UNA STAGIONE UAE – 27 LUGLIO 2025: 21a TAPPA TOUR DE FRANCE

novembre 29, 2025 by Redazione  
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Il Tour si conclude a Parigi con la celebrazione di Tadej Pogacar, vincitore per la quarta volta in carriera del Giro di Francia. Anche all’ultimo giorno di scuola lo sloveno dimostra di essere il primo della classe andando all’attacco sulla salita di Montmartre, inserita per la prima volta nella storia nel circuito finale parigino. Non sarà lui il vincitore sugli Champs-Élysées, dove si piazzerà quarto, ma riuscirà pure qua a imporre distacchi agli avversari, anche se questi saranno “annullati” dalla giuria in seguito alla decisione di neutralizzare il circuito a causa della pioggia. Ma sul successo dello sloveno non ci piove assolutamente: in classifica precede 4′24″ il danese Jonas Vingegaard e di 11 minuti netti la sorpresa dell’edizione 2025, il giovane tedesco Florian Lipowitz, professionista da tre stagioni.

POGI MOGIO POST PIRENEI, TOUR TARPATO: MA CI RESTERÀ SEMPRE PARIGI!

Super Wout riscatta una Visma svaporatasi nella terza settimana

Il Re Sole è corrucciato. Nella Francia allo zenit dell’Ancien Regime… (fra parentesi: ex post, ci sorprende sempre scoprire quanto possa averci ingannato l’interiorizzata metafora astronomica, e quanto cioè il culmine di una parabola storica, sportiva, artistica o umana possa rivelarsi assai prossimo al tramonto, così come altre volte lo è invece all’alba) …chiusa parentesi: in quella Francia ove tutto gravitava attorno a un centro unico e assoluto, le sedute di deiezione del sovrano erano uno spettacolo pressoché pubblico, soggette agli sguardi di tutta una corte che scrutava con ossessiva preoccupazione volto e corpo del sovrano per intuire dal colorito, dalle smorfie, dalle posture come fluissero gli umori e l’umore di un uomo che in sé sussumeva lo Stato tutto.
La medesima sensazione è quella che sono andate via via a trasmetterci le sessioni stampa della maglia gialla lungo questo Tour 2025. Le tensioni fra il nostro novello Piccolo Principe e la sua immagine pubblica erano andate crescendo man mano che il Principe diveniva un autentico monarca capace di dominare su tutti i terreni e tutti i mesi dell’anno. Da parte sua, Tadej già da inizio estate non si era tenuto per sé frecciate contro le reti sociali e poi contro l’apparato giornalistico, nonché – ma questo solo implicitamente, molto implicitamente – contro il loro mutuo alimentarsi di aria fritta, insinuazioni, invidie e insoddisfazioni.
E così la sala stampa è andata a sfociare nella psicanalisi quando, dal Ventoux in avanti, la cattiveria agonistica, gli scatti brucianti, lo sguardo brillante, i sorrisi solari hanno ceduto il passo ai mugugni, all’occhio spento, alla carnagione opaca, ma soprattutto al correre sulle ruote, agli scattini da ultimo striscione, al dispensare regalini e regalucci fra l’altro facendo figli e figliastri, il tutto contrapposto invece a quel dispendio di sé che aveva illuminato una terza settimana 2024 pur a classifica già ampiamente decisa (riaperta semmai dai rischi di caduta assunti in discesa nella crono nizzarda).
Pogi s’interroga sui tanti giorni lontano da casa, meditazioni che semmai associavamo fin qui al melanconico danese Vingegaard. Sul fatto che ci sia altro nella vita al di là del ciclismo. Sull’interminabile durata di un Grand Tour, per cui la terza settimana assume i contorni di quella cortina grigia di pioggia oltre la quale si schiuda finalmente un altrove di felicità o almeno serenità e meritato riposo. Pogi descrive lo smarrimento quando nelle nebbie giù dal Tourmalet tutto svanisce nella foschia, s’intravede appena la schiena di un gregario lì davanti e il resto è nulla. Dulcis in fundo: “nel corso di questo Tour de France ho appreso qualcosa di nuovo e diverso sul mondo del ciclismo, e su me stesso, che ha cambiato il mio modo di essere corridore, ma non ne posso parlare ora, lo rivelerò forse più avanti”.
Il film d’azione della prima settimana, il kolossal hollywoodiano di Hautacam, il razzo che decolla con gli Aerosmith di fondo, sfociano dalla cerniera del Ventoux nell’esistenzialismo, anzi direttamente nel mistero del più enigmatico ed esplicito – paradossi del minimalismo – fra i film di Bresson, “Un condannato a morte è fuggito (Il vento soffia dove vuole)”.
Si scatenano gli esegeti. Ipotesi prima: Re Pogi è stanco, la prima metà di Tour pirotecnica, con velocità stratosferiche in pianura, ha inevitabilmente bagnato le polveri di tutti. Gli exploit riescono a chi si è concesso qualche tappa di respiro imbarcando a giorni alterni le mezz’ore, ma chi deve tenere duro tutto il tempo in cima alla classifica generale è pesantemente logorato (non per nulla la top 10 la curano forse in nove, probabilmente un record negativo mai visto al Tour). Ipotesi seconda: Re Pogi è ammalato, l’ha detto lui stesso che aveva il raffreddore. Fra incubare, starnutire, smaltire inevitabile un calo. Ipotesi terza: Re Pogi è annoiato, pure questo l’ha detto espressamente, come riportato poco sopra, e un corridore che fa della joie de vivre l’asse portante della sua magnifica ferocia in corsa dalla noia risulta ferito a morte. Ipotesi quarta: Re Pogi è invecchiato, eh sì, la carta d’identità nello sport ha un funzionamento sui generis, dipende da quando si ha cominciato a competere al vertice, e poi la candela che brucia dai due lati brucia prima, il culmine è stato il 2024 ma adesso tocca poco a poco calare. Ipotesi quinta: Re Pogi è “comandato”, lui è un sovrano incontrastato sulla strada, e spesso non solo (decide in parte il proprio calendario, non è poco), ma il ciclismo è sport i cui risultati non si macinano solo a suon di pedali, basta d’altronde dare una scorsa agli albi d’oro, alle classifiche e alle loro varie riscritture storiche per intuire gli strati profondi di uno sport sociale, corale, intricato, cortigiano in cui le gare si decidono, certamente, in corsa, ma anche fuori dalla corsa; e ciò che accade in corsa, a propria volta, è il distillato di ordini dalla radiolina dall’ammiraglia, quindi di conversazioni fra ammiraglie, parlottare smorzato dalla moquette nei corridoi di qualche albergaccio di provincia, do ut des al tavolo di caffetterie svizzere, e su su fino alla cattedra di un tribunale, arbitro in terra del bene e del male.
Come in un pasticciaccio ambientato ad altre latitudini, frutto di altra letteratura, nello gnommero dei motivi nessuno spiega bene tutto, nessuno funziona davvero, tutti cozzano con una sfaccettatura o l’altra della realtà, ma tutti risultano in qualche modo necessari quanto insufficienti.
