UNA DOYENNE COL QUADRIFOGLIO
aprile 23, 2013 by Redazione
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Continua l’omaggio degli ex giornalisti di iciclismo.it nel decennale della fondazione della rivista online. Oggi tocca a Saverio Melegari.
Foto copertina: Martin e Hesjedal, i due grandi protagonisti della Liegi 2013 (foto Cor Vos)
Giratela come volete, ma questa Liegi-Bastogne-Liegi edizione numero 99 passerà alla storia per gli accordi, e soprattutto le gambe, di casa Garmin. Perché quando ti ritrovi, in una classica del genere, a lottare per il successo a 10 chilometri dall’arrivo sei già bravo. Ma se, dalla tua, hai anche la gamba giusta e un gregario che soltanto un anno fa ha vinto il Giro d’Italia ed è pronto a tirare fuori anche i polmoni pur di portarti in rampa di lancio allora sei fenomenale.
E quella rampa, per Daniel Martin, è arrivata sullo strappo di Ans, l’ultima storica cotè che conduce poi al breve rettilineo della periferia di Liegi che mette in palio un pezzo importante di stagione ciclistica.
Uno squillo di tromba in ottica grandi classiche molto importante quello dell’irlandese, una bordata pesante quella del canadese contro i vari Nibali, Contador, Wiggins e soci in vista del Giro d’Italia oramai sempre più vicino.
Rjder ha detto che c’è, che non vorrà venire ancora in Italia a fare una passeggiata e, soprattutto, sulle grandi salite cercherà l’acuto, unitamente alla costanza, che gli ha permesso di riportare in Quebec una storica maglia rosa.
Ci sono poi tutti i “trombati” (in questi tempi di terremoti politici ci sta sempre bene questo termine) della Doyenne e non solo. La Liegi consegna un Alejandro Valverde che ancora una volta si ferma sul più bello, un Joaquin Rodriguez che si fa ingolosire fin troppo quando vede che alle sue spalle c’è solo Daniel Martin e pensa di averla già fatta franca, un Philippe Gilbert che tutti volevano pronto a sgambettare in testa già sulla Redoute per poi tentare un arrivo trionfale ad Ans.
C’è poi, purtroppo, il capitolo peggiore per noi che è quello dei “trombati” con costanza, vale a dire ancora una volta l’Italbici. Anche la Campagna del Nord 2013 è di una stitichezza unica con nessun risultato di prestigio tanto che bisogna prendere come grande segnale il 5° posto di Scarponi ed il 6° di Gasparotto alla Liegi: nessuno ha fatto meglio di loro nelle grandi classiche.
Un rendimento dei corridori italiani al Nord che, oramai, sta diventando una cattiva costante nelle ultime stagioni, sintomo di mancanza di ricambio generazionale ed anche quelli che non sono vecchissimi (Gasparotto, Cunego ecc.) non la combinano giusta. Chi non si è mai tirato indietro in queste settimane, invece, è stato Caruso unitamente allo scatenato Betancour che torna a casa con un pugno di mosche in mano ma la consapevolezza, un giorno, di potersela giocare alla pari con tutti.
Ora ci si tuffa verso la “rosea” per capire se i segnali lanciati al Nord verranno verificati anche nel vecchio stivale oppure salterà fuori qualcuno che nessuno si aspetta.
Saverio Melegari
PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DELLA LIEGI-BASTOGNE-LIEGI
aprile 22, 2013 by Redazione
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Nel giorno della consacrazione di Daniel Martin, brillano anche Scarponi e Betancur mentre deludono Gilbert e Nibali.
Foto copertina: Rodriguez e Martin affiancati sulla salita verso Ans (foto EPA)
Daniel Martin: nelle pagelle dello scorso anno avevamo pronosticato per lui un successo alla Doyenne. Anche nella passata edizione, infatti, era risultato il più competitivo sull’arcigno strappo del St. Nicolàs dove aveva salutato la compagnia di Gilbert per cogliere un importante quinto posto. Oggi, grazie a un tandem perfetto con un pimpante Hesjedal, che si è testato a fondo in vista del Giro d’Italia, ha avuto nel finale la lucidità e le gambe per staccare di ruota con una forte progressione prima un Valverde inaspettatamente alla frutta e, successivamente, un Purito in riserva di energie dopo una delle sue solite sparate. Più che di una sorpresa, dunque, si tratta di una vera e propria consacrazione. Bisognerà marcarlo molto stretto al Campionato del Mondo di Firenze. Voto: 10
Joaquim Rodriguez: la caduta all’Amstel di domenica scorsa ha segnato pesantemente la sua settimana sulle Ardenne. Dopo essersi risparmiato nella gara a lui più congeniale, la Freccia Vallone, era evidente che puntasse tutto sulla Liegi contando una volta di più sull’appoggio di un Daniel Moreno al top della forma. Quest’ultimo, tuttavia, è stato messo fuori gioco da un incidente meccanico e così Purito ha dovuto rivedere tutta la sua strategia di corsa. La fucilata all’ultimo chilometro ha avuto il merito di scardinare certe pratiche attendiste tanto care ad alcuni corridori ma, evidentemente ancora non in perfette condizioni di forma, al capitano della Katusha è mancato il fondo per resistere alla rimonta di Martin. Voto: 8
Alejandro Valverde: uno dei più abili succhiaruote del plotone, oggi ha commesso l’errore di provare in prima persona una azione sul St. Nicolas. Dopo aver passato a doppia velocità Gilbert su quest’ultimo strappo (una piccola rivincita del Mondiale 2012), niente sembrava potesse ostacolare la corsa dell’ Embatido verso uno storico tris. Solo il suo ex gregario di fiducia Rodriguez, conoscendo a fondo le caratteristiche del murciano, giocando d’anticipo, ha evidenziato un momento di difficoltà che difficilmente sarebbe emerso nella volata finale. Conclude sempre piazzato una settimana sulle Ardenne che certamente non soddisfa le sue aspettative. Voto: 7
Carlo Alberto Betancur: anche alla Doyenne, così come accaduto alla Freccia Vallone, ha peccato di inesperienza. Sorretto da un ottimo stato di forma ha tuttavia sbagliato ancora i tempi dello scatto, provando a far saltare il banco con troppo anticipo. Bisogna, però,evidenziare l’intelligenza e la freschezza del giovane colombiano che, accortosi della presenza di Valverde, ha tentato di involarsi da solo verso il traguardo. Con il cambio di ritmo imposto agli inseguitori, ha contribuito a fiaccare definitivamente le resistenze di un Valverde fino a quel momento apparso in stato di grazia. Ancora una volta una vittoria sul San Luca (Giro dell’Emilia 2011), rappresenta un indicatore attendibile delle qualità di un ciclista. Voto: 9
