TU QUOQUE PHIL! BAUHAUS VINCE IN VOLATA A RZESZOW. HIGUITA RESTA IN GIALLO
Phil Bauhaus (Team Bahrain Victorious) vince in volata a Rzeszow in un altro finale caotico, condizionato da un’altra caduta. Il tedesco ha la meglio su Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) e Nikias Arndt (Team DSM). Su quattro tappe conclusesi in volata, in attesa di quella conclusiva di Cracovia, la vittoria è andata a quattro ciclisti differenti. Domani in programma la cronometro che deciderà il vincitore della corsa polacca
I 178 km della quinta tappa del Giro di Polonia da Łańcut a Rzeszów potrebbero ricalcare il canovaccio della tappa precedente, con una fuga ripresa a qualche km dall’arrivo ed i velocisti che si giocano la vittoria. I due GPM di Dynow e di Rzeszow, posti rispettivamente a 64 km ed a 30 km dall’arrivo, sono entrambi di terza categoria e non dovrebbero impensierire più di tanto le ruote veloci presenti in gruppo. I big di classifica dovranno comunque tenere gli occhi aperti alla vigilia della tappa decisiva, la cronometro di Stacja Rusinski e Sergio Higuita (Team BORA Hansgrohe) lo sa bene visto che ieri è caduto a 2 km e mezzo dall’arrivo. Da Łańcut non partiva Mauro Schmid (Team Quick Step Alpha Vinyl). La fuga si giornata partiva abbastanza presto, approfittando anche dei continui saliscendi presenti nelle prime fasi della tappi. Erano sette i ciclisti che riuscivano ad evadere dal gruppo: Yevgeniy Fedorov (Team Astana Qazaqstan), Shane Archbold (Team BORA Hansgrohe), Sean Quinn (Team EF EDucation EasyPost), Boy Van Poppel (Team Intermarchè Wanty Gobert), Mads Wurtz Schmidt (Team Israel Premier Tech), Mateusz Grabis e Jakub Murias (Nazionale Polacca). Dopo circa 15 km riusciva a rientrare sui sette ciclisti in testa alla corsa anche Michal Schlegel (Team Caja Rural). Dopo 20 km il vantaggio della fuga sul gruppo maglia gialla era di 3 minuti e 20 secondi. Dopo 80 km il vantaggio della fuga era di 4 minuti e 40 secondi. Oltre alle squadre dei velocisti, in testa al gruppo maglia gialla si faceva vedere anche uomini della INEOS e della Bahrain Victorious, visto che Sean Quinn era il più pericoloso in classifica generale, avendo un ritardo di soli 29 secondi da Higuita. Quinn si aggiudicava il primo traguardo volante di Dynow posto al km 111.7. Poco più tardi Murias scollinava per primo sul GPM di Dynow, posto al km 114. Era in particolare il Team Bahrain Victorious a tirare il gruppo visto che oltre a Pello Bilbao ben posizionato in classifica generale, Jonathan Milan puntava a migliorare i due podi ottenuti nelle tappe precedenti. Wurtz Schmidt scollinava sul secondo GPM di Rzeszow posto al km 147.7. Il gruppo si faceva sempre più minaccioso alle spalle dei fuggitivi e a questo punto in testa alla corsa iniziavano gli scatti. Gli ultimi ad essere ripresi dal gruppo maglia gialla erano Wurtz Schmidt e Quinn, a poco più di 3 km dall’arrivo. Nella volata, questa volta completamente in pianura, ad avere la meglio era Phil Bauhaus (Team Bahrain Victorious), che precedeva Arnaud Demare (Team Groupama FDJ) e Nikias Arndt (Team DSM). Chiudevano la top five Max Kanter (Team Movistar) in quarta posizione ed Edward Theuns (Team Trek Segafredo) in quinta posizione. Nella top ten si segnalavano anche il sesto posto di Jonathan Milan (Team Bahrain Victorious) ed il nono posto di Jacopo Guarnieri (Team Groupama FDJ). Bauhaus ottiene la seconda vittoria stagionale dopo quella nella settima tappa della Tirreno Adriatico. Un’altra caduta, avvenuta all’interno dei 3 km finali, spezzava il gruppo in più tronconi ma il tempo di molti ritardatari sarebbe stato neutralizzato al termine della tappa. In classifica generale resta tutto invariato con Higuita che resta in maglia gialla davanti a Pello Bilbao (Team Bahrain Victorious) e Quinten Hermans (Team Intermarchè Wanty Gobert), rispettivamente a 4 ed a 6 secondi di ritardo. Come detto all’inizio, domani è in programma la sesta tappa, quella che deciderà al 99% il vincitore del Giro di Polonia 2022. Si parte da Gronkow e si arriva nella piccola stazione di sport invernali di Rusiński dopo 12 km che offrono un tracciato in costante salita per i primi 10 km, mentre gli ultimi due sono divisi equamente tra discesa e pianura. In particolare, dal km 8 al km 10 la strada sale costantemente al 6%, quindi saranno favoriti quei ciclisti che oltre ad avere buone capacità contro il tempo, hanno anche doti da fondista, in considerazione dello sforzo che bisognerà profondere.
Giuseppe Scarfone

Phil Bauhaus vince a Rzeszow (foto: Bas Czerwinski/Getty Images)
ACKERMANN, SPUNTO VINCENTE A LESKO. HIGUITA RESTA IN MAGLIA GIALLA
Nel convulso finale della quarta tappa del Giro di Polonia, che vede anche la caduta della maglia gialla Sergio Higuita (Team BORA Hansgrohe), fortunatamente per lui all’interno dei 3 km che precedono l’arrivo, Pascal Ackermann (UAE Team Emirates) vince in volata davanti a Jordi Meeus (Team BORA Hansgrohe) e Jonathan Milan (Team Bahrain Victorious). Domani altra tappa favorevole ai velocisti prima della decisiva cronometro individuale di Wierch Rusinski.