E allora ci accontentiamo, per adesso, della semplicità di una favola. Il Principe Felice di Oscar Wilde, a cui viene eretta una statua dorata e ingioiellata per celebrare proprio la sua spensieratezza e felicità, si accorge tardivamente proprio in quanto monumento, dall’alto del proprio piedistallo, che il mondo attorno a lui è pervaso di complessità, ingiustizia e infelicità. Non gli sovviene altra soluzione che distribuire pezzo a pezzo ai bisognosi la propria livrea preziosa, donata la quale si ritrova color grigio piombo, né d’un apice più felice in quanto il mondo è restato misero e ingiusto. A quel punto tuttavia il sindaco decide che la statua così triste non svolge più la propria funzione celebratoria e la invia dunque in fonderia per sostituirla con una propria, decisione però destinata a finire in bisticcio perché ogni notabile della cittadina vorrebbe a quel punto che la statua fosse la propria.
Il cuore del Principe però, pur spezzato, non si squaglia nemmeno nel crogiuolo della fonderia. E il nostro Pogi, arrivato a Parigi, ritrova la verve e la voglia per illuminare di giallo folgorante una giornata uggiosa di pioggia e porfido scivoloso. Nel fiammante circuito olimpico che guizza avvolto di gente fra Montmartre e il Sacro Cuore, fra negozietti e brasserie (e non più solo nella vacua vastità dei Campi Elisi, dell’Arco di Trionfo, della Defense sullo sfondo) fibrilla finalmente l’altimetria e si susseguono gli scatti. Finalmente torna la vera voglia di vincere, finalmente torna lo spettacolo e il desiderio di mettersi in gioco completamente, non conservando un’eterna, vana e volatile riserva. I tempi sono neutralizzati per la classifica generale una volta entrati nel circuito, ma una caduta grave, su un tracciato così insidioso e dovendo districarsi fra le traiettorie su discesa bagnata del kamikaze Mohoric, implicherebbe comunque la perdita del Tour, qualora non fosse possibile tagliare in sella il traguardo. Ma è tornato il Pogi generoso, e i suoi compagni di gioco sono soprattutto quegli avversari della Visma che hanno vissuto un Tour di profonda delusione e quasi sofferenza precisamente per il proprio spendersi a fondo fino al tracollo e al trascinarsi sotto il traguardo, Van Aert e Jorgenson. Il secondo decisivo tatticamente con i suoi ripetuti attacchi prima dell’ascesa finale, lavora ai fianchi la maglia gialla e ne inibisce la capacità di attacco secco in quanto lo forza a chiudere ancora e ancora. Il primo, ormai lontano dal variegato misto di trionfi multipli e su ogni tipo di tappa risalente a tre anni fa, coniuga come al Giro servizio cavalleresco al capitano con obiettivi personali isolati ma della più alta qualità. Sulla cima dello strappo contrattacca e stacca Pogi, una combinazione pressoché inedita di verbo e complemento oggetto. Da lì alla vittoria è un battito d’ali, diverso da quello quasi arrogante mimato per festeggiare vittorie passate, ma quanto più glorioso perché spiccato da una condizione diversa dalla sfacciata superiorità.
A proposito di Visma, duole dover annotare in cronaca la prestazione di Vingegaard, crudelmente riassumibile per quest’anno con un’altra favola di Oscar Wilde, Il Razzo Eccezionale. Un fuoco d’artificio speciale preparato per illuminare la festa del re racconta a tutti quanto peculiare sarà il suo sfolgorio, e nel racconto si commuove fino alle lacrime, che però inumidendolo, ne impediscono l’esplosione. Il razzo finisce dimenticato e poi raccattato da due ragazzini che ci giocano per un po’ e poi lo lasciano vicino al falò di fianco al quale si addormentano. Il razzo, asciugato dal tepore, prende finalmente fuoco e brilla con grande magnificenza da solo, in un cielo vuoto e senza gente, mentre i due ragazzini nemmeno si svegliano.
Ecco, dopo tante dichiarazioni di guerra, dopo arditi echi pantaniani di “salta lui o salto io”, questo Vingegaard non ha mai ma proprio mai dato la benché minima impressione, dopo Hautacam, di aver spalancato appieno le dighe delle proprie energie. Ha duellato col fioretto ma senza mai voler nemmeno sfiorare il rischio di vedersi svuotato, temendo forse di essere avvicinato da altri rivali (lontanissimi in classifica, eh!, così come lontanissimi ad ogni scatto dei due fenomeni). Se già non è esaltante una corsa in difesa da chi ha margini, ancora più atroce è una corsa in difesa di un… secondo posto che peraltro nessuno sta assaltando! Non è facile battere un avversario più forte, ma il ciclismo lo consente, sporadicamente. Consente sempre e comunque di provarci. In questo caso ci ha provato la Visma, come squadra, svenandosi nel tentativo. Non ci ha proprio provato il poco coraggioso capitano danese. Contador vince la Vuelta 2012 su un Purito Rodríguez più forte in quel momento non solo per la sorpresa indotta da un attacco inatteso, ma anche perché in un luogo assolutamente incongruo Contador eroga tutta la propria disponibilità fisica (e forse qualcosina in più). Purito potrebbe marcarlo, in termini atletici, ma gli subentra il dubbio se abbia senso farlo, o quali potrebbero essere le conseguenze impensate. In quell’esitazione si apre il margine per l’imprevedibile. Tadej non è Purito, certamente, e l’esito più probabile sarebbe stato comunque la sconfitta di chi avesse provato l’azzardo in questo caso, ma a differenza di quel meraviglioso inizio di Delfinato che proprio Vingegaard ci ha regalato un mesetto e spicci fa, non si è proprio visto in nessun caso un attacco inatteso, FUORI LUOGO, di Vingegaard – tale da rimanere senza forze, vulnerabile, ma istillando quindi anche nell’avversario il sacro timore rispetto all’entrare in zona di vulnerabilità. Un timore alieno al Pogi che conoscevamo ma forse non così estraneo al Pogi maturo o esistenzialista di questa terza settimana. Non lo sapremo mai.
In chiusura, standing ovation per le belle prestazioni dei corridori italiani sia in termini di classificazioni globali sia in questa ultimissima e speciale tappa parigina, il tutto nonostante un movimento nazionale la cui clamorosa difficoltà strutturale non accenna ad attenuarsi. Jonathan Milan porta a casa la maglia a verde della classifica a punti non solo vincendo due tappe, ma soprattutto lottando alla morte su ogni maledetto traguardo volante e, con questi chiari di luna, ancora di più spremendosi in tappe di montagna ad altissima concentrazione di dislivello per rientrare nel tempo massimo. A Parigi, appunto, nessuna chance per un velocista come Milan, ma a chiudere due volte sulle sfuriate di Pogi è stato un fenomenale Ballerini, che per fortuna trova ogni tanto queste giornate di grazia in cui fare rifulgere il proprio talento. Secondo posto con rimpianti ma solo sentimentali perché un risultato migliore oggi sarebbe stato inaccessibile: l’orgoglio, invece, di essersi scontrato alla pari con i migliori al mondo nel palcoscenico più gremito della corsa più mediatica e competitiva del pianeta. E nell’azione buona c’era anche, con tutta la sua sagacia, il sempre solido Trentin, per anni e anni di traversata del deserto l’unico atleta del nostro movimento ad avere una caratura costante di spessore davvero internazionale, diciamo in quell’intervallo fra il tramonto di Nibali e l’approdo su strada dei Ganna o Milan (già campioni ma all’inizio prevalentemente in pista).

