GIRO 2013, UN CORTEGGIAMENTO CON LA TESTA

settembre 30, 2012 by Redazione  
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E’ nato il 96° Giro d’Italia, un’edizione della corsa rosa che si è aperta a Wiggins, ma senza farlo in maniera spudorata. Aumenteranno dunque i chilometri a cronometro ma non assisteremo a un depauperamento delle frazioni montane che, secondo la tradizione del Giro, saranno succulente e ben condite. Cason di Lanza e Montasio, Jafferau e Galibier, Gavia, Stelvio e Tre Cime permetteranno agli scalatori di controbattere ai colpi che saranno loro inferti nella lunga crono marchigiana e daranno a tutti i favoriti pari opportunità di mettere il loro nome al vertice della classifica finale.

Foto copertina: l’altimetria del tappone delle Tre Cime di Lavaredo (www.gazzetta.it)

Anche il Giro ha spalancato la porta a Wiggins, ma non certo la finestra. Se corteggiamento c’è stato nei confronti del britannico per averlo ai nastri di partenza del Giro 2013, è stato fatto con la testa e non con il cuore, senza cadere in quella sorta di servilismo fantozziano, di diretta e sfacciata proposta di matrimonio che aveva portato gli organizzatori dell’ultimo Tour ad aumentare le crono e a tagliare le montagne, col risultato di aver imbastito una corsa poco appetitosa, per gli avversari ma anche, sotto sotto, pure per il diretto interessato. Il risultato è evidente e l’evidenza è il programma del 96° Giro d’Italia, presentato domenica 30 settembre a Milano: ci saranno più chilometri a cronometro da digerire rispetto al recente passato ma anche una tappa in più d’alta montagna rispetto a quelle previste nella scorsa edizione, per un tracciato completo, che non strizzerà totalmente l’occhio né a un corridore, né ad un altro. Corretto il tiro sulle cronometro, gli organizzatori hanno poi medicato la “ferita” apertasi lo scorso anno per la scelta di sacrificare l’Italia meridionale in favore delle tappe iniziali in Danimarca. Stavolta proprio dal sud si partirà e laggiù si trascorrerà la prima settimana di gara, per poi attraversare di volata il centro della nazione (3 sole tappe) e giungere quindi nelle regioni settentrionali che, come il solito, faranno la “parte del leone” accogliendo le rimanenti dodici frazioni, comprensive di tutte le giornate montane.
Proprio per non servir subito la pappa pronta al corridore in maglia Sky, la corsa non salperà con il tradizionale prologo d’apertura ma con una spettacolare frazione in circuito disegnata sulle strade di Napoli, imitando una scelta recentemente adottata dal Tour (Brest 2008, Les Herbiers 2011 e Corsica 2013) e piuttosto desueta sulle strade della corsa rosa, che era scattata l’ultima volta con una tappa “normale” nel 2003, quando il Giro si era aperto a Lecce con il “circuito del Salento”.
Le lancette dei cronometri dovranno comunque attendere solo ventiquattrore per cominciare a scorrere poiché al secondo giorno di gara sulle affascinanti strade dell’isola d’Ischia andrà in scena una breve ma impegnativa cronometro a squadre, tortuosa e movimentata sulla falsariga della prova che aveva visto sbocciare il Giro sull’isola della Maddalena, nel 2007.
Dopo la mossa tappa di Marina di Ascea il Giro 2013 toccherà il suo estremo meridionale in quel di Serra San Bruno, capolinea di una tappa di media montagna che dovrebbe far meno selezione di quella disputata dodici mesi prima a Rocca di Cambio, prima meta montana del Giro vinto da Hesjedal.
La risalita della penisola principierà da Cosenza per raggiungere prima Matera e poi Margherita di Savoia, entrambi traguardi studiati per gli sprinter (con qualche difficoltà nel finale lucano). Con lunghi trasferimenti ci si porterà nelle regioni dell’Italia centrale dove, dopo la nervosa tappa di Pescara (caratterizzata da un paio di muri da non sottovalutare) si andranno ad affrontare le prime due giornate di gara da segnare in rosso sul taccuino. L’11 maggio, un sabato, sarà il giorno pro Wiggins, che avrà 55 Km per scatenarsi tra Gabicce Mare e Saltara, estremi di una cronometro non totalmente congeniale ai passistoni come il britannico per la presenza di parecchi saliscendi, soprattutto nella prima metà del tracciato. La tappa del giorno successivo, invece, avrà tutt’altra spessore poiché – pur non avendo “potenziale” in classifica – con l’epilogo a Firenze permetterà al gruppo di testare le strade dei prossimi mondiali.
Archiviato il “Giro della velocità”, dopo un giorno di riposo inizierà quello delle salite che, arrivando più ritardi rispetto all’anno scorso, non debutteranno con tappe di “acclimatamento” com’erano state quelle di Rocca di Cambio e Lago Laceno (Serra San Bruno a parte). Si andrà, invece, subito al sodo con l’impegnativo arrivo in quota sull’altopiano del Montasio preceduto dal Passo del Cason di Lanza, due ascese molto impegnative che finora non erano mai state affrontate alla corsa rosa, foriere dei primi probabili terremoti in classifica. Nulla da temere, invece, dalla tappa successiva che, pur proponendo l’arrivo in salita al Lago del Vajont del cinquantennale della tragica frana, non presenterà inclinazioni insormontabili, né sull’ascesa finale, né sulla precedente Sella Ciampigotto.
Due facili tappe – arrivi a Treviso e Cherasco – traghetteranno il gruppo ai piedi della catena alpina franco-piemontese dove, all’inizio dell’ultima settimana di gara, il Giro ritroverà una salita che aveva sedotto e abbandonato 40 anni prima, lo Jafferau, sulla quale si era imposto un certo Eddy Merckx: sarà il traguardo della tappa di Bardonecchia, rimasto com’era ai tempi del “cannibale” per quanto concerne le pendenze (7,2 Km al 9%, massima del 14%) mentre non ci sarà più l’allora fondo sterrato. Toccherà quindi all’unico sconfinamento del Giro 2013 che, anche in omaggio alla 100a edizione del Tour de France, “violerà” la vetta più simbolica della Grande Boucle, quel Col du Galibier sul quale svetta il monumento eretto alla memoria del fondatore della corsa francese e sul quale svettò anche Pantani nella storica tappa delle Deux Alpes. I “girini” saliranno proprio dal versante dell’impresa del “Pirata”, quello più duro, dopo aver superato anche i passi del Moncenisio e del “Telegrafo”, completando così la prima di tre frazioni che la corsa rosa dovrebbe effettuare oltralpe. Pare, infatti, che RCS Sport abbia stipulato un contratto che porterà il Giro in queste terre per tre volte in cinque anni, con mete già prefissate nella citata stazione delle Deux Alpes e alla mitica Alpe d’Huez.
Tornando al Giro 2013, dopo la seconda sosta si ritornerà sul Moncenisio che sarà valicato anche viaggiando in direzione di Ivrea, traguardo interessante per la presenza, nel finale, della breve ma secca ascesa di Andrate. Torneranno protagonisti i velocisti nella successiva frazione di Vicenza (Colli Berici permettendo), collocata alla vigilia delle tre tappe “clou”, un trittico introdotto dalla cronoscalata alla Polsa, un’altra ascesa che il Giro ha estratto dal baule dei ricordi e sulla quale non metteva ruota dal 1970. L’indomani la premiata ditta Vegni & Acquarone proporrà un’accoppiata inaudita, anche perché l’unica volta che Torriani pensò di far affrontare Gavia e Stelvio nello stesso giorno (tappa Trento – Passo Resia del 1961) fu poi costretto dalla neve a ripiegare su di un percorso alternativo: i due mitici colli – col primo affrontato in partenza – saranno il piatto forte della 19a frazione, che terminerà con l’arrivo in salita in Val Martello, primizia lunga quasi 22 Km. Una tappa breve (138 Km) ma intensa e faticosa, che sarà seguita dall’unico vero tappone dell’edizione 2013: 202 Km per approdare alle mitiche Tre Cime di Lavaredo e rivivere lassù un’altra giornata di grandissimo pathos agonistico, come quella che rischiò di far capitolare il grandissimo Merckx nel 1974. Solo lassù sapremo con assoluta certezza chi, l’indomani, vestirà la definitiva maglia rosa nell’insolita cornice finale di Brescia, con la tappa conclusiva che tornerà a essere “affaire” per velocisti. È là che sarà scritta la parola “fine” a un’edizione del Giro certamente non “Wiggo-dipendente”.

