UNA STAGIONE UAE – 4 SETTEMBRE 2025: 12a TAPPA VUELTA A ESPAÑA
E’ una Vuelta agrodolce per Juan Ayuso quella del 2025. Dopo la débâcle patita nella prima frazione pirenaica riesce a riscattarsi parzialmente conseguendo due vittorie di tappa e condendo il tutto con dichiarazioni al vetriolo del corridore spagnolo sulla UAE, definita una squadra dittatoriale e dannosa per la sua immagine. Intanto torna ad alzare le braccia al cielo sul traguardo di Los Corrales de Buelna, alla vigilia dell’impegnativa due giorni asturiana
VUELTA, BIS DI AYUSO. IL GRUPPO LASCIA FARE IN ATTESA DEL TAPPONE ASTURIANO
Come da pronostico, la fuga prende corpo e va a segno nella tappa odierna della Vuelta (la dodicesima, da Laredo a Los Corrales de Buelna, 144.9 km), ancora caratterizzato da un percorso selettivo di media montagna. Juan Ayuso batte in una volata a due il connazionale Javi Romo (Movistar Team), regalando un’altra vittoria alla UAE Team Emirates – XRG. Il gruppo chiude a 6′ di ritardo ma domani c’è l’Angliru, una salita “monstre” che non ha bisogno di presentazioni.
All’indomani delle tensioni di Bilbao a causa delle manifestazioni Pro-Palestina che hanno bloccato l’arrivo nella città basca, la Vuelta riparte con una frazione destinata alle fughe, sia per il percorso vallonato, sia per la grande attesa del tappone di venerdì nelle Asturie. Nella Laredo – Los Corrales de Buelna sono, infatti, ben 43 i corridori ad andare all’attacco, un vero e proprio gruppone che in seguito diventa composto da addirittura 52 unità.
Nulla succede fino all’attacco della salita della Collada de Brenes, quando prendono il largo Brieuc Rolland (Groupama-FDJ), Michael Hessmann (Movistar Team), Magnus Sheffield (INEOS Grenadiers), Finlay Pickering (Bahrain – Victorious), Victor Guernalec (Arkea – B&B) e James Shaw (EF Education-Easypost), che hanno fino a 35” di gap sui primi inseguitori, trainati da Marc Soler. Il corridore della UAE Team Emirates – XRG è un aiuto prezioso per il compagno di squadra Juan Ayuso, che scatta in compagnia di Javi Romo (Movistar Team) andando a riprendere e staccare tutti gli attaccanti. La collaborazione tra i due spagnoli è perfetta e vanno a guadagnare anche un minuto di vantaggio in discesa; nulla possono fare i restanti inseguitori, seppure un tentativo disperato di Rolland aveva riacceso le speranze del corridore transalpino.
Romo imposta la volata in testa ma non può fare nulla contro Ayuso, al secondo successo di tappa in questa Vuelta. Rolland si piazza terzo e ai piedi del podio terminano Victor Campenaerts (Visma|Lease a Bike) e la Maglia Verde Mads Pedersen (Lidl-Trek), sempre più leader della classifica a punti. La generale è sempre guidata da Jonas Vingegaard (Visma|Lease a Bike), con 50” su Joao Almeida (UAE Emirates-XRG) e 56” su Tom Pidcock (Q36.5 Pro Cycling Team). Grazie alla fuga di oggi entra in Top 10 Bruno Armirail (Decathlon – AG2R La Mondiale), 6° a 2′23”.
Domani c’è l’attesissimo arrivo sull’Alto de l’Angliru, per la decima volta nella storia della Vuelta: il “mostro” asturiano verrà affrontato al termine di una tappa di 202.7 km con partenza da Cabezon de la Sal e sarà preceduto dai GPM di 1° categoria dell’Alto de la Mozqueta e dell’Alto del Cordal. Il finale dell’ultima ascesa è tremendo: su 12.5 km complessivi di salita, gli ultimi 6.5 sono costantemente in doppia cifra e spesso sopra il 20%. Il punto più duro è nella zona di Cueña Les Cabres, a circa un chilometro dallo scollinamento. Gli ultimi 500 metri sono in leggera discesa e portano sull’arrivo dopo una tappa che sicuramente cambierà molto la classifica generale.
Andrea Giorgini

La UAE Team Emirates continua a mietere successi sulle strade della Vuelta 2025 (foto Dario Belingheri/Getty Images)
UNA STAGIONE UAE – 2 SETTEMBRE 2025: 10a TAPPA VUELTA A ESPAÑA
E’ nella seconda settimana del Giro di Spagna che gli UAE danno il meglio mettendo in bacheca 4 vittorie, tre della quali consecutive. L’unica a rimanere “isolata” dalla altre è quella di Jay Vine che, dopo essersi imposto durante la prima settimana nella frazione di Pal, fa sua anche la terza ed ultima delle tre tappe disegnate sulla catena pirenaica, con arrivo in salita nella stazione di sport invernali di Larra Belagua. Nel frattempo finisce la “favola rossa” del norvegese Torstein Træen ad opera di Jonas Vingegaard, che si riveste del simbolo del primato
L’UAE BRINDA ANCORA CON VINE, VINGEGAARD SORPASSA TRÆEN E TORNA IN ROSSO
L’australiano Jay Vine, già leader della classifica degli scalatori, rafforza il suo primato e approfitta di una tappa con una sola salita impegnativa per centrare la seconda vittoria in questa Vuelta; gli uomini di classifica si guardano sino alla fine e, anche se la maglia rossa passa – secondo le previsioni – sulle spalle di Jonas Vingegaard, non cambia quasi nulla nelle prime posizioni.