La terza tappa del Giro di Polonia 2022 ha smosso le acque tra i pretendenti alla vittoria finale e com’era prevedibile i velocisti sono usciti di scena. Sergio Higuita (Team BORA Hansgrohe) riparte da Lesko per la quarta tappa con la maglia gialla sulle spalle e con la fiducia nei propri mezzi, anche se la classifica generale è ancora molto corta visto che i primi 44 ciclisti sono racchiusi in un minuto. Ma la quarta tappa può dilatare le differenze in graduatoria visto che la pianura e davvero poca e spiccano tre GPM di seconda categoria dove non mancheranno gli attacchi, soprattutto sul terzo, quello di Leszczawa, a poco più di 20 km dall’arrivo. Dopo questo GPM i ciclisti dovranno affrontare un’altra salita, non classificata come GPM, che potrebbe scatenare ancora la battaglia tra gli uomini di classifica. Gli ultimi 20 km, tra discesa e pianura, potrebbero ricompattare un gruppo che comunque non sarà eccessivamente folto in vista del traguardo di Sanok. Da Lesko non partiva tutto il Team Alpecin Fenix a causa di cinque positivi al covid nello staff della squadra. Si registrava anche il forfait dell’ex maglia gialla Jonas Abrahamsen (Uno-X Pro Cycling Team).Le prime fasi della tappa erano caratterizzati da attacchi e contrattacchi che allungavano il gruppo. Il Team BORA Hansgrohe era sempre attento nelle prime posizioni a protezione della maglia gialla Higuita. Sul primo GPM di giornata di Czarna Górna si formava definitivamente la fuga di giornata frazie all’azione di cinque uomini: Rui Oliveira (UAE Team Emirates), Anders Skaarseth (Uno-X Pro Cycling Team), Kamil Malecki (Nazionale Polacca), Nans Peters (Team AG2R Citroen) e Mads Wurtz Schmidt (Team Israel Premier Tech). Era Malecki a scollinare per primo. Wurtz Schmidt vinceva il primo traguardo volante di Ustrzyki Dolne posto al km 72.8. Dopo una novantina di km il gruppo maglia gialla aveva un ritardo di 2 minuti e 20 secondi. Wurtz Schmidt era la maglia gialla virtuale visto che in classifica generale aveva un ritardo di 50 secondi da Higuita. Sul secondo GPM di Hotel Arlamow, posto al km 103.7, era nuovamente Malecki a scollinare in prima posizione. La fuga riprendeva vigore aumentando il vantaggio sul gruppo maglia gialla. Al passaggio sul secondo traguardo volante di Gmina Fredropol, posto al km 114.7 e vinto da Wurtz Schmidt, il vantaggio della fuga era salito a quasi 4 minuti. Malecki scollinava in prima posizione anche sul terzo ed ultimo GPM di Leszczawa posto al km 146.7. Una decisa accelerazione nel gruppo maglia gialla, soprattutto per merito del Team Ineos e del Team BORA Hansgrohe, riduceva il vantaggio della fuga ad un solo minuto quando mancavano 24 km all’arrivo. Tra il km 157 ed il km 162 la strada saliva in maniera costante intorno al 6%, anche se come anticipato non era prevista la categorizzazione come GPM. In testa al gruppo maglia gialla arrivavano anche gli uomini del Team Bahrain Victorious che imprimevano un ritmo più elevato, tanto che in poco più di un km il vantaggio dei fuggitivi scendeva a 35 secondi. I primi a rialzarsi tra i fuggitivi erano Peters e Malecki. Remi Cavagna (Team QUick STep Alpha Vinyl) e Mike Teunissen (Team Jumbo Visma) evadevano dal gruppo maglia gialla e provavano a riportarsi per primi sui tre fuggitivi rimasti in testa alla corsa. Il francese e l’olandese restavano in avanscoperta per cinque km circa ma venivano ripresi a 5 km e mezzo dalla conclusione. Il gruppo, tirato dalle squadre dei velocisti, andava a riprendere anche Skaarseth, Oliveira e Wurtz Schmidt quando mancavano poco più di 3 km alla conclusione. A questo punto, su un dentello in contropendenza al 5% di circa 400 metri, partiva al contrattacco Zdenek Stybar (Team Quick Step Alpha Vinyl). Lo slovacco riscopriva le sue doti da finisseur e, mentre la maglia gialla Higuita era vittima di una caduta a circa 2 km e mezzo dall’arrivo, riusciva ad aumentare metro dopo metro il vantaggio sul gruppo, ma negli ultimi 300 metri la sua azione si faceva più pesante visto il finale che saliva al 5%. Era la UAE Team Emirates che con un forcing spietato rientrava sullo slovacco lanciando a sua volta la volata a Pascal Ackermann che si vinceva davanti a Jordi Meeus (Team BORA HAnsgrohe) e Jonathan Milan (Team Bahrain Victorious). Chiudevano la top five Quinte Hermans (Team Intermarchè Wanty Gobert) in quarta posizione ed Olav Kooij (Team Jumbo Visma) in quinta posizione. Nella top ten si segnalava anche il sesto posto di Christian Scaroni (Team Astana Qazakstan) ed il settimo posto di Diego Ulissi (UAE Team Emirates). Ackermann ottiene la seconda vittoria stagionale, la prima in una corsa a tappe, visto che il tedesco aveva vinto la Bredene Koksijde Classic a Marzo. In classifica generale Higuita conserva la maglia gialla davanti a Pello Bilbao (Team Bahrain Victorious) e Quinten Hermans (Team Intermarchè Wanty Gobert). Domani è in programma la quinta tappa da Lancut a Rzeszow, di 178.1 km. Sono presenti due GPM di terza categoria piuttosto facili nella seconda parte del percorso. Qualche su e giù nel finale di tappa non esclude l’arrivo in volata, anche se i finisseur e gli attaccanti potrebbero avere le loro carte da giocare per la vittoria di tappa.
Giuseppe Scarfone

Pascal Ackermann vince a Lesko (foto: Bas Czerwinski/Getty Images)
HIGUITA, VITTORIA DI FORZA A PRZEMYSL. IL COLOMBIANO E’ ANCHE LA NUOVA MAGLIA GIALLA
Sull’arrivo in salita di Przemyśl, breve ma molto ripido, Sergio Higuita (Team BORA HAnsgrohe) accelera negli ultimi 200 metri riuscendo a mantenere la testa ed a conquistare una preziosa vittoria che gli permette di indossare la maglia gialla. Da segnalare la buona prova di Matteo Sobrero (Team BikeExchange Jayco), che chiude in quarta posizione, mentre fa peggio Diego Ulissi (UAE Team Emirates) che si deve accontentare del decimo posto.