Mauro Facoltosi

29-09-2012

settembre 29, 2012 by Redazione  
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GIRO DI LOMBARDIA

Lo spagnolo Joaquim Rodríguez Oliver (Katusha Team) si è imposto nella classica italiana, Bergamo – Lecco, percorrendo 251 Km in 6h36′27″, alla media di 37,987 Km/h. Ha preceduto di 9″ il connazionale Sánchez González e il colombiano Urán. Miglior italiano Mauro Santambrogio (BMC Racing Team), 4° a 9″.

BUTRA HEIDELBERG CEMENT TOUR DE BRUNEI

Il malaysiano Mohamed Hariff Salleh (Terengganu Cycling Team) si è imposto nella quarta tappa, Kuala Belait – Bandar Seri Begawan, percorrendo 185,3 Km in 4h22′07″, alla media di 42,416 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Saleh e il vietnamita Mai. L’iraniano Hossein Askari (Tabriz Petrochemical Team) ha conservato la testa della classifica con 24″ sul vietnamita Trinh e 29″ su Salleh.

TOUR DE WALLONIE-PICARDE – FRANCO-BELGE
Il tedesco Marcel Kittel (Team Argos – Shimano) si è imposto anche nella terza tappa, Péruwelz – Ichtegem, percorrendo 173,7 Km in 4h09′35″, alla media di 41,757 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Bouhanni e l’italiano Andrea Guardini (Farnese Vini – Selle Italia). Il belga Jürgen Roelandts (Lotto Belisol Team) ha conservato la testa della classifica, con 12″ e 13″ sui connazionali Wynants e Van Keirsbulck . Miglior italiano Giacomo Nizzolo (RadioShack – Nissan), 14° a 57″.

LA PIOGGIA NON SPEGNE PURITO

settembre 29, 2012 by Redazione  
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Lo spagnolo conclude una stagione strepitosa con un trionfo in solitaria sul traguardo di Lecco, andandosene sull’ascesa di Villa Vergano. Completano il podio Samuel Sanchez, rientrato nell’ultima discesa, e Uran, ultimo ad arrendersi insieme ad un ottimo Contador. Tagliato fuori da una caduta Vincenzo Nibali, pimpante soprattutto sul Muro di Sormano. Migliore degli italiani Mauro Santamborgio, giunto ai piedi del podio.

Foto copertina: Joaquim Rodriguez giunge da solo sul traguardo di Lecco (foto Bettini)