Michele Scarponi: forse troppo in forma per poter lottare con i migliori nell’ultima settimana del Giro d’Italia, ha comunque interpretato splendidamente una corsa che anche in passato ha esaltato le sue caratteristiche di ciclista di fondo. Coadiuvato da un Cunego evidentemente non al massimo della forma, che ha svolto la funzione di stopper nei confronti degli avversari, Scarponi è stato addirittura il primo ad accendere la miccia in salita, mettendo in seria difficoltà Gilbert. Nel finale ha patito un po’ i cambi di ritmo, forse anche a causa dei soliti ‘rapportacci’ che si ostina a tirare, ma ha comunque colto, primo degli italiani, un ottimo quinto posto finale a coronamento di una corsa che lo ha visto tra i più combattivi. Voto: 8,5
Vincenzo Nibali: capitano di una formazione che vedeva schierati gregari come Iglinskiy e Gasparotto, vincitori rispettivamente della Liegi e dell’Amstel della scorsa stagione, non ha recuperato le fatiche imposte da un trionfante ma esigente Giro del Trentino. Ha provato nel finale a far valere la superiorità numerica della sua squadra ma le gambe non hanno risposto come la testa avrebbe desiderato. Apprezzabile, anche se forse tardivo, il tentativo del siciliano di spendere le energie residue per tentare di ricucire sul gruppetto di testa e favorire quindi una volata del compagno Gasparotto (voto: 6). Lo attendiamo alla Corsa Rosa sperando nel mantenimento di uno stato di forma che comunque appare già oggi più che soddisfacente. Voto: 5
Philippe Gilbert: quello che sembrava dovesse divenire il dominatore assoluto delle Ardenne, dopo l’inaspettata tripletta firmata nel 2011, non ha più saputo da allora esprimersi a così alto livello sulle strade di casa. Vedere Philippe, superato a doppia velocità da Valverde, supplicare il gruppetto di cui faceva parte sul St. Nicolàs di collaborare per riprendere quest’ultimo, rappresenta una delle immagini più umilianti per un ciclista come il belga, abituato a deridere gli avversari con prestazioni fuori dal comune. Voto: 4,5
Jelle Vanendert: l’anno scorso ha stupito tutti cogliendo ottimi risultati sulle salitelle delle Ardenne, quest’anno non lo si è mai notato nelle prime posizioni. Voto: 4
Simon Gerrans: l’australiano nutriva forti ambizioni prima di incominciare questa settimana in Belgio ma agli intenti bellicosi della vigilia non sono seguiti i risultati sperati. Voto: 4
Samuel Sanchez: ha sfruttato le Ardenne per rifinire la condizione in vista del Giro d’Italia ma un ciclista con le sue caratteristiche doveva provare ad ottenere almeno qualche piazzamento significativo. Voto: 4
Andy Schleck: vedere un passato vincitore della Liegi non tentare nemmeno di seguire gli altri sulle ultime asperità che presentava la corsa è una delle immagini più deprimenti della giornata odierna. Voto: 4
Francesco Gandolfi
gandolfi.francesco@libero.it
BANG BANG YOU SHOT ME DOWN INFANTILE E VIOLENTA, CHE DIVERTENTE È LA FRECCIA
aprile 18, 2013 by Redazione
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La gara più corta, il chilometro più lungo. Quasi ogni edizione si conclude con la “volata verticale” di un gruppo ancora affollato ai piedi del Muro di Huy: spesso basta seguire gli ultimi due o tre minuti della competizione per goderne il succo. Però in quel chilometro scarso succede di tutto: attacchi da lontano, azzardi, fughe, sfide, crolli.
Foto copertina: il gruppo sul muro di Huy (foto Bettini)
Per fortuna la Freccia, come sempre, è finita in volata. Gli organizzatori avevano ritoccato il percorso per movimentarla un po’ da lontano, ma dopotutto… perché? Ben venga l’evoluzione dell’Amstel, che stava diventando una brutta copia della Freccia. Ben venga l’eterna mutevolezza e imprevedibilità della Liegi. Ma perché mai non possiamo regalarci in una, una sola classica, il divertimento minimalista e in fondo un po’ sciocco dell’epilogo in volata?
Una volata verticale, sia ben chiaro. Una volata in cui si possano godere come al rallentatore le logiche tattiche e i rivolgimenti drammatici che in uno sprint tradizionale, sul piano, scorrono via troppo rapidi per l’occhio umano.
Il “ralenti” al cinema spesso e volentieri è un effettaccio, da film d’azione spaccone che pompa emozioni facili. Quando finisce in mano a un grande regista, però, non gli si può negare quel pizzico di epica.
Ci sono classiche grandi e piccole per specialisti di ogni genere, perché non una per gli scattisti da parete estrema? Il vincitore di quest’anno, Dani Moreno, ha subito detto che da sempre questa è stata la sua gara favorita, anche se fino ad oggi il suo ruolo era stato naturalmente quello dello scudiero di Joaquim Rodriguez, probabilmente il vero fenomeno di questa disciplina.
E dopo tutto perfino chi in bici ci va da ciclista della domenica, con gli amici sulle strade di casa, sa che il divertimento puro è quello del breve strappo in cui scatenarsi in una sfida a tutto gas, senza paura di crampi, crisi di fame, mal di sella, ma abbandonandosi in pieno al gusto di un bel fuorigiri senza remore. Il bello del fiatone!
Quel fiatone che dopo 260km tirati anche se sei un professionista non puoi più cacciartelo dai polmoni, perché le gambe in croce girano a stento e il cuore si preoccupa solo dell’ordinaria amministrazione. Il ciclismo “vero” sta nel trovare la brillantezza quando si è al lumicino, questo sia chiaro; il ciclismo “vero” è quello della Liegi, ci mancherebbe.
Una volta tanto, senza esagerare, ci sta divertirsi con un ciclismo meno “vero”, meno duro e puro, più giocoso e scanzonato, non per questo meno ricco di sussulti drammatici.
E allora viva la Freccia, con Joaquim che gioca a star bene anche se le botte prese in Olanda gli fanno un gran male, e pensa alla Liegi. Però fa la mossa, si mette davanti, e nal girotondo dei marcamenti fa scappare via l’amico Dani. D’altro canto avevano condiviso la stanza fortunata nell’albergo, la leggendaria numero 11 che fu di Argentin!
