UN DIABLO AL GIORNO

luglio 25, 2009 by Redazione  
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Che delusione, ma che delusione! Oggi non si può criticare il percorso, perché lo spazio per fare la differenza c’era, ma questo ciclismo si è appiattito. Niente spettacolo dagli uomini “da salita”, e niente crolli dei alcuni personaggi discutibili, in primis Wiggins e Armstrong: se questa tappa riflette il futuro del ciclismo, c’è poco da stare allegri.

A cura di Gabriele Bugada

Ve lo confesso: oggi mi sarei atteso una seria debacle di quei personaggi della classifica generale che per tanti motivi in cima a un Tour de France non ci dovrebbero – o non ci dovrebbero “più” – stare. Da Armstrong a Wiggins a Frank Schleck a Vande Velde. E mi sarei aspettato anche che un Alberto Contador volesse dimostrare di essere non solo il più forte, ma anche un campione degno di esaltare gli appassionati, scatenando la sua potenza per conquistare il Ventoux. Andiamo un po’ a vedere la gara: a parte le cronometro, che sembrano essere la sua vera specialità, in montagna ha staccato tutti solo di 20” una volta e 40” quell’altra. Sapete come la penso, sul valore che hanno le salite per lasciare un segno nel cuore di chi ama il ciclismo. Oppure che dire di Andy Schleck, che deve vincere la propria prima tappa al Tour: non avrebbe sognato di farlo su questo traguardo leggendario? Pure lui i passi avanti principali li ha fatti a cronometro, staccando perfino Nibali, oggi invece non si capiva se non volesse non potesse o non…
Insomma qui si lotta per i piazzamenti: è un bel salto indietro, direi un passo indietro di categoria, praticamente. Mi dispiace anche Sastre, che è sempre stato un corridore che in salita ha qualcosa da dire (anche se i successi in generale sono stati favoriti anche da casi contingenti): un sussulto di orgoglio mi avrebbe fatto piacere. Invece è sparito, così come Evans.
O questi qui erano tutti secchi, senza riserve (però non si può dire che sia stato un Tour faticoso come me ne ricordo tanti…), oppure c’è stato un controllo decisionale a livello più alto, da parte delle quattro squadre che la fanno da padrone. E speriamo che gli altri non si vogliano sempre e solo adeguare, ma di questo magari parlerò più diffusamente domani.
Sinceramente davanti a un ciclismo così deludente, così vuoto di fantasia e voli di campioni, sono più i rimpianti che i commenti tecnici che si possano fare.

Claudio Chiappucci

ClaudioChiappucci

IL DESERTO DEL CICLISMO: CALMA PIATTA SUL MONTE DELLE TEMPESTE

luglio 25, 2009 by Redazione  
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Grazie, Garate! Senza voler mancar di rispetto al talento in germine di Martin, il fatto che il Ventoux fosse domato da chi ieri – ieri! – faceva da apripista in uno sprint sarebbe stata un’umiliazione eccessiva perfino per un Tour che vola davvero in basso. Meglio Garate, poi, che uno di quegli “uomini di vertice” invischiati in tatticismi, disposti a rinunciare alla gloria per non dispiacere agli affari di squadra.

Ci è stato detto che la noia inflittaci da un tracciato da censura era strumentale alla grande suspense che si sarebbe tradotta in uno spettacolo pirotecnico nella tappa del Ventoux, l’unica salita davvero impegnativa della gara posta a giudice irrevocabile della classifica.
Così ci è stato detto, peccato che poi – con l’indubbia complicità della cronometro a squadre – la suspense si sia risolta in una lotta per il terzo gradino del podio, con i primi due già assegnati in una competizione senza storia e senza veri duelli.
Così ci è stato detto, peccato che poi il Monte Calvo sia stato profanato da un sabba di squadre-streghe intente a spartirsi la torta senza farsi troppo male.
Distacchi risicati, attacchi sprecati, farsesche frenate: evidente l’imbarazzo di protagonisti che con la salita non hanno una grande affinità elettiva, mentre gli unici due in grado di fare la differenza si sono limitati a tentennare con l’intento di “favorire i compagni” nella lotta per il terzo posto… senza peraltro avere ben chiaro il modo in cui farlo!
Tanto che alla fine non cambia praticamente niente.
La tappa se la giocano in due, Garate e Tony Martin. Superstiti di una fuga apparsa molto presto priva di serie speranze, soffocata dal guinzaglio serrato con forza dalla Saxo (con un monumentale Cancellara a tagliare il vento nell’interminabile periplo della montagna che ne precedeva la scalata): quattro minuti da difendere dai migliori su 21km di interminabile ascesa sono una miseria! Tanto più in un contesto simile, dove il vento favorisce i gruppi sugli isolati o le coppie in cui si frammenta quasi immediatamente la fuga.
Tuttavia contro ogni aspettativa da metà ascesa il distacco ballerà tra il minuto e mezzo e i due minuti – a seconda dell’atteggiamento ondivago degli inseguitori – per vedersi seriamente eroso (fino a “soli” 40”…) solo da quella che sarà una grottesca “volatina” tra gli uomini di classifica.
All’inizio invece la Saxo coi Sorensen (specie Chris) ha imposto il proprio rock, selezionando subito l’elite degli uomini che guidano la generale. Mentre i corridori si inerpicano nelle pendenze over 10% attraverso il bosco, sferzati da un vento in faccia appena trattenuto dagli alberi, già pregustiamo quel bailamme che ci è stato regalato finora da una tappa e mezza su diciannove: e le nostre speranze paiono trovare riscontro nel paio di scatti proposti da Frank Schleck addirittura ai meno tredici dal traguardo.
Il marcamento a uomo operato da Armstrong, però, scoraggia il lussemburghese, che lascia l’iniziativa al fratellino; si susseguiranno quindi dai meno dodici ai meno nove una serie di accelerazioni di Andy tutte accomunate dal medesimo copione: Contador che si accoda imperturbabile, il gruppetto che accusa qualche sbandamento, più gravemente per Kloeden ma pure da parte di Nibali (a maggior merito di quanto visto poi), ma che rientra nel momento in cui Andy si gira, guarda il fratellone, si intenerisce e lascia stare. Un teatrino stomachevole (ma non ci sono le radioline?), dal risibile spessore tecnico viste le andature relative alla fuga e anche dal mediocre valore tattico, giacché Frank sembra ben lungi dal poter trarre beneficio da una simile esibizione.
A questo punto, la svolta: Andy decide saggiamente di lasciare la compagnia, e se ne va con il solo Contador. Dietro la velocità crolla, al punto che diversi staccati rientrano, tra i quali Pellizotti che puntava oggi al successo di giornata e che perciò… non è andato in fuga! Da parte del veneto-friulano è una decisione saggissima, almeno sulla carta, penalizzata però da un andamento di corsa che farebbe la gioia di ogni bookmaker per la sua demenzialità.
Stante l’inamovibilità della classifica, a fronte di un Armstrong solido e di un Frank imballato, e stante comunque il maggior pregio di un successo personale, tanto più su questa strade (anche in termini di immagine per la squadra) rispetto ai calcoli concernenti il terzo posto di terzi corridori… Ebbene, quello cui tutti avrebbero voluto assistere era un duello all’arma bianca tra i migliori due di questo Tour per contendersi un trionfo memorabile: un trionfo che confermasse la vittoria alzando le braccia in giallo, oppure che consolasse della sconfitta lasciando presagire una futura competitività del giovane Schleck sulle rampe più aspre in veste di antagonista (anche solo per mettere qualche brivido di futuribili timori nello spagnolo, no?).
Le speranze si rinverdiscono in ogni senso quando vediamo un Nibali a tutta riportarsi in solitaria sui primi due (fin lì era apparso più pimpante Kreuziger, che comunque trova qui la propria giornata migliore: la classe non è acqua). Questo terzetto potrebbe dare un senso, un salto, un sogno a questa tappa e di rimando a questo Tour.
Ma oggi il G4 dei team che contano ha deciso per un’altra sceneggiatura, e dopo aver beffato il povero Pellizotti con la scelta di gettare “al vento” – che soffia dove vuole (quindi sui fuggitivi benché disperati…) – la vittoria di giornata, arriva prontamente una seconda beffa per i colori Liquigas. Lo sforzo profuso da Vincenzo, un recupero individuale su QUELLA coppia, viene vanificato del tutto dalla decisione di non dar seguito all’azione. E anzi il siciliano si trova sul gobbo la fatica di una mossa potenzialmente geniale, distillata – e se ne triplica il merito – in una fase in cui era già a tutta.
Ma chi puote ciò che vuole… non vuole niente di preciso! Così Andy smette di tirare, Contador continua a non collaborare, Nibali deve recuperare almeno un po’ di fiato, e ai meno 6km è tutto da rifare, con il gruppo dei “tristi terzi” – un gruppo che sale al ritmo dei due fuggitivi! – che si ricongiunge alle speranze di un futuro migliore. Ammazzandole metaforicamente, possiamo pur dire.
Qui parte Pellizotti, tutto a pois bici inclusa, decollando verso il suo sogno. Ma affrontare i km esposti del Ventoux in solitaria è impresa disperata. Il vantaggio del duo di testa è parecchio, entrambi conservano parecchie energie, e nemmeno un primo affondo di Garate ai meno 1200 metri sortirà l’effetto di disintegrare il solido patrimonio di secondi della coppia: Martin ha energie da vendere, tanto che recupera il collega (ben più scalatore di lui) per venirne schiantato solo all’ultima curva.
Pellizotti resta dunque a lungo a bagnomaria, per essere reintegrato ai meno due, e anche se “la storia gli darà ragione” – o meglio darà torto a lui come a tutti gli altri ignavi di giornata – a noi resta un dubbio: perché non mettersi al servizio di Nibali, anticipando il proprio scatto in modo da riportarsi sul terzetto dei “forti” prima che esso fosse riassorbito, profondendo poi tutta quella benzina che dimostra di avere per quattro durissimi chilometri solitari… ma con Nibali alla propria ruota?!? Se in altre squadre c’è la tendenza a correre un po’ troppo per qualcun altro, al limite anche qualcun altro di casacca diversa, la Liquigas invece si sente abbastanza forte da adottare lo stile Astana, o quasi: ogni capitano per sé. E semmai Nibali per Pellizotti, guai il viceversa.
Ripetiamolo, però: col senno di poi Nibali aveva già dato tanto, probabilmente una simile azione sarebbe stata un azzardo: è proprio la mancanza di azzardi, tuttavia, che ha narcotizzato questo Tour.
Il gruppo ricompostosi sale così, come viene, c’è quasi sempre in testa Andy, che ogni tanto accenna qualche sgasata, ma sempre con l’occhio torto. L’andatura è spesso bassa, tanto che anche chi stenta – come Wiggins o Nibali – riesce a mantenere il contatto: senza con ciò nulla togliere alla caparbietà straordinaria dimostrata da questi atleti. Frank è inerte, mai pericoloso, Lance è in controllo ma sa di non potersi permettere boutade.
Arrivati agli ultimi duecento metri, pim pum pam, ecco i fuochi d’artificio! Andy e Contador staccano di 3” Armstrong e Frank, a 8” Kreuziger, a 18” Pellizotti e Nibali, a 25” Wiggins… Wow. Sconfitto di giornata, Kloeden che perde UN MINUTO dai migliori. Un gruppetto di classifica che sale come due fuggitivi della prima ora, l’unico uomo in difficoltà che perde un solo minuto su una salita del genere. Un vero insulto al Gigante della Provenza…
Per fortuna che lui non si è accorto di nulla, ha senz’altro passato il pomeriggio dormendo. Il Gigante risponde al richiamo dei Giganti, quando la sua schiena è calcata da formichine può solo consegnarsi con un sorriso al simpatico Garate, e lasciare che gli altri si tengano ciò che meritano: spiccioli mediatici, non fulgori mitici.