Per quanto lunga, con i suoi quasi 240 km da percorrere tra Krasnik a Przemysl, la terza tappa del Giro di Polonia dovrebbe accendersi soltanto negli ultimi quaranta km, nei quali spiccano tre GPM ravvicinati che possono scompaginare le carte nelle primissime posizioni della classifica finale. Anche l’arrivo in salita servirà a capire quali e quanti ciclisti vogliono puntare alla vittoria finale, mentre i velocisti dovrebbero uscire di scena quasi definitivamente dalle posizioni che contano. Dopo circa 7 km dalla partenza, evadevano dal gruppo maglia gialla Piotr Brozyna e Marcin Budzinski (Nazionale Polacca), Matthias Brandle (Team Israel Premier Tech) ed Edward Theuns (Team Trek Segafredo). Dopo un paio di km riusciva a rientrare sul gruppo di testa Michel Hessmann (Team Jumbo Visma). Dopo una trentina di km il vantaggio del quintetto di testa superava i sette minuti. Theuns si aggiudicava il primo traguardo volante di Janow Lubelski posto al km 33.4. In testa al gruppo maglia gialla ci si iniziava ad organizzare per l’inseguimento con alcune squadre presenti, tra cui BORA Hansgrohe, INEOS, UAE Emirates e Lotto Soudal. Theuns vinceva anche il secondo traguardo volante di Lezajsk posto al km 103. Era invece Budzinski a transitare per primo sul terzo ed ultimi traguardo volante di Jaroslaw posto al km 145.6. Nel tratto interlocutorio di 50 km che portava al primo GPM della tappa, dal gruppo maglia gialla evadeva Thomas De Gendt (Team Lotto Soudal). Il belga si metteva all’inseguimento dei cinque uomini di testa, restando a bagnomaria per diversi km tra loro ed il gruppo maglia gialla. De Gendt si rialzava e veniva ripreso dal gruppo maglia gialla poco prima dell’inizio del primo GPM di Solca, sul quale era Hessmann a transitare in prima posizione, mentre il gruppo maglia gialla era segnalato a poco più di 2 minuti di ritardo. Nel gruppo di testa iniziava a farsi sentire la fatica e sul secondo GMP di Kalwaria Paclawska posto al km 208.8 il gruppo maglia gialla aveva ormai annullato la maggior parte del vantaggio. Hessman transitava nuovamente per primo. Il giovane tedesco dl Team Jumbo Visma restava da solo in testa alla corsa e riusciva a completare il ‘terzetto’ di scollinamenti transitando per primo anche sul terzo ed ultimo GPM di Gruszowa posto al km 215.8. Erano in particolar modo UAE Team Emirates e Team INEOS a tirare in testa al gruppo. Hessman veniva ripreso a circa 15 km dall’arrivo con il gruppo maglia gialla ridotto ad una sessantina di unità. Si aspettava ormai l’arrivo finale in costante ascesa con pendenze che arrivavano al 12%. Il primo a rompere gli indugi a circa 1 km e mezzo dall’arrivo, con la strada che già saliva, era Mike Teunissen (Team Jumbo Visma). Il ciclista olandese guadagnava una cinquantina di metri ma il gruppo tirato dal Team INEOS lo riprendeva proprio sotto lo striscione dell’ultimo km, quando iniziava il tratto più duro della salita finale. Nonostante la superiorità di uomini (Carapaz, Tulett ed Hayter), l’INEOS però veniva meno proprio nel momento cruciale quando a circa 200 metri dall’arrivo partiva Sergio Higuita (Team BORA Hansgrohe) che manteneva la testa fin sulla linea del traguardo. In seconda posizione si piazzava Pello Bilbao (Team Bahrain Victorious) mentre chiudeva il podio Quinten Hermans (Team Intermarchè Wanty Gobert). La top five di giornata era completata dal quarto posto di un buon Matteo Sobrero (Team BikeExchange) e dal quinto posto di Quentin Pacher (Team Groupama FDJ). Da segnalare nella top ten anche il decimo posto di Diego Ulissi (UAE Team Emirates). Higuita, la cui ultima apparizione risaliva al Giro di Svizzera dello scorso Giugno, ottiene la quarta vittoria stagionale ma soprattutto si insedia al primo posto della classifica generale davanti a Pello Bilbao e Quentin Hermans, staccati rispettivamente di 4 e 6 secondi. Domani è in programma la quarta tappa da Lesko a Sanok, di ‘soli’ 179.4 km. Dando uno sguardo all’altimetria si nota subito la poca pianura presente, mentre saranno tre i GPM da affrontare. In più, ad una ventina di km dall’arrivo spicca un’altra insidiosa salita non classificata come GPM, che potrebbe scatenare la battaglia tra gli uomini di classifica, prima degli ultimi semplici km finali tra discesa e pianura.
Giuseppe Scarfone

Sergio Higuita vince a Przemysl (foto: Ilario Biondi/Srint Cycling Agency)
THIJSSEN VINCE A ZAMOSC. ABRAHAMSEN NUOVA MAGLIA GIALLA.
Nella seconda tappa del Giro di Polonia una nuova volata vede la vittoria di Gerben Thijssen (Team Intermarchè Wanty Gobert), che si impone su velocisti più quotati ottenendo la prima vittoria in carriera in una corsa Pro Tour. Da segnalare il buon terzo posto di Jonathan Milan (Team Bahtain Victorious), giovane speranza italiana per le ruote veloci. Jonas Abrahamsen (Uno-X Pro Cycling Team) è la nuova maglia gialla.