Viva la Freccia, con i colombiani Henao e Betancur che fanno secondo e terzo, ma sembrano vivere una sfida tra compaesani, tutta giocata tra loro, con Henao che nemmeno si cura di Moreno (avrebbe forse vinto, se l’avesse marcato invece che guardare altrove) e Betancur che tira fuori dal cappello la bravata di un attacco “da lontano”. Tutto finisce con abbracci e pacche sulle spalle. Con tanto di divertente siparietto in merito a quale sia il gradino giusto del podio su cui salire!
È invece andata male, malissimo (sportivamente s’intende), a chi la gara l’ha presa, anche con i propri buoni motivi, troppo sul serio.
Gilbert voleva maledettamente vincere, per raddrizzare finalmente un’altra primavera zoppa. Ha macinato la squadra, poi nel finale si è trovato a dover gestire l’intera situazione in prima persona, a maggior ragione dopo le fiammate esibite sul Cauberg. Perché anche se parliamo di un gioco di meno di un km, i duecento che ci sono prima non sono uno scherzo. Resta ciclismo, e grande ciclismo, anche se lo spettatore può accontentarsi di seguire appena l’ultimo chilometro. Il ritmo di gara, le forze residue, le alleanze, vanno costruendo la situazione che si risolverà in quel rapido crepitio di fucili.
Sagan voleva maledettamente vincere, i crampi del Cauberg hanno scottato il suo orgoglio di campioncino. Ha marcato Gilbert, e come lui ha finito per scoppiare troppo presto. Perché anche se parliamo di un gioco che dura due minuti, in quei due minuti hai un solo colpo da sparare, e come nei duelli del kubrickiano Barry Lindon, sbagliare la giusta distanza all’atto di tirare può voler dire finire steso al suolo. Un gioco, ma un gioco azzardato ed equilibristico, come balzare da un tetto all’altro in una fuga a perdifiato.
La gara della sparata tutto o niente, scoppiettante, sfacciata, che come il gioco d’azzardo lascia musi lunghi e amarezza tra i perdenti, o meglio tra chi… l’ha presa male.
La gara perfetta, se vogliamo, per una ciclista perfetta (anche se per lei sono perfette tutte le gare): Marianne Vos firma la cinquina, davanti a una tenacissima Longo Borghini che gioca duro e fa sul serio fino al colpo di reni, pigliandosi una seconda piazza prestigiosissima con perizia e grinta da professionista consumata; se non la conoscessimo, non diremmo mai che nemmeno ha compiuto 22 anni.
L’immagine che ci resta in testa è però il sorriso smagliante di Marianne, a illuminare la sua maglia multicolore. E le sue parole sono il commento migliore alla Freccia Vallone, a ogni Freccia Vallone, da parte di chi questa gara l’ha capita davvero, meglio di tutti: “può sembrare strampalato, ma nonostante tutto, è ancora così eccitante! Ogni volta che vinco è come se fosse una novità… quell’esplosione di potenza, che su questa salita puoi fare una volta sola”.
Gabriele Bugada
Continuano gli interventi delle “glorie” della nostra testata in occasione del decimo anniversario dell’inizio di questa bella avventura. Stavolta è toccato a uno degli attuali membri della redazione, Gabriele Bugada.
DIARIO DI TALENTO – MATTIA CATTANEO – 2a pagina
aprile 16, 2013 by Redazione
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Nel decennale di ilciclismo.it riprendiamo la rubrica del “diario di talento” con la quale il sito si fece conoscere nel 2003. Allora il giovane campione in erba era Damiano Cunego, ora ha scrivere per noi sarà un altro campioncino della scuderia Lampre, il bergamasco Mattia Cattaneo
Foto copertina: Mattia Cattaneo (foto Bettini)
Cari lettori,
eccomi qua per la seconda pagina del mio diario. C’eravamo lasciati al mio esordio nelle corse del Belgio e come promesso vi racconterò come è andata.
La prima corsa lassù è stata Harelbeke, una classica del circuito World Tour che prevede un percorso simile al più conosciuto e atteso Giro delle Fiandre. In questa corsa ho faticato parecchio, forse a causa della ancora poca esperienza quassù e per il clima molto rigido e sicuramente per l’altissimo livello di corridori presenti.
Dopo due giorni, alla Gand – Wevelgem, la giornata più ostile per me. La giornata era davvero epica, con neve e clima molto molto freddo ma gli organizzatori, con una taglio di percorso, sono riusciti a far partire la corsa anche se molti corridori erano contrari visto le condizoni. Comunque dopo aver fatto i primi 60/70 km in bus, la corsa è partita ma dopo pochissimo, a causa del vento, si sono formati molti ventagli. Io purtroppo sono rimasto nel 4/5 ventaglio e dopo aver inseguito per cercare di rientare, al km 60 circa, ho dovuto, insieme ad alcuni atleti e compagni di squadra, ritirami. Vi confesso che il morale era molto basso, ma fortunatamente qualche giorno dopo, durante la 3 Giorni di La Panne, ho avvertito sensazioni migliori e, anche se facendo molta fatica, sono riuscito a terminare la prima tappe nel primo gruppo e nei giorni successivi a comportarmi discretamente nella crono conclusiva di questa breve corsa.
In questi tre giorni la condizione è migliorata e al termine sono stato selezionato dalla mia squadra, il Team Lampre – Merida, come uno degli 8 corridori che avrebbero partecipato tre giorni dopo ad una delle classiche più belle di tutto il calendario mondiale, il Giro delle Fiandre.
Questa corsa mi ha sempre affascinato molto ma arrivare alla mattina della corsa e vedere quanta gente era presente alla partenza mi ha fatto capire quanto è bella e sentita questa corsa. L’ emozione era molta, come la voglia di fare bene per la squadra e poi per me anche.
Qualche giorno prima avevamo fatto una breve ricognizione sul percorso per vedere i muri più importanti e duri, e avevo capito subito quanto sarebbe stata impegnativa questa corsa. Fin dalla partenza ho cercato invano la fuga, ma quando la corsa è entrata nel vivo sono riuscito a restare con i migliori fino a 15 km dal traguardo, quando le gambe non hanno più retto. Fin lì ho cercato di aiutare più che potevo il nostro capitano.