Gabriele Bugada

Il podio del Tour 2025 (Eurosport)

Il podio del Tour 2025 (Eurosport)

UNA STAGIONE UAE – 20 LUGLIO 2025: 15a TAPPA TOUR DE FRANCE

novembre 28, 2025 by Redazione  
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Non c’è solo Tadej Pogacar a portare sorrisi in casa UAE. All’uscita dalla tre giorni pirenaica è in programma, nonostante la giornata domenicale, una frazione di traferimento verso Carcassonne, tappa troppo semplice perchè stuzzichi gli uomini di classifica e troppo complicata per i velocisti. Ottengono così libera uscita 15 “cacciatori di tappe”, fuggitivi tra i quali s’inserisce anche un elemento del team emiratino, il belga Wellens Tim. Sarà proprio quest’ultimo a imporsi, in beata solitudine, dopo essere riuscito a liberarsi dei compagni di fuga quando al traguardo mancavano ancora 43 Km

WELLENS, FUGA E ASSOLO VINCENTE A CARCASSONNE. POGACAR RESTA IN GIALLO

Tim Wellens (UAE Team Emirates XRG) è autore di una delle vittorie più esaltanti al Tour 2025 con un assolo di oltre 40 km. Il campione nazionale belga sfrutta le sue ottime doti di passista per mettere nel sacco i compagni di fuga e dare alla sua squadra l’ennesima vittoria del 2025