La seconda tappa del Giro di Polonia 2022 strizza ancora una volta l’occhio ai velocisti visto che negli oltre 205 km da Chelm a Zamosc sono presenti soltanto due semplici GPM di quarta categoria, per giunta distanti dal traguardo. La maglia gialla Olav Kooij (Team Jumbo Visma) può nuovamente puntare alla vittoria di tappa dopo quella di ieri e rafforzare il suo primato in classifica generale. Da Chelm non partivano Sam Oomen (Team Jumbo Visma), Antwan Tolhoek (Team Trek Segafredo), Johab Jacobs (Team Movistar), Baptiste Planckaert (Team Intermarchè Wanty Gobert), Davide Martinelli (Team Astana Qazaqstan), Jelle Wallays (Team Cofidis), Aritz Bagues (Team Caja Rural), Tobias Johannessen e Rasmus Tiller (Uno-X Pro Cycling Team), tytti a causa della maxy caduta occorsa nell’ultimo km della prima tappa. Nonostante molti attacchi, la fuga di giornata si concretizzava soltanto dopo oltre 20 km dalla partenza. In quattro riuscivano ad evadere dal gruppo: Patryk Stosz e Piotr Brozyna (Nazionale Polacca), Jonas Abrahamsen (Uno-X Pro Cycling Team) e Jasper De Buyst (Team Lotto Soudal). Il vantaggio dei quattro di testa cresceva rapidamente e dopo 50 km era di oltre 6 minuti e mezzo su gruppo. Stosz si aggiudicava il primo traguardo volante di Hrubieszów posto al km 50.6. Abrahamsen si aggiudicava il GPM di Michalów-Kolonia posto al km 91.9, mentre Brozyna transitava scollinava in prima posizione sul successivo GPM di Sabaudia posto al km 105.2. Intanto il vantaggio del quartetto di testa iniziava a scendere a causa del ritmo più intenso che le squadre dei velocisti avevano impresso in testa al gruppo maglia gialla. Erano principalmente Team Jumbo Visma, Team Groupama FDJ e Team BORA Hansgrohe impegnate a tirare. De Buyst vinceva il secondo traguardo volante di Tomaszów Lubelski posto al km 109.5 mentre Abrahamsen si aggiudicava il terzo ed ultimo traguardo volante di Szczebrzeszyn posto al km 167.4. A 30 km dall’arrivo il vantaggio della fuga era sceso sotto il minuto. De Buyst restava da solo in testa alla corsa quando mancavano 18 km al termine. A 15 km dall’arrivo il vantaggio del belga era di 55 secondi sul gruppo. Il gruppo si avvicinava inesorabilmente al ciclista belga fino a raggiungerlo ad 1 km e mezzo dall’arrivo. Nella volata, con l’ultimo km che saliva impercettibilmente all’1%, si imponeva a sorpresa Gerben Thijssen (Team Intermarchè Wanty Gobert) davanti a Pascal Ackermann (UAE Team Emirates) e Jonathan Milan (Team Bahrain Victorious). Chiudevano la top five Olav Kooij in quarta posizione e Sam Bennett (Team BORA Hansgrohe) in quinta posizione. Nella top ten si segnalava anche il settimo posto di Elia Viviani (Team INEOS).Thijssen ottiene la seconda vittoria stagionale dopo essersi già imposto nella sesta tappa dei Quattro Giorni di Dunkerque. In classifica generale Jonas Abrahamsen è la nuova maglia gialla. Il norvegese dell’Uno-X Pro Cycling Team ha 2 secondi di vantaggio su Kooij e Thijssen. Domani è in programma la terza tappa da Krasnik a Przemys, di quasi 238 km. La tappa più lunga del Giro di Polonia 2022, e probabilmente di tutte le corse a tappe disputatesi finora nel 2022. Dopo 200 km quasi totalmente pianeggianti, i ciclisti troveranno le insidie maggiori negli ultimi 40 km, quando dovranno affrontare tre GPM in rapida successione dal km 202 al km 216. Anche il finale è in salita, visto che l’ultimo km ha pendenze. I pretendenti alla vittoria della classifica generale dovranno battere i primi colpi.
Giuseppe Scarfone

Gerben Thijssen vince a Zamosc (foto: Getty Images Sport)
DONOSTIA CLASSIC, RE REMCO TORNA A DOMINARE NEI PAESI BASCHI
Remco Evenepoel (Quick-Step Alpha Vinyl Team) ha vinto con un azione in solitaria di quasi 45 chilometri la Classica di San Sebastian conquistando così il suo secondo sigillo della corsa a soli 22 anni. Pavel Sivakov (INEOS – Grenadiers) ha conquistato il secondo posto, davanti a Tiesji Benoot (Jumbo-Visma).
La quarantaduesima edizione della Classica di San Sebastian presentava il medesimo percorso della passata edizione con 223 chilometri da affrontare e sei salite principali come difficoltà del giorno. Nella prima parte di percorso erano presenti l’Azkarate, l’Urraki e l’Alkiza, tre salite di difficoltà media che difficilmente avrebbero avuto impatto sul finale della corsa se non nella creazione di una fuga. La corsa entrava nel vivo negli ultimi 70 chilometri con il classico Jaizkibel da scalare (7.4 chilometri al 5.8%) il quale veniva seguito da una discesa e un breve tratto pianeggiante che conduceva al piatto forte di giornata, la salita di Erlaitz (4 chilometri al 10.4%) che terminava a poco più di 40 chilometri dalla conclusione suddivisi per il primo terzo in discesa, poi pianura e poi il finale con il muro di Murgil – Tontorra (2.1 chilometri al 9.8%), rampa perfetta per un attacco finale con rapida picchiata che terminava ad appena tre chilometri dall’arrivo.
Come da tradizione la starlist presentava un mix di atleti reduci dal Tour de France e dagli atleti che stanno preparando la prossima Vuelta a España, se da un lato mancava l’ultima maglia gialla, era presente il secondo classificato Tadej Pogačar (UAE Team Emirates) che si presentava con una squadra estremamente competitiva comprendente anche Juan Ayuso, João Almeida e George Bennett. Uno dei principali avversari alla vigilia era Remco Evenepoel (Quick-Step Alpha Vinyl Team), mentre la BORA – hansgrohe si presentava con la maglia rosa 2022 Jai Hindley, Emanuel Buchmann, Wilco Kelderman e Maximilian Schachmann. Tra i principali reduci dal Tour de France c’erano David Gaudu (Groupama – FDJ), Bauke Mollema (Trek – Segafredo), Michael Matthews (Team BikeExchange – Jayco), Rigoberto Uran e Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost) e Matej Mohoric (Bahrain – Victorious). Altri atleti principali da tenere d’occhio erano Pavel Sivakov e Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers), Simon Yates (Team BikeExchange – Jayco), Vincenzo Nibali (Astana Qazaqstan Team), Alejandro Valverde e Alex Aranburu (Movistar Team).