Personalmente sono stato molto soddisfatto del mio Giro delle Fiandre, anche se un po’ rammaricato per non esser riuscito ad aiutare molto la squadra; ho cercato di fare il massimo ma ancora una volta il livello era altissimo e ho potuto fare poco.
Esco da questi 10 giorni in Belgio con un bagaglio si esperienza enorme; ho imparato più cose lassù in queste corse che in tutti gli anni che corro in bici e nelle corse dei miei sogni, ci metto sicuramente il Giro delle Fiandre, una corsa dura quanto bella… MOLTISSIMO!!!
Ora, dopo una settimana di recupero attivo e una di ripresa con allenamenti un pò più impegnativi mi appresto a partecipare al Giro del Trentino, impegnativa corsa a tappe dal 16 al 19 aprile. La condizione sembra ottima, vediamo di fare bene dando il massimo per la squadra e cercando di essere il più utile possibile.
Per ora vi saluto, ma presto vi aggiornerò sulle mie prossime corse !!
A Presto
Mattia
PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DELLA PARIGI – ROUBAIX
aprile 9, 2013 by Redazione
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Superlativo Cancellara che firma la tripletta, Vanmarcke sorpresa del giorno. Altra delusione da parte di Pozzato e anche un indomito Paolini lontano dalle prime posizioni.
Foto copertina: Fabian Cancellara, promosso con lode (foto Bettini)
Fabian Cancellara: senz’altro la più bella tra le Classiche del Nord conquistate in carriera dallo svizzero perché la più sofferta, complice la doppia caduta patita nell’ultima settimana. Benché non in perfette condizioni fisiche e nonostante tutti gli altri favoriti gli abbiano corso contro sin dalle prime battute di gara, è stato molto intelligente nel gestire la squadra per poi, arrivato il suo momento, infilzare uno dopo l’altro gli avversari con cambi di ritmo “spezza gambe”. La guerra di nervi vinta all’interno del velodromo di Roubaix giunge a coronamento di una gara perfetta, condotta da autentico maestro del pavè: forse il più grande specialista degli ultimi vent’anni. Voto: 10 e lode
Sep Vanmarcke: sorpresa, sì, ma solo parzialmente se è vero che il giovane belga è stato capace di battere Boonen nell’unica gara sul pavè persa da quest’ultimo nella passata stagione. E’ necessario avere tante energie e anche tanto coraggio per non lesinare cambi regolari ad un fenomeno come Cancellara. La freddezza mostrata in volata l’anno scorso contro Boonen, questa volta è mancata, complice anche lo sforzo profuso per contenere le trenate di Cancellara nel finale. Voto: 9,5
Niki Terpstra, Greg Van Avermaet: entrambi partiti come spalle dei rispettivi capitani (Chavanel e Hushovd) si sono ritrovati, per via delle scarse prestazioni dei propri leader, a gestire una situazione di corsa inaspettata ma estremamente favorevole. Il risultato finale premia senz’altro i loro sforzi e rappresenta una giusta misura delle loro potenzialità. Voto: 8
Damien Gaudin: dopo aver tirato come un forsennato tutta la gara, rilanciando continuamente l’andatura dei vari gruppetti in cui riusciva regolarmente ad infilarsi, il tutto per agevolare un eventuale attacco di capitan Turgot (che lo scorso anno meravigliò tutti gli appassionati con le sue progressioni sul pavè che porta a Roubaix), si è trovato infine a giocarsi in prima persona il podio. Voto: 8
Zdenek Stybar: eccelso ciclocrossista, da quest’anno ha deciso di dedicarsi totalmente al ciclismo su strada. Solo la sfortuna lo ha messo fuori dai giochi per la vittoria quando appariva ancora più fresco del compagno di fuga Vanmarcke. Le acrobazie di cui si è reso protagonista nel finale per riuscire a non cadere sono state la testimonianza di una lucidità non ancora appannata dalla fatica. Voto: 8
Juan Antonio Flecha: questo navigato specialista del pavè non ha mai corso nell’anonimato la corsa che più ama e questa edizione non ha fatto eccezione. Lo spagnolo ha tentato più volte di anticipare le mosse degli altri favoriti ed è stato anche uno dei pochi temerari ad azzardarsi a concedere qualche cambio a Cancellara. Nel finale ha colto l’ennesimo piazzamento nei dieci. Voto: 7
Luca Paolini: non ha mai amato particolarmente “L’inferno del Nord” anche per via della sua minuta costituzione che non lo aiuta di certo ad affrontare la ‘corsa delle pietre’. Ciononostante anche quest’anno si è dimostrato tra i più attivi e sebbene abbia interpretato con la giusta lucidità le varie fasi della gara, la sfortuna di una foratura in un momento cruciale lo ha relegato al ventunesimo posto. Voto: 6,5
Lars Boom: capitano e tra i più attesi della corsa, ha dimostrato di non possedere il fondo necessario per competere con i migliori. Al di là di qualche sparata fatta senza troppa convinzione, non si è mai visto. Voto: 4
Thor Hushovd: nonostante tutta la BMC fosse a sua disposizione (in particolare Phinney: voto 7), anche questa gara, dopo il Giro delle Fiandre, si è conclusa nell’anonimato. A parziale discolpa si possono ricordare gli incidenti subiti in corsa che, tuttavia, sono spesso i segnali di un non perfetto stato di forma. Voto: 4
Sylvain Chavanel: dopo la defezione di Boonen, si è trovato capitano unico della Quick-Step. Tuttavia, invece di sfruttare l’occasione della vita data anche la non più giovane età, non ha avuto le gambe e la testa per competere con i primi. Voto: 3
Edvald Boasson Hagen: promessa del ciclismo mondiale ormai da qualche stagione, il polivalente ciclista norvegese in grado teoricamente di vincere tutte le gare in linea, anche in questa occasione è stato respinto e, a 26 anni, deve ancora riuscire a vincere una Grande Classica. Voto: 3
Filippo Pozzato: doveva essere l’anti-Cancellara ma, anche questa volta, Pippo non riesce ad arrivare competitivo, come lui potrebbe esserlo, agli appuntamenti stagionali più congeniali alle sue caratteristiche tecniche. Un inizio di stagione del tutto insufficiente per un atleta dalle sue potenzialità. Voto: 3
Francesco Gandolfi
gandolfi.francesco@libero.it
IL CAPOLAVORO TATTICO DI CANCELLARA A ROUBAIX
aprile 8, 2013 by Redazione
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, Approfondimenti
Non solo gambe: nel terzo trionfo a Roubaix c’è più testa che cuore. L’analisi tattica del “tutti contro Cancellara”. La sua vittoria più bella?