In condizioni che hanno vanificato l’anticipo di due settimane rispetto alla tradizionale collocazione del Giro di Lombardia, Joaquim Rodriguez rilancia la sua candidatura a corridore dell’anno 2012, colmando con la prima classica monumento in carriera l’unica pecca di una stagione forse irripetibile. Sfumato per soli 16’’ il Giro d’Italia e cestinata una Vuelta quasi vinta con una dormita da principiante della tappa di Fuente Dé, a Purito mancava infatti il grande successo, colto finalmente sotto un diluvio che ha purtroppo impedito di assistere in diretta all’azione decisiva.
Nelle battute iniziali, Rodriguez ha spedito subito in avanscoperta Losada, protagonista della fuga della prima ora in compagnia di Sella e Chaves, prima di essere raggiunto in un secondo momento da Rocchetti, Bardet, Morabito, Locatelli, Salerno, Slagter e Sorensen. È stato però il leader Katusha ad infiammare in prima persona la corsa, in corrispondenza del tanto atteso ritorno del Lombardia sul Muro di Sormano, a cinquant’anni dall’ultimo precedente e a 82 km dalla conclusione. Dopo un paio di accelerazioni non troppo convinte di Nibali e Contador, lo spagnolo si è installato al comando del drappello dei big per tutta la seconda parte del Muro, riducendolo ad appena sette unità: oltre ai due sopracitati, soltanto Mollema e i prodigiosi colombiani Henao, Uran e Quintana sono riusciti a reggere l’urto.
A conti fatti, a scremare il lotto dei favoriti è stata però, più della scalata, la successiva discesa. Fatto quasi paradossale, alla luce della condotta più che prudente mantenuta dai sette, intimoriti dalla strada bagnata; eppure nella picchiata, a rientro già avvenuto, sono finiti a terra prima Ballan e Paolini, poi addirittura Philippe Gilbert, proprio quando l’ostacolo per lui più duro era ormai alle spalle, superato con perdite contenute. Tutti e tre sono stati costretti a salire in ammiraglia, ed è probabile che il ritiro del neo-campione del mondo abbia contribuito al nulla di fatto registrato sul Ghisallo, essendo venuta la necessità di mettere fuori causa un cliente scomodissimo sulla scalata di Villa Vergano.
L’ascesa simbolo del Lombardia non ha infatti visto più di un effimero allungo di Tiralongo, Hesjedal e Cunego e un più duraturo affondo di De Weert, tutti atleti che il Muro di Sormano aveva già suggerito di escludere dalla rosa dei possibili vincitori.
Nel lungo tratto pianeggiante precedente l’ultimo strappo – la vera grande pecca di un percorso altrimenti splendido e durissimo -, ad abbandonare virtualmente la lotta per il successo è stato Vincenzo Nibali, che già lo scorso anno aveva visto infrangersi in quella sezione i propri sogni di gloria, perdendo quanto accumulato con il temerario attacco sferrato sul Ghisallo. In una curva a sinistra, lo Squalo è infatti scivolato in compagnia di Tiralongo e Ten Dam, poco prima che anche il battistrada assaggiasse l’asfalto in una svolta a destra. A differenza di Gilbert, Nibali ha trovato la forza di rimettersi in sella, ma sono bastati i primi metri della salita di Villa Vergano per capire che l’appuntamento del siciliano con la prima grande classica in carriera, mancato per un soffio quest’anno a Sanremo e soprattutto a Liegi, andava ancora rimandato.
Neutralizzati i tentativi solitari di Rui Costa e Nieve, nati nella fase interlocutoria precedente, è stato Marco Marcato il primo a muoversi sull’erta finale, trovando prima la replica di Gorka Verudgo e poi quella di Alexander Kolobnev. L’attacco del russo, pimpante al Mondiale di sei giorni fa, poteva mettere in allarme i favoriti, ma i reali piani del Team Katusha sono stati svelati dall’allungo piazzato da Rodriguez pochi metri più avanti. Un attacco che i potenti mezzi televisivi non hanno purtroppo consentito di apprezzare, ma sufficientemente violento da piegare la resistenza di Contador e Uran, che pure non aspettavano altro che la mossa di Purito.
A mettere in discussione il successo dello spagnolo, dimostratosi inconfutabilmente il corridore più forte del lotto, restava ancora l’inferiorità numerica: prima due contro uno, poi quattro contro uno con il rientro sui più diretti inseguitori di Henao e Santamborgio, quindi cinque contro uno (recupero di Quintana), poi ancora sei contro uno (Zaugg), infine otto contro uno (Kessiakoff e Mollema). Tutto inutile, però, specie perché il rinfoltimento del drappello ha generato più che altro incertezza e attendismo, anziché stimolare una collaborazione che avrebbe ancora potuto riscrivere il finale del giallo.
Accolto da un pubblico sorprendente (in positivo) nel tributare un caloroso e meritatissimo benvenuto al vincitore prima e dopo l’arrivo, Rodriguez ha così reso trionfale il bilancio di una stagione già da incorniciare, coronata dal sorpasso ai danni di Bradley Wiggins nella classifica Pro Tour (peraltro abbastanza annunciato: sarebbe bastato un nono posto). Di nuovo secondo e beffato Samuel Sanchez, rientrato in extremis, per la terza volta sul podio al Lombardia, senza mai cogliere il risultato pieno. A completare il podio ha provveduto Rigoberto Uran, che insieme ad Henao ha riformato la coppia che aveva spesso salvato Froome nella seconda parte dell’ultima Vuelta, e che il Team Sky potrebbe presentare come punta al prossimo Giro d’Italia in caso non dovesse essere al via Wiggo (anche se la partecipazione dell’inglese appare sempre più probabile).
Santambrogio, ottimo quarto, è stato a sorpresa il migliore degli italiani, facendo abbondantemente meglio dei più attesi Pellizotti (12°) e Cunego (13°). Disperso invece Diego Ulissi, il cui secondo posto alla Milano – Torino aveva autorizzato a sperare in qualcosa di più.

Matteo Novarini

28-09-2012

settembre 29, 2012 by Redazione  
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BUTRA HEIDELBERG CEMENT TOUR DE BRUNEI

L’iraniano Hossein Nateghi (Tabriz Petrochemical Team) si è imposto nella terza tappa, Tutong – Kuala Belait, percorrendo 96,5 Km in 2h18′25″, alla media di 41,830 Km/h. Ha preceduto allo sprint il vietnamita Le Van e l’emiratese Bani Hammad. L’iraniano Hossein Askari (Tabriz Petrochemical Team) ha conservato la testa della classifica con 24″ sul vietnamita Trinh e 37″ su Nateghi.

TOUR DE WALLONIE-PICARDE – FRANCO-BELGE
Il tedesco Marcel Kittel (Team Argos – Shimano) si è imposto nella seconda tappa, Antoing – Poperinge, percorrendo 178,5 Km in 4h13′51″, alla media di 42,190 Km/h. Ha preceduto allo sprint il francese Bouhanni e il lituano Kruopis. Miglior italiano Giacomo Nizzolo (RadioShack – Nissan), 6°. Il belga Jürgen Roelandts (Lotto Belisol Team) ha conservato la testa della classifica, con 11″ e 12″ sui connazionali Wynants e Van Keirsbulck . Nizzolo 11° a 56″.

27-09-2012

settembre 27, 2012 by Redazione  
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GIRO DEL PIEMONTE

Il colombiano Rigoberto Urán (Sky ProCycling) si è imposto nella corsa italiana, Fossano – Biella, percorrendo 188 Km in 4h30′21″, alla media di 41,723 Km/h. Ha preceduto di 6″ l’italiano Luca Paolini (Katusha Team) e di 7″ lo spagnolo Verdugo Marcotegui.

BUTRA HEIDELBERG CEMENT TOUR DE BRUNEI

L’iraniano Hossein Askari (Tabriz Petrochemical Team) si è imposto nella seconda tappa, Bandar Seri Begawan – Tutong, percorrendo 117,4 Km in 2h33′16″, alla media di 45,959 Km/h. Ha preceduto di 20″ il vietnamita Trinh e di 41″ il malaysiano Salleh. Askari è il nuovo leader della classifica con 24″ su Trinh e di 39″ l’iraniano Kolahdozhagh.