Appena veniva dato il via ufficiale alla corsa si generava la fuga di giornata con Théo Delacroix (Intermarché – Wanty – Gobert Matériaux), Manuele Boaro (Astana Qazaqstan Team), Casper Pedersen e Martijn Tusveld (Team DSM), Eugenio Sanchez (Equipo Kern Pharma), Jon Barrenetxea (Caja Rural – Seguros RGA), Ibai Azurmendi (Euskaltel – Euskadi), Oscar Cabedo (Burgos-BH) e Fabien Grellier. (TotalEnergies). Questi atleti guadagnavano un vantaggio massimo di tre minuti prima dell’inizio delle salite categorizzate di giornata, in gruppo era principalmente la UAE a controllare portando il ritardo sotto ai due minuti dopo le prime salite di giornata. Barrenetxea perdeva contatto dalla fuga in questo tratto, mentre il gruppo tornava sotto al minuto di ritardo all’inizio del Jaizkibel dove gli uomini in fuga si davano battaglia, venendo però velocemente ripresi dalla Quick-Step Alpha Vinyl Team che con un forcing riduceva le unità del plotone che a questo punto di corsa aveva già provocato i ritiri o le difficoltà di alcuni atleti interessanti come Michael Storer (Groupama – FDJ), Ion Izagirre (Cofidis) e Schachmann. L’effettivo recupero della fuga avveniva grazie all’aumento di ritmo di Jan Polanc (UAE Team-Emirates) che veniva seguito nuovamente dalla Quick-Step la quale riprendeva a 65 chilometri dall’arrivo Azurmendi, ultimo dei fuggitivi a resistere. La ragione per la quale Polanc aveva smesso di ritirare si spiegava poco dopo con le difficoltà di Pogacar che quindi non era in grado nemmeno di supportare Almeida nel finale di corsa. Lungo la discesa del Jaizkibel Mohoric decideva di andare deciso in discesa allungando di molto il gruppo nel quale veniva segnalata la caduta di Almeida che riusciva a rientrare nel tratto pianeggiante che precedeva la salita principale di giornata presa a tutta dalla EF Education-EasyPost con Jonathan Klever Caicedo (EF Education-EasyPost) inseguito da Yates, Brandon Smith Rivera (INEOS Grenadiers), Evenepoel e Mathias Skjelmose-Jensen (Trek – Segafredo). Dopo un breve rallentamento Evenepoel provava ad attaccare in prima persona. con il solo Yates cheriusciva a tenere il talento belga, mentre Pavel Sivakov (INEOS – Grenadiers) provava a chiudere in solitaria, si univano però a lui nell’inseguimento Tiesj Benoot (Jumbo-Visma), Uran e Carlos Rodriguez (INEOS – Grenadiers). Yates cedeva contatto a 44.5 chilometri con Evenepoel che provava ad involarsi così dalla lunga distanza. In cima alla salita Yates scollinava a circa 30”, mentre a 45” il quartetto, dal quale Uran aveva ceduto contatto, mentre era rientrato Mollema. Lungo la discesa Yates attendeva il gruppo inseguitore per provare a collaborare nel tratto pianeggiante con un distacco di un minuto, ma il duo della INEOS si avvantaggiava nel finale di discesa. Prima della salita finale Evenepoel aveva 1’10” sul duo INEOS e 1’55” sul terzetto inseguitore, con dei distacchi che andavano a dilatarsi dal fenomeno belga, Sivakov metteva in difficoltà Rodriguez, ma provava ad aspettarlo per tendare di chiudere entrambi sul podio, mentre Yates cedeva il passo da Benoot e Mollema. Nel finale di salita Sivakov continuava in solitaria considerando le difficoltà del compagno di squadra spagnolo, mentre Benoot si liberava di Mollema e superava anche Rodrighez, il quale veniva ripreso verso lo scollinamento da Mollema.
Nel finale Evenepoel aveva tutto il tempo di gustarsi la folla sul mare di San Sebastian e trionfare con più di due minuti di margine, mentre Sivakov si difendeva dal ritorno di Benoot conquistando la seconda posizione. Per il quarto posto vinceva in volata Mollema su Rodriguez con Yates al sesto posto, tutti oltre i tre minuti. Il gruppo arrivava con un ritardo di quattro minuti con Rota il migliore degli italiani all’arrivo, decimo.
Carlo Toniatti.

L'esultanza di Remco Evenepoel sul traguardo di San Sebastian
KOOIJ COGLIE LA PRIMA VITTORIA AL GIRO DI POLONIA 2022. TAPPA E MAGLIA PER L’OLANDESE
La prevista volata della prima tappa del Giro di Polonia vede a Lublin la vittoria di Olav Kooij (Team Jumbo Visma) che ha la meglio su Phil Bauhaus (Team Bahrain Victorious ) e su Jordi Meeus (Team BORA Hansgrohe). L’olandese, in stato di grazia negli ultimi due mesi, veste la prima maglia gialla e domani nella seconda tappa ancora favorevole alle ruote veloci potrà aumentare il vantaggio sugli avversari.
Giro di Polonia e Vuelta a Burgos, posizionate tra fine Luglio e inizio Agosto, sono le due corse a tappe che inaugurano la parte finale della stagione ciclistica e preparano i ciclisti agli impegni più attesi di Agosto come Campionati Europei e Vuelta a Espana. Per quanto riguarda il Giro di Polonia, le tappe sono sette, di cui sei in linea ed una a cronometro. Si inizia con le prime tre tappe che superano tutte abbondantemente i 200 km e che già daranno una prima setacciata a coloro che ambiscono alla vittoria della corsa polacca, in particolare con la terza tappa di quasi 240 km da Kraśnik a Przemyśl, il cui finale con tre GPM in rapida successione favorirà attaccanti e uomini di classifica. La parte centrale della corsa polacca vede poi la quarta e la quinta tappa dal profilo nervoso che dovrebbe dilatare le distanze in classifica generale, prima della decisiva sesta tappa, la cronometro individuale di quasi 12 km da Nowy Targ a Stacja Narciarska. Infine la passerella finale della settima tappa di Cracovia, nonostante una prima metà piuttosto impegnativa, vedrà impegnati i velocisti. Ed i velocisti possono dire la loro già nella prima tappa da Kielce a Lublin, visto che i due facili GPM di quarta categoria sono lontani dal traguardo. La fuga partiva già dopo un km grazie all’azione di cinque ciclisti: Patryk Stosz e Mateusz Grabis (Nazionale Polacca), Jonas Abrahamsen (Uno-X Pro Cycling Team), Sam Brand (Team Novo Nordisk) e Kamil Malecki (Team Lotto Soudal). Erano le squadre dei velocisti che si organizzavano all’inseguimento del quintetto di testa. Sulla carta la vittoria allo sprint se lo sarebbero conteso Arnaud Demare, Olav Kooij e Mark Cavendish, per cui a tirare principalmente in testa al gruppo erano Team Jumbo Visma, Team Groupama FDJ e Team Quick Step Alpha Vinyl. Stosz vinceva primo traguardo volante di Annopol posto al km 102.2. Il polacco si ripeteva una ventina di km più tardi transitando per primo sul secondo traguardo volante di Józefów nad Wisłą posto al km 122. Abrahamsen transitava per primo sul primo GPM di Dobre posto al km 155.9. Malecki si aggiudicava ilterzo traguardo volante di Kazimierz Dolny posto al km 164.3. Abrahamsen si aggiudicava anche il secondo GPM di Wylagi posto al km 168.6. Il norvegese vestiva ufficialmente la maglia di leader dei GPM. Stosz vinceva il quarto ed ultimo traguardo volante posto al km di Naleczow posto al km 190.8. Il polacco si rialzava facendosi riprendere dal gruppo. A 20 km dall’arrivo il vantaggio del quartetto di testa era di 45 secondi sul gruppo tirato sempre dalle squadre dei velocisti. A 15 km dall’arrivo Malecki restava da solo in testa alla corsa. A 10 km dal termine Malecki aveva soltanto 14 secondi di vantaggio sul gruppo in forte rimonta. Il polacco veniva ripreso a poco più di 7 km dall’arrivo. Era il Team Bahrain Victorious a tirare negli ultimi km allungando il gruppo, nel quale si registrava una caduta che coinvolgeva una decina di ciclisti proprio sotto lo striscione dell’ultimo km. Nella volata, Kooij, tirato alla perfezione dal compagno di squadra Mike Teunissen, partiva deciso con una progressione che non lasciava scampo agli avversari, nonostante l’estremo tentativo di Phil Bauhaus (Team Bahrain Victorious). L’olandese vinceva davanti al tedesco mentre si classificava in terza posizione Jordi Meeus (Team BORA Hansgrohe). Chiudevano la top five Teunissen in quarta posizione e Juan Sebastian Molano (UAE Team Emirates) in quinta posizione. Quest’anno Kooij ha iniziato a mietere vittorie da Giugno, tra Circuit Cycliste Sarthe, Giro d’Ungheria e ZLM Tour e a quanto pare ha tutta l’intenzione di continuare. Per il momento veste la maglia gialla di leader della classifica generale con 4 secondi di vantaggio su Bauhaus e su Abrahamsen. Domani è in programma la seconda tappa da Chelm a Zamosc di 205.6 km. Due semplici GPM di quarta categoria posti a metà tappa non dovrebbero impedire ai velocisti di giocarsi la vittoria in un’altra volata. Kooij, visto lo stato di forma, può puntare al bis.