Foto copertina: la smorfia di Cancellara sul traguardo della Roubaix (foto AFP)
Nel velodromo di Roubaix, Fabian Cancellara è tra lo stremato e lo stupito. “Pure fighting”, ripete per tre volte all’intervistatore. “Pura battaglia”. Conquistare la sua terza Roubaix, dopo 2006 e 2010, nonché 76esima perla in carriera è stata, ammette la Locomotiva svizzera, “la più grande battaglia da quando vado in bici”. Alla fine di un inferno di polvere e pietre, Cancellara si chiede: “Come ho fatto?”. Te lo spieghiamo noi, Fabian: di testa, più che di gambe.
Certo, le gambe non le possiamo dimenticare. Perché quando per 5h45’33” mulini i pedali alla media di 44,02km/h su quelle mulattiere di porfido e chiudi la seconda Roubaix più veloce della storia (dietro solo a quella di Peter Post del ’64 a 45,13km/h), vuol dire che cosce e polpacci hanno fatto il loro lavoro. Eppure, proprio dal dato della velocità media conviene iniziare per spiegare come Cancellara la Roubaix l’abbia portata a casa a colpi di calcoli più che di pedali, di sangue freddo più che di cuore.
Partire da favorito non è cosa semplice. E Cancellara lo ricorda bene: proprio su queste strade nel 2011, il suo strapotere convinse i suoi avversari – o, meglio, i diesse dei suoi avversari – a far attaccare le seconde linee da lontanissimo. Rammentiamo tutti come andò: a nulla valse il feroce inseguimento di un Cancellara a cui Ballan e Hushvod non davano mezzo cambio per recuperare Vansummeren, in fuga dal mattino, che trionfò con appena 19” sullo svizzero.
Oggi come due anni fa, l’avvicinamento all’Inferno del Nord era stato dominato da una sola parola: “anticipare”. Che tradotto dal gergo ciclistico significava: isolare Cancellara dalla sua squadra. La stessa che sette giorni fa al Fiandre aveva dato dimostrazione di avere i corridori per tenere cucita una corsa (Devolder, Popovych, Rast, Irizar ma anche un campione che verrà, Bob Jungels). E per isolare la Radio Shack una e una sola cosa bisognava fare: attaccare a ripetizione.
Ne esce una corsa fulminea, con la prima ora inghiottita a 49,9km/h. Nessuna fuga a prendere un discreto vantaggio. Addirittura Thomas e Boasson Hagen che a meno 135km provano a portar via un’azione di una quindicina di uomini. Niente da fare: la Radio Shack non lascia andar via nessuno. Tirare per così tanti chilometri ha un costo: prima o poi ti squagli. E il punto di ebollizione la Radio Shack lo raggiunge a meno 58km, quando le sue casacche scompaiono dalla testa del gruppo. Da questo momento, Cancellara dovrà far da solo.
E da solo Cancellara fa. O almeno ci prova. 46 chilometri all’arrivo. Pavé di Mons-en-Pévèle. La Locomotiva di Berna apre il gas. Quando terminano pietre e accelerazione, Cancellara resta con gli 11 che si giocheranno la corsa. Qui cambia la Roubaix. E nasce una situazione che manda in solluchero gli amanti della tattica.
Cancellara ha di fronte un dilemma. “Siamo in dodici, non ho compagni di squadra ma l’Omega ha 3 uomini e la Blanco 2. Ho le gambe migliori della truppa ma non dei giorni migliori. Sono caduto, sia allo Scheldeprijs che in ricognizione. Le botte si fanno sentire. Posso fare il vuoto ma poi non ho la continuità per portare l’azione all’arrivo. Di riprovare azioni stile Harelbeke e partire a qualche decina di chilometri dall’arrivo non se ne parla”.
Continua il ragionamento: “Ora si gioca a tutti contro Cancellara. Mi attaccheranno di qui al velodromo. Se li rincorro tutti, mi spremo e il destino mi restituisce lo scherzetto che ho fatto ha Sagan alla Sanremo, dove ha dovuto chiudere su tutti per poi perdere in volata da Ciolek”.
Cancellara tenta l’azzardo. Lasciare andare quelli che suppone essere i gregari per evitare di dover rintuzzare tutti gli allunghi. Tenersi a fianco i più quotati, leggi Terpstra e Boom. E poi, capolavoro, staccarli con un allungo a sorpresa in un tratto insignificante di asfalto a 31 dall’arrivo.
Piano perfetto, non fosse per la forza della Omega. Pur senza Boonen (e una sua costola), alla squadra belga quasi riesce l’altro capolavoro tattico della Roubaix. Perché quando Cancellara sta per rientrare davanti, via radio arriva l’ordine a Vanderbergh di attaccare, portandosi dietro l’apparentemente innocuo Vanmarcke. Di modo da tenere in testa un uomo quando si formerà la fuga decisiva. E addirittura, quando sul pavé di Bourghelles, Cancellara riaccelera, è l’altro Omega Stybar a portarsi sulla ruota dello svizzero. Così, alle porte del Carrefour de l’Arbre, nella fuga a quattro decisiva, ci sono comunque due pedine della squadra belga.
Dicevamo capolavoro quasi riuscito? Già, perché dei due Omega uno capitombola e l’altro si salva solo con un miracolo funambolico ma perdendo l’aggancio del pedale e, di conseguenza, il treno buono. Sfortuna, si dirà. Certo, quando uno spettatore decide di sporgersi proprio quando passi tu si può citofonare solo alla iella. Eppure, entrambi gli Omega sono caduti (uno metaforicamente, l’altro meno) cercando quella sottile linea (non rossa ma) gialla di terra. Se ne hai davvero, il pavé lo puoi anche affrontare a muso duro.
Chiusa la parentesi tattica della Omega, torniamo a quella di Cancellara. Il quale, senza gambe immensamente superiori a quelle dei rivali, è comunque riuscito a portare a casa la Roubaix. Che non fosse il miglior Cancellara di sempre lo si è visto quando ha provato per tre volte a fare il vuoto (alla Cancellara) sul pavé, senza successo. Decisiva per trionfare è stata dunque la lettura della corsa, la capacità di mantenere freddo il sangue nei momenti più frenetici.
Così come la gestione della fuga a due con Vanmarcke. Cancellara la chiamerà “pure fighting”, per noi è “esperienza e mestiere, capitolo uno”. Lo svizzero ha fatto un eccellente uso del proprio carisma nei confronti del giovane belga, costringendolo a dare qualche cambio di troppo, a rincorrere uno scatto a 4,1km dall’arrivo, a ingobbirsi (da spavaldo che era) in vista dello sprint, dove il portacolori della Blanco è comunque partito con troppo anticipo, quei 15 metri in più che le sue gambe non hanno retto.
Quando lo incontrai una mattina di primavera del 2009 in un bar vicino a Bologna, di Fabian Cancellara mi colpì una cosa. Alla domanda se puntasse a vincere la cronosquadre d’apertura del Giro del centenario a Venezia, mi rispose che sì, ci teneva, soprattutto perché era a Venezia e nel Giro del centenario e perché lui cerca sempre di dare un valore aggiunto ai suoi successi. Oggi, a Roubaix nel sacco, lo svizzero ha commentato: “E’ bello arrivare da solo, per lo spettacolo. Stavolta invece è stata una lotta fino all’ultimo millimetro”. Non mi stupirei se, nelle sue memorie, Cancellara ricordasse questa come la sua vittoria più bella. Io, nella mia, ne sono già convinto.
Federico Petroni
Continua l’omaggio delle firme storiche di ilciclismo.it in occasione del decennale della testata. Oggi è tornato a scrivere per noi l’ex condirettore Federico Petroni, che ringraziamo.
La redazione
PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DEL GIRO DELLE FIANDRE
aprile 2, 2013 by Redazione
Filed under 3) GIRO DELLE FIANDRE, Approfondimenti
Insuperabile Cancellara, bravo Sagan ma ancora una volta battuto. Prova opaca degli italiani, ad esclusione dell’ottima prestazione di Mirko Selvaggi.
Foto copertina: il podio del Giro delle Fiandre 2013 (foto Bettini)
Fabian Cancellara: nelle pagelle della Milano – Sanremo avevo scritto che l’elvetico sembrava aver perso parte della sua eccezionale potenza. Dopo le fenomenali progressioni viste sul vecchio Kwaremont e sul Paterberg devo con piacere rivedere la mia tesi precedente. Tutti, non solo Sagan, sono stati demoliti dal ritmo asfissiante imposto alla corsa da Cancellara e dai suoi gregari. Questa vittoria lo inserisce di diritto tra i più grandi interpreti di corse sul pavè della storia, perché vincere in solitaria dopo aver fatto il vuoto sui muri è una impresa d’altri tempi. Voto: 10
Peter Sagan: l’età è dalla sua ma per il momento deve ancora inchinarsi di fronte alla potenza incontenibile del ‘ treno di Berna’. Sperava di restare agganciato alle ruote dello svizzero, ma dapprima il Kwaremont e successivamente le accelerate sul Paterberg da parte di Cancellara lo hanno piegato. Il Fiandre è la seconda grande classica che sfugge allo slovacco il quale, per il momento, si consola con la Gand – Wevelgem. Voto: 8
Jurgen Roelandts: prima classica corsa da capitano, il forte belga della Lotto è stato capace di centrare subito un podio prestigioso. Molto bravo nell’anticipare l’azione dei favoriti, ha dimostrato di possedere delle notevoli doti di fondo grazie alle quali potrà togliersi diverse soddisfazioni in futuro. Voto: 7,5
Alexander Kristoff: dopo il bronzo conquistato alle Olimpiadi del 2012, coglie un quarto posto che risolleva in parte il bilancio della squadra. Voto: 6,5
Mirko Selvaggi: l’unica nota positiva per gli italiani l’ha rappresentata questo giovane passista della Vacansoleil che, in fuga per molti chilometri, ha dimostrato di trovarsi a proprio agio sulle pietre del Fiandre. Voto: 7
Luca Paolini: sorretto da un buono stato di forma, sempre tra i primi fino alle battute decisive, ha provato sino all’ultimo di ottenere un posto nei primi cinque quando ormai l’esito della corsa era già segnato. Voto: 6
Filippo Pozzato: grande delusione di giornata, nonostante la pedalata sembrasse quella dei giorni migliori, non si fa trovare pronto nel momento cruciale della corsa. Lo aspettiamo fiduciosi la prossima settimana alla Roubaix. Voto: 4
Sylvain Chavanel: uscito con una grande condizione dalla Tre giorni di La Panne, poteva sfruttare i gradi di capitano dopo l’uscita di scena di uno sfortunato Tom Boonen. La squadra lo ha supportato al meglio, specialmente Kwiatkowski (voto: 7), ma le gambe del francese hanno mal digerito le trenate di Cancellara. Voto: 4
Thor Hushovd: data l’assenza di Gilbert, il norvegese era il capitano designato della BMC. Non è mai entrato nel vivo della corsa. Rimandato alla prossima Roubaix. Voto: 4
Francesco Gandolfi
gandolfi.francesco@libero.it
DIARIO DI TALENTO – MATTIA CATTANEO
marzo 27, 2013 by Redazione
Filed under Approfondimenti, MATTIA CATTANEO
Nel decennale di ilciclismo.it riprendiamo la rubrica del “diario di talento” con la quale il sito si fece conoscere nel 2003. Allora il giovane campione in erba era Damiano Cunego, ora ha scrivere per noi sarà un altro campioncino della scuderia Lampre, il bergamasco Mattia Cattaneo
Foto copertina: Mattia Cattaneo (foto Bettini)
Ciao a tutti
sono Cattaneo Mattia, ragazzo del TEAM LAMPRE MERIDA al primo anno da professionista. Cercherò tramite questo diario di farvi “ entrare” il più possibile all’interno dei miei impegni cercando di trasmettervi anche le mie sensazioni e le mie emozioni durante corse, ritiri e allenamenti per la stagione 2013.
Vi scrivo dal Belgio in quanto, dopo le prime corse della stagione e la bellissima esperienza appena conclusa alla Parigi – Nizza (prima corsa PRO TOUR per me) ho l’opportunità di partecipare alla prima parte delle classiche del Belgio. Per me è un’enorme emozione poter essere al via delle prossime gare; quassù sarà una soddisfazione non da poco, al fianco di campioni che fino a pochi mesi fa vedevo solo in televisione. Sicuramente saranno giorni molti duri e faticosi ma sono certo che queste corse mi faranno crescere e mi permetteranno di ampliare il mio, per ora molto ristretto, bagaglio di esperienza, cercando nel frattempo di aiutare il più possibile i miei capitani e la squadra a cogliere il miglior risultato possibile.