Gabriele Bugada

Juan Manuel Garate, smorfia al Ventoux (foto EFE)

Juan Manuel Garate, smorfia al Ventoux (foto EFE)

EROS POLI, MONSIEUR VENTOUX

luglio 25, 2009 by Redazione  
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QUEL TOUR DI 15 ANNI FA……
Il 18 maggio del 1994 il Tour ci regalò una di quelle pagine che non si dimenticano. Un Don Chisciotte italiano sfidò i mulini a vento del Ventoux. La tenzone tra il Gigante di Isola della Scala e il “collega” provenzale è vinta da Eros Poli, che aveva intrapreso una fuga “pazza”, scaturita da una provocazione in corsa. Fu l’inizio di un assolo, la cui musica continua a suonare nelle nostre orecchie, fu il primo italiano a “domare” il capriccioso monte calvo.

E’ stato definito in vari modi, il Mont Ventoux.
Per Roland Barthes, il famoso semiologo francese, era il Dio del Male cui bisognava dedicare sacrifici; Gian Paolo Ormezzano ha definito “marcia della morte” la salita della montagna provenzale; Joseph Grooussard, velocista transalpino degli anni ‘60, disse che era meglio disputare cinquanta sprint piuttosto che scalare il Ventoux.
Luison Bobet l’aveva domato, nel 1951, ma nella notte successiva avrebbe confessato al fratello che era letteralmente distrutto. Kubler l’aveva sottovalutato, il monte calvo, e quasi ne uscì pazzo dopo averlo scalato, tant’è che il giorno dopo avrebbe abbandonato il Tour e il ciclismo.
Merckx fece l’impresa al Tour del 1970, ma ci volle la maschera d’ossigeno per farlo respirare dopo l’arrivo.
Simpson morì lassù, in un torrido pomeriggio di luglio.
Poi c’è chi sul Ventoux ha lasciato il segno: Charly Gaul, nella cronoscalata del ‘58; Thevenet, nel ‘72, e Marco Pantani nel 2000, al termine di quella volata con Armstrong che fa discutere ancora oggi.
Da quando Luciene Lazarides vi transitò in vettà per primo alla Grand Boucle – era il 1951- il Ventoux ha sempre rappresentato qualcosa di più di una difficile ascesa.

Nel 1994 la salita battuta dal mistral, in quel paesaggio lunare unico al mondo, era stata inserita nell’undicesima tappa, prevista da Montpellier a Carpentras.
Una cavalcata di 231 Km nel Midi della Francia, un antipasto delle salite alpine che sarebbero state affrontate dall’indomani.
Era un lunedì quel giorno, il 18 luglio.
Non faceva neppure notizia quella tappa, oscurata dai titoli e dai commenti dedicati alla finale di coppa del mondo di calcio che si era disputata il giorno prima a Los Angeles.
Le lacrime di Baresi, il rigore sbagliato di Baggio, la sconfitta con il Brasile: di questo si discuteva, più della posizione in classifica di Pantani, a quasi dodici minuti da Indurain. Il Ventoux era collocato lontano dall’arrivo e una possibile fuga del romagnolo doveva confrontarsi con troppi chilometri prima della conclusione nella città di Carpentras.
Probabile una fuga di comprimari, dunque, destinata a infrangersi sulle rampe terribili di quella salita che, inutile nasconderlo, non lasciava tranquilli i corridori.
Magari ci avrebbe provato Virenque, secondo in classifica, ad infiammare gli animi dei suoi connazionali.