Giuseppe Scarfone

Olav Kooij vince a Lublin (foto: Getty Images)
DA LA DÉFENSE A LA DÉPENSE: SI CHIUDE IN SHOW UNO SPETTACOLO DI TOUR
Dalla parignia Défense parte una tappa di piccole allegrie da scolaresca in gita per chiudere un Tour generalmente felice, sfavillante, spettacolare, alla faccia del covid. Fra i migliori di questo scampolo di secolo se non il migliore, il prosieguo della Storia gli darà il suo posto.
La cronaca è cronaca in gran parte di uno spettacolo goliardico, roba da criterium! Wout Van Aert che inscena il suo attacco ormai pavloviano dal km zero, a sua volta un riflesso speculare e più o meno condizionato di quanto inscenato da van der Poel al Giro (a questo Tour solo un fantasma l’olandese), ma nel caso di Van Aert con un surplus di efficacia e decisività. Tranne oggi, ovvio. Oggi è tutto teatro, come dimostra l’aggregarsi lesto all’operetta da parte di Vingegaard e Pogacar, così replicando, altro riflesso teatrale, il terzetto allora assai serio dell’Hautacam, e preludendo, va da sé, al gran podio dei vincitori di maglia quando si andrà a posare davanti all’Arco di Trionfo. Oggi, si sa, è tutta scena. E da lì si salta da un photo opportunity all’altra: la combriccola dei danesi, lo squadrone Jumbo coi numeri dei compagni ritiratisi frattanto (un po’ lugubre, come ogni sceneggiata che si rispetti è sempre, sotto sotto). E via dicendo. A proposito di ritiri, perfino oggi se ne vanno – ma perché? – un paio di corridori positivi al covid, i canadesi Woods e Boivin della squadra israeliana. È stato uno stillicidio, come in poche altre corse, fra regole poco chiare e timori della prima ora, che forse hanno inciso anche sul modo di correre di Pogacar quando cominciava a vedere il proprio team decimato dal virus. Comunque sia, più si andava avanti, meno ci si pensava, a metafora della pandemia più in generale. A qualcuno va storta? Poco male. Alla fin fine, la corsa non cambia granché, a ben guardare. Fra l’emblematico e l’esilarante il ritiro di Gorka Izagirre che per poter correre la “corsetta” di casa al suo paese – letteralmente – rinuncia a finire il Tour (e butta i 25 punticini UCI del 33esimo posto in CG, preziosi per il suo Movistar Team in aria di retrocessione).
Dopo una trafila di tentativi di fuga senza storia, segnaliamo solo quello a 6 km dalla fine di Pogacar, parzialmente assecondato da Ganna e Thomas. Paradossalmente si vede solo in extremis all’attacco un Ineos che aveva pure promesso fuoco e fiamme alla vigilia con una squadra da tre capitani e mezzo (due dei quali finiscono pure in top-10 finale, e uno sul podio, mica male… peccato che tale risultato arrivi per via d’irrilevanza). Ma è tutto vero o è solo uno show? Chi lo sa. Non è una patente messinscena come quella al via, ma puzza anche un po’ di boutade senza convinzione. Soddisfatto con la tappa di ieri, non prende sul serio quella di oggi nemmeno Wout Van Aert, che resta indietro in prossimità del traguardo per festeggiare col resto del team, prolungando con un piccolo ritardo verso l’arrivo il godimento di una corsa che ora non vogliono veder finire, dopo averlo probabilmente bramato per giorni e giorni.
Divertimento, spettacolo, ma a volte la sensazione di non capire dove comincia la serietà e dove la sceneggiata. Una postilla che purtroppo tocca apporre al Tour in generale dopo la tappa a cronometro di ieri, dove Vingegaard ha deliziato il pubblico in un finale col freno a meno per regalare la vittoria di tappa al compagno Van Aert, e che Vingegaard coi suoi 60 chiletti debba “regalare” a Wout una tappa contro il tempo di 40 km a oltre 50 km/h, ovvero non proprio da scalatori, già la dice lunga, lunghissima. Non che mancassero elementi di perplessità pregressi, come sempre quando un intero team sfodera prestazioni globalmente da urlo, però si era rimasti comodamente nei limiti della “sospensione dell’incredulità” con cui lo spettatore può godere di un ciclismo, diciamo, realistico. La gomma era stata stiracchiata qui e là, ma tutto sommato senza mai strappi eccessivi, fors’anche grazie al carattere per ora ancora non arrembante e travolgente di Vingegaard, che per attaccare Pogacar sul Granon aveva atteso l’allungo di Bardet (e se Bardet non si fosse mosso, pensa tu!) come su Hautacam aveva delegato a Wout il duro compito di levare lo stesso Pogacar di ruota.
Tuttavia la crono, come spesso capita, è stata un po’ la corsa della verità, e dell’unica verità possibile: cioè, come dice Totò al suo ultimo film, nei panni di Iago per “Che cosa sono le nuvole?” di Pasolini, la verità ciascuno la può sentire, concentrandosi, dentro di sé epperò – “sssh, la verità non bisogna nominarla, perché appena la nomini non c’è più”.