Piazzata tra Pirenei e Mont Ventoux, la quindicesima tappa del Tour 2025 da Muret a Carcassonne arride alle fughe visto che gli uomini di classifica dovrebbero riposarsi dopo tre giorni di fuoco sui Pirenei e in attesa appunto del Mont Ventoux di dopodomani. Sarà quindi una domenica all’insegna degli attacchi visto che la fuga ce ne metterà di tempo per concretizzarsi. Da non sottovalutare nemmeno il traguardo volante di Saint-Félix-Lauragais posto dopo 60 km pianeggianti, dove Jonathan Milan (Team Lidl Trek) chiederà ai suoi compagni di tenere la corsa chiusa quanto più possibile per aggiudicarsi quei punti necessari a distanziarsi da Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), che ormai si fa minaccioso anche per quanto riguarda la maglia verde. La seconda metà della tappa è caratterizzata dai tre GP, della Côte de Saint-Ferréol, della Côte de Sorèze e del Pas du Sant, sui quali la fuga dovrebbe concretizzarsi definitivamente. La fuga prendeva forma dopo una cinquantina di Km grazie all’azione di quindici ciclisti ovvero Tim Wellens (UAE Team Emirates XRG), Victor Campenaerts e Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike), Pascal Eenkhoorn (Team Soudal Quick Step), Neilson Powless (Team EF Education EasyPost), Matej Mohoroc (Team Bahrain Victorious), Clement Russo (Team Groupama FDJ), Kaden Groves e Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), Matteo Vercher (Team TotalEnergies), Tobias Lund Andresen (Team Picnic PostNL), Alexey Lutsenko e Jake Stewart (Team Israel Premier Tech), Arnaud De Lie e Jarrad Drizners (Team Lotto). Van der Poel si aggiudicava il traguardo volante di Saint-Félix-Lauragais posto al km 59.8. Mentre nel gruppo maglia gialla continuavano scatti e controscatti la fuga affrontava il primo GPM, la Côte de Saint-Ferréol posta al km 72.8, sul quale scollinava in prima posizione Lutsenko. Alla fuga si aggiungevano anche Michael Storer (Team Tudor Pro Cycling), Jasper Stuyven e Quinn Simmons (Team Lidl Trek). Storer vinceva il GPM del Pas du Sant, il più impegnativo dal punto di vista delle pendenze, posto al km 116.6. Restavano in testa oltre a Storer anche Simmons, Campenaerts e Lutsenko, fuggitivi della prima ora, ai quali si univano Carlos Rodriguez (Team INEOS Grenadiers), Aleksandr Vlasov (Team Redbull BORA Hansgrohe) e Warren Barguil (Team Picnic PostNL). A 43 km dalla conclusione Wellens attaccava da solo, aumentando il suo vantaggio sui diretti inseguitori chilometro dopo chilometro. L’assolo del campione nazionale belga ricordava quello del miglior Evenepoel, suo connazionale. Wellens andava a vincere in solitaria sul traguardo di Carcassonne con 1 minuto e 28 secondi di vantaggio su Campenaerts ed 1 minuto e 36 secondi di vantaggio su Julian Alaphilippe (Team Tudor Pro Cycling). Chiudevano la top five Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike) in quarta posizione e Axel Laurance (Team INEOS Grenadiers) in quinta. Il gruppo maglia gialla, regolato da Ben Healy (Team EF Education EasyPost), arrivava al traguardo con oltre 6 minuti di ritardo da Wellens, il quale ottiene la sua seconda vittoria al Tour. In classifica generale Pogacar resta in maglia gialla con 4 minuti e 13 secondi di vantaggio su Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) e 7 minuti e 53 secondi di vantaggio su Florian Lipowitz (Team Redbull BORA Hansgrohe). Martedì (domani c’è il riposo) l’arrivo sul Mont Ventoux vedrà di nuovo il ‘duello’ tra Pogacar e Vingegaard con lo sloveno che potrebbe allungare ancora in classifica generale sul danese e mettere nel mirino la quinta vittoria di tappa al Tour 2025.

Antonio Scarfone

Wellens esulta a Carcassonne (foto Anne-Christine Poujoulat / AFP via Getty Images)

Wellens esulta a Carcassonne (foto Anne-Christine Poujoulat / AFP via Getty Images)

UNA STAGIONE UAE – 18 LUGLIO 2025: 13a TAPPA TOUR DE FRANCE

novembre 27, 2025 by Redazione  
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Ventiquattore dopo l’impresa di Hautacam Tadej Pogacar delizia i suoi fan con un’altra giornata siglata da un’affermazione dello slovemo. Il secondo dei tre giorni che il gruppo trascorrerà tra le cime pirenaiche prevede la cronoscalata a Peyragudes, un appuntamento segnato in rosso sull’agenda del capitano della UAE e, infatti, è ancora lui ad occupare il gradino più alto di giornata. Il primo dei battuti è anche oggi Jonas Vingegaard, il cui passivo arriva ora a superare i 4 minuti

IN LINEA O CONTRO IL TEMPO LA MUSICA NON CAMBIA, POGACAR FA POKER A PEYRAGUDES

Pronostico rispettato da Pogacar che si impone anche nella cronoscalata di Peyragudes davanti al principale avversario. Il danese va a riprendere Evenepoel, in grande crisi negli ultimi metri. Il belga difende la terza posizione da Lipowitz per soli 6 secondi e domani ci sarà il tappone pirenaico.

Una classica cronoscalata di soli 13 Km con una salita secca da affrontare e la musica è la stessa vista sull’ultima salita di ieri, che è stata anch’essa una sorta di cronoscalata da quando sono rimasti quasi tutti da soli.
Ha trovato conferma soprattutto il fatto che i primi due posti, salvo imprevisti, sono blindati: Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) ha vinto anche questa tappa e Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) si è classificato secondo, unico a contenere il distacco sotto il minuto (36 secondi), visto che Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe), classificatosi terzo, ha accusato un ritardo di 1′20″, ossia ben 6 secondi al chilometro.
Confermato anche il momentaccio di Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), che ieri era riuscito alla meno peggio ad arrivare al traguardo non troppo distante dagli altri uomini di classifica, mentre oggi, dopo aver fatto segnare il secondo tempo al primo intermedio, ha avuto gravi difficoltà lungo la salita, tanto che, nel rettilineo finale, quando sembrava quasi fermo, è stato raggiunto e superato da Vingegaard, partito due minuti dopo di lui. Il belga, campione del mondo ed olimpico di specialità, è addirittura uscito dalla top 10 di giornata e si è classificato dodicesimo con un ritardo di 2′39″ dal vincitore
Roglic, come si diceva, pur avendo accusato un ritardo pesante si è classificato terzo e ha quindi migliorato la prestazione di ieri, quando aveva pagato un dazio altissimo, soprattutto nel finale.
Il suo compagno di scuderia Florian Lipowitz, quarto ad 1′56″, ha mancato per soli 6 secondi l’aggancio al podio provvisorio che potrà però conquistare domani, viste le gravi difficoltà in salita di Evenepoel.
Pogacar ha fatto un po’ quello che aveva fatto ieri sull’ultima salita, andando a tutta e mostrando semplicemente che il suo ritmo è superiore a quello degli altri, portandosi in testa già al primo intermedio, e la stessa cosa ha fatto Vingegaard rispetto agli altri uomini di classifica.
Il danese, che forse ieri ha avuto una giornata no, è riuscito a contenere il distacco in 36 secondi (meno di 3 secondi al chilometro) mentre ieri aveva accusato ben due minuti (sempre in 12 chilometri), tuttavia l’attuale ritardo in classifica del vincitore delle edizioni 2022 e 2023 è superiore ai 4 minuti.
Lontanissimi tutti gli altri, con il cronoman Luke Plapp (Team Jayco AlUla) che è riuscito a conquistare la quinta piazza di giornata e Matteo Jorgenson (Team Visma | Lease a Bike) che è giunto sesto e sembra aver superato la brutta giornata di ieri.
Anche Oscar Onley (Team Picnic PostNL), settimo a 2 minuti, conferma quanto visto sinora e conquista la top five ai danni di Kévin Vauquelin (Arkéa – B&B Hotels).
A questo punto, con una classifica assestata pur con diverse posizioni contese, sarà interessante vedere cosa accadrà domani nel tappone pirenaico. Il percorso prevede il classico giro della morte con Tourmalet, Aspin e Peyresourde ma l’arrivo sarà a Superbagnères, località che manca al Tour da 36 anni. La salita finale presente classici numeri da ascesa pirenaica, 12 Km al 7,3%. Le precedenti tre salite senza tratti intermedi rappresentano una notevole difficoltà, specialmente dopo due tappe dure come quelle di ieri e oggi che sicuramente si faranno sentire nelle gambe dei corridori. E siamo solo alla seconda settimana…

Benedetto Ciccarone

Pogacar esulta al termine della cronoscalata (foto Tim de Waele/Getty Images)

Pogacar esulta al termine della cronoscalata (foto Tim de Waele/Getty Images)

UNA STAGIONE UAE – 17 LUGLIO 2025: 12a TAPPA TOUR DE FRANCE

novembre 26, 2025 by Redazione  
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Dopo quasi due settimane di attesa il Tour sbarca finalmente sulle grandi salite e Tadej Pogacar veste i panni del “cannibale” come mai aveva fatto in precedenza. Il vantaggio sul primo degli umani al traguardo di Haucatam, il danese Jonas Vingegaard, è il più elevato finora fatto resistrare in carriera, 2 minuti e 10 secondi, una manciata di secondi in più rispetto a quelli fatti registrare nella tappa di Bassano del Grappa del Giro del 2024, una vittoria ottenuta davanti a una concorrenza meno qualificata rispetto a quella del Tour 2025. E il suo primato in classifica si dilata perchè ora il danese si ritrova ad inseguire lo sloveno con un passivo di tre minuti e mezzo.

LECTIO MAGISTRALIS DI POGACAR AD HAUTACAM, MATTONATA PER GLI AVVERSARI

Tadej Pogacar parte su una accelerazione tremenda di Narvaez che lascia Vingegaard a qualche metro. Da lì in poi, è un assolo dell’iridato che si vendica del danese, che sulla stessa salita lo staccò due anni fa. Lontanissimi gli altri avversari, salvo un ottimo Lipowitz che conferma quanto di buono aveva fatto vedere al Delfinato.

Era dall’inizio del Tour de France che gli appassionati aspettavano il duello in salita tra i due principali favoriti per la vittoria. Complice anche un percorso un po’ in controtendenza rispetto a quello degli ultimi anni, la salita si è fatta attendere e si cercava di scrutare, di capirci qualcosa nelle piccole scaramucce che c’erano state sugli strappetti del nord della Francia.
L’indicazione esatta era, però, arrivata dalla tappa a cronometro e parlava di un Tadej Pogacar (UAE Team Emirates – XRG) in splendida forma e di un Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) che invece sembrava un po’ in difficoltà, anche se comunque era stato sempre pronto a rispondere alle stilettate del campione del mondo.
L’atteso duello in realtà non c’è stato. Vingegaard ha cominciato a perdere metri già sulla tremenda accelerazione impressa da Jhonatan Narvaez (UAE Team Emirates – XRG) sulle prime rampe della salita verso Hautacam.
Il danese certamente non ha il cambio di ritmo e ha voluto evitare il fuori giri, ma se in un primo momento sembrava potesse contenere lo svantaggio, andando in progressione, è bastato poco per capire che non era giornata.
Pogacar ha proseguito la salita a un ritmo impressionante, guadagnando costantemente, e l’aver attaccato a inizio salita gli ha permesso di arrivare in cima con oltre 2 minuti sul rivale.
I distacchi sugli altri corridori, però, dimostrano che il marziano è solo il campione del mondo.
L’ordine d’arrivo, infatti, parla di un Vingegaard che, a fronte di un distacco di 2′10″, da Pogacar, è riuscito a infliggere solo 13 secondi a un ottimo Florian Lipowitz (Red Bull – BORA – hansgrohe), issatosi in quarta posizione a meno di un minuto dal terzo gradino del podio di Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step), che ora scricchiola pericolosamente.
Il belga si era staccato sul Col de Soulor, quando il gruppo era tirato da Tiesj Benoot (Team Visma | Lease a Bike), ed era poi faticosamente riuscito a rientrare, salvo poi staccarsi nuovamente sulla salita finale e giungere con un ritardo di 3′35″. Se si calcola il fatto che Oscar Onley (Team Picnic PostNL) e Tobias Halland Johannessen (Uno-X Mobility) sono giunti a 3 minuti (e quindi a 50 secondi dal danese) e che Kévin Vauquelin
(Arkéa – B&B Hotels) – che era sembrato in crisi – è giunto a 3′33″, ci si rende conto che, alle spalle di Pogacar, sebbene Vingegaard sia nettamente il più forte tra gli avversari dello sloveno, i distacchi subiti dagli altri nei confronti del danese non sono stai abissali. Il vantaggio in generale di Pogacar su Vingegaard (3′31″) è maggior del distacco che il danese vanta sul sesto (Onley, a 6′05″).
Insomma, in un quadro del genere, non si può far altro che constatare la superiorità netta dello sloveno su tutti gli altri. Solo una grossa crisi di Pogacar potrebbe rimettere tutto in discussione. La cosa non è affatto esclusa, visto che non solo Pogacar ha perso due Tour da Vingegaard proprio a causa di una giornata di crisi nera, ma anche che la crisi è qualcosa che in un grande giro può sempre colpire anche chi sembra padrone della corsa (vedi Ullrich nel 1998 e Simon Yates nel 2017).
La corsa è stata animata da un attacco di ben 50 corridori che ha conseguito un vantaggio massimo di circa 2 minuti. Il foltissimo gruppo era composto da Tim Wellens (UAE Emirates XRG), Tiesj Benoot (Visma | Lease a Bike), Maximilian Schachmann (Soudal Quick-Step), Harrison Sweeny (EF Education-EasyPost), Louis Barré (Intermarché-Wanty), Laurenz Rex (Intermarché-Wanty), Santiago Buitrago (Bahrain Victorious), Lenny Martinez (Bahrain Victorious), Robert Stannard (Bahrain Victorious), Fred Wright (Bahrain Victorious), Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), Tobias Foss (INEOS Grenadiers), Axel Laurance (INEOS Grenadiers), Carlos Rodríguez (INEOS Grenadiers), Connor Swift (INEOS Grenadiers), Laurence Pithie (Red Bull – BORA – hansgrohe), Aleksandr Vlasov (Red Bull – BORA – hansgrohe), Thibau Nys (Lidl-Trek), Mattias Skjelmose (Lidl-Trek), Edward Theuns (Lidl-Trek), Guillaume Martin (Groupama-FDJ), Valentin Madouas (Groupama-FDJ), Paul Penhoët (Groupama-FDJ), Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck), Julian Alaphilippe (Tudor), Marc Hirschi (Tudor ), Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), Matteo Trentin (Tudor), Ben O’Connor (Team Jayco AlUla), Luke Durbridge (Jayco AlUla), Mauro Schmid (Team Jayco AlUla), Raúl García Pierna (Arkéa-B&B Hotels), Clément Venturini (Arkéa-B&B Hotels), Pablo Castrillo (Movistar Team), Iván Romeo (Movistar Team), Einer Rubio (Movistar Team), Bruno Armirail (Decathlon AG2R La Mondiale), Aurélien Paret-Peintre (Decathlon AG2R La Mondiale), Emanuel Buchmann (Cofidis), Bryan Coquard (Cofidis), Ion Izagirre (Cofidis), Dylan Teuns (Cofidis), Harold Tejada (XDS Astana Team), Simone Velasco (XDS Astana Team), Steff Cras (TotalEnergies), Thomas Gachignard (TotalEnergies), Anthony Turgis (TotalEnergies), Michael Woods (Israel – Premier Tech), Joseph Blackmore (Israel – Premier Tech), Alexey Lutsenko (Israel – Premier Tech) e Jarrad Drizners (Lotto).
L’armonia si spezza sul Col de Soulor e, mentre in gruppo i capitani fanno alzare il ritmo, davanti restano solo 14 dei 50 attaccanti.
La Visma fa il ritmo sulla salita ma la squadra non si dimostrerà all’altezza, tanto che Vingegaard rimarrà solo ai piedi della salita finale in balia degli UAE.
Davanti si mette in mostra Armirail che, quando il gruppo dei battistrada esplode, riesce a riportarsi su Woods e Skjelmose, che avevano attaccato a loro volta, ed a staccarli, presentandosi da solo ai piedi della salita finale.
Il gruppo è a quel punto tirato da Wellens che, dopo la lunga fuga, si mette al servizio di Pogacar e va chiudere sulla fuga, fino a quando Narvaez non piazza una spaventosa accelerata che mette in difficoltà anche Vingegaard.
Dai -12 sarà un assolo di Pogacar, con Vingegaard che tenterà di gestirsi ma pagherà un passivo pesante di oltre due minuti.
Grande battaglia alle spalle del danese tra Lipowitz, Onley, Johannessen, Primoz Roglic (Red Bull – BORA – hansgrohe) e Vauquelin. Alla fine Roglic pagherà il passivo più pesante, mentre Lipowitz per poco non va a riprendere Vingegaard. Gli altri arrivano tutti separati da pochi secondi con Evenepoel che arriverà insieme a Vaquelin e riuscirà a salvare la terza posizione da Lipowitz per soli 49 secondi.
Domani la cronoscalata a Peyragudes sarà un test importante per avere conferme o smentite di quanto visto oggi, in attesa del vero e proprio tappone pirenaico con il “Giro della morte” e l’arrivo a Luchon-Superbagnères

Benedetto Ciccarone

Pogacar in azione sulla salita di Hautacam (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)

Pogacar in azione sulla salita di Hautacam (foto Marco Bertorello / AFP via Getty Images)

UNA STAGIONE UAE – 8 GIUGNO 2025: 5a TAPPA GIRO DELLA SLOVENIA

novembre 17, 2025 by Redazione  
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Lo stesso giorno nel quale Tadej Pogacar si impone nella frazione d’apertura del Delfinato all’estremità opposta della catena alpina un’altro corridore in maglia UAE passa all’incasso. E’ il portoghese Ivo Oliveira, che un paio di mesi prima aveva vinto due tappe al Giro d’Abruzzo ed ora porta a caso l’atto conclusivo del Giro di Slovenia. Suo il successo sul traguardo di Novo Mesto, poi sul podio premiazione sale un altro elemento del team emiratino, l’austriaco Felix Großschartner, che per soli 14 secondi fallisce la conquista della vetta della classifica, raggunta dal norvegese della Uno-X Anders Halland Johannessen.

GIRO DI SLOVENIA 2025: IVO OLIVEIRA TRIONFA NELL’ULTIMA TAPPA, JOHANNESSEN SI IMPONE IN CLASSIFICA

Ivo Oliveira (UAE Team Emirates-XRG) si impone nettamente nella quinta e ultima tappa del Giro di Slovenia, conquistando uno sprint ristretto a Novo Mesto. A trionfare in classifica generale è il norvegese Anders Halland Johannessen (Uno-X Mobility), che difende con successo la maglia gialla e firma la sua prima vittoria in carriera in una corsa a tappe.

L’ultima frazione del Giro di Slovenia 2025 ha regalato emozioni e conferme, con un finale a tutta velocità nella tradizionale volata di Novo Mesto. Ivo Oliveira, portacolori della UAE Team Emirates-XRG, ha dimostrato una determinazione rabbiosa e una condizione eccellente battendo in volata Andrea Bagioli (Lidl-Trek) e Fernando Barceló (Caja Rural-Seguros). Per Oliveira si tratta della terza vittoria stagionale, dopo le due tappe vinte al Giro d’Abruzzo, portando a sei i successi in carriera. Si è trattato di un trionfo dal sapore speciale, dedicato al fratello Rui Oliveira, che era stato declassato nella seconda tappa, decisione della giuria che era stata contestata dal fratello.
La tappa, di 124 km da Litija a Novo Mesto, è stata movimentata sin dai primi chilometri con continui attacchi e una doppia scalata a Vače che ha animato la corsa. Un gruppo di cinque corridori, tra i quali Juan Pedro López e Sam Oomen (entrambi in forze alla Lidl-Trek), ha tentato la fuga ma è stato ripreso a meno di un chilometro dal traguardo. Nel finale Ivo Oliveira ha piazzato lo scatto decisivo a 300 metri dal traguardo, lasciando Bagioli e Barceló senza risposta.
Oltre a Oliveira sono da segnalare le ottime prestazioni di Fabio Christen (Q36.5) – quarto e vincitore delle classifiche a punti e GPM – e di Ludovico Crescioli (Polti-VisitMalta), quinto. Bene anche Lorenzo Quartucci (Solution Tech), ottavo, e Matteo Scalco (VF Group-Bardiani CSF-Faizanè), nono.
In classifica generale non ci sono stati cambiamenti di rilievo: Anders Halland Johannessen (Uno-X Mobility) ha saputo controllare la corsa gestendo il vantaggio sugli inseguitori e ha chiuso con 14” di margine su Felix Großschartner (UAE Team Emirates-XRG) e di 19” su Tao Geoghegan Hart (Lidl-Trek). Chiudono la topfive Quarto Jakob Omrzel (Bahrain-Victorious) e Christen. Il primo italiano in classifica è Alex Tolio (VF Group Bardiani CSF Faizanè), decimo a 1’32”.
Con questa vittoria di tappa e la conferma di Johannessen in maglia gialla, il Giro di Slovenia 2025 si chiude con un bilancio positivo per entrambe le squadre e per i tanti giovani protagonisti pronti a emergere nel panorama internazionale.

Mario Prato

Rui Oliveira vince lultima tappa del Giro di Slovenia (foto Sportida)

Rui Oliveira vince l'ultima tappa del Giro di Slovenia (foto Sportida)

LA LIPPERT VINCE A TERRE ROVERESCHE, LA REUSSER RESTA IN ROSA: LA MOVISTAR DOMINA LA SESTA TAPPA DEL GIRO D’ITALIA WOMEN

luglio 12, 2025 by Redazione  
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La sesta frazione del Giro d’Italia Women 2025, da Bellaria Igea Marina a Terre Roveresche, si è rivelata tutt’altro che interlocutoria. Tra fughe, scatti e risposte da leader, la Movistar Team ha messo a segno un doppio colpo: la vittoria di giornata con Liane Lippert e la conferma in Maglia Rosa per Marlen Reusser. Una tappa dal profilo movimentato che, senza rivoluzionare la classifica generale, ha comunque ristretto il cerchio delle pretendenti alla corsa rosa, alla vigilia del temuto arrivo sul Monte Nerone.

Continua a far festa la Movistar al Giro d’Italia Women, grazie alla vittoria della tedesca Liane Lippert traguardo di Orciano di Pesaro, in comune di Terre Roveresche, dove difende la Maglia Rosa di Marlen Reusser. Sul traguardo di Orciano di Pesaro, in comune di Terre Roveresche, l’ex campionessa nazionale tedesca ha anticipato di pochi secondi le olandesi Pauliena Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) e Shirin Van Anrooij (Lidl – Trek). Il gruppo delle big ha chiuso con 1′24″ di ritardo dopo un attacco di Elisa Longo Borghini (UAE Team ADQ) sui saliscendi del finale, tentativo che non ha colto imprerata l’elvetica Marlen Reusser (Movistar Team). La compagna di squadra della vincitrice di tappa ha così conservato la Maglia Rosa con distacchi immutati sulla Longo Borghini (2° a 16″) e sull’olandese Anna van der Breggen (Team SD Worx – Protime, 3° a ‘153″), mentre grazie al tempo conquistato grazie alla fuga odierno è risalita fino al quarto posto la Rooijakkers, ora distanziata di 2’03” dalla Maglia Rosa.
“È stata una giornata fantastica, mi sentivo bene e il team mi ha dato carta bianca — ha raccontato una sorridente Lippert —. Volevo ripagare la fiducia, e vincere su un tracciato simile a quello dell’anno scorso mi ha dato la spinta giusta. La Maglia Rosa resta il nostro obiettivo principale: siamo un gruppo unito e compatto, e per Marlen faremo tutto il necessario fino a Roma”.
Dal canto suo la Reusser ha sottolineato la buona gestione della corsa: “Mi aspettavo un attacco da parte di Elisa, ma ho reagito nel modo giusto. È stata una bella giornata per il team, e sono felice per Liane. Domani ci aspetta la salita del Monte Nerone: l’ho provata qualche mese fa, e sapere cosa ci aspetta può fare la differenza”.
La sesta tappa regala così alla Lippert la 54ª vittoria tedesca nella storia del Giro Women e il primo podio per Rooijakkers e Van Anrooij. Per il terzo anno consecutivo, è la Movistar a imporsi nella tappa numero sei della corsa rosa: dopo la Van Vleuten a Canelli nel 2023 e la stessa Lippert a Chieti nel 2024, il tris è servito.
Ora su affronterà la tappa più dura dell’edizione 2025, che scatterà da Fermignano per concludersi dopo 150 Km sul Monte Nerone. Il percorso prevede una sequenza di salite sempre più dure che culmina negli ultimi 8 chilometri con pendenze medie superiori al 9% e punte fino al 12%. Sarà la tappa chiave per la Maglia Rosa, e le scalatrici avranno l’ultima parola.

Mario Prato

Liane Lippert vince la sesta tappa del Giro dItalia riservato alla donne (foto Luc Claessen/Getty Images)

Liane Lippert vince la sesta tappa del Giro d'Italia riservato alla donne (foto Luc Claessen/Getty Images)

PHILIPSEN CENTRA IL TRIS A NÎMES, GIRMAY A TERRA, LA SFIDA PER LA MAGLIA VERDE SI RIAPRE

luglio 16, 2024 by Redazione  
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Japer Philipsen conquista la terza vittoria al Tour de France, pareggia i successi con Biniam Girmay (Intermarché – Wanty) e grazie alla sua Alpecin – Deceuninck, soprattutto a Mathieu Van Der Poel che lo ha lanciato al meglio verso il traguardo, riapre la lotta per la maglia verde, caduto poco prima dell’ultimo chilometro Girmay, al secondo posto arriva Phil Bahaus (Bahrain – Victorious), terzo invece un redivivo Alexander Kristoff Uno-X Mobility.

Riparte il Tour de France dopo l’ultimo giorno di riposo per l’ultima settimana, non partono, invece, le azioni di fuga ed il gruppo, di fatto, resta ancora in una condizione di “riposo” lungo i chilometri che da Gruissan portano a Nîmes. Non c’è nemmeno il tanto temuto vento, caratteristico di queste zone, a farsì la tappa diventi frizzante con la formazione dei ventagli. Tutti insieme appassionatamente per una tappa che non vede nessun allungo per quasi due ore di corsa. La velocità aumenta in testa al gruppo soltanto al traguardo con punti per la maglia verde, siamo al chilometro 96, la volata la vince Bryan Coquard (Cofidis), seguito da Jasper Philipsen (Alpecin – Deceuninck), terzo Anthony Turgis (Total Energies) mentre quarto la maglia verde Biniam Girmay (Intermarché – Wanty). Il belga rosicchia quattro punti all’eritreo che conserva un vantaggio rassicurante nella speciale classifica. Dopo la sfiammata dello sprint il gruppo si ricompone, la velocità diminuisce e ne approfitta Thomas Gachignard (TotalEnergies) guadagnando in poco tempo più di due minuti sul gruppo. Il ventitreenne francese transita per primo sull’unico GPM di quarta categoria di giornata, la Côte de Fambetou. Ai meno 25 chilometri dall’arrivo Gachignard viene ripreso con le squadre dei velocisti che iniziano il valzer delle cosuete operazioni in testa al gruppo per prendere le posizioni migliori e tenere al riparo il proprio uomo veloce. In particolare sia la Uno-X Mobility sia Lotto Dstny conducono il gruppo innalzando la velocità. Una serie infinita di rotonde costringe il gruppo a fare da elastico, i treni vanno a rimescolarsi continuamente in pratica fino ai meno 2 chilometri dall’arrivo. Poco prima del triangolo rosso dell’ultimo chilometro una caduta coinvolge Marijn van den Berg (EF Education – EasyPost) ma soprattutto Biniam Girmay, l’eritreo resta a dolorante a terra e taglierà il traguardo scortato da due compagni di squadra, si spera senza conseguenze, in attesa di notizie ufficiali dalla Intermarché – Wanty. A causa della caduta il gruppo si spezza, davanti sono abilissimi ed espertissimi come sempre gli Alpecin – Deceuninck a togliersi dai guai e condurre, così con la solita eccezionale spaarata di Mathieu Van Der Poel, jasper Philipsen a conquistare il suo terzo successo al Tour de France 2024, il belga vince facile su Phil Bahaus (Bahrain – Victorious) e su Alexander Kristoff (Uno-X Mobility), quarto posto per Sam Bennet (Decathlon AG2R La Mondiale Team), quinto per Wout van Aert (Team Visma | Lease a Bike) rimasto un pò chiuso nel finale. Si riapre quindi la sfida per la classifica della maglia verde che vede sempre al comando Girmay segue Philipsen con soli 32 punti da recuperare. Nulla cambia, invece, in classifica generale con Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) sempre in maglia gialla. Domani tappa numero 17 da Saint Paul Trois Châteaux a Superdévoluy verso l’arrivo ben tre GPM di seconda, prima e terza categoria, concentrati nei 40 Km finali, che possono prevedere delle imboscate tra gli uomini di classifica.

Antonio Scarfone

Jasper Philipsen (Alpecin - Deceuninck) fa tris a Nimes (Photo Credit: Getty Images)

Jasper Philipsen (Alpecin - Deceuninck) fa tris a Nimes (Photo Credit: Getty Images)

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