Dopo sessanta chilometri percorsi in gruppo si sgancia Eros Poli.
Il granatiere (è alto quasi due metri e pesa ottantaquattro chili) della Mercatone Uno aumenta rapidamente il suo vantaggio. E’ un ottimo passista, ma la sua fuoriuscita dal plotone non impressiona nessuno.
Ci aveva già provato nella tappa di Futuroscope, senza successo, perché erano andati a riprenderlo.
Il suo tentativo di giornata appare ancora più velleitario, non solo per la distanza dall’arrivo, ma soprattutto perche c’è da scalare il Ventoux.
Il vantaggio di Poli cresce rapidamente e anche questo fatto non stupisce.
L’atleta veronese è un ottimo passista, è stato medaglia d’oro nella cento chilometri a squadre dieci anni prima, alle olimpiadi di Los Angeles e a Villach, tre anni dopo, ha conquistato la maglia iridata nella stessa specialità.
Pedalare a ritmo elevato per tanti chilometri non lo spaventa di certo, ma sulle salite è un’altra cosa.
Lui è abituato a percorrerle nel gruppo dei velocisti, con un occhio al tempo massimo: potrà arrivare anche ai piedi del Ventoux, certamente, ma il suo tentativo è destinato a spegnersi lungo la terribile ascesa.
Semmai si discute di quello che potrà accadere tra i pretendenti alla maglia gialla: se Indurain riuscirà a difendersi, se Pantani e Virenque proveranno ad attaccarlo.
Nessuno si preoccupa, nel gruppo, e il vantaggio aumenta a dismisura: cinque, dieci, venti minuti.
I più sono scettici: nella tappa di Futuroscope aveva accumulato un vantaggio di oltre diciotto minuti, ed era stato ripreso dopo 166 Km di fuga. Il tentativo odierno pare la replica di quello, sfortunato, vissuto solo qualche giorno prima.

Il Ventoux si avvicina e all’attacco della salita il veronese ha quasi venticinque minuti di vantaggio. A quel punto qualcuno comincia a chiedersi: “E se Poli ce la facesse?” “No, non ce la può fare; vedrete, in salita si pianterà”
Lungo la salita Poli arranca mentre dietro comincia la bagarre. Pantani scatta portandosi dietro Leblanc, che per un po’ resiste allo slancio del romagnolo.
All’altezza dello Chalet Reynard, a quota 1400, un quarto d’ora di vantaggio è gia sfumato, e la salita è ancora lunga.
Il fuggitivo continua a pedalare, ma il vantaggio evapora. Potrebbe piantarsi da un momento all’altro e la sua sarebbe comunque una bella impresa, una sfida quasi vinta.
Quando Poli è in vista dell’osservatorio, ha ancora cinque minuti di vantaggio.
E’ l’ultimo sforzo, perchè dalla cima mancheranno trentun chilometri al traguardo.Si tratta di gestire quell’ultimo tratto e allora Poli fa appello a tutte le energie che gli sono rimaste.
L’afa è insopportabile, da togliere il fiato, ma il Ventoux, per una volta, è benigno con chi lo ha trattato con rispetto. Non è stata aggredita, la montagna della Provenza, e sa ricompensare chi le si è avvicinato con coraggio.

Eros Poli nell'infernale pietraia del Ventoux (nuke.eros-poli.com)

Eros Poli nell'infernale pietraia del Ventoux (nuke.eros-poli.com)

Lassù, dove erano passati davanti a tutti Jean Robic e Julio Jimenez, gente che dava del tu alle salite più impervie, scollina un gigante, e non solo in riferimento alla sua mole.
” Allez, Polì!”, lo incoraggia il popolo del Tour, incredulo e nello stesso tempo affascinato da quell’impresa.
Scattano i cronometri al suo passaggio e ormai tutti fanno il tifo per lui.
Pantani è secondo a quattro minuti e trentacinque secondi; Indurain e gli altri a più di sei.
Il romagnolo si rialza in discesa, e aspetta gli altri.
E’ fatta, per Poli. Ormai non lo prendono più, il veronese. Rispetto alla fatica devastante patita in salita, sembra quasi una passeggiata la discesa su Carpentrars.
Arriva da solo, dopo una fuga di 171 Km e da quel momento entra nella leggenda del Tour.
Dopo tre minuti e trentanove secondi arrivano Pantani, Virenque e tutti i migliori, ma le attenzioni sono puntate sul gigante di Isola della Scala. La fuga di Futuroscope gli aveva regalato un momento di notorietà, ma oggi è diverso, è l’eroe del Ventoux.
A chi gli chiede – e sono in tanti – il perché di quella fuga ai limiti della pazzia, Poli fornisce una spiegazione curiosa. Era uscito dal gruppo per appartarsi a fare pipì quando ha visto lo svizzero Jaermann che scattava. Non aveva sopportato che un altro corridore della Gb Mg – la squadra che si era dannata l’anima per andare a riprenderlo quando era in fuga qualche giorno prima – lo seguisse anche in bagno.
E, pur riconoscendo che la scalata in solitaria del Ventoux non lo aveva lasciato indifferente, spiega il suo segreto: gli restavano poco più ventitrè minuti di vantaggio all’attacco della salita e facendo un rapido calcolo aveva preventivato di perdere non più di 1’15’’ per ogni chilometro, secondo quelle regole che i velocisti osservano per non finire fuori tempo massimo.
Stavolta, però, le posizioni si sono rovesciate. Poli non era nella rete dei velocisti: era davanti a tutti, sul Ventoux.

E’ il personaggio del giorno, Eros “Polì”. Per Leblanc, il direttore del Tour de France, che lo ringrazia per quello che ha fatto, diventa un vero e proprio eroe.
Il ragazzo che in Australia correva tra i dilettanti prima di diventare un punto di forza del quartetto azzurro nella cento chilometri mai avrebbe pensato che la sua fama sarebbe rimasta legata alla montagna cara al Petrarca.
Da allora è diventato Monsieur Ventoux.

Mario Silvano

L’ÉTAPE DU JOUR: MONTÉLIMAR – MONT VENTOUX

luglio 25, 2009 by Redazione  
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Siamo arrivati alla tappa più attesa, quella che porterà Contador e soci fino ai 1912 metri del mitico Mont Ventoux. Ai piedi dell’osservatorio non dovremmo assistere a particolari ribaltoni, perché la maglia gialla pare inattaccabile. Ma la lotta per il podio è ancora apertissima ed anche stavolta ci sarà chi maledirà il “Gigante della Provenza”.

Era la tappa più attesa del Tour 2009. E lo sarà ancora, anche se difficilmente potrà spodestare Contador dal trono: ancora aperta, infatti, sarà la lotta per i gradini più bassi del podio essendo concentrati in meno di 2 minuti ben 5 predendenti. Una lista aperta e chiusa dai fratelli Schleck e nella quale spicca il nome di Lance Armstrong. Anche in caso di crisi della maglia gialla, per il giovane Andy non sarà facile recuperare il gap di 4’11” che lo separa dallo spagnolo e dovrà pure guardarsi le spalle: oltre ad Armstrong, infatti, si ritrova alla calcagna anche Wiggins e Kloden (che, però, correrà in favore di Contador). Situazione critica per il migliore degli italiani, Vincenzo Nibali, che pare troppo distanziato da questo gruppetto per poter pensare al podio: ma mai dire mai, Nibali è un fior di scalatore ed il Ventoux è un monte dalle mille sorprese.
I “tourini” lo affronteranno al termine d’una frazione non lunga ma dispendiosa, se la media si manterrà elevata sin dai primi chilometri. Infatti, la marcia d’avvicinamento al “Géant de Provence” non sarà agevolissima perché frastagliata da parecchi su e giù, ostacoli risibili ma da mettere in conto. Le sfide da podio, però, dovrebbero iniziare solamente negli ultimi 6000 metri quando, lasciata la località di Chalet Reynard si entrerà nel regno del Ventoux, un regno fatto di pietraie e di un implacabile sole a picco.