Per la sua decima tappa l’80esima edizione della Vuelta a España torna sui Pirenei, dopo che già vi erano arrivate, con due arrivi in salita, la sesta e la settima tappa. Stavolta si parte dal Parco Naturale Sendaviva, a Nord Ovest di Saragozza, e si arriva nella zona di Larra Belagua, un’area montagnosa al confine con la Francia famosa per le sue escursioni e per la stazione sciistica del Ferial, dove è posto il traguardo dopo 173 chilometri di corsa. L’arrivo in salita (9.4 km al 6.1% con punte superiori al 10%) vale come GPM di 1° categoria, ma in precedenza, al chilometro 128, se ne affronta uno di 3°, l’Alto de Las Coronas (7.5 km al 4.7%), che oltretutto non è l’unica salita posta lungo il percorso. Non è detto che questo ennesimo arrivo in salita porti sconvolgimenti in classifica generale, ma certamente non sarà facile per il suo attuale leader, il norvegese Torstein Træen (Bahrain – Victorious), mantenerne il comando. Lo seguono in classifica, infatti, i due favoriti della corsa, il danese Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) a 37 secondi e il portoghese João Almeida (UAE Team Emirates – XRG) a 1 minuto e 15 secondi. Leader della classifica a punti è l’altro danese Mads Pedersen (Lidl – Trek), primo grazie ai traguardi volanti e ai piazzamenti nonostante abbia sinora deluso negli arrivi alla sua portata; leader di quella degli scalatori è l’australiano Jay Vine (UAE Team Emirates – XRG), primo dei giovani il nostro Giulio Pellizzari (Red Bull – BORA – hansgrohe), uno dei tre italiani che si trovano nei primi 10 della classifica generale (gli altri due sono Giulio Ciccone della Lidl – Trek, sesto, e Lorenzo Fortunato della XDS Astana Team, settimo).
Si parte verso l’una, con tempo coperto e temperature miti, come è accaduto sinora nella prima metà di questa corsa solitamente funestata dal caldo torrido e quest’anno invece dal maltempo. Ieri c’è stato il primo giorno di riposo e i corridori non sembrano ancora aver recuperato lo spirito combattivo: nessuna fuga parte prima di una sessantina di chilometri, quando si muovono tre uomini fra i quali Vine; tuttavia nessuno fa sul serio e quasi subito i tre vengono ripresi. Le prime salite vedono staccarsi i velocisti, fra i quali Pedersen, ma è solo intorno al centesimo chilometro che iniziano gli attacchi veri e propri (e purtroppo anche le cadute), finché, quando manca poco all’inizio del primo GPM, rimane in testa un folto gruppo di una trentina di corridori, tutti lontani dai vertici della classifica (il migliore è il francese Bruno Armirail della Decathlon AG2R La Mondiale Team. 19esimo). Tra questi si segnalano il già citato Vine e il polacco Michał Kwiatkowski (INEOS Grenadiers), da anni in declino dopo una grande carriera che lo ha visto campione del mondo e vincitore a Sanremo. Il resto del gruppo, con tutti i migliori, segue a circa un minuto e mezzo quando inizia la salita all’Alto de Las Coronas. In cima al GPM passa per primo lo spagnolo Javier Romo (Movistar Team), che ha staccato i molti compagni di fuga; Vine lo segue a una ventina di secondi, poi, alla spicciolata, il resto dei fuggitivi. Il gruppo coi migliori, che sulla salita se l’è presa comoda, passa a ben tre minuti nonostante sia tirato dagli uomini di Træen. In discesa Vine raggiunge Rom e poco dopo si uniscono a loro altri sette corridori usciti dal gruppo dei fuggitivi; quando la strada inizia nuovamente a salire verso il traguardo ci sono quindi due gruppetti in fuga, staccati di circa una ventina di secondi, mentre il gruppo coi migliori continua a perdere terreno e a 30 chilometri dalla fine accusa un ritardo di tre minuti e mezzo. Al traguardo volante di Isaba, quando mancano 22 chilometri all’arrivo, passa per primo il francese Julien Bernard (Lidl – Trek), col gruppo dei migliori che si è riportato a circa tre minuti. Ben presto il giovane ma forte passista belga Alec Segaert (Lotto), che si trova nel secondo gruppetto di fuggitivi, dapprima raggiunge il primo e poi se ne stacca, tentando l’impresa solitaria, e inizia la salita finale con una quarantina di secondi sui primi inseguitori, fra i quali c’è sempre Vine; con loro si trova anche il nostro Nicola Conci (XDS Astana Team). Il gruppo ha un po’ ridotto le distanze dai fuggitivi, ma ha sempre tre minuti e rotti di ritardo da Segaert, che a poco a poco cede e sul quale si riporta il primo gruppetto. È allora lo spagnolo Pablo Castrillo (Movistar Team) a tentare a sua volta l’azione solitaria, mentre dietro di lui i fuggitivi cominciano a cedere, uno ad uno, e vengono riassorbiti dal gruppo dei migliori. A 6 chilometri dall’arrivo sono rimasti in pochi in testa alla corsa e tra questi ci sono Segaert, Vine, Romo e Conci, ad inseguire Castrillo; il gruppo dei migliori, dai quali ha finito per staccarsi Træen, rinviene inesorabilmente. La notizia sembra dare le ali a Vine, che in breve si riporta su Castrillo, lo stacca e tenta l’azione decisiva. A 5 chilometri dalla fine il gruppo dei migliori si è ridotto a cinque uomini: Vingegaard, Almeida, Matteo Jorgenson (Team Visma | Lease a Bike), Tom Pidcock (Q36.5 Pro Cycling Team) e il sorprendente americano Matthew Riccitello (Israel – Premier Tech). Ciccone sembra in difficoltà e con lui molti altri uomini di classifica. Ai 3 chilometri Vine ha acquisito oltre 20 secondi sul tenace Castrillo; il gruppetto dei migliori segue a circa un minuto e venti secondi, ma a questo punto rallenta e permette il rientro di molti uomini e con loro ci sono Ciccone e Pellizzari. Tutti i fuggitivi, a esclusione di Vine e Castrillo, vengono ripresi prima dell’ultimo chilometro, e la vittoria arride, per la seconda volta in questa Vuelta, al corridore australiano, che trionfa con 35 secondi sullo spagnolo e poco più di un minuto sul gruppo dei migliori, salito a una dozzina di uomini e regolato in volata da Romo, tra gli ultimi fuggitivi ad essere ripresi. Arrivano più staccati, oltre a Træen (a un minuto da Vingeaard), anche Egan Bernal (INEOS Grenadiers), Sepp Kuss (Team Visma | Lease a Bike), Fortunato e Felix Gall (Decathlon AG2R La Mondiale Team). Come previsto la classifica non viene sconvolta ma, pure come previsto, Træen lascia la maglia rossa a Vingegaard e scende al secondo posto, a 26 secondi dal danese, rimanendo davanti ad Almeida, che si trova adesso a 37 secondi dal rivale. Ciccone resta sesto e primo degli italiani, Pellizzari diventa nono. Vine, ovviamente, consolida il primo posto nella classifica degli scalatori, mentre Pedersen resta primo in quella a punti e Pellizzari in quella dei giovani. Domani si prosegue con un impegnativo circuito attorno a Bilbao dove saranno presenti ben sette GPM, nessuno dei quali veramente duro (a parte l’ultimissimo muro), ma che difficilmente permetteranno ai velocisti di vincere la tappa. Potrebbe essere il giorno di Pedersen, che sinora ha mancato alle attese? Oppure vedremo nuovamente in azione gli uomini di classifica imitando le gesta dei fratelli Yates nella tappa d’apertura del Tour del 2023, che si corse sulle medesime strade?
Andrea Carta

Vine concede il bis sulle strade del Giro di Spagna 2025 (foto Dario Belingheri/Getty Images)
UNA STAGIONE UAE – 29 AGOSTO 2025: 7a TAPPA VUELTA A ESPAÑA
Ayuso risorge dopo la rovinosa crisi del giorno precedente e si inserisce nel tentativo di fuga che movimenta la seconda tappa pirenaica. Quando al traguardo mancano 11 Km lo spagnolo si sbarazza della compagnia dei compagni d’avventura e tutto solo si presente sotto la linea d’arrivo di Cerler, a quasi 2000 metri d’altitudine, conquistando la terza vittoria consecutiva per gli UAE
AYUSO TORNA A BRILLARE: SUCCESSO SOLITARIO A CERLER
Dopo la giornata difficile sull’arrivo di Pal, Juan Ayuso si è riscattato con una vittoria di grande carattere. Lo spagnolo della UAE Team Emirates XRG ha scelto la via dell’attacco da lontano e, nonostante i contrattacchi alle sue spalle, è riuscito a resistere fino all’ascesa finale di Cerler, dove ha staccato i compagni di fuga e si è involato verso il traguardo. Alle sue spalle, con distacchi superiori al minuto, si sono piazzati Marco Frigo (Israel-Premier Tech) e Raúl García Pierna (Arkéa-B&B Hotels).
La tappa si è animata sin dalle prime rampe, con numerosi tentativi di fuga che non hanno avuto fortuna fino a quando Ayuso ha deciso di muoversi. Lo spagnolo, dopo aver gestito un piccolo margine, ha trovato collaborazione da un drappello di inseguitori, ma sull’ultima salita ha dimostrato di avere una gamba superiore, lasciando tutti sul posto. L’azione è stata suggellata da un finale in solitaria che ha fatto esplodere la folla a bordo strada.La corsa ha visto anche qualche movimento tra gli uomini di classifica, con João Almeida a provare a smuovere le acque, ma senza veri scossoni: il gruppo dei favoriti ha tagliato il traguardo quasi compatto, permettendo a Torstein Træen (Bahrain Victorious) di conservare la Maglia Rossa.
Nella graduatoria generale cambia invece il volto del podio: alle spalle del leader norvegese si porta Jonas Vingegaard (Visma | Lease a Bike), a 2’33”, seguito dallo stesso Almeida a 2’41” e da Giulio Ciccone (Lidl-Trek) a 2’42”. Quinta piazza per Lorenzo Fortunato (XDS Astana) a 2’47”. Conserva la Maglia Bianca dei giovani Giulio Pellizzari (Red Bull-Bora-hansgrohe), mentre pagano dazio due protagonisti attesi come Antonio Tiberi e David Gaudu, giunti con oltre dodici minuti di ritardo.
Tra i big, qualche schermaglia ha animato gli ultimi chilometri, con Almeida, Vingegaard e Ciccone protagonisti, ma senza distacchi significativi. Solo un breve allungo di Marc Soler ha portato un lieve scompiglio, chiudendo una giornata che resterà segnata soprattutto dal ritorno in grande stile di Ayuso, ora pronto a recitare un ruolo da protagonista nella corsa spagnola.
Antonio Scarfone

Juian Ayuso esulta all'arrivo della settima tappa della Vuelta (Photo credit: Getty Images)
L’ULTIMO DI VEGNI E’ UN GIRO UN PO’ SOTTOTONO
Mauro Vegni aveva già annunciato che quello del 2026 sarebbe stato l’ultimo giro disegnato da lui e che probabilmente verrà sostituito da un team. Il percorso, però, non è entusiasmante e ci sono molte occasioni perse per rendere insidiose alcune tappe,
anche se probabilmente alcune di esse sono state dovute a problemi oggettivi.
Una sola crono e diverse tappe di montagna scialbe, tanto che, su sette, solo due di esse propongono vari colli in successione ma entrambe hanno un chilometraggio estremamente ridotto. Solo la tappa con arrivo al Blockhaus ha una lunghezza da vero tappone, pur non essendolo.
Sono ben 5 le tappe sotto i 150 Km e addirittura quella con arrivo a Carì ne misura appena 113. Per contro, sono solo 3 quelle oltre i 200 Km e solo una di esse, appunto quella del Blockhaus, presenta serie asperità.
E’ prevista una sola crono di 40 chilometri per specialisti, la cui collocazione alla decima tappa, dopo il secondo giorno di riposo, è l’ideale; tuttavia manca un’altra frazione contro il tempo più breve da collocare nei primissimi giorni di gara.