TOUR DE WALLONIE-PICARDE – FRANCO-BELGE
Il belga Jürgen Roelandts (Lotto Belisol Team) si è imposto nella prima tappa, La Louvière – Menin, percorrendo 165,8 Km in 3h44′22″, alla media di 44,338 Km/h. Ha preceduto allo sprint i connazionali Van Keirsbulck e Wynants. Miglior italiano Giacomo Nizzolo (RadioShack – Nissan), 26° a 39″. Roelandts è il primo leader della classifica, con 9″ su Van Keirsbulck e 10″ su Wynants. Nizzolo 11° a 53″.

CONTADOR SUPERBO A SUPERGA

settembre 27, 2012 by Redazione  
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Prima vittoria in carriera in una corsa in linea per il madrileno che attacca sulla salita finale e taglia in solitario il traguardo davanti a un tatticamente accorto Ulissi e all’ex biker svedese Kessiakoff. Tra i protagonisti anche Rodriguez e Nibali che però cedono nel finale e non vanno oltre il 4° e 9° posto.

Foto copertina: Contador svetta sul Colle di Superga (foto Bettini)

Dopo quattro anni di stop è tornata in scena grazie all’impegno degli organizzatori dell’AC Arona la Milano-Torino, la più antica delle classiche italiane disputata per la prima volta nel lontano 1876, e lo ha fatto in grande stile, grazie anche a una collocazione favorevole nel calendario UCI che l’ha collocata a metà strada tra il campionato del mondo di Valkenburg e l’imminente Giro di Lombardia: il campo partenti era infatti degno di una prova del circuito World Tour a partire dai protagonisti della Vuelta Alberto Contador (Saxo Bank-Tinkoff) e Joaquin Rodriguez (Katusha) e dal nostro Vincenzo Nibali (Liquigas), passando per Danilo Di Luca (Acqua&Sapone), campione uscente alla luce del successo del 2007, Damiano Cunego e Diego Ulissi (Lampre), Ivan Basso e Moreno Moser (Liquigas), Fredrik Kessiakoff e Paolo Tiralongo (Astana), Sylvain Chavanel (Omega-QuickStep), Ryder Hesjedal (Garmin), Luca Paolini e Daniel Moreno (Katusha), Daniele Bennati e Chris Horner (RadioShack), Thibaut Pinot (Fdj), John Gadret (Ag2r), Franco Pellizotti (Androni), Domenico Pozzovivo (Colnago-Csf) e Filippo Pozzato (Farnese Vini), al rientro dopo la discussa squalifica di tre mesi per via delle frequentazioni avute in passato con il dottor Ferrari.
La corsa si è disputata lungo un tracciato di 193,5 km con partenza da Settimo Milanese e arrivo che per la prima volta nella storia è stato posto in cima alla collina di Superga, tristemente famosa per l’incidente aereo del 1949 che ha segnato la fine del Grande Torino, al termine di una dura ascesa di 4,8 km con pendenza media del 9% e punte oltre il 15 affrontata una prima volta già a 23 km dal traguardo. I primi 170 km erano invece interamente pianeggianti e sono stati interpretati dai corridori come una fase di avvicinamento all’impegnativo finale, con i soli Alfredo Balloni (Farnese Vini) e Matteo Rocchetti (Utelsilnord) che sono scattati nelle fasi iniziali e hanno acquisito un vantaggio massimo di 9′ che, sotto la spinta principalmente di Saxo Bank-Tinkoff e Liquigas, si è ridotto al minimo ai piedi della prima ascesa di Superga, dove la formazione di Amadio ha lanciato in avanscoperta Eros Capecchi che ha raggiunto e superato i due battistrada rimanendo solo al comando: all’inseguimento del corridore umbro si è lanciato Matteo Rabottini (Farnese Vini) portando via un gruppetto comprendente Giampaolo Caruso (Katusha), Chris Soerensen (Saxo Bank-Tinkoff), Stefano Locatelli (Colnago-Csf) e Premyslaw Niemiec (Lampre), che nel giro di poche centinaia di metri ha lasciato i compagni d’avventura e si è riportato in solitudine su Capecchi in prossimità della vetta. Nella successiva discesa si sono rimescolate le carte e alle spalle della coppia al comando si è formato un gruppetto comprendente Emanuele Sella e Fabio Felline (Androni), Marco Marzano e Diego Ulissi (Lampre), Tanel Kangert e Fredrik Kessiakoff (Astana), Ivan Basso, Ryder Hesjedal e ancora Chris Soerensen, che si è mantenuta su un ritardo che oscillava tra i 20” e i 30” con il gruppo comprendente una quarantina di unità a poco meno di 1′: una caduta fortunatamente senza gravi conseguenze in una curva a sinistra ha però escluso dai giochi Niemiec e dunque Capecchi ha iniziato in solitudine l’ascesa finale, mentre Sella a sua volta ha dovuto abbandonare il gruppo inseguitore per via di un problema al cambio.
Sotto la spinta di Kangert il vantaggio di Capecchi si è drasticamente ridotto e, una volta esauritosi il lavoro del compagno di squadra, Kessiakoff ha rotto gli indugi con il solo Ulissi in grado di tenerlo nel mirino ed entrambi hanno raggiunto e staccato l’atleta della Liquigas, mentre tutti gli altri sono stati ripresi da un gruppo in cui Di Luca si è portato in prima persona al comando in funzione dei compagni Carlos Betancourt e Fabio Taborre e, dopo un velleitario tentativo di Rabottini, è stato proprio il pescarese a muoversi con decisione ma a fare la differenza a metà salita è stato Rodriguez che si è rapidamente riportato su Ulissi con Contador e Nibali alle sue spalle. Sembrava che Purito fosse avviato a un facile successo ma la sua azione è andata lentamente spegnendosi con Ulissi che ha avuto la forza di rimanere in scia e il leader della Katusha che ha faticato molto a chiudere su Kessiakoff, rimanendo a ruota dell’ex biker svedese una volta raggiuntolo; dal canto suo Contador, memore forse di alcune tappe della Vuelta in cui Rodriguez lo aveva infilzato nel finale, è salito con il proprio passo e si è riportato sul trio di testa seguito con grande difficoltà da Nibali che proprio nel momento del riaggancio ha ceduto di schianto tanto da essere saltato da alcuni degli inseguitori. Il madrileno aveva invece ancora tante energie in corpo e le ha tirate fuori a poco più di 1 km dal traguardo con uno scatto al quale nessuno ha saputo replicare: il solo Ulissi, bravo a dosare le proprie forze nel tratto precedente, ha abbozzato una reazione che però gli ha consentito solo di assicurarsi la piazza d’onore alle spalle di Contador, che ha colto così il primo successo in assoluto in carriera in una corsa in linea e che ha bagnato con una vittoria il suo ritorno in Italia, non avendo più gareggiato nel nostro Paese dopo il Giro 2011 vinto e poi revocatogli in seguito al caso clenbuterolo. Ulissi ha chiuso con un distacco di 15” seguito da Kessiakoff a 24”, da un esausto Rodriguez a 36” e quasi superato sulla linea del traguardo da Betancourt rinvenuto forte da dietro, da Taborre a 43” e da Pozzovivo, Soerensen e Nibali a 45”. Questi e altri nomi saranno i protagonisti anche del prossimo Giro di Lombardia ma prima andrà in scena il Giro del Piemonte, 188 km da Fossano a Biella con la doppia ascesa di Favaro nel finale.

Marco Salonna

26-09-2012

settembre 26, 2012 by Redazione  
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MILANO – TORINO

Lo spagnolo Alberto Contador Velasco (Team Saxo Bank – Tinkoff Bank) si è imposto nella classica italiana, Settimo Milanese – Torino (Superga), percorrendo 193,5 Km in 4h32′12″, alla media di 42,652 Km/h. Ha preceduto di 15″ l’italiano Diego Ulissi (Lampre – ISD) e di 24″ lo svedese Kessiakoff.

BUTRA HEIDELBERG CEMENT TOUR DE BRUNEI

Il malaysiano Mohammed Nor Umardi Rosdi (Terengganu Cycling Team) si è imposto nella prima tappa, Muara – Bandar Seri Begawan, percorrendo 93,1 Km in 2h26′17″, alla media di 38,186 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’iraniano Kolahdozhagh e il britannico Rodgers. Rosdi è il primo leader della classifica, con 9″ su Kolahdozhagh e 10″ sull’uzbeko Khalmuratov.

25-09-2012

settembre 25, 2012 by Redazione  
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RUOTA D’ORO – GP FESTA DEL PERDONO (dilettanti)

L’italiano Mattia Cattaneo (Trevigiani Dynamon Bottoli) si è imposto nella corsa italiana, circuito di Terranuova Bracciolini, percorrendo 165,5 Km in 3h46′15″, alla media di 43,889 Km/h. Ha preceduto di 5″ il russo Kuznetsov e l’italiano Andrea Fedi (Team Simaf Carrier Wega Truck Italia Valdarno)

UN’ALTRA CLASSICA PER LA COLLEZIONE DI GILBERT

settembre 25, 2012 by Redazione  
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Con la conquista del Campionato del Mondo il vallone è riuscito ad aggiudicarsi una delle poche classiche che ancora non facevano parte del suo incredibile palmares. Un successo ottenuto anche grazie ad una condotta di gara perfetta da parte del Belgio mentre lo stesso non può dirsi per la tattica piuttosto confusionaria adottata da Spagna e Italia.

Foto copertina: Gilbert, l’iride e l’oro (foto Bettini)

Philippe Gilbert: dopo la sontuosa abbuffata di corse di un giorno della passata stagione, quest’anno il vallone aveva deciso di concedere anche agli altri di soddisfare i loro appetiti. Così è avvenuto per quanto riguarda la prima parte dell’anno tuttora in corso, mi riferisco alle classiche del Nord e a quelle agostane, in cui tutti i contendenti principali del belga hanno potuto cogliere successi importanti. Il programma di Gilbert, infatti, prevedeva il raggiungimento del picco di forma massimo proprio in concomitanza dell’appuntamento iridato.
Come nella panificazione, ormai da tempo, i panettieri sono soliti usare lievito chimico in sostituzione di quello naturale per evitare gli inconvenienti di una lievitazione o troppo tardiva o eccessivamente precoce, lo stesso può dirsi nel caso del belga il quale è riuscito a tornare lo spietato dominatore dell’anno passato esattamente nel giorno prefissato. Nella spaventosa progressione finale sul Cauberg abbiamo rivisto, ne più né meno, la “copia” degli arrivi dell’Amstel 2010 e 2011. Voto: 10

Edvald Boasson Hagen: con l’argento mondiale ha dimostrato, o meglio ha confermato di essere uno degli atleti più pericolosi e competitivi sui percorsi ondulati. Rimasto ben coperto fin sul Cauberg, nulla ha potuto contro lo strapotere di Gilbert su quello strappo ma l’età è dalla sua e in futuro riuscirà sicuramente a vestire la maglia iridata. Voto: 8

Alejandro Valverde: uscito della Vuelta in ottime condizioni di forma, in salita sembrava l’unico a poter tenere la ruota di Gilbert e, forse, in cuor suo pensava addirittura di poterlo staccare date le ottime prove offerte sulle ripide salite spagnole. Ma anche l’Embatido si è dovuto inchinare alla potenza del belga, raggranellando una medaglia di bronzo molto amara per sé e per la squadra. Voto: 7

Thomas Voeckler: capitano della nazionale francese, si era preparato a puntino per l’appuntamento iridato. Aveva dichiarato, addirittura, di essere disposto a “snaturarsi”, cioè di reprimere la sua indole di instancabile attaccante pur di riuscire a vincere il Mondiale. Abile come suo solito nell’intuire quando un azione può avere buon esito, si è inserito nel tentativo promosso da Contador insieme ad un compagno. Successivamente, quando il gruppo principale si stava avvicinando, ha preferito non seguire il suo istinto e si è fatto assorbire dagli inseguitori senza accennare nemmeno uno scatto. Ha chiuso nell’anonimato, pur posizionandosi nella top ten. Voto: 5,5

Peter Sagan: dopo una stagione così intensa non si poteva chiedere al ventiduenne slovacco di essere competitivo anche al Mondiale. Ha provato a tener duro e ha anche risposto ad un tentativo di allungo al penultimo giro, sul falsopiano dopo il Cauberg, ma le gambe non erano certo quelle dei giorni migliori. Voto: 5

Simon Gerrans: con l’assenza di Evans, che sarebbe stato sicuramente protagonista su di un tracciato così disegnato, i gradi di capitano della nazionale australiana se li era aggiudicati di diritto il vincitore della Milano-Sanremo di quest’anno. Anche se ha fatto lavorare la squadra per qualche chilometro non lo si è mai visto. Voto: 4

Belgio: erano i favoriti della vigilia e si sono assunti l’onere di controllare la corsa fin dal principio, agevolati in questo compito dall’aiuto inaspettato della Gran Bretagna. Molto attivo in particolare Gianni Meersman, tutti i potenti passisti belgi, da Leukemans a Van Summeren, hanno dimostrato un fondo ed una resistenza davvero notevoli. Evidentemente il piano tattico elaborato dalla squadra vedeva in Gilbert il capitano designato dato che Tom Boonen, co-capitano insieme a quest’ultimo, avrebbe preferito di certo un’andatura più blanda mentre ha patito il ritmo elevato imposto dai compagni sin dalle prime battute di gara ed è stato così costretto a rinunciare al bis nel Campionato del Mondo. Voto: 10 e lode

Italia: una tattica pressoché perfetta fino a due terzi di gara s’è risolta in un pasticcio completo nel finale. L’inserimento dell’ottimo Cataldo nella fuga del mattino ha permesso ai compagni di rimanere coperti mentre la successiva azione di Nocentini, scaturita dal tentativo promosso da Flecha, non ha consentito alla Spagna di essere in superiorità numerica nel gruppetto degli attaccanti. Ulissi e Marcato, poi, sono stati attenti e pronti a rispondere all’allungo di Contador, creando così una situazione a noi favorevole dato che nel gruppetto di testa proprio il giovane toscano sarebbe stato il più veloce in caso di arrivo in volata. Purtroppo questa azione è naufragata ed allora gli altri azzurri, i capitani della vigilia che fino a quel momento erano rimasti giustamente inattivi, Paolini, Nibali, Moser e Gatto, avrebbero dovuto provare a movimentare la corsa cioè tentare di scongiurare in tutti i modi possibili un arrivo a ranghi compatti ai piedi del Cauberg. Invece, tutti e quattro, per varie ragioni, hanno commesso gravi errori. L’ex alfiere di Bettini è apparso in ottima condizione ma ha corso in maniera a dir poco distratta e questo non è da lui; infatti troppo spesso è rimasto scoperto in testa al gruppo a prendere aria e, nel corso dell’ultimo giro, quelle energie sprecate non gli hanno consentito di giocarsi le proprie carte. Il siciliano, invece, pensavo avesse ormai compreso che per battere Gilbert è necessario sfiancarlo a fondo sulla distanza (vedi la Liegi di quest’anno e il Lombardia 2011) perché cercare di attaccarlo solo sull’ultimo strappo è una tattica suicida. Le dichiarazioni a fine corsa di Vinokourov, futuro manager dello Squalo, confermano quanto appena scritto sulla condotta di Vincenzo. Moser, forse, ha sofferto troppo il chilometraggio dato che è stato l’atleta più giovane a correre il Campionato del Mondo anche se bisogna ammettere che le prove offerte in Canada potevano far sperare in qualcosa di più. Gatto, primo fra gli italiani (13º) non si è mai visto, segno di una pessima condizione di forma. Proprio il tredicesimo posto di quest’ultimo, come miglior risultato ottenuto dall’Italia, dovrebbe far riflettere il commissario tecnico e la federazione circa la scelta scriteriata di escludere dalla nazionale atleti che, con ogni probabilità, avrebbero potuto ottenere un piazzamento migliore. Voto: 5

Spagna: l’intervista rilasciata da Freire a gara conclusa ha suffragato la tesi, che molti avevano espresso alla vigilia, di un clima piuttosto teso all’interno della squadra iberica. Infatti, la presenza di troppi campioni, da Freire a Valverde, passando per Contador e Rodriguez e Sanchez, non ha permesso alla formazione di muoversi compatta per cercare di vincere la corsa. Si è venuta, in sostanza, a creare la medesima situazione che si viveva all’interno della nazionale italiana fino a pochi anni fa, in cui ogni atleta faceva gara a sé, cercando addirittura di impedire ad un compagno, in qualche caso, di vincere (vedi Lisbona 2001). Il Tricampeon, giunto alla sua ultima corsa in carriera, non ha gradito la condotta un po’ troppo esuberante di Sanchez, Flecha e Contador. In particolare ha accusato questi ultimi di aver favorito spudoratamente Valverde, il quale poi non è riuscito a concretizzare appieno il lavoro svolto dai compagni. Insomma, un vero disastro tattico, salvato solo parzialmente dalla medaglia di bronzo agguantata da Valverde, perché le condizioni per puntare al risultato più ambito, con un Freire in stato di grazia, erano presenti e non sono state sfruttate. Voto: 6

Gran Bretagna: affetti da una vera e propria sindrome, quella di portare a spasso il plotone tutta la corsa, sempre e comunque, quale che sia la circostanza, indipendentemente che siano i favoriti o no. Cavendish, il campione uscente, ha onorato il titolo conquistato a Copenhagen tirando il gruppo per più chilometri, fino a quando il percorso glielo ha consentito, mentre gli altri compagni, da Swift a Stannard, si sono messi a totale disposizione del capitano Tiernan Locke. Questo ciclista semisconosciuto, autore di qualche bella prova in stagione (soprattutto su strappi molto arcigni), ha corso come se fosse il padrone della gara ma, dopo essersi abilmente inserito nel tentativo promosso da Contador, è scomparso totalmente dalla scena. Voto: 6

Germania: se il gruppetto comprendente, tra gli altri, Contador e Ulissi, non è giunto al traguardo, buona parte del merito lo si deve riconoscere ai tenaci passisti tedeschi, i quali hanno collaborato attivamente con i belgi nel tentativo di recupero. L’obiettivo era quello di favorire la possibile volata finale del giovane capitano Degenkolb. Quest’ultimo ha sofferto parecchio l’ultimo passaggio sul Cauberg ma è comunque riuscito a gestirsi e cogliere un onorevole quarto posto, dimostrando così di non essere semplicemente un velocista puro. Voto: 7

Olanda: il perché non abbiano collaborato nel “gruppetto-Contador”, essendo presente anche Gesink, rimane un mistero. Forse speravano di avere più possibilità di vittoria arrivando in volata con Boom? Il quinto posto finale di quest’ultimo boccia senza replica la tattica olandese. Voto: 5