SOUVENIRS DU TOUR 1
Montélimar ha accolto una sola volta il Tour, in occasione d’una tappa che ha lasciato il segno in classifica, pur non essendo assolutamente di montagna. Il 15 luglio del 2006 tutti attendevano un arrivo in volata, invece andò in porto quella che viene definita una fuga “bidone”: primo al traguardo il tedesco Voigt, gruppo a quasi mezz’ora, maglia gialla allo spagnolo Pereirio Sio, che la perderà all’Alpe d’Huez, la riconquisterà nella tappone della Toussuire, tornerà a perderla nella crono di Montceau-les-Mines e la riconquisterà definitivamente solo un anno più tardi, per l’acclarata positività della maglia gialla Floyd Landis.
Ben più nutrito il numero di presenze del Ventoux sul percorso del Tour, affrontato 6 volte come GPM di transito e 7 come traguardo di tappa. Il debutto avvenne nell’edizione del 1951, inserito nel tracciato della tappa Montpellier – Avignone, vinta da Bobet dopo che era scollinato in testa sul “monte calvo” il connazionale Lucien Lazarides. In seguito metteranno il Ventoux nel loro carniere il francese Robic nel 1952 (Aix-en-Provence – Avignone), lo stesso Bobet nel 1955 (Marsiglia – Avignone), il lussemburghese Gaul in occasione del primo dei sette arrivi in vetta (cronoscalata da Bédoin nel 1958), il francese Poulidor nel 1965 (da Montpellier al monte), lo spagnolo Julio Jimenez nel 1967 (Marsiglia – Carpentras, il giorno della tragica scomparsa di Simpson), il belga Merckx nel 1970 (arrivo in vetta, da Gap), il francese Thévenet nel 1972 (ancora un arrivo in salita, da Carnon-Plage), il “carneade” spagnolo Aja nel 1974 (Savines-le-Lac – Orange) ed il francese Bernard nel 1987, a capo di un’altra cronometro, partita da Carpentras. Bisognerà attendere il 1994 per vedere un italiano svettare sul monte che nel 1336 fu “conquistato” da Petrarca: il 18 luglio di 15 anni fa scollinò solitario in testa Eros Poli, che poi si imporrà sul traguardo di Carpentras, portando così a termine una fuga durata ben 171 Km. Sfatata la cabala avversa, anche il successivo ritorno sul “Gigante della Provenza” parlò italiano, col successo di Marco Pantani, era l’edizione del 2000, davanti ad Armstrong. L’ultima (finora) puntata della storia ciclistica del Ventoux al Tour è stata scritta il 21 luglio 2002, quando ai quasi 2000 metri dell’osservatorio giunse primo il francese Virenque, al termine d’una frazione di 221 Km partita da Lodève.

Monsieur Le Ventoux (http://foto.ctirad.eu)

Monsieur Le Ventoux (http://foto.ctirad.eu)


SOUVENIRS DU TOUR 2

Montélimar è un centro del dipartimento della Drôme, famoso per la produzione del “nougat” (torrone). Città turistica situata ai piedi del massiccio del Vercors, fu la capitale del popolo celtico dei “Ségovéllaunes”, prima di diventare centro romano, dal quale transitava la “Via Agrippa”. Sul piano artistico spiccano la cappella romanica di Notre-Dame de la Rose e il castello degli Adhémar, la famiglia che governò questo centro e il circondario dalla fine del XI secolo fino al XIII secolo. Infatti, l’attuale nome di Montélimar deriva da un toponimo nato in quel tempo, “Monteil des Aimar”, dove “Aimar” era un’altra versione del gentilizio della famiglia regnante.
“Montiliens” celebri sono il pianista Michel Petrucciani, l’esploratore Louis de Freycinet e i politici Émile Loubet (presidente della repubblica dal 1899 al 1906, gli anni che videro la nascita del Tour de France) e Michel Vauzelle, che è stato portavoce di Mitterand ed è attualmente presidente della regione “Provence-Alpes-Côte d’Azur” e dell’ Euroregione Alpi-Mediterraneo, che comprende anche territori italiani (Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta).
Il Ventoux è il monte francese per antonomasia. Punto culminante del massiccio delle Baronnies, il suo isolamento dalle cime circostante lo rende visibile da parecchi chilometri di distanza, immediatamente riconoscibile per il biancore delle sue pietraie. Alcuni studiosi ritengono che il nome, infatti, derivi da “Ven-topp” che signfica “cima innevata”. È certo, invece, che non abbia a che fare con il mistral: la traduzione francese di ventoso, infatti, non suona “ventoux”, ma “ventilé” oppure “venteuse”. La prima storica scalata fu quella del Petrarca del 1336, ma già da due secoli l’uomo vi saliva per rifornire di legna i cantieri navali di Tolone: è, comunque, opera della natura il “deserto” sommitale, sul quale spicca la struttura dell’osservatorio, eretta nel 1882. Dal 1994 il Ventoux è stato classificato “Riserva di biosfera” dall’UNESCO.

LA MÉTÉO
Il Ventoux può essere fornace oppure spazzato da folate supersoniche, ma stavolta non dovrebbero verificarsi nessuno di questi estremi.
Cominciamo, però, come ovvio, dalla partenza da Montélimar, dove il meteo prevede temperature tipicamente estive, che potranno raggiungere e superarare i 25°C, in condizioni di vento moderato (max 33 Km/h) e bassa umidità (attorno al 40%).
In cima al Ventoux si registreranno situazioni opposte a quelle che hanno fatto la fama del monte provenzale, a cominciare da temperature abbastanza basse (16°C), consone all’altezza del luogo (1912m). Mancheranno totalmente i venti, almeno nelle ore previste per l’arrivo (anticipato di 60 minuti rispetto al solito), mentre il tasso d’umidità sarà pari al 33%.

BOULE DE CRISTAL

Ultimo arrivo in salita e penultima tappa.
La condotta della gara sarà semplice: corsa controllata fin sotto la salita, in quanto non credo che tentativi di fuga possano arrivare. Sarà l’ultima lotta per le posizioni di classifica e per la maglia gialla. Vedremo sicuramente colpi di scena perché siamo al 20° giorno di gara e il Mont Ventoux ha sempre mandato in crisi qualche corridore. Mi aspetto un grande attacco di corridori come Sastre. E dopo l’arrivo potremo dire chi ha vinto il Tour.

LA TERNA SECCA DI LUCA ZANASCA

1° Sastre
2° Pellizotti
3° Contador

Mauro Facoltosi & Luca Zanasca

24-07-2009

luglio 24, 2009 by Redazione  
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TOUR DE FRANCE
Il britannico Mark Cavendish (Team Columbia – HTC) ha vinto la diciannovesima tappa, Bourgoin-Jallieu – Aubenas, percorrendo 178 km in 3h50′35″, alla media di 46,317 Km/h. Ha preceduto allo sprint il norvegese Hushovd e il tedesco Ciolek. Miglior italiano Rinaldo Nocentini (AG2R La Mondiale), 19° a 4″.
Contador conserva la maglia gialla, con 4′11″ sul lussemburghese Andy Schleck e 5′21″ sullo statunitense Armstrong. Miglior italiano Vincenzo Nibali (Liquigas), 7° a 7′15″.

TOUR DE QINGHAI LAKE (Cina)
Lo sloveno Jure Kocjan (Slovenia) ha vinto la settima tappa, Xihaizhen – Menyuan, percorrendo 178,8 km in 4h18′12″, alla media di 41,549 Km/h. Ha preceduto allo sprint il kazako Fofonov e il croato Rogina. Miglior italiano Carlo Corra (Team Corratec), 47° a 11′46″. Il kazako Andrey Mizurov (Petrochemical Tabriz Cycling Team) conserva la testa della corsa, con 1′00″ sullo sloveno Mahoric e 1′03″ sul croato Rogina. Miglior italiano Carlo Corra, 45° a 45′43″.

BRIXIA TOUR
L’italiano Santo Anza’ (ISD) ha vinto la terza tappa, Angolo Terme – Borno, percorrendo 170 km in 4h10′20″, alla media di 40,745 Km/h. Ha preceduto allo sprint Masciarelli e Capecchi. Cunego 60° a 16′17″.
Giampaolo Caruso (Ceramica Flaminia – Bossini Docce) conserva la testa della corsa, con 12″ su Bertagnolli e 35″ su Pozzovivo. Cunego 53° a 23′01″.