La grande partenza sarà dall’estero per il secondo anno consecutivo, anomalia rispetto agli ultimi tempi prepandemia nei quali si era consolidata la tradizione di partenze alternate.
Chi scrive non si stancherà mai di ribadire che le partenze dall’estero hanno un senso solo se sono da paesi confinanti con l’Italia, mentre andare a cercare territori lontani, per quanto economicamente appetibile, è un orrore sportivo sia per una corsa che deve essere il Giro d’Italia, sia per il fatto che, per l’ennesima volta, gli organizzatori hanno dovuto chiedere all’UCI una deroga su un regolamento che ha molte falle ma viene comunque accettato. Se la richiesta di deroga diviene la regola invece che l’eccezione perde senso l’avere un regolamento.
La prima tappa da Nessebar a Burgas, di 156 chilometri, sarà completamente pianeggiante anche se gli organizzatori hanno messo un GPM ai ben 77 metri di altitudine di Burgas Lake, con lo scopo di assegnare la prima maglia azzurra.
La seconda frazione, che porterà i corridori da Burgas a Veliko Tarnovo dopo 220 Km di corsa, è resa mossa da 3 GPM di cui l’ultimo a soli 9 Km dalla conclusione. Si tratta di una salita di 3,6 Km con una pendenza media del 6,6% e i primi due chilometri all’8,5% che potrebbero ispirare non solo i finisseur, ma anche qualche uomo di classifica desideroso di iniziare ad avvantaggiarsi di qualche secondo sugli avversari.
La terza tappa, la Polvdiv – Sofia di 174 chilometri, nonostante un GPM di seconda categoria a quota 1334 metri (Borovets Pass) dovrebbe sorridere ai velocisti visti i 70 chilometri senza ulteriori difficoltà per andare all’arrivo.
Dopo il giorno di riposo e il rientro in Italia, ecco una mini tappa da Catanzaro a Cosenza, solo 144 chilometri con il GPM di seconda categoria di Cozzo Tunno a 43 chilometri dall’arrivo. Si tratta di una salita di 14 Km con una pendenza media del 6% per cui da non sottovalutare per i velocisti che dovranno cercare di non perdere terreno se vorranno giocarsi l’arrivo allo sprint. La probabilità è che le squadre con qualche velocista resistente e in forma puntino a sfoltire il gruppo degli sprinter puri facendo un ritmo allegro in salita.
Interessante, invece, sarà la tappa che porterà la carovana da Praia a Mare a Potenza in 204 Km. Dopo una prima parte movimentata, come spesso accade sulle strade del sud, si affronterà la salita alla Montagna Grande di Viggiano a quota 1405. Si tratta di una ascesa di 6,6 Km con una pendenza media superiore al 9% sulla quale gli scalatori possono fare la differenza, anche se a inizio giro e a 55 chilometri dall’arrivo è difficile che si scateni la battaglia. E’ più probabile che un ritmo elevato o comunque schermaglie sulle rampe più dure possano avere ripercussioni in una finale che comunque i finisseur potrebbero andare a giocarsi, visto che lo strappo in centro a Potenza, a ridosso del traguardo, presenta 2 Km al 6% in grado presentare il conto delle fatica di giornata.
I velocisti torneranno di scena nella Paestum – Napoli (161 Km) con lo strappo di Fuorigrotta che, pur piazzato a 7 Km dall’arrivo, non spaventa, anche se toglierà di mezzo diversi sprinter.
Il primo arrivo in salita arriverà al termine della tappa più lunga del Giro, 246 chilometri da Formia al Blockhaus, affrontato dal versante più duro, quello di Roccamorice.
Dopo una prima parte abbastanza facile, si dovranno affrontare le salite di Rionero Sannitico (non classificata come GPM ma da non sottovalutare, essendo pur sempre lunga 10 Km) e di Roccaraso (7,2 Km al 6,3%) e da lì si raggiungerà il Passo della Forchetta, da dove si raggiungerà Roccamorice attraverso i brevi strappi di Serra Malvone e di Passo San Leonardo. Terminata la discesa, si raggiungerà appunto Roccamorice da dove inizieranno i 14 Km finali all’8,3% con numerosi tratti in doppia cifra (sino al 14%) per raggiungere i 1658 metri dell’Hotel Mamma Rosa, ove sarà posto l’arrivo. Eccetto la parte finale sotto il bosco, la salita è completamente esposta al sole e in una giornata di caldo la cosa potrebbe incidere non poco.
Gli appassionati ricorderanno che uno scalatore puro come Quintana riuscì a staccare tutti sulle dure rampe dell’ascesa abruzzese, anche se perse poi parte del vantaggio nel finale, quando la pendenza cala sensibilmente. Si tratta comunque di una salita sulla quale ognuno deve andare con il suo ritmo e quindi ci saranno comunque dei distacchi tra gli uomini di classifica, anche senza grandi attacchi. La frase che si usa in questi casi è “non si capirà chi vincerà il Giro ma si capirà chi non potrà vincerlo”.
Il week end della prima settimana si aprirà con la Chieti – Fermo di 158 chilometri. E’ stata chiamata la tappa dei muri marchigiani anche se, in realtà, di muri ce ne saranno appena due. Si tratta di una tappa di collina con diverse asperità nella seconda parte, che sono tuttavia vere e proprie salite e non muri nel senso classico del termine, ossia ascede brevi e ripidissime. Il primo GPM (Montefiore d’Aso) misura infatti ben 9 Km, con una pendenza media del 3,8% appena; Monterubbiano prevede, invece, 4,7 Km al 5,8%. La prima “parete”, posta a 24 chilometri dall’arrivo, sarà il Muro del Ferro, uno strappo di 540 metri con una pendenza dell’11%. Le restanti salite sono quelle di Capodarco (4,4 Km al 5,3%) e quella che porterà all’arrivo di Fermo, 3,4 Km al 6,1%, con un muro di 700 metri al 12% nella prima parte che potrebbe ispirare non solo un finisseur o un uomo da classiche, che si sfideranno con i fuggitivi per il successo parziale, ma anche qualche big per cercare di guadagnare qualche secondo sui rivali.