Chiudiamo questa parentesi di filosofia estetica tornando in cronaca: ai Campi Elisi finisce in volata di gruppo, e la vince Philipsen, l’anno scorso amareggiatissimo secondo. Happy ending, feel good story. Unico velocista a fare il bis in un Tour debolissimo quanto a velocisti, in un’epoca a propria volta scarsissima in quest’ambito (normale ricambio generazionale), il che ha reso gioco facile per un clamoroso Van Aert la maglia verde incassata con il record di punti di tutti i tempi (ma le scale cambiano). Bravi tutti così.
E allora, detto quel che andava detto, torniamo a rivedere questo Tour per quel che è stato, cioè uno spettacolo raro, una perla, un vertice per la corsa transalpina. Soprattutto un cambio di paradigma speriamo definitivo rispetto al modello ultradifensivo che aveva contraddistinto i Tour dell’era Sky, fin dall’imprinting dell’abominio 2012 in qualche modo imposto delle caratteristiche di Wiggins, ma poi anche con Froome tutto assoggettato alla logica del colpo da ko singolo o quasi, e poi corsa ammazzata in una processione pure lenta, con gli spettatori a propria volta stramazzati di noia. Poi dal 2016 compreso sparì pure il colpo da ko e rimase solo una noia infinita appena infranta dall’attacco (uno solo, pure quello, ma almeno da lontano) del buon Bernal. Pogacar aveva simbolicamente distrutto questo paradigma, che la Jumbo aveva ereditato assieme ad altre licenze di spendere e spandere, strappando a Roglic il Tour 2020.
Dal paradigma della difesa si passa a quello dello sperpero, dello strafare semmai, e non ce ne possiamo davvero lamentare. In questo Tour 2022 anche la difesa si identifica con una profusione magnifica di energie e risorse. Pogacar difende il titolo? Ma morde la strada viscida già nella prima crono, e poi fa il diavolo a quattro sul pavé, e poi litiga su ogni strappo e butta in volata ristretta fra i migliori ogni rampetta cittadina. Ha speso troppo? Probabile. Pensava a non finire a casa per covid a mani vuote? Possibile. Voleva far la voce grossa sentendosi minacciato seriamente? Ce n’è l’aria, basta ripensare alla Superplanche.
Fatto sta che quando la Jumbo imposta il proprio gioco di squadra alle pendici del Galibier, basato stavolta non sul chiudere la corsa e spremere per compressione gli avversari, bensì sull’aprire il gruppo come un melone e ribaltarsi come calzini per crivellare Pogacar in un fuoco incrociato, ecco, la difesa di Pogacar non può che essere ancora una volta in nome del dispendio, della generosità, del rilancio. Ancora una volta, critiche sapute a pioggia col senno di poi. “Ah, non avesse chiuso su Roglic”, “Ah, non avesse fatto lui il passo sul Galibier”. Ma la verità è che con la minaccia di un Van Aert super a far da appoggio davanti, Pogacar ha corso come doveva e poteva. Errori, se ce ne sono stati, sostanzialmente forzati. E comunque, che bel ciclismo. Che bel modo di usare la squadra, quello di usarla nell’unica chiave con cui davvero ci si mettesse in posizione di vantaggio assoluto verso la vittoria. Da scacchisti.
E di lì in poi un corridore unico come Pogacar costretto a inventare per risolvere un rompicapo irresolubile. E le invenzioni non sono mancate, da ogni distanza. Nel finale dell’Alpe o a Mende. Nel penultimo scollinamento cercando la sorpresa. Su tutta la penultima salita salendo Spandelles. Come detto, uno spettacolo. Anche i Tour più memorabili degli ultimi 25 anni contavano al più 2-3 tappe davvero spettacolari per l’alta classifica. Il Tour non è il Giro, altre sono le sue logiche. Qui il Granon è una tappa che resterà nella storia, e Hautacam è stata un capolavoro, ma per altri motivi anche la reazione d’orgoglio UAE in pieni Pirenei resta memorabile, così come la tappa del pavé con un Pogacar in totale padronanza, e poi le molte belle schermaglie sulla mezza montagna, troppo spesso un punto debole della gara transalpina, ma non quest’anno. Fra le vittorie di fuggitivi, incredibile quella di Pidcock con una delle discese da cineteca del ciclismo recente, e magica quella di Matthews contro Bettiol all’arma bianca. E molto altro.
Un Tour del tutti a tutta dando tutto sempre, il cui corridore simbolo è Wout Van Aert, l’uomo che probabilmente l’ha vinto per conto Jumbo deponendolo sulle spalle di chi poteva finalizzare in salita il duello con Pogacar.
Come nel caso di van der Poel al Giro resta un minuscolo tarlo: ma Pogacar davvero davvero davvero ha buttato dentro tutto “per vincere”? Il “salta lui o salto io” pantaniano? A volte il dubbio resta, anche se su Hautacam e Granon lo si è visto giungere davvero devastato, esaurito fino all’ultima goccia. Certamente abbiamo assistito a un duello favoloso, fra due individualità e caratteri, ma anche fra il concetto di fenomeno individuale e quello di monumentalità collettiva.
Come anticipato, sono pochi i Tour a cui possa paragonarsi l’attuale, diciamo dall’era Armstrong compresa in poi. Il 2009 e il 2011 vengono sicuramente in mente, entrambi con forti punti a favore, ma entrambi accomunati da una tensione per la generale cresciuta solo nell’ultima settimana. Per loro gioca la sensazione di un vero e proprio atto di forza animica da parte del vincitore finale, come individuo, per impadronirsi della corsa a fronte di circostanze complicatissime. Qui l’onere è stato assunto dal collettivo, fin dal giorno del pavé apparentemente disastroso per i Jumbo ma in realtà salvato per miracolo e ribaltato in punto di forza. Il 2015 è pienamente in gioco, col punto debole di essere stato gettato al vento dalla Movistar con un erroraccio, che magari per loro non è nemmeno tale, assolutamente non forzato e finanché gratuito. A suo favore c’è la percezione di un possibile ribaltamento concretizzatosi in un’inversione su strada dei rapporti di forza, cosa quest’anno molto meno trasparente. Simile al 2015 fu il 2003, anche se lì fu soprattutto la sorte a entrare in gioco, e un altro fattore extrasportivo come il fasullo fair play kamikaze di Luz Ardiden. Insomma, possiamo discernere un settennio Armstrong, decennio con certi suoi strascichi, entro il quale si diede solo un Tour memorabile, così come accaduto ora nel settennio Sky, i cui strascichi includono il 2020, ove pure si è data una sola occorrenza di alta competizione ciclistica in terra di Francia. Coviamo la speranza che questo 2022 faccia parte di un nuovo ciclo, in cui su tre anni torni a cascare magari una gara bellina, una mediocre, e una straordinaria, invece che dover attendere decennali congiunture astrali per far brillare lo sperpero e la generosità di contro al potere sparagnino di chi gestisce un’esclusiva.