SACHSEN-TOUR INTERNATIONAL UM DEN SPARKASSEN-CUP
Il tedesco Patrik Sinkewitz (PSK Whirlpool – Author) ha vinto la terza tappa, Aue – Meerane, percorrendo 176 km in 4h26′10″, alla media di 39,674 Km/h. Ha preceduto di 2′50″ la volata del gruppo, regolato dall’olandese Tjallingii sul tedesco Fothen. Unico italiano in gara, Marco Pinotti (Team Columbia – High Road) si è piazzato 11°. Sinkewitz è il nuovo leader della corsa, con 2′55″ sul tedesco Burghardt e 2′57″ sull’olandese Langeveld. Pinotti è 29° a 3′07″.

ESAMI DI RIPARAZIONE AD AUBENAS: MA LA COLUMBIA CI METTE UNA PEZZA

luglio 24, 2009 by Redazione  
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Ultima occasione per i tanti, tantissimi delusi o forse deludenti in caccia di una tappa. La morbida ascesa dell’Escrinet potrebbe scremare la muta dei velocisti… Ma in pochi osano, e il boccone grosso lo ingolla Cavendish, che conserva così qualche minuscola speranza di riparare al bottino di punti verdi incamerato fin qui da Hushovd.

Una tappa non scontata, una delle poche in questo Tour concesse ad un esito più aperto che non la volata, al di là dei lasciapassare avventizi per le fughe di giornata. C’è un inizio nervoso, ideale per distaccare una fuga a cui possano affidare le proprie speranze tutti i cacciatori ansiosi di riscatto per il proprio carniere tristemente vuoto, e che tuttavia non siano abbastanza scattanti da potersi permettere l’azione sul colle conclusivo. Già, perché dopo un lungo biliardo insignificante c’è laggiù, in attesa, quell’Escrinet blando quale un falsopiano – ma altrettanto intossicante – che offre uno scollinamento a una quindicina di km dall’arrivo.
Per cacciare tappe bisogna farsi prede, e dunque sui primi Gpm prende corpo un’avventura fatta di venti coraggiosi (poi diciannove per la defezione di Trussov): in cerca di consolazioni c’è il deluso per eccellenza, Evans; un altro amareggiato come Kirchen; qualche gregario d’eccezione in libera uscita, come Popovych o Millar; gente dalla gamba buona, stagionati o germogli, come Arroyo o Spilak; chi come Chavanel o Bennati è stato tradito dal corpo, ma puntando fin da subito a un successo parziale può ancora trasformare un Tour nero in un risultato di soddisfazione. Dice bene alla fuga anche la presenza dell’ottimo Luis Leon Sanchez, che ama gli arrivi all’ingiù e oltre a essere buon passista polivalente è scortato da ben due compagni. Poi il solito menù assortito di comprimari e francesi di ogni sorta.
La fuga tuttavia è troppo buona per essere lasciata andare, e varie formazioni si alternano in testa al gruppo per impedire al vantaggio di esondare. In particolare si fanno notare la Rabobank, per Freire, e la Milram, per Ciolek. Anche la Cervélo mette la testa fuori, e a ragione: perfino in caso di andatura tanto indiavolata da selezionare i velocisti, il bravo Thor sarebbe persino in grado di rientrare in discesa!
Così, poco dopo i meno 70km, il distacco cala intorno ai due minuti: la paura fa novanta, e la fuga-cinghiale partorisce una fuga-volpacchiotto, che balza via nel sottobosco spaventata dall’abbaiare dei cani. Come è noto, però, proprio questi sommovimenti espongono chi salta ai cacciatori, e i cinque scappati di casa, agglomerati intorno a una mossa dell’attivissimo Duque con Arrieta (si aggiungono Popovych, Millar e Gutierrez), dopo 25km sono già a tiro, sotto al minuto. Ai meno quaranta la morsa è serrata, dalla pelle della volpe sbuca una lepre spaurita e solitaria: è ancora Duque che si concede qualche minuto al vento. E con passo di lepre, appunto, scappa per altri 10km, fino ai meno trenta dove sarà riassorbito mentre la strada inizia appena a tirare. Impallinato! Miglior sorte non tocca al tentativo pressoché contemporaneo di Kern, a differenza di quanto non capiti a Lefèvre: il corridore della Bbox vede aumentare il proprio vantaggio fino ai 10” intorno a metà della salita.
E qui, a 4-5km dalla “vetta” dell’Escrinet, vediamo infine la tanto attesa azione del campione del mondo Ballan, che si scrolla di dosso il gruppo e va a ricongiungersi con Lefèvre (un gesto parzialmente annunciato dall’accelerazione Lampre in vista dell’ascesa). L’azione porta nuova linfa al francese e la coppia arriva quasi ai 20” di vantaggio, per scollinare però con meno di una decina. Sono pochi, ma la discesa è nei primi chilometri piuttosto ripida, benché non molto tecnica, e consente di riprendere fiato: anzi, le prime gocce di pioggerellina scoraggiano azzardi nel peloton, al punto che Luis Leon Sanchez, già fuggitivo al mattino, abbozzerà senza successo un lampo solitario.
La Columbia, però “scarica a massa” il fulmine ma con esso parte delle proprie preziose energie. Cavendish, infatti, non ha pagato la salita, benché abbia Hushovd in agguato alla sua ruota: ma le speranze del norvegese di incrementare il proprio bottino si ridimensionano. Con questi giri di giostra si arriva ai meno 5km con 15” di patrimonio per Lefèvre e Ballan, che si sta sobbarcando qualcosa come l’85% del lavoro. Qui è la Milram, però, a prendere in mano la situazione – Ciolek sta bene – collaborando con i gialli Columbia: il distacco crolla vertiginosamente, e proprio sotto la flamme rouge la generosità di Ballan è costretta ad accartocciarsi in un groppo di rimpianti. D’accordo che Lefèvre era al vento da prima, però un simile opportunismo è costato caro a entrambi… e non che il veneto sia poi un tale proiettile, in volata, da non potergli offrire qualche cambio.
È sprint, insomma, con l’unica parziale incognita di un trenino Columbia in versione “locale” più che Eurostar, essenzialmente affidato a Tony Martin: un vagone, però, di lusso quanto la carrozza conclusiva del convoglio. Cavendish non ammette repliche!

Quinto successo per Cavendish sulle strade del Tour 2009 (foto Reuters)

Quinto successo per Cavendish sulle strade del Tour 2009 (foto Reuters)

Secondo un attento Hushovd, che in definitiva consolida relativamente la maglia verde, pur patendo una sconfitta. Terzo Ciolek, che emerge quando la fatica si fa sentire nelle gambe dei più. Poi, dopo Van Avermaet, Freire: il tricampeòn sentiva la gamba, ma sbaglia clamorosamente una svolta nel finale e si vede costretto a rimediare con una volata fuori fase.
Nell’esame di riparazione di questo Tour, l’unico a rimediare qualche cosa è Cavendish, tanto per cambiare: ma se in altre circostanze gli avversari avevano poco da rimproverarsi, oggi ci sentiamo di dire che – a parte un Hushovd comunque in controllo – molti altri abbiano rimpianti, per non aver vivacizzato meglio l’ennesima tappa a basso voltaggio (qui sia detto pure in proporzione al tracciato) di questa Médiocre Boucle. Sulla “salita”, benché poco salita, sarebbe stata d’uopo un’andatura più elevata, proposta magari proprio da quelle formazioni che hanno tirato tutto il dì, come Milram e Rabobank: tutte le aspettative sul finale li hanno spinti ad accanirsi sulle fughe varie, senza pensare a come eliminare l’avversario peggiore.
Ancora peggiore la prestazione dei vari scattisti e finisseur che non hanno nemmeno colto il “recupero” offerto dall’azione di Ballan per rimpolpare un gruppetto che, se composto di 5-6 uomini, sarebbe probabilmente giunto all’arrivo. All’esame di propositività, tutti bocciati.
Pellizotti intanto, senza nulla fare (anzi, staccandosi nei primi km al 2-3% della salita) dovrebbe aver matematizzato i propri pois, ora si tratta solo di portarli a Parigi: Martinez ha anche raggranellato una bella quantità di punti, ma se non sbagliamo i conti dovrebbero restarne troppo pochi da raccogliere sulla via del Ventoux… gigante provenzale incluso! Un altro esame di riparazione andato storto, quello per il basco, ma almeno un gesto d’orgoglio.