La prima settimana si chiuderà con l’arrivo in salita a Corno alle Scale dopo 184 chilometri con partenza da Cervia. La tappa non è particolarmente affascinante, si presenta sostanzialmente pianeggiante nella prima parte e a precedere l’ascesa finale ci sarà solo il GPM di terza categoria di Querciola (9,7 Km al 4,3%). Sino agli ultimi 3 Km l’ultima salita non è nulla di che, ma nei 300 metri conclusivi si supererà spesso la doppia cifra ed è quindi prevedibile che gli scalatori aspetteranno il finale per provare la sparata, insomma non lo spettacolo ideale da proporre di domenica.
Dopo il secondo giorno di riposo la settimana centrale si aprirà con una tappa che potrebbe sconvolgere la classifica generale, una prova contro il tempo da Viareggio a Massa, su un percorso completamente pianeggiante di 40 chilometri, una distanza che nell’era moderna è davvero elevato per una prova contro il tempo e questa circostanza, unita al fatto che la tappa arriva dopo il giorno di riposo, potrebbe riservare delle sorprese-
L’undicesima tappa, da Porcari a Chiavari per 178 chilometri, è una interessante frazione da fughe, che però potrebbe portare bagarre anche tra i favoriti per la vittoria finale grazie alla presenza di ascese come il Colle Guaitarola e il GPM San Bartolomeo, che nel finale deciderà i giochi. La salita non è impossibile ma neppure banale (4,6 Km al 6,4% con gli ultimi 600 metri al 9%) e si scollinerà a meno di 10 Km dall’arrivo.
Con la dodicesima frazione, la carovana si sposta dalla Liguria al Piemonte, da Imperia a Novi Ligure in 178 chilometri. Si tratta di una frazione incerta; il Colle Giovo e il Bric Berton in successione non sono salite impossibili, ma potrebbero comunque vedere una fuga ben assortita andare all’arrivo, perché i 45 chilometri che anticipano il traguardo sono tutt’altro che piatti, anche se oggi le porte non saranno del tutto dischiuse ai velocisti.
La successiva frazione da Alessandria a Verbania per 186 Km si presenta in gran parte pianeggiante, ma il finale sarà scoppiettante. A 13 chilometri dalla conclusione si transiterà, infatti, ai 579 metri di Ungiasca dopo una salita di 4,7 Km al 7% medio con gli ultimi 2 Km al 10%. I big certamente non si tireranno indietro e, visto che il resto del percorso non sembra per nulla adatto a fughe ben strutturate, è anche possibile che la vittoria di tappa vada a chi riuscirà a staccare gli avversari sulle dure rampe.
Siamo arrivati al primo tappone, anche se il chilometraggio non è degno di questo nome. Il sabato della seconda settimana è riservato alla tappa valdostana da Aosta a Pila, 133 Km con 4400 metri di dislivello e 5 Gran Premi della Montagna, 3 dei quali di prima categoria. Certamente è da valutare positivamente che l’arrivo sia a Pila anzichè a Cervinia, come sembrava in un primo momento. La salita di Pila, sebbene più breve, è molto più dura di quella che termina ai piedi del Cervino e non viene affrontata da molti anni. E’ una ascesa che si presta certamente agli attacchi degli scalatori, che potranno essere anche molto incisivi dopo quello che sarà affrontato in precedenza. Il primo dato importante è rappresentato dalla partenza in salita che risulta indigesta a molti, specialmente a quei corridori che impiegano un po’ per carburare, a maggior ragione se gli avversari per metterli in difficoltà ordinano ai gregari di fare un ritmo elevato. Si tratta tra l’altro di una salita lunga, ben 17,6 Km al 5.5% per arrivare ai 1628 metri di Saint Barthelemy. Dopo un tratto interlocutorio, i corridori dovranno affrontare la salita di Doues (5,5 Km al 6,5% per raggiungere quota 1167), quindi la dura salita di Lin Noir (7,5 km al 7,8% 1280 metri) che farà da antipasto al GPM di Verrogne, scollinato a 1583 metri dopo 5,4 Km al 7,2%. La salita finale misura invece 16,6 Km e presenta una pendenza media del 7% per raggiungere i 1800 metri della stazione invernale di Pila, proprio sopra la città di Aosta.
Vista la lunghezza e la difficoltà della salita, è verosimile pensare che gli scalatori riserveranno le cartucce nel finale, ma non è escluso che qualche coraggioso, che magari deve recuperare terreno, provi ad anticipare facendo ritmo elevato sulla salita di Lin Noir per andar via sulla rampe verso Verrogne e tentare l’azione da grosso distacco.
Qualunque sarà la chiave tattica, si tratta comunque di una tappa molto dura, la prima da cinque stelle di questo Gro d’Italia.
La seconda settimana si concluderà con una tappa interamente pianeggiante tracciata per soli 136 chilometri tra Voghera e Milano per accontentare tutti coloro che, come il caporedattore centrale di Raisport Alessandro Fabretti, chiedono a gran voce tappe di pianura brevi perché loro devono fare le dirette integrali e hanno timore che lo spettatore medio si annoi e cambi canale.
Ora è vero che una tappa a Milano si può fare solo di domenica per ragioni legate al traffico cittadino, tuttavia una tappa in città ha senso solo se è l’ultima. Milano è la città in cui ha sede il quotidiano che organizza la corsa e, anche se non si è comportata bene nei confronti del Giro d’Italia costringendolo di fatto ad andare a cercare conclusioni alternative (Verona, Brescia) fino alla convenzione con la capitale che sembra ormai abbastanza stabile, non merita una tappa così insulsa, proposta su insistenza della giunta attuale che, dopo aver snobbato per anni il Giro d’Italia perché non voleva il centro bloccato, vuole l’evento nell’anno delle Olimpiadi.
Dopo il terzo ed ultimo lunedì di riposo inizierà la settimana finale che, come di consueto, presenta diverse montagne.
La tappa numero sedici, interamente disegnata in territorio svizzero da Bellinzona a Carì, ha deluso molto le aspettative soprattutto perché si tratta di una frazione di soli 113 chilometri, quindi su una distanza neppure dilettantistica bensì da corsa femminile, fermo restando che è opinione di chi scrive che le donne dovrebbero correre su distanze analoghe a quelle degli uomini.
L’arrivo a Carì era noto da tempo e ci si aspettava una bella tappa di montagna. Si era parlato del San Gottardo via Tremola ma sembra che le autorità elvetiche non abbiano garantito l’apertura. Ne è venuta fuori una tappa scialba, con un circuito da ripetere due volte piazzato a metà frazione e caratterizzato da salite brevi e poco significative. Dopo la fine del circuito, ci sono ancora trenta chilometri di nulla prima di andare a prendere la salita finale che è sì impegnativa (11 Km all’8%) ma che è posta al termine di una tappa che proporrà con ogni probabilità la sparata dei big negli ultimi due chilometri, i più duri (media del 10%).
La diciassettesima frazione, da Cassano d’Adda ad Andalo per 200 Km tondi tondi, è una tappa estremamente mossa, con due salite nella prima parte (Passo dei Tre Termini, 8,2 K al 5,9%) e Cocca di Lodrino (8,1 Km al 4,1%) mentre gli ultimi 60 Km sono un continuo susseguirsi di strappi intorno a quota 1000 senza un metro di pianura. Il finale presenta una ascesa molto facile, ma attenzione perché il terzultimo chilometro ha una pendenza media dell’8%: in concreto si dovrebbe risolvere in una tappa da fughe per uomini fantasiosi e resistenti, come l’irlandese Ben Healy, che in una simile circostanza al Tour del 2025 è riuscito a togliere per un paio di giorni la maglia gialla dalle spalle di Pogacar.
La diciottesima tappa, da Fai della Paganella a Pieve di Soligo (186 chilometri) è all’apparenza molto facile, ma attenzione al finale con il Muro di Cà del Poggio, un classico del Giro d’Italia che solitamente inserito nella fasi iniziali della tappa. In questo caso, il muro verrà scollinato a soli 9 Km dalla conclusione e le sue severissime pendenze, anche se per un solo chilometro, spingeranno sicuramente i big a provare a distanziare gli avversari alla vigilia delle ultime e decisive tappe.
La diciannovesima sarà la tappa regina, 156 Km da Feltre ai Piani di Pezzè, sopra Alleghe e un disegno che ricorda quella quello dei classici tapponi dolomitici, generalmente brevi e caratterizzati da cinque colli uno appresso all’altro.
In questo caso, i colli saranno 6: si inizierà con il Passo Duran, salita molto impegnativa, da scalatori puri, 12 Km all’8% con i chilometri centrali quasi sempre in doppia cifra. Molto pendente sarà anche la breve salita successiva, diretta al borgo di Coi, 6 Km al 9,3% con gli ultimi 3 km tutti ampiamente in doppia cifra. Dopo una brevissima discesa, si riprenderà a salire verso Forcella Staulanza, 7 Km di salita al 6%. Dopo la discesa, ecco la Cima Coppi, prevista ai 2233 metri del Passo Giau, affrontato dal versante più difficile, quello di Selva di Cadore, 10 Km con una pendenza media superiore al 9%. La salita è costante, senza particolari picchi di pendenza, ma è tutta arcigna e non dà respiro. Attaccando qui c’è la possibilità di far saltare il banco perché all’arrivo mancano ancora 50 Km e due salite. Il Passo Falzarego sembrerebbe la salita meno dura (11 Km al 5.6%). ma al Giro del 2016 si è visto che quest’ascesa può fare male se piiazzata dopo il Giau,. Fu proprio con un attacco sul Falzarego che Kruijswick andò a staccare corridori più blasonati di lui e a conquistare quella maglia rosa che poi perse solo per via di una sfortunata caduta nella discesa del Colle dell’Agnello. Dopo una lunga discesa, che porterà la corsa ad Alleghe, si dovrà affrontare l’ultima salita verso i Piani di Pezzè. Si tratta di un’ascesa di soli 5 Km ma la pendenza media sfiora la doppia cifra e c’è un chilometro centrale al 13%. Se le montagne precedenti non saranno state sufficienti per fare la selezione, quest’ultima sarà decisiva anche perché, a fine Giro, possono insorgere quelle crisi che in una tappa come questa possono comportare conseguenze decisive per l’economia generale della corsa.
L’ultima occasione per cambiare le sorti del Giro sarà offerta nella ventesima tappa, da Gemona del Friuli a Piancavallo di 199 Km. Il finale presenta la doppia ascesa a Piancavallo, anche se tra le due scalate ci sarà un tratto interlocutorio di 24 chilometri che potrebbe scoraggiare l’attacco in occasione del primo passaggio. Si tratta di una salita già affrontata diverse in passato volte ed è molto impegnativa, specialmente i primi 9 Km che presentano una pendenza media del 9% con punte del 14%. Un eventuale attacco dovrebbe quindi essere sferrato nella prima parte della salita.
L’atto finale, come da tradizione di questi ultimi anni, sarà la passerella sui Fori Imperiali a Roma.
Per concludere si tratta, come si diceva, di un Giro un po’ sottotono rispetto a quelli degli ultimi anni, anche se gli organizzatori hanno cercato di inserire diversi finali con insidie. Rimane il fatto che alcune tappe di montagna (Corno alle Scale, Piancavallo e soprattutto Carì), sono molto deludenti e potevano e dovevano essere disegnate meglio.
Va comunque detto che la corsa la fanno sempre i corridori e, se ci saranno atleti con coraggio e fantasia, gli appassionati che sperano in un bel Giro non resteranno delusi.
Benedetto Ciccarone

Il Passo di Giau, Cima Coppi del Giro d'Italia 2026 (www.dolomiti.it)
UNA STAGIONE UAE – 8 GIUGNO 2025: 5a TAPPA GIRO DELLA SLOVENIA
Lo stesso giorno nel quale Tadej Pogacar si impone nella frazione d’apertura del Delfinato all’estremità opposta della catena alpina un’altro corridore in maglia UAE passa all’incasso. E’ il portoghese Ivo Oliveira, che un paio di mesi prima aveva vinto due tappe al Giro d’Abruzzo ed ora porta a caso l’atto conclusivo del Giro di Slovenia. Suo il successo sul traguardo di Novo Mesto, poi sul podio premiazione sale un altro elemento del team emiratino, l’austriaco Felix Großschartner, che per soli 14 secondi fallisce la conquista della vetta della classifica, raggunta dal norvegese della Uno-X Anders Halland Johannessen.
GIRO DI SLOVENIA 2025: IVO OLIVEIRA TRIONFA NELL’ULTIMA TAPPA, JOHANNESSEN SI IMPONE IN CLASSIFICA
Ivo Oliveira (UAE Team Emirates-XRG) si impone nettamente nella quinta e ultima tappa del Giro di Slovenia, conquistando uno sprint ristretto a Novo Mesto. A trionfare in classifica generale è il norvegese Anders Halland Johannessen (Uno-X Mobility), che difende con successo la maglia gialla e firma la sua prima vittoria in carriera in una corsa a tappe.
L’ultima frazione del Giro di Slovenia 2025 ha regalato emozioni e conferme, con un finale a tutta velocità nella tradizionale volata di Novo Mesto. Ivo Oliveira, portacolori della UAE Team Emirates-XRG, ha dimostrato una determinazione rabbiosa e una condizione eccellente battendo in volata Andrea Bagioli (Lidl-Trek) e Fernando Barceló (Caja Rural-Seguros). Per Oliveira si tratta della terza vittoria stagionale, dopo le due tappe vinte al Giro d’Abruzzo, portando a sei i successi in carriera. Si è trattato di un trionfo dal sapore speciale, dedicato al fratello Rui Oliveira, che era stato declassato nella seconda tappa, decisione della giuria che era stata contestata dal fratello.
La tappa, di 124 km da Litija a Novo Mesto, è stata movimentata sin dai primi chilometri con continui attacchi e una doppia scalata a Vače che ha animato la corsa. Un gruppo di cinque corridori, tra i quali Juan Pedro López e Sam Oomen (entrambi in forze alla Lidl-Trek), ha tentato la fuga ma è stato ripreso a meno di un chilometro dal traguardo. Nel finale Ivo Oliveira ha piazzato lo scatto decisivo a 300 metri dal traguardo, lasciando Bagioli e Barceló senza risposta.
Oltre a Oliveira sono da segnalare le ottime prestazioni di Fabio Christen (Q36.5) – quarto e vincitore delle classifiche a punti e GPM – e di Ludovico Crescioli (Polti-VisitMalta), quinto. Bene anche Lorenzo Quartucci (Solution Tech), ottavo, e Matteo Scalco (VF Group-Bardiani CSF-Faizanè), nono.
In classifica generale non ci sono stati cambiamenti di rilievo: Anders Halland Johannessen (Uno-X Mobility) ha saputo controllare la corsa gestendo il vantaggio sugli inseguitori e ha chiuso con 14” di margine su Felix Großschartner (UAE Team Emirates-XRG) e di 19” su Tao Geoghegan Hart (Lidl-Trek). Chiudono la topfive Quarto Jakob Omrzel (Bahrain-Victorious) e Christen. Il primo italiano in classifica è Alex Tolio (VF Group Bardiani CSF Faizanè), decimo a 1’32”.
Con questa vittoria di tappa e la conferma di Johannessen in maglia gialla, il Giro di Slovenia 2025 si chiude con un bilancio positivo per entrambe le squadre e per i tanti giovani protagonisti pronti a emergere nel panorama internazionale.
Mario Prato

Rui Oliveira vince l'ultima tappa del Giro di Slovenia (foto Sportida)
LA LIPPERT VINCE A TERRE ROVERESCHE, LA REUSSER RESTA IN ROSA: LA MOVISTAR DOMINA LA SESTA TAPPA DEL GIRO D’ITALIA WOMEN
La sesta frazione del Giro d’Italia Women 2025, da Bellaria Igea Marina a Terre Roveresche, si è rivelata tutt’altro che interlocutoria. Tra fughe, scatti e risposte da leader, la Movistar Team ha messo a segno un doppio colpo: la vittoria di giornata con Liane Lippert e la conferma in Maglia Rosa per Marlen Reusser. Una tappa dal profilo movimentato che, senza rivoluzionare la classifica generale, ha comunque ristretto il cerchio delle pretendenti alla corsa rosa, alla vigilia del temuto arrivo sul Monte Nerone.
Continua a far festa la Movistar al Giro d’Italia Women, grazie alla vittoria della tedesca Liane Lippert traguardo di Orciano di Pesaro, in comune di Terre Roveresche, dove difende la Maglia Rosa di Marlen Reusser. Sul traguardo di Orciano di Pesaro, in comune di Terre Roveresche, l’ex campionessa nazionale tedesca ha anticipato di pochi secondi le olandesi Pauliena Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) e Shirin Van Anrooij (Lidl – Trek). Il gruppo delle big ha chiuso con 1′24″ di ritardo dopo un attacco di Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ) sui saliscendi del finale, tentativo che non ha colto imprerata l’elvetica Marlen Reusser (Movistar Team). La compagna di squadra della vincitrice di tappa ha così conservato la Maglia Rosa con distacchi immutati sulla Longo Borghini (2° a 16″) e sull’olandese Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime, 3° a ‘153″), mentre grazie al tempo conquistato grazie alla fuga odierno è risalita fino al quarto posto la Rooijakkers, ora distanziata di 2’03” dalla Maglia Rosa.
“È stata una giornata fantastica, mi sentivo bene e il team mi ha dato carta bianca — ha raccontato una sorridente Lippert —. Volevo ripagare la fiducia, e vincere su un tracciato simile a quello dell’anno scorso mi ha dato la spinta giusta. La Maglia Rosa resta il nostro obiettivo principale: siamo un gruppo unito e compatto, e per Marlen faremo tutto il necessario fino a Roma”.
Dal canto suo la Reusser ha sottolineato la buona gestione della corsa: “Mi aspettavo un attacco da parte di Elisa, ma ho reagito nel modo giusto. È stata una bella giornata per il team, e sono felice per Liane. Domani ci aspetta la salita del Monte Nerone: l’ho provata qualche mese fa, e sapere cosa ci aspetta può fare la differenza”.
La sesta tappa regala così alla Lippert la 54ª vittoria tedesca nella storia del Giro Women e il primo podio per Rooijakkers e Van Anrooij. Per il terzo anno consecutivo, è la Movistar a imporsi nella tappa numero sei della corsa rosa: dopo la Van Vleuten a Canelli nel 2023 e la stessa Lippert a Chieti nel 2024, il tris è servito.
Ora su affronterà la tappa più dura dell’edizione 2025, che scatterà da Fermignano per concludersi dopo 150 Km sul Monte Nerone. Il percorso prevede una sequenza di salite sempre più dure che culmina negli ultimi 8 chilometri con pendenze medie superiori al 9% e punte fino al 12%. Sarà la tappa chiave per la Maglia Rosa, e le scalatrici avranno l’ultima parola.
Mario Prato

Liane Lippert vince la sesta tappa del Giro d'Italia riservato alla donne (foto Luc Claessen/Getty Images)
PHILIPSEN CENTRA IL TRIS A NÎMES, GIRMAY A TERRA, LA SFIDA PER LA MAGLIA VERDE SI RIAPRE
Japer Philipsen conquista la terza vittoria al Tour de France, pareggia i successi con Biniam Girmay (Intermarché – Wanty) e grazie alla sua Alpecin – Deceuninck, soprattutto a Mathieu Van Der Poel che lo ha lanciato al meglio verso il traguardo, riapre la lotta per la maglia verde, caduto poco prima dell’ultimo chilometro Girmay, al secondo posto arriva Phil Bahaus (Bahrain – Victorious), terzo invece un redivivo Alexander Kristoff Uno-X Mobility.
Riparte il Tour de France dopo l’ultimo giorno di riposo per l’ultima settimana, non partono, invece, le azioni di fuga ed il gruppo, di fatto, resta ancora in una condizione di “riposo” lungo i chilometri che da Gruissan portano a Nîmes. Non c’è nemmeno il tanto temuto vento, caratteristico di queste zone, a farsì la tappa diventi frizzante con la formazione dei ventagli. Tutti insieme appassionatamente per una tappa che non vede nessun allungo per quasi due ore di corsa. La velocità aumenta in testa al gruppo soltanto al traguardo con punti per la maglia verde, siamo al chilometro 96, la volata la vince Bryan Coquard (Cofidis), seguito da Jasper Philipsen (Alpecin – Deceuninck), terzo Anthony Turgis (Total Energies) mentre quarto la maglia verde Biniam Girmay (Intermarché – Wanty). Il belga rosicchia quattro punti all’eritreo che conserva un vantaggio rassicurante nella speciale classifica. Dopo la sfiammata dello sprint il gruppo si ricompone, la velocità diminuisce e ne approfitta Thomas Gachignard (TotalEnergies) guadagnando in poco tempo più di due minuti sul gruppo. Il ventitreenne francese transita per primo sull’unico GPM di quarta categoria di giornata, la Côte de Fambetou. Ai meno 25 chilometri dall’arrivo Gachignard viene ripreso con le squadre dei velocisti che iniziano il valzer delle cosuete operazioni in testa al gruppo per prendere le posizioni migliori e tenere al riparo il proprio uomo veloce. In particolare sia la Uno-X Mobility sia Lotto Dstny conducono il gruppo innalzando la velocità. Una serie infinita di rotonde costringe il gruppo a fare da elastico, i treni vanno a rimescolarsi continuamente in pratica fino ai meno 2 chilometri dall’arrivo. Poco prima del triangolo rosso dell’ultimo chilometro una caduta coinvolge Marijn van den Berg (EF Education – EasyPost) ma soprattutto Biniam Girmay, l’eritreo resta a dolorante a terra e taglierà il traguardo scortato da due compagni di squadra, si spera senza conseguenze, in attesa di notizie ufficiali dalla Intermarché – Wanty. A causa della caduta il gruppo si spezza, davanti sono abilissimi ed espertissimi come sempre gli Alpecin – Deceuninck a togliersi dai guai e condurre, così con la solita eccezionale spaarata di Mathieu Van Der Poel, jasper Philipsen a conquistare il suo terzo successo al Tour de France 2024, il belga vince facile su Phil Bahaus (Bahrain – Victorious) e su Alexander Kristoff (Uno-X Mobility), quarto posto per Sam Bennet (Decathlon AG2R La Mondiale Team), quinto per Wout van Aert (Team Visma | Lease a Bike) rimasto un pò chiuso nel finale. Si riapre quindi la sfida per la classifica della maglia verde che vede sempre al comando Girmay segue Philipsen con soli 32 punti da recuperare. Nulla cambia, invece, in classifica generale con Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) sempre in maglia gialla. Domani tappa numero 17 da Saint Paul Trois Châteaux a Superdévoluy verso l’arrivo ben tre GPM di seconda, prima e terza categoria, concentrati nei 40 Km finali, che possono prevedere delle imboscate tra gli uomini di classifica.
Antonio Scarfone

Jasper Philipsen (Alpecin - Deceuninck) fa tris a Nimes (Photo Credit: Getty Images)