Questa prima parte di stagione per me è stata positiva; ho iniziato a gennaio in una corsa parecchio particolare, l’ Amissa Bongo (una corsa a tappe in Africa, più precisamente in Gabon), per poi continuare con la Challenge Mallorca e, dopo un breve assaggio di Belgio alla Omloop Het Nieuwsblad, è arrivata la prima corsa Pro Tour della mia vita: la Parigi – Nizza.
Voglio soffermarmi su quest’ultima corsa non perché le altre non siano state belle o difficili ma naturalmente questa era un gradino sopra le altre corse fin ora disputate. Sono partito per l’esperienza francese con molta convinzione e con la voglia di essere utile alla squadra e dopo una settimana di fatiche sono riuscito, al di là di ogni mia previsione, a togliermi anche una piccola, ma per me importante, soddisfazione, effettuando una buona cronoscalata finale da Nizza al Col d’ Eze (21° a 1′35″ da Richie Porte, ndr). Come dicevo prima non sono mancati i momenti duri in alcune situazioni di corsa che, però, mi sono serviti per capire quanto lavoro bisogna ancora fare per crescere e per cercare di migliorare sempre più.
Il morale ora è molto alto, la voglia di far bene è tanta e quindi ora BELGIO!!! Queste corse hanno sempre avuto, per me, un fascino particolare: il pavè, i muri, la gente e l’atmosfera che si respira quassù penso siano unici. Ora sono “dentro” tutto questo e sono emozionato, carico e consapevole che questa esperienza mi rimarrà sempre dentro.
Per ora vi saluto, ma presto vi racconterò come è stato il mio approccio all’INFERNO DEL NORD!!!
A presto
Mattia
SPUNTINI DI GAND di Michele Tomasi – BUON COMPLEANNO ILCICLISMO.IT
marzo 26, 2013 by Redazione
Filed under 2) GAND - WEVELGEM, Approfondimenti
Quest’anno ilciclismo.it compie 10 anni, un traguardo che festeggeremo richiamando per un giorno in redazione i nomi storici della redazione, ai quali abbiamo chiesto di commentare un grande appuntamento della stagione 2013. Comincerà il vicentino Michele Tomasi, vicedirettore del sito all’epoca della direzione Patrone: a lui il compito di proporci alcune stuzzicanti spunti di riflessioni sulla Gand-Wevelgem di domenica scorsa.
Foto copertina: Sagan sul Kemmelberg (demotix.com)
Anche questa Gand è andata, anche se il meteo sembrava ancora una volta contro il ciclismo su strada; la corsa difatti è stata accorciata e con punto di partenza spostata per evitare la neve caduta nella notte.
Comunque tornando a noi, cosa possiamo trarre da questa Gand?
Ecco alcuni spunti per riflessioni.
Sagan
Se ce ne fosse stato bisogno, Sagan ha dimostrato di saper vincere e che vittoria!
Non solo vince volate di gruppetto, di gruppo, ma facendo anche azioni in prima persona quando avrebbe potuto attendere con abbastanza sicurezza la volata finale di gruppetto.
Ma anche qui ha dimostrato la sua intelligenza tattica, oltre che fisica; quando ha visto la scarsa collaborazione dei suoi compagni di fuga ha preso di petto la corsa, portando a casa una vittoria di classe.
Oramai sono stati usati tutti gli aggettivi possibili per Peter, e non sorprende che già in questo periodo girino voci di squadre ProTour intenzionate a portarselo in casa propria per il 2014.
Ricordiamoci inoltre che ha solo 23 anni!
Omega Pharma
Come succede da alcuni anni, l’Omega Pharma è la squadra da battere nelle Classiche sul pavè.
Però anche oggi qualcosa è mancato.
Avevano davanti Vanderbergh, uno degli uomini della squadra in palla in questo periodo, ma dietro nel gruppo principale sono mancati quei gregari a dar supporto a Cavendish, che di solito ci sono.
Inoltre Cavendish ha fatto una volata nel gruppo principale al di sotto delle sue possibilità, forse dovuto al nervosismo che aveva dimostrato a circa 35-40 km dalla fine, quando ha visto che non c’era molta collaborazione e si era messo in prima persona a tirare.
Quindi come detto, l’Omega Pharma ha deluso in una delle corse di casa, dove partiva come pretendente alla vittoria finale con 2 carte importanti come Boonen e Cavendish da giocare.
Team Sky
La squadra inglese dopo la scorsa campagna acquisti aveva dimostrato lo scarso interesse per le Classiche del Nord lasciando Eisel praticamente da solo.
Eisel oggi si è fatto vedere davanti nella classica che più gli si addice e che aveva vinto nel 2010, ma il resto della squadra è risultata abbastanza anonima.
Da una formazione del calibro del Team Sky e della sua disponibilità economica quindi ci si aspetterebbe molto di più; ci sono molti buoni corridori per corse come la Gand, ma quello che manca è l’uomo di punta che faccia la differenza.
Amador
Questo ragazzo merita una citazione, perché veramente sta dimostrando doti di versatilità che di questi tempi stanno diventando veramente rari.
In pochi lo conoscono anche se corre da diversi anni nella Movistar, da quando si chiamava ancora Caisse d’Epargne.
Già l’anno scorso aveva fatto intravedere qualcosa, sia nelle corse a tappe che nelle Classiche.
Ma anche oggi sembrava a proprio agio, in una corsa che vedeva neve e freddo, il tutto non molto comune se vieni dalla Costa Rica.
Sicuramente sarà un nome che sentiremo ancora presto.
Italiani
Ed i nostri?
A parte Paolini che si è messo davanti al gruppo a dar cambi, probabilmente con in previsione il Fiandre, i nostri sono un po’ mancati.
Pozzato era nel gruppo principale, come molti altri big, ma almeno oggi non è apparso brillantissimo.
Quindi incrociamo le dita e speriamo che per le prossime corse del Nord le cose vadano meglio, con i nostri nelle posizioni che contano.
Michele Tomasi
PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DELLA MILANO – SANREMO
marzo 19, 2013 by Redazione
Filed under 1) MILANO - SANREMO, Approfondimenti
Magistrale Ciolek, ottime prestazioni anche di Chavanel e Stannard. Male invece gli italiani Nibali e Pozzato, grandi attesi della vigilia.