Gabriele Bugada

I corridori della Jumbo-Visma in parata per festeggiare la fine del Tour e la vittoria di Vingegaard (Getty Images)
TRIS DI VAN AERT A ROCAMADOUR. TRIONFO JUMBO: WOUT CONQUISTA LA CRONO, VINGEGAARD IL TOUR.
La cronometro di Rocamadour esalta nuovamente lo smisurato talento di Wout Van Aert (Jumbo-Visma) che conquista anche la prova contro il tempo grazie ad una prova in crescendo. Alle sue spalle, staccato di 19″, Jonas Vingegaard accolto oltre la linea del traguardo proprio dal compagno di squadra per celebrare l’ennesima giornata trionfale per gli uomini della Jumbo-Visma. Terzo posto per Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) giunto a 27″, pochi sencondi meglio dell’inossidabile Geraint Thomas (INEOS Grenadiers) che ha chiuso con un ritardo di 32″. Si deve accontentare di un modesto 5° posto Filippo Ganna (INEOS Grenadiers), giunto a 42″ dal vincitore. Per i calabroni si tratta della sesta vittoria di tappa (terza consecutiva dopo i trionfi di Vingegaard ad Hautacam e Laporte a Cahors), mentre per il fuoriclasse di Herentals è il terzo sigillo in una Grand Boucle che lo consacra come ciclista totale.
Poche variazioni in classifica generale. Alla vigilia della passerella finale Vingegaard guida con 3′34″ su Pogacar e 8′13″ su Thomas. Si ferma ai piedi del podio David Gaudu (Groupama-FDJ) con un ritardo di 13′56″, mentre Alexander Vlasov (Bora-Hansgrohe) risale in 5a posizione (a 16′37″).
La penultima tappa di questo spettacolare Tour de France era una prova contro il tempo di 40,7 km con partenza da Lacapelle-Marival e arrivo nello splendido borgo di Rocamadaour, nel dipartimento del Lot. I primi 35 km, nonostante qualche tratto vallonato, erano in prevalenza piatti ma proponevano un andamento planimetrico non del tutto banale. Negli ultimi 6 km la musica cambiava grazie alla presenza di due strappetti intervallati da una breve discesa: la Cote de Mages (1,6 km al 4,7%), la cui cima era posta a poco meno di 5 km dall’arrivo, e la Cote de l’Hospitalet (1.8 km al 6,2%) che culminava proprio in prossimità del traguardo.
Il primo corridore a prendere il via alle ore 13.05 è stato Caleb Ewan (Lotto-Soudal), reduce da un Tour che non lo ha mai visto protagonista se non per episodi sfortunati. La prima prestazione degna di cronaca è stata invece quella prodotta da Mikkel Bjerg, tre volte campione del mondo a cronometro tra gli under 23. Il corridore dell’UAE Team Emirates è passato in testa ai tre intermedi posti rispettivamente ai km 10, 22 e 33, chiudendo con un tempo finale di 50′22″. Il danese è rimasto in testa per quasi un’ora, prima d’essere battuto nettamente dal campione del mondo della specialità, Filippo Ganna (INEOS Grenadiers). Il piemontese è passato in testa già al primo intermedio con 14″ sul danese e ha poi allargato il margine a 36″ ed 1′09″ ai due intermedi successivi. Ganna ha quindi chiuso con un tempo di 48′41″ (media di 50,2 km/h) ben 1′41″ in meno rispetto a quanto fatto registrare da Bjerg. Nel frattempo, proprio alle spalle di Ganna, Mattia Cattaneo (Quick Step Alpha Vinyl) si rendeva protagonista di un’altra crono d’altissimo livello. Il bergamasco al primo intermedio era in svantaggio di soli 6″, poi diventati 13″ al km 22 e a 27″ al km 33, e ha chiusto al secondo posto provvisorio con 43″ di ritardo da Ganna.
Giornata no invece per Stefan Bissegger (EF Education-EasyPost) che ha forato dopo pochissimi km e si è rialzato una volta preso atto che non sarebbe giunto tra i primi.
Discreta prestazione da parte di Jan Tratnik (Bahrain-Victorius). Lo sloveno al primo intermedio aveva lo stesso tempo di Cattaneo, ma non ha poi mantenuto il passo dell’italiano e si è dovuto acconentare del terzo posto momentaneo a 1′06″ da Ganna.
I primi brividi per Ganna sono arrivati dopo circa un’ora, quando un altro corridore della Bahrain-Victorius, Fred Wright, è passato in testa al primo rilevamento anche se con poco meno di un secondo di vantaggio. Il britannico è poi calato alla distanza pagando già 21″ di ritardo al secondo in intermedio e 43″ al terzo, ma si è ripreso nel tratto finale chiudendo a soli 50″ da Ganna. Buona anche la prestazione di Maximilian Schachmann (Bora-Hansgrohe) che ha completato la prova con un ritardo di 55″ dal corridore della INEOS, quarto tempo provvisorio.
La corsa non ha riservato ulteriori emozioni fino alla partenza di Bauke Mollema (Trek-Segafredo). Il campione olandese delle prove contro il tempo è partito fortissimo, passando con ben 9″ di vantaggio al primo intertempo, per poi cedere nei tratti successivi (4″ di ritardo al secondo intermedio e 28″ al terzo) concludendo la sua ottima prova davanti a Cattaneo, con un passivo di 40 secondi da Ganna. Nel frattempo, quattro minuti dopo l’olandese, aveva preso il via il grande favorito della vigilia, Wout Van Aert (Jumbo-Visma). Il belga ha fatto subito capire che avrebbe battuto il tempo del Campione del Mondo, transitando con 14″ di vantaggio al km 10, gap che si è successivamente dilatato a 24″ al secondo intermedio. Van Aert ha leggermente rifiatato nel tratto successivo (vantaggio di 23″ al terzo rilevamento) per poi scatenarsi nuovamente nel finale, tagliando il taguardo in 47′59″, 41 secondi in meno rispetto a Ganna (media di 50,877).
Proprio mentre Van Aert completatava la sua magnifica prova, i primi tre della generale si apprestavano a prendere il via e a dare vita ad un finale di corsa a dir poco emozionante. Geraint Thomas (INEOS Grenadiers), 3° della generale, è transitato al primo rilevamento con appena 1″ di ritardo da Van Aert, lasciando intendere che la vittoria del fiammingo non era affatto scontata. Meglio ancora sono riusciti a fare Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) e la maglia gialla Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma): lo sloveno è transitