa, ma che appoggiandosi al lavoro di altre squadre potrebbero dire la loro all’ultimo giro.
Come già detto da molti e come sarebbe già facile intuire dal numero e dalla varietà dei corridori da noi menzionati sin qui (cui potremmo aggiungerne altri: Albasini, Kolobnev, Iglinskiy…), la più grande differenza tra il Mondiale 2012 e l’edizione 2011 è rappresentata dalla difficoltà di lettura: laddove un anno fa nulla avrebbe potuto scongiurare una volata di gruppo, moltissimi sono gli scenari plausibili quest’anno. Uno sprint, sia pure ben più ristretto, non può essere escluso, ma la vicinanza del Cauberg all’arrivo (meno di 2 km) sembra strizzare l’occhio agli attaccanti. Proprio per questo, però, chi sa di non potersela giocare con calibri quali Gilbert e Sagan nel finale, tenterà di giocare d’anticipo, e a provarci potrebbero essere molte compagini ben equipaggiate: Olanda, Francia e Italia solo per citare le principali.
Decine, insomma, i papabili vincitori, a patto di azzeccare la mossa giusta al momento giusto e di essere assistiti dall’imprescindibile pizzico di fortuna. Per la felicità dei bookmaker, ma soprattutto di chi non sarà costretto ad assistere ad altri 260 km di prologo alla volata di Cavendish.
Matteo Novarini
LUC(Y)I A VALKENBURG – GARNER CAMPIONE DEL MONDO
La Gran Bretagna si aggiudica la prima gara in linea del programma iridata grazie allo sprint di Lucy Garner che riconferma il successo ottenuto lo scorso anno a Copenaghen. Al secondo posto la norvegese Eline Gledistch Brustad e al terzo l’azzurra Anna Maria Stricker che regala la prima medaglia all’Italia. Il percorso si è rivelato selettivo solo per metà, presentando sul rettilineo un gruppo di 20 atlete che si sono giocate la vittoria in volata.
Foto copertina: la volata che ha deciso il mondiale riservato alle donne junior (foto Bettini)
Per uno sportivo di un certo livello la riconferma ha sempre rappresentato un obiettivo molto difficile da raggiungere, vuoi che una gara è sempre diversa dalle altre, vuoi che esistono degli inconvenienti, anche banali, o vuoi che si sono verificati condizioni di gara uniche e irripetibili; ed è proprio su questo che l’atleta pone le sue attenzioni e i suoi dubbi prima di una gara importante come può essere un mondiale: se riesce a ripetersi significa essere in presenza di un corridore avente qualità davvero importanti.
Nella volata finale qualcuno poteva pensare che la televisione olandese, accidentalmente, avesse messo in onda gli ultimi 200 metri del mondiale di Copenaghen targato 2011, ma non è stato così: l’inglesina ha dovuto imporsi nuovamente, utilizzando la stessa forza e la stessa potenza della volata di un anno fa.
Il percorso proponeva lo stesso menù che nei prossimi giorni decideranno le corse degli Under 23, Elite Donne. Elite e juniores Uomini con due salite cruciali ma non impossibili: il Bemelberg (900 metri al 5%) e il più rinomato Cauberg (1200 metri al 5,8%) essendo teatro finale della classica olandese per eccellenza, l’Amstel Gold Race.
C’è da considerare che questa prima gara iridata ha creato un certo attendismo non solo fra le cicliste, ma soprattutto tra i commissari tecnici, perché gli unici tentativi di nota per indurire le gambe delle partecipanti sono quelli effettuati dall’azzurra Arzuffi in compagnia della svedese Nessmar.
Durante l’ultima tornata sul Cauberg le favorite non si sono mosse, o meglio nessuna ha provato ad anticipare l’inevitabile volata, a parte un gruppetto che ha avuto vita corta ed è stato ripreso prima della “flame rouge”.
Nella volata finale l’inglese Garner ha battuto di ampia misura la norvegese Gleditsch Brustad e l’italiana, molta brava, Stricker.
Per questo fenomeno Garner si aprono dunque le porte del professionismo essendo lei una juniores all’ultimo anno fra la categoria, e con questo talento può sicuramente andare molto lontano anche fra le prof. Talento che non sembra mancare nemmeno alla Stricker, e non lo diciamo per patriottismo, che con le sue qualità potrà essere una protagonista anche negli anni a venire.
Il programma mondiale continua domani con le gare degli under 23 la mattina e delle donne Elite il pomeriggio con Vos grande favorita.
Paolo Terzi
21-09-2012
settembre 21, 2012 by Redazione
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CAMPIONATI DEL MONDO
Disputata la gara su strada donne junior.
Si è imposta la britannica Lucy Garner che ha percorso il circuito di Valkenburg (80,5 Km) in 2h11′26″, alla media di 36,748 Km/h. Ha preceduto allo sprint la norvegese Brustad e l’italiana Anna Zita Maria Stricker (Vecchia Fontana).
TOUR OF CHINA II
Il russo Leonid Krasnov (RusVelo) si è imposto nella terza tappa, circuito di Dezhou, percorrendo 112 Km in 2h29′28″, alla media di 44,960 Km/h. Ha preceduto allo sprint il tedesco Gottfried e il russo Serebryakov. Miglior italiano Angelo Furlan (Christina Watches – Onfone), 10°. Il tedesco Stefan Schumacher (Christina Watches – Onfone) ha conservato la testa della classifica, con 5″ sull’australiano Wurf e 6″ sull’ucraino Popkov. Miglior italiano Furlan, 19° a 21″.
TOUR DE VOJVODINA I
Lo sloveno Kristjan Fajt (Adria Mobil) si è imposto nella corsa serba, Zabalj – Apatin, percorrendo 154 Km in 3h45′46″, alla media di 40,927 Km/h. Ha preceduto di 4″ e 28″ gli austriaci Kapeller e Weiss.
ITALIA: LAVORI IN CORSO
Costruita intorno a Vincenzo Nibali, sarà una nazionale sulla carta relegata al ruolo di outsider quella che Paolo Bettini potrà schierare domenica a Valkenburg al Campionato del Mondo. Frutto del momento non esaltante del movimento italiano, ma anche e soprattutto delle dissennate esclusioni imposte da Renato Di Rocco. A casa – tra gli altri – Cunego, Pozzato, Visconti, Gasparotto e Ballan.
Foto copertina: Vincenzo Nibali impegnato nell’ultimo Giro di California (foto Bettini)
Contro la storia, ma soprattutto contro il reale valore di un movimento che – pur distante dai fasti di qualche stagione fa – resta uno dei maggiori del panorama internazionale, l’Italia partirà in veste di outsider a Valkenburg, dove domenica la maglia iridata passerà dalle spalle di Mark Cavendish a quelle di un corridore di ben altre caratteristiche. Un corridore che certamente non risponderà al nome di Damiano Cunego, cui fino a poche settimane fa pareva fossero destinati i gradi di capitano azzurro, né a quello di Filippo Pozzato, o di Alessandro Ballan, o ancora a quello di Enrico Gasparotto: tutti atleti che avrebbero legittimamente nutrito speranze di podio, se a distruggerle non fosse intervenuta l’ennesima folle iniziativa di Renato Di Rocco.
Dopo la già tante volte discussa e giustamente vituperata misura che ha escluso dalla Nazionale i corridori con squalifiche per doping di almeno sei mesi alle spalle, il Nostro ha infatti come noto deciso di rincarare la dose, imponendo al CT Paolo Bettini di lasciare a casa anche i corridori sotto indagine, fra cui i quattro sopracitati. Un provvedimento che, oltre a violare il principio dell’innocenza fino a prova contrario, finisce per falcidiare ulteriormente una squadra che, in assenza di fuoriclasse, avrebbe potuto perlomeno contare su un’abbondanza di possibili punte.
Relegati al divano di casa due atleti che sul Cauberg hanno già conquistato l’Amstel Gold Race (Cunego e Gasparotto, quest’ultimo campione in carica), il commissario tecnico si è visto obbligato ad imbastire una rappresentativa giovanissima, con un paio di veterani a fare da chiocce ad una schiera di talenti che se non altro ben si addicono al probabile piano tattico.
Per caratteristiche, Nibali non potrà infatti attendere l’ultimo giro per giocare le proprie carte, dovendo anticipare atleti come Gilbert, Rodriguez e Sagan, contro i quali non avrebbe chance in un finale allo sprint, nonché difficilmente distanziabili nell’ultima tornata. Appare verosimile che il siciliano scelga di assecondare dunque un’indole di corridore d’attacco che ricorda quella dello stesso Bettini, lasciando il finale ai più veloci Oscar Gatto e Moreno Moser.
Proprio il trentino potrebbe rappresentare il jolly a nostra disposizione: veloce, dotato di cambio di ritmo e meno marcato rispetto al capitano, che dopo una stagione aperta dal trionfo alla Tirreno e proseguita con i podi a Sanremo, Liegi e Tour, fino al successo in carrozza al recente Padania, godrà di attenzioni speciali. La grande incognita per il rampollo di casa Moser è rappresentata – più che dalla giovanissima età (22 anni da compiere il prossimo Natale) – dalla scarsa esperienza a certi livelli, peraltro condivisa con larga parte dei componenti della squadra.
Anche Diego Ulissi e Matteo Trentin, classe 1989, dovranno infatti dimostrare di poter competere su un palcoscenico come quello del Campionato del Mondo, e gli stessi Marcato, Cataldo e Gatto – pur potendo vantare qualche trascorso in più – non sono di certo avvezzi a ruoli da protagonisti in contesti simili.
Fondamentale, per ovviare agli inconvenienti della bassissima età media di sette dei nove uomini (e delle due riserve, Capecchi e Nizzolo), sarà l’apporto di Luca Paolini e Rinaldo Nocentini, gli unici ultratrentenni della spedizione. Il primo, presenza fissa in azzurro e uomo di fiducia di Paolo Bettini sin dai giorni della Mapei, è piaciuto soprattutto al Nord ad inizio stagione, mentre il secondo si è guadagnato il posto soprattutto grazie alle ottime prestazioni offerte alla Vuelta, specie in una prima parte nella quale ha stazionato anche nelle zone alte della classifica.
Difficile, in una Nazionale tanto sperimentale da apparire di transizione, assegnare dei ruoli alla vigilia, all’infuori di quello di capitano a Nibali e quello di delegato allo sprint (non gli renderebbe giustizia definirlo un semplice velocista) a Oscar Gatto. Tutti gli altri azzurri potrebbero essere spesi in vari momenti e modi, dalla fuga della prima ora in avanti. Moser, fra tutti, sembra essere quanto di più vicino ad un vice-leader, ma è probabile che tutta la squadra sia chiamata ad animare una corsa nella quale sarà nostro interesse scongiurare una prova di forza tra i favoriti all’ultimo giro. Sarebbe d’altro canto complicato provare a controllare la gara come negli anni d’oro balleriniani, data la quasi completa assenza di gregari consolidati (corridori alla Tosatto, per intenderci), sacrificati in nome di forze fresche e talenti ancora da sgrezzare.
La squadra italiana, per la seconda volta consecutiva, dopo una striscia interminabile di Mondiali corsi da faro, non partirà favorita. Un solo corridore appare realisticamente da titolo, contro i 3-4 che abbiamo quasi sempre schierato fino a poche stagioni fa. L’unico lato positivo è che un solo corridore da titolo rappresenta un passo avanti rispetto a dodici mesi fa, ma la consolazione è scarsa.
È giusto dire che – Di Rocco o meno – gli uomini da battere sarebbero stati in ogni caso altri: Gilbert, Sagan e la corazzata spagnola sarebbero comunque stati sulla carta davanti, a prescindere da Pozzato, Ballan, Cunego, Visconti, Gasparotto e tutti gli esclusi. È però altrettanto giusto far notare che presentarsi con almeno questi cinque corridori al via avrebbe dato ben altra portata all’incognita rappresentata dagli azzurri, che avrebbero avuto uno dei primi quindici-venti atleti al via da inserire in qualsiasi tentativo. Situazione un po’ diversa dal dover fare affidamento su ragazzi con indubbie qualità, ma che potrebbero non fornire il supporto necessario all’unica carta realmente importante che possiamo giocare.
Matteo Novarini
20-09-2012
settembre 20, 2012 by Redazione
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TOUR OF CHINA II
Il russo Alexander Serebryakov (Team Type 1 – Sanofi) si è imposto anche nella seconda tappa, circuito di Jining, percorrendo 146,1 Km in 3h08′11″, alla media di 46,582 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’olandese Van Der Lijke e l’italiano Angelo Furlan (Christina Watches – Onfone). Il tedesco Stefan Schumacher (Christina Watches – Onfone) ha conservato la testa della classifica, con 4″ sull’australiano Wurf e 5″ sull’ucraino Popkov. Miglior italiano Furlan, 18° a 21″.