Gabriele Bugada

L’ÉTAPE DU JOUR: BOURGOIN-JALLIEU – AUBENAS

luglio 24, 2009 by Redazione  
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Giornata tranquilla per il gruppo, che attenderà il Ventoux recuperando le fatiche profuse nelle tappe precedenti. È l’occasione d’oro per gli estremi tentativi di fuga, che avranno molte opportunità d’andare al traguardo. Nemmeno le squadre dei velocisti dovrebbero impegnarsi più di tanto: il percorso non è troppo agevole – in particolar modo nei chilometri conclusivi – e poi avranno tutto l’interesse di non far spremere i loro uomini in vista delle fatiche che riserverà il “Gigante della Provenza”. Meglio risparmiare oggi per evitare il tempo massimo domani, col rischio d’esser esclusi dalla prestigiosa volata di Parigi. Sempre che qualche sprinter non voglia approfittare di quest’ultima situazione, che potrebbe vedere “a riposo” Cavendish.

Stretta tra le due giornate decisive del Tour 2009, questa frazione costituirà l’estrema occasione per inscenare fughe da lontano, con ottime probabilità d’andare al traguardo. Gli uomini di classifica vivranno questa giornata in tranquillità, per scaricare fatiche e tensioni accumulate nelle tre dure frazioni precedenti, mentre le squadre dei velocisti non si danneranno troppo l’anima per rientrare, puntando tutto sulla prestigiosa tappa di Parigi e cercando d’evitare di spremersi troppo in vista della tappa del Ventoux. Infatti, le energie consumate oggi potrebbero poi essere necessarie domani, per rimanere nel tempo massimo e non trovarsi beffardamente esclusi proprio a ventiquattrore dalla conclusione. Non è detto, però: sicuramente, ci saranno sprinter che vorranno a tutti i costi imporsi ad Aubenas, almeno per avere una chanches in più di battere Cavendish, naturale favorito della volata sui Campi Elisi e che, per i motivi accennati sopra, potrebbe decidersi di non impegnarsi in questo sprint. Non sarà, comunque, facile per loro, perché il finale non si presenterà assolutamente pianeggiante, caratterizzato com’è dalla salita all’Escrinet, colle di seconda categoria piazzato a 16 Km dalla meta e contraddistindo da pendenze tenere ma che potrebbero rimanere nelle gambe.
Tornando alla fuga di giornata a provarci, oltre a coloro che sono finora sono rimasti a bocca asciutta, saranno sicuramente i soliti noti. A partire da Pellizotti, che oggi avrà ancora l’opportunità di incamerare preziosi punti per la classifica del GPM; “il Delfino di Bibione” deve approfittare di queste occasioni, poiché per lui sarà quasi impossibile intascare i 40 punti che metterà in palio il Ventoux: lassù, dove non osano nemmeno le aquile, l’attuale sua condizione di forma gli impedirà di rimanere agganciato alla “crème” della classifica, impegnata nelle decisive tenzoni del Tour 2009. Una sfida che non dovrebbe riguardare nemmeno tutta quella pletora di corridori che stazionano alle porte della “top ten” della classifica e che potrebbe sfruttare la situazione di stasi che si vivrà in questa giornata per recuperare qualche posizione e conquistare un effimero posto al sole, ma che piace, piace assai.

SOUVENIRS DU TOUR 1
La partenza della 19a frazione da Bourgoin-Jallieu farà il paio con quella disputata nel 1962, finora unico precedente del Tour in questo centro. Si trattava dello start della ventesima frazione del terzo Tour vinto da Anquetil, una cronometro individuale che si concluse a Lione e che consentì all’asso transalpino di impossessarsi della maglia gialla, vestita dal belga Joseph Planckaert, a soli tre giorni dall’epilogo parigino. Quel giorno Anquetil percorse 68 Km in quasi un’ora e mezza, ad una media di 43,6 Km/h. Il migliore dei battuti fu il forlivese Ercole Baldini, staccato di 2’59”.
Anche Aubenas è ha quota uno, ma in questo caso si tratta di un’arrivo, pure disputato negli anni ’60: il 5 luglio del 1966 andò in scena la 14a frazione (un tempo capitarono spesso partenze del Tour nel mese di giugno), corsasi tra Montpellier ed Aubenas e vinta dall’olandese De Roo, che precedette di quattro secondo il futuro vincitore Lucien Aimar.

Castello di Aubenas (foto Panoramio)

Castello di Aubenas (foto Panoramio)

SOUVENIRS DU TOUR 2
Bourgoin-Jallieu è un centro industriale del dipartimento dell’Isère, situato a quasi metà strada tra Lione e Grenoble. Non vanta particolari emergenze monumentali. Il luogo più caratteristico ed amato dai “berjalliennes” è la fontana monumentale che campeggia in Place du 23-août-1944, costruita nel 1755 e ricostruita dopo il 1953, quando venne demolita per permettere il passaggio di un grosso automezzo, rimastro incastrato nelle strade del centro. Celebrità locali sono il rugbista Julien Bonnaire e lo scrittore Frédéric Dard, autore della serie di romanzi polizieschi “San-Antonio”.
Aubenas è un centro del dipartimento dell’Ardèche, situato non distante da luoghi di richiamo turistico quali le spettacolari gole dell’Ardèche, la cittadina medioevale di Largentière e la stazione termale di Vals-les-Bains. Anche Aubenas ha origini medioevali, sorta attorno ad una piazzaforte la cui costruzione fu oggetto di una lunga contesa tra i vescovi di Viviers e quelli di Le Puy-en-Velay. Il maniero esiste ancora oggi è ed divenuto la sede del municipio di quella che, fino al XIX secolo, era soprannominata “la ville sans eau” (città senz’acqua) a causa della totale mancanza di fonti di approvvigionamento idrico. Oggi Aubenas è un importante centro di commerci, attivi soprattutto nel campo delle aziende agroalimentari (castagne, salumi e formaggi). “Albenassiens” celebri sono il pilota automobilistico Jean-Marc Gounon (disputò due gran premi di Formula 1 con la Minardi), il rugbista Rémy Martin, i calciatori Renaud Cohade, Anthony Mounier, Cédric Barbosa e Franck Sauzée, che tra il 1993 ed il 1994 giocò nell’Atalanta.

LA MÉTÉO
Torna la canicola al Tour de France, in una giornata che sarà caratterizzata da temperature prettamente estive. Solamente in vetta ai due GPM più elevati di giornata (quota massima i 787 metri dell’Escrinet), farà meno caldo, anche 6-7 gradi in meno rispetto ai centri collocati più in basso. Come Bourgoin-Jallieu dove alle 13, orario di partenza di questa frazione, si registreranno sotto un sole a picco, temperature dell’ordine dei 27°C, per nulla mitigate dal vento, quasi del tutto assente. Situazione ancora più bollente ad Aubenas, dove la colonnina di mercurio schizzerà fino a 32°C nelle ore nelle quali si concluderà la tappa. Fortunatamente, mitigherà la situazione il vento, previsto fino a 30 Km/h e che contribuirà ad abbattere il già non elevato tasso d’umidità (30%).

BOULE DE CRISTAL

Ultima tappa adatta agli attaccanti. Non credo in un arrivo in volata. La stanchezza si farà sentire e l’asperità di seconda categoria non è d’aiuto ai velocisti. Da un lato vedremo un attacco da parte di gente fuori classifica, dall’altro potremo vedere qualche azione sull’ultima salita. Sarà un trampolino di lancio per chi vuole guadagnare posizioni in classifica.

LA TERNA SECCA DI LUCA ZANASCA

1° Sastre
2° Haussler
3° Moureau

Mauro Facoltosi & Luca Zanasca

IL PISTOLERO CHE SUSSURAVA AI CANARINI….

luglio 23, 2009 by Redazione  
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…. Adesso urla al mondo intero: il più forte sono io! Era da un decennio che non si vedevano prestazioni di una potenza simile a quella che lo spagnolo in jaune ha sfoderato ad Annecy. Ha letteralmente divorato i 40,5 Km del circuito del lago, tallonato nella prima metà gara dal russo Ignatiev e nella seconda parte da Cancellara, al quale ha lasciato solo le briciole. Mai si era visto uno scricciolo di scalatore andar così forte a cronometro…. Per lui il Ventoux si fa sempre più piccolo, mentre rimane aperta la lotta per i gradini meno elevati del podio

Vinto persino il malocchio del meteo che per il suo sfrecciare aveva predetto la grandine, sulla cote de Buffy sbuca un disco giallo a rendere di cartapesta i flutti del lago di Annecy ma soprattutto a fare pendant con il colore dell’aurea cotta di Alberto Contador. Il pistolero che sussurrava ai canarini più non parla sottovoce. Urla. Grida al mondo il suo dominio, le sue gambe menano come bastoni su un tamburo di guerra. La prestazione con cui Contador ha dominato la crono-periplo di Annecy (40.5km) è la prova più impressionante offerta da un ciclista in questo decennio. Sì, dai tempi di Pantani e più di Armstrong. L’abbiamo sparata grossa, è vero. Però come non restare basiti di fronte a 59 chilogrammi che consentono a Contador d’esser un serpente danzante in salita ed un cinghiale sul passo al tempo stesso?

I numeri parlano chiaro. Guadagna 1” a chilometro sino al 18° su Wiggins, raffinato pistard e degustatore di prologhi, quasi a ribadire che scampo non c’è contro le sue schioppettate (pedalate, pardon). Subisce Ignatiev sino al 25°km, cedendogli 22” (ma a tutti gli specialisti in generale, 11 a Wiggins, 19 a Cancellara, 6 a Kloden). S’arrampica sulla cote di Buffy spargendo sale attorno a sé, rifilando almeno 16” a tutti (ottima la tenuta di Kloden, nei ranghi quella di Wiggins). Sfodera tutta la volontà di dominio nella successiva picchiata: solo Cancellara lo insidia, scippandogli 43” in 12km (Ignatiev, Millar, Larsson e Wiggins stanno tra i 25” e i 16”). La vittoria che sa di sterminio ha un numero: 3, come i secondi conservati dal Diretto di Berna.

Il pistolero avanza..... (foto Panoramic)

Il pistolero avanza..... (foto Panoramic)

Il trionfo di Annecy cela più risvolti del panneggio della Venere di Milo. La verità campeggia nuda come il petto della dea ritratta nel marmo: Contador è il più forte. Ma l’interesse sta più sotto, nella perizia del suddetto panneggio. Innanzitutto, per restare alla cronaca spicciola, il Tour ha un despota che governa dall’alto dei 4’11” in cui naviga Andy Schleck (bella crono, 105” persi in 40.5km fanno circa 2.5” al chilometro), tranquillo nei suoi sogni perché sul Ventoux sarà sì battaglia ma per il podio, allegro stagnetto di cui parleremo più soto. Il pistolero potrebbe già oggi riporre la colt.

In secondo luogo, uscendo dalla mera quotidianità, Annecy pone un interrogativo esistenziale. S’è mai visto, da quando il ciclismo da eroico è diventato specialistico, uno scalatore di 59kg andar così forte a crono? Indurain? Nè scalatore né fuscello. Merckx? Altri tempi. Gaul? Hic sunt leones. Non siamo allora in presenza del ciclista più forte e sfaccettato da quando – turatevi il naso – Bernard Hinault ha appeso la bici al chiodo? Essendo comunque di sospetti imbastito il ciclismo contemporaneo, i falchi ricordano come Contador sia stato il pupillo di Manolo Saiz, uno di quei manager che si occupano in prima persona della “salute” dei loro atleti, mentre le colombe adducono a suo favore l’antico feeling con le lancette, risalente a quando, ancora 21enne, il pistolero vinse una crono di 19km sui Carpazi al Giro di Polonia. A detta di Nibali, “la crono di oggi filava via veloce, adatta a specialisti, senza tratti per recuperare”. E Contador s’è lasciato difatti alle spalle amanti del tic-tac come Cancellara, Ignatiev, Larsson, Millar, Wiggins, Moreau, Zabriskie, in una classifica dove uomini di classifica (britannico escluso) si trovano a partire dal nono posto (Kloden) e dal sedicesimo in poi.

Di conseguenza, il fatto che Contador paia aver fatto un bagno da piccolo nello Stige provoca una generale chiusura delle corse a tappe. Ha vinto tre delle quattro corse a tappe cui ha preso parte. E’ l’embatido del ciclismo. Quanto gioverà ad uno sport che sempre più riesce a tediare gli spettatori, avviliti dall’impressione che tutto sia scritto o che quantomeno vi sia la tendenza a rimandare le iniziative, come i Pink Floyd per cui c’è sempre “time to kill today”? Già l’Astana ha serrato a doppia mandata una corsa disegnata con i piedi, se poi ci si mette anche un conquistador senza tema…

Stiamo considerando (non incensando, speriamo) Contador già vincitore di questo Tour de (souf)France senza attendere il responso del Ventoux, sulla cui vetta il pistolero ebbe bagnate le polveri al Delfinato. Altri tempi, può dirsi, anche se con la montagna del Petrarca bisogna avere un feeling particolare per non impiccarsi (citofonare Armstrong). Tuttavia, l’interesse più pressante riguarda il podio, battuta di caccia che coinvolge il vecchio e restio re della foresta (Armstrong, 3° a 5’25”), un bisonte tramutato in camoscio (Wiggins, 4° a 5’36”), un incomodo lemure (Kloden, 5° a 5’38”) e una mangusta allampanata (Schleck, 6° a 5’59”).

Consideriamo la loro semenza. Il miracolato Wiggins, di cui da settimane si intonano inni (funebri, perlopiù), sorprende più in salita che sul passo (uomo da prologhi, non ha fatto oggi molto di più), segno che, magari, quei 6kg, addotti a prova dell’esponenzialie miglioramento del britannico, un po’ di polpa potrebbero averla. Ma il Monte Ventoso non perdona (speriamo). Ad Armstrong si legge la brama di Campi Elisi in volto e gli basta difendersi, stante che una lesa maestà di Kloden la si ravviserebbe solo in caso di crisi del texano su un attacco di Franck Schleck, molto solerte in salita. Ad occhio, non è impresa impossibile per Armstrong difendere il terzo posto dal lussemburghese.

A rischio di colpevole dimenticanza è il Tour di Vincenzo Nibali, più che uno Squalo dello Stretto (tratteggia una ferocia che non ha), un Salmone delle Alpi, più bravo a risalire le rapide che a domare i piani. Il 26° posto della crono di Annecy (2’06” di ritardo, 7’15” in classifica) svela l’umiltà del messinese, disposto a rinunciare ad un potenziale immenso contro il tempo per affinare le doti in salita. Un Tour sontuoso lo ripaga della scommessa. Chissà il futuro. Emblema della costanza poco appariscente ma con tanto succo, Nibali farebbe bene a non esagerare coi voli pindarici verso il Gigante della Provenza. Un settimo posto alla Grande Boucle, in un periodo in cui tutti i nostri alfieri più noti vengono falcidiati dall’infame tenaglia del doping è oro colato. Lo tenga a mente.

Federico Petroni

23-07-2009

luglio 23, 2009 by Redazione  
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TOUR DE FRANCE
Lo spagnolo Alberto Contador Velasco (Astana) ha vinto la diciottesima tappa, circuito a cronometro di Annecy, percorrendo 40,5 km in 48′31″, alla media di 50,085 Km/h. Ha preceduto di 3″ lo svizzero Cancellara e di 15″ il russo Ignatiev. Miglior italiano Marzio Bruseghin (Lampre – NGC), 23° a 1′59″.
Ora Contador ha 4′11″ sul lussemburghese Andy Schleck e 5′25″ sullo statunitense Armstrong. Miglior italiano Vincenzo Nibali (Liquigas), 7° a 7′15″.

TOUR DE QINGHAI LAKE (Cina)
L’ucraino Yuriy Metlushenko (Ukraine) ha vinto la sesta tappa, Bird Island – Xihaizhen, percorrendo 152,4 km in 3h28′19″, alla media di 43,894 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo sloveno Stare e il tedesco Hondo. Miglior italiano Emiliano Donadello (Team Corratec), 7°. Il kazako Andrey Mizurov (Petrochemical Tabriz Cycling Team) conserva la testa della corsa, con 1′00″ sullo sloveno Mahoric e 1′07″ sul croato Rogina. Miglior italiano Andrea Pagoto (Team Corratec), 31° a 13′42″.

BRIXIA TOUR
L’italiano Leonardo Bertagnoll (Serramenti PVC Diquigiovanni-Androni Giocattoli) ha vinto la seconda tappa, Brescia / Buffalora – Navazzo di Gargnano, percorrendo 162 km in 3h59′14″, alla media di 40,629 Km/h. Ha preceduto allo sprint Giampaolo Caruso (Ceramica Flaminia – Bossini Docce) e di 3″ Pozzovivo. Cunego 44° a 2′59″.
Caruso conserva la testa della corsa, con 18″ su Bertagnolli e 35″ su Pozzovivo. Cunego 51° a 6′44″.

SACHSEN-TOUR INTERNATIONAL UM DEN SPARKASSEN-CUP
L’olandese Sebastian Langeveld (Rabobank) ha vinto la seconda tappa, Lipsia – Eibenstock, percorrendo 194 km in 4h50′20″, alla media di 40,091 Km/h. Ha preceduto allo sprint i tedeschi Martens e Müller. Unico italiano in gara, Marco Pinotti (Team Columbia – High Road) si è piazzato 40°. Langeveld passa in testa alla classifica, con 1″ e 3″ sui tedeschi Burghardt e Müller. Pinotti è 39° a 10″.

UN DIABLO AL GIORNO

luglio 23, 2009 by Redazione  
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Grazie al cielo c’è il Ventoux! Senza quello avremmo avuto una classifica senza salita vera, tanto che Armstrong, sempre più operazione mediatica, sarebbe arrivato comodamente sul podio. Contador invece si conferma un vero fenomeno, come non se ne vedevano da anni, però dietro di lui nel ciclismo di oggi – e di domani? – c’è proprio il vuoto.

A cura di Gabriele Bugada

La cronometro conferma i miei pronostici: Cancellara o Contador. Lo spagnolo è impressionante, è un vero mistero come possa andare tanto forte a cronometro, un po’ la stessa cosa, invertendo i fattori, che capitava in salita con Indurain: alla faccia del fisico, atleti capaci di stare con i migliori e qualche volta batterli in specialità apparentemente poco consone.
Va anche detto che in giro vedo un ribasso notevole: a parte Andy Schleck, che anche a cronometro appare in crescita (alla faccia delle previsioni dei vari opinionisti RAI), il livello tecnico medio del Tour è scarso, specialmente in prospettiva nuove generazioni. Complimenti certo a Nibali, ma avremmo voluto vedere da lui qualcosa in più oggi, anche se è stato un po’ penalizzato dalla strategia di corsa, partendo con riserva non ha potuto esprimersi al massimo a causa del vento che ha appiattito un po’ i valori nel finale. Contador escluso, ovviamente.
Bisogna però considerare pure che questi due, Andy e Alberto, i più soddisfatti dell’arrivo odierno, sono quelli che ieri hanno faticato meno: Contador era praticamente a spasso, in grado di fare ciò che voleva. Andy invece si è spremuto di più, ma certamente non era al massimo visto che voleva tenere con sé il fratello Frank, senz’altro più debole in salita ma basilare per il morale e per lavorare quando si trattava di fare andatura: e infatti Frank, premiato con la tappa di ieri, è l’uomo di classifica che oggi ha subito maggiormente.
La terza settimana si sente anche in un Tour corso a bassi ritmi, e vedrete come si sentirà sul Ventoux! Fin qui, ve lo posso dire chiaramente, c’è una bella responsabilità da parte di Armstrong nell’imporre una corsa chiusa e “moderata”, in modo da poter fare comunque la sua figura. Ma il Ventoux potrebbe fargliela pagare e vendicare il Tour striminzito che abbiamo visto fino a ieri. Il Ventoux l’ho fatto una volta sola in corsa, ed è una bestia di salita, un costone interminabile quando arrivi su a quasi 2000 metri. Praticamente è l’unica, e dico unica, vera e dura salita di questo Tour. Le altre erano o lunghe ma facili o impegnative ma sotto ai 10km.
D’altra parte mi sembra assurdo che Armstrong si lamenti continuamente del comportamento di Contador e lo accusi, come ha fatto di nuovo ieri su Twitter per lo scatto di Alberto contro Kloeden, quando proprio Lance è stato sostenuto dalla squadra e tutto ha fatto meno che aiutare quello che sarebbe il suo capitano. Certo, si capisce che è difficile per un numero uno scoprire di avere in squadra qualcuno che va molto meglio di te, però doveva pensarci: e anche questi annunci a gara in corso di voler fondare una nuova squadra con chissà che sponsor, annunciando perfino i corridori, non mi sembrano atteggiamenti molto sereni.
Chi ormai mi ha deluso definitivamente sono in primo luogo i reduci dal Giro (Pellizotti escluso diciamo, almeno in un certo senso); Sastre mi ha fatto ben sperare sul Romme invece si è spento, era solo un gesto dimostrativo; non parliamo di Menchov, altre due cadute che denunciano una concentrazione minima. Senza la testa e il cuore, meglio rimanere a casa, così sta “rovinando” quello che ha fatto prima, anche a discapito del Giro. Speriamo non ci sia sotto nient’altro…
Evans invece il Giro non l’ha fatto, ma ha sbagliato del tutto la preparazione: lui parla di problemi fisici coperti dalla privacy, ma sta di fatto che il lavoro svolto è stato eccessivo e l’ha sballato completamente. Meglio pensare a un approccio diverso agli allenamenti, forse.
In ogni caso lo ripeto: basti confrontare la classifica di tappa con la generale. A parte Contador, tutti gli altri hanno sofferto un sacco nella cronometro, e questo benché di solito nell’ultima cronometro gli uomini di classifica, gli uomini di fondo, debbano essere in grado di dire loro. Wiggins, che è uno specialista, non ha brillato, anche se il suo Tour resta davvero sorprendente, sconvolgente il suo tappone alpino. Kloeden, che io suggerisco di tenere d’occhio fin dall’inizio, ha fatto benino, ma ha pur sempre la sua età: e in ogni modo senza ordini di scuderia e gregariato nella seconda settimana il podio sarebbe stato senza problemi suo. E poi, il vuoto, il vuoto. Dico solo che nei primi dieci del Tour, e senza fughe fantasiose, c’è un Frank Schleck che con le gare a tappe c’entra poco. Wiggins, lo stesso Lance, Vande Velde: ma insomma! Non si può dire che i talenti abbondino, povera gioventù!, e forse diversi buoni corridori da GT le proprie cartucce le hanno sparate al Giro. Tanto che vi dico che secondo me Armstrong sta andando da parte sua un po’ meglio che in Italia, ma neanche poi tanto… e da noi era fuori dalla top ten, qui invece punta al podio.
Lo ribadisco ancora un volta: per fortuna che c’è il Ventoux!!!

Claudio Chiappucci

ClaudioChiappucci

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