Colombia: eravamo abituati ad una squadra di comprimari mentre ora, con l’arrivo di Betancur, Henao e Uran le aspettative nei confronti della squadra sudamericana sono profondamente cambiate. La giovane età e il chilometraggio non hanno consentito agli atleti di lottare per il podio ma si sono comunque resi protagonisti di qualche azione degna di nota, in particolare con il vice campione olimpico. Voto: 5,5

Francesco Gandolfi

gandolfi.francesco@libero.it

GILBERT, FINALMENTE L’IRIDE E’ TUO

settembre 24, 2012 by Redazione  
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Dopo esserci andato vicino nelle ultime stagioni il 30enne di Verviers fa suo il titolo mondiale con un’azione sul Cauberg che non lascia scampo ai suoi avversari, primi dei quali Boasson Hagen e Valverde che conquistano argento e bronzo. L’Italia è protagonista fino a 3 km dal traguardo ma a Nibali mancano le gambe nel momento cruciale e il migliore è Oscar Gatto che chiude 13°

Foto copertina: lo scatto di Gilbert sul Cauberg (foto Bettini)

L’attesissima prova in linea del Mondiale professionisti si è disputata lungo un percorso di 267 km con un tratto iniziale in linea di 106 km e dieci giri del circuito di Valkenburg, 16,5 km comprendenti lo strappo del Bemelenberg e soprattutto quello del Cauberg a 1700 metri dal traguardo. Favorito d’obbligo dopo quanto fatto vedere alla Vuelta con due vittorie di tappa era il belga Philippe Gilbert, spalleggiato da due gregari di lusso come Greg Van Avermaet e il dominatore delle classiche del Nord Tom Boonen, immediatamente seguito nel ranking della vigilia dallo slovacco Peter Sagan, devastante nella parte centrale della stagione anche se un po’ in ombra dopo il Tour de France, dall’australiano Simon Gerrans, recente vincitore del Gp Quèbec, dal norvegese Boasson Hagen visto ad alti livelli lungo tutto il 2012 e soprattutto dalla corazzata spagnola, che schierava i primi tre della classifica generale della Vuelta Alberto Contador, Alejandro Valverde e Joaquin Rodriguez accanto al già tre volte iridato Oscar Freire e al campione olimpico di Pechino Samuel Sanchez, quest’ultimo non al meglio in seguito alla caduta che lo ha costretto ad abbandonare il Tour de France: tra i possibili outsider anche il francese Thomas Voeckler, gli olandesi Lars Boom e Robert Gesink, lo svizzero Michael Albasini, il russo Alexander Kolobnev, l’australiano Allan Davis, il portoghese Rui Costa, il tedesco John Degenkolb, il colombiano Rigoberto Uran sorprendente argento alle Olimpiadi di Londra e gli azzurri Vincenzo Nibali e Moreno Moser, leader di una nazionale che come avviene ormai da qualche anno non è più quella da battere e che accanto a loro schierava Dario Cataldo, Rinaldo Nocentini, Marco Marcato, Diego Ulissi, Oscar Gatto, Matteo Trentin e Luca Paolini.
A differenza di quanto previsto nelle giornate precedenti le condizioni atmosferiche si sono rivelate ideali e questo, unito alla constatazione che sia nella gara degli under 23 che in quella degli juniores il circuito di Valkenburg era apparso poco selettivo, ha spinto diverse nazionali di punta a cercare di rendere la corsa dura fin dalle prime battute, segnatamente Francia e Olanda che hanno lanciato all’attacco Jeremy Roy e Bert-Jan Lindeman. La fuga che ha caratterizzato gran parte della corsa è nata però dopo 30 km ad opera del lettone Gattis Smukulis e dell’ucraino Vitaly Buts, sui quali si sono portati in seguito Pablo Lastras (Spagna), Timothy Duggan e Alex Howes (Stati Uniti), Jerome Coppel (Francia), Winner Anacona (Colombia), Luka Mezgec (Slovenia), Vladimir Isaichev (Russia), Fabricio Ferrari (Uruguay) e il nostro Dario Cataldo: un’azione dunque già piuttosto importante dalla quale è rimasto fuori il Belgio che ha messo in testa al gruppo a tirare Driis Devenyns coadiuvato dal campione uscente Marc Cavendish, che lavorava per i capitani Chris Froome e Jonathan Tiernan-Locke oppure, forse più probabilmente, per Boasson Hagen suo compagno di squadra nel Team Sky.
Malgrado la superiorità numerica dei battistrada la fuga non è mai veramente decollata raggiungendo un vantaggio massimo di 5′40” e in occasione del secondo passaggio sul Cauberg, con il gruppo distante in quel momento circa 2′, l’attivissima Spagna ha mosso anche Juan Antonio Flecha sul quale si sono portati Stephen Cummings (Gran Bretagna), Gianni Meersman (Belgio), Michael Matthews (Australia), Maxime Bouet (Francia), Michael Schaer (Svizzera), Fumiyuki Beppu (Giappone), Jakob Fuglsang (Danimarca) e l’azzurro Rinaldo Nocentini, che nel giro di tre tornate si sono portati sugli uomini al comando: non era ancora finita perchè, dopo aver già provato un’acceleratina d’assaggio in precedenza, nel quinto giro è partito Alberto Contador seguito da Bjorn Leukemans (Belgio), Koen de Kort e Robert Gesink (Olanda) e dai nostri Marco Marcato e Diego Ulissi e dai capitani di Francia e Svizzera Thomas Voeckler e Michael Albasini, che a loro volta hanno agganciato il gruppo di testa composto a questo punto da 29 atleti tra i quali 3 spagnoli, 3 francesi e ben 4 italiani, mentre nel plotone Australia e Germania e ancora Gran Bretagna, rimasta ormai priva di Chris Froome e Bradley Wiggins che hanno abbandonato anzitempo la corsa al pari del danese Matti Breschel, hanno preso il comando delle operazioni e una caduta avvenuta nelle retrovie ha tagliato fuori alcune seconde linee come lo statunitense Tj Van Garderen, l’olandese Bauke Mollema, il danese Chris Soerensen e l’azzurro Matteo Trentin. In testa al gruppo dei 29, che ha raggiunto un vantaggio massimo di poco superiore al minuto, hanno tirato a fondo Coppel, Bouet, Flecha, Lastras e Cataldo ma, nel momento in cui l’abruzzese ha esaurito le proprie energie dopo essere stato in avanscoperta fin dal mattino, nè Ulissi, nè Marcato, nè Nocentini hanno alimentato l’azione, con una scelta tattica forse discutibile anche se va detto che il plotone ha sempre tenuto nel mirino i fuggitivi, che nel corso delle varie ascese si sono selezionati rimanendo in 17, e anche con l’apporto di uno o due dei tre azzurri ancora presenti avrebbe in ogni caso annullato l’azione, come è avvenuto puntualmente a due tornate dal termine.
Una volta avvenuto il ricongiungimento è stato il Belgio a mantenere un’andatura alta e costante chiudendo immediatamente su un velleitario allungo di Samuel Sanchez e tenendo sotto controllo quello dello statunitense Andrew Talansky e del britannico Ian Stannard partiti nel penultimo passaggio sul Bemelenberg, mentre sul Cauberg si è mosso in prima persona Vincenzo Nibali, strettamente marcato da Gilbert e Valverde: l’azione del siciliano non è però stata molto incisiva e non ha avuto altri effetti che quello di riprendere Talansy e Stannard e di ridurre il gruppo dei migliori a una cinquantina di atleti, ma soprattutto è costata allo Squalo dello Stretto diverse energie che sarebbero potute tornare utili nell’ultimo giro, tanto più che l’Italia era ancora presente in forze davanti con Moser, Marcato, Nocentini, Paolini e Gatto.
In prossimità del traguardo ci ha provato l’inesauribile Voeckler in compagnia di Daniel Moreno (Spagna), Stefan Denifl (Austria) e, in funzione di stopper, Greg Van Avermaet e in avvio di ultime tornata ha tentato l’allungo Daniel Martin (Irlanda), ma ormai era evidente la volontà di Belgio e Italia di portare compatto il gruppo di testa ai piedi del Cauberg e sono stati proprio gli azzurri a operare il forcing con Moreno Moser, comprensibilmente non al meglio al debutto mondiale e in una gara dal chilometraggio così elevato, e Luca Paolini che ha lanciato l’attacco di Nibali sulle prime rampe dello strappo finale. Si è ripetuta la scena del giro precedente con il messinese davanti e Gilbert immediatamente alla sua ruota ma in prossimità della vetta il vallone ha cambiato marcia con una delle sparate che lo hanno reso famoso e l’azzurro non ha avuto la forza per replicare scivolando nelle retrovie; i soli Valverde, Boasson Hagen e Kolobnev si sono lanciati, però con un fatale attimo di ritardo, all’inseguimento di Gilbert e il russo gli è arrivato a pochissimi metri, ma nel successivo falsopiano che conduceva al traguardo il fuoriclasse di Verviers ha rilanciato l’azione ed è giunto in solitaria al traguardo, conquistando una maglia iridata inseguita nelle ultime stagioni in cui era stato di gran lunga il miglior corridore da corse di un giorno e arrivata proprio in questo 2012 avaro di soddisfazioni, se si eccettuano le due vittorie alla Vuelta. Al posto d’onore ha concluso Edvald Boasson Hagen, al primo podio iridato, che ha avuto nettamente la meglio su Alejandro Valverde, che fallisce ancora una volta l’appuntamento con titolo ma che per la quarta volta in carriera conquista una medaglia e che è tornato ad altissimi livelli nella sua prima stagione dopo la squalifica in quanto coinvolto nell’Operacion Puerto; dal canto suo Kolobnev sperava a sua volta di salire nuovamente sul podio come a Stoccarda, Mendrisio e alle Olimpiadi di Pechino ma è crollato negli ultimi metri precipitando al 28° posto nel gruppo inseguitore regolato da Degenkolb, medaglia di legno e comunque autore di un’eccellente prova in cui ha dimostrato una volta di più di non essere solo un semplice velocista: al 5° posto ha chiuso Boom davanti a Davis, a un Voeckler che alla luce del piazzamento finale può recriminare per quanto ha speso in precedenza, al sorprendente lituano Ramunas Navardauskas già maglia rosa per un giorno all’ultimo Giro d’Italia, al colombiano Sergio Henao e a Oscar Freire, che potrebbe chiudere qui la sua carriera e che ha lamentato nel dopo corsa di essere stato lasciato solo nel momento cruciale. Tra le delusioni del giorno Peter Sagan, che complice la giovane età ha nella lunghe distanze il suo tallone d’Achille e non è andato oltre il 14° posto, Simon Gerrans 21° e un Joaquin Rodriguez inesistente per tutta la corsa e 39° al traguardo, ma anche il catalano in tutto l’arco della sua carriera non è mai stato competitivo ai massimi livelli quando il chilometraggio ha superato i 250 km.
Dal canto suo l’Italia che pure ha corso da grande protagonista fino a 3 km dal traguardo deve accontentarsi del 13° posto di Oscar Gatto e del 29° di Vincenzo Nibali e, per il quarto anno consecutivo della gestione di Paolo Bettini, torna a casa senza medaglie: probabilmente qualcosa nella conduzione tattica della corsa non ha funzionato con il solo Cataldo a tirare nella fuga dei 29 e Gatto che nel finale avrebbe meritato più fiducia rispetto a un Nibali non in grande giornata ma sarebbe ingeneroso dare tutte le colpe al CT; certamente la discutibile decisione del presidente della Fci Renato di Rocco di escludere dalla nazionale atleti coinvolti nel presente o nel passato in vicende di doping non ha aiutato ma per come si è svolta la corsa è presumibile che anche con Alessandro Ballan, Damiano Cunego e Filippo Pozzato al via le cose non sarebbero cambiate. Va detto infatti che, complice una concorrenza decisamente aumentata rispetto ad allora con nuovi Paesi alla ribalta, pur rimanendo ad alto livello l’Italia non è più la nazione dominante degli anni ‘90 e inizio 2000 e può contare su tanti ottimi corridori ma nessun fuoriclasse, in attesa che Moreno Moser diventi tale nelle prossime stagioni e che Vincenzo Nibali lotti alla pari con i migliori su percorsi più adatti alle sue caratteristiche rispetto a quello di Valkenburg: l’occasione del riscatto ci sarà già sabato 29 settembre al Giro di Lombardia ma soprattutto nel 2013 a Firenze su un tracciato che si annuncia come il più duro degli ultimi anni.

Marco Salonna

Larrivo di Gilbert sul traguardo di Valkenburg (foto Bettini)

L'arrivo di Gilbert sul traguardo di Valkenburg (foto Bettini)

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