Foto copertina: Ciolek giù dal Poggio (foto Bettini)
Gerald Ciolek: fino a qualche anno fa, dopo il ritiro di Zabel, contendeva insieme ad Haussler il titolo di miglior velocista di Germania. Il secondo fu battuto da Cavendish alla Classicissima 2009 per pochi millimetri, al termine di una volata tiratissima mentre Ciolek, erede designato di Zabel nonché suo pupillo, nelle ultime stagioni si era un po’ perso. Nelle volate di gruppo nei Grandi Giri risultava molto spesso piazzato e quasi mai vincente forse perché gli mancava la potenza necessaria per competere con gli sprinter puri più forti al mondo. La Sanremo ha dimostrato, infatti, che Gerald non può essere considerato solo un velocista ma un atleta completo capace, dopo tanti chilometri percorsi al freddo sotto la pioggia, di resistere agli allunghi degli scattisti sul Poggio. Nella volata finale, poi, è emerso il suo istinto da velocista che gli ha permesso di “saltare” agevolmente lo slovacco Sagan, autore di una volata totalmente sbagliata. Voto: 10 e lode
Peter Sagan: il secondo posto costituisce il meritato riconoscimento per chi, come lo slovacco, non dimostra rispetto per gli avversari in gara. Sempre smargiasso e un po’ arrogante, anche in questa Sanremo ha aspettato che altri ciclisti prendessero l’iniziativa per poi, eventualmente, batterli in volata. Molto lesto nel seguire Paolini e Cancellara sul Poggio, sperava che quest’ultimo si mettesse come suo solito in testa a tirare a tutta fin sul traguardo, per poi ripagare questa generosità bruciandolo sulla linea del traguardo. Invece, lo svizzero quest’anno (memore delle due passate edizioni) ha collaborato con il gruppetto degli attaccanti ma con meno foga e così lo slovacco ha dovuto esporsi maggiormente per riuscire a tenere compatto il drappello fin sull’arrivo. In volata, poi, ha incredibilmente sottovalutato le potenzialità di Ciolek (che, da bravo velocista, gli si era incollato a ruota) impostando un lungo sprint e partendo spavaldamente dalla testa del gruppo, nell’assoluta certezza di poter comunque battere tutti. Con questa sbruffoneria non si vincono le corse, né tantomeno una gara difficile e ambita come la Classicissima. Voto: 8
Fabian Cancellara: l’impressione è che nelle ultime due stagioni abbia perso parte della potenza che lo ha reso famoso e questo spiegherebbe la condotta di gara meno arrembante tenuta alla Sanremo. Oltre a questo aspetto è necessario, tuttavia, sottolineare il fatto che tra lo svizzero e Sagan non corre buon sangue e quindi per nessuna ragione Cancellara avrebbe favorito una vittoria dello slovacco. Inoltre, già nelle edizioni 2011 e 2012 la Locomotiva di Berna era stata beffata proprio sul traguardo da avversari che, in entrambe le occasioni, avevano sfruttato indecorosamente la sua generosità. Conquista comunque un podio prestigioso che non può non confortarlo in vista delle sue classiche preferite: Giro delle Fiandre e Parigi – Roubaix. Voto: 8
Luca Paolini: senza questa vecchia guardia del ciclismo molto probabilmente il drappello di uomini che è giunto a giocarsi la corsa non si sarebbe mai formato. Infatti è stato proprio il lombardo a dar fuoco alle polveri sul Poggio, e nel momento dello scatto abbiamo intravisto lo stesso corridore che risultò fondamentale per la conquista della Sanremo 2003 da parte di Bettini. Purtroppo gli anni passano e Luca ha perso parte dello spunto veloce che aveva un tempo e nella volata finale non è riuscito a cogliere un risultato migliore di un pur ottimo quinto posto. Voto: 7,5
Sylvain Chavanel: protagonista dell’azione più pericolosa condotta tra Cipressa e Poggio. Se si fosse risparmiato maggiormente, magari evitando di rispondere alla forte progressione di Stannard su quest’ultima salita, avrebbe potuto resistere al rientro degli inseguitori. Coglie comunque un onorevole quarto posto che fa ben sperare il francese in prospettiva delle classiche fiamminghe. Voto: 7,5
Ian Stannard: questo massiccio ciclista britannico è tra i promotori, insieme a Chavanel, di un’ottima azione fin sul Poggio. Nonostante abbia corso tutta la gara come punto di appoggio per il capitano Boasson Hagen, mette addirittura in difficoltà il transalpino su di un terreno, la salita, apparentemente sfavorevole alle sue caratteristiche fisiche. Stannard rappresenta l’ennesima sorpresa che ci ha riservato una formazione, quella del Team Sky, sempre più protagonista assoluta del ciclismo internazionale. Voto: 7,5
Vincenzo Nibali: sperava di correre la Sanremo sotto la pioggia così da veder esaltate le sue doti da discesista. Purtroppo per il siciliano, insieme alla pioggia, è sopraggiunto un freddo artico che lo ha costretto ad abdicare. Voto: 5
Philippe Gilbert: giunto all’appuntamento con la Classicissima ancora un po’ in sovrappeso, prova ad anticipare gli altri favoriti, promuovendo un’azione prima di affrontare la salita del Poggio. Purtroppo il suo tentativo è naufragato prima ancora di imboccare lo strappo. Voto: 5,5
Mark Cavendish: evidentemente a suo agio con pioggia e freddo, è tra i pochi velocisti (Petacchi, Goss – Voto: 4) a resistere fin sul Poggio. Il risultato finale non premia la sua tenacia ma la sua prova è comunque da apprezzare. Voto: 5,5
Filippo Pozzato: aveva dichiarato alla vigilia di essere in ottima forma, bisogna sperare che si sia sbagliato. Infatti, dopo essere riuscito a rientrare sul gruppetto degli attaccanti (fra cui Gilbert) lungo la discesa della Cipressa, speravamo di vederlo attaccare sul Poggio. Invece, non solo non ha promosso nessuna azione, ma non è stato nemmeno capace di reggere il ritmo imposto da Paolini. Voto: 4,5
Tom Boonen, Thor Hushovd, Edvald Boasson Hagen: questi imponenti ciclisti del nord, amanti delle condizioni estreme che si trovano spesso nelle Classiche fiamminghe, si sono arresi all’eccezionale ondata di maltempo che si è abbattuta sulla Milano – Sanremo. Voto: 3
Francesco Gandolfi
gandolfi.francesco@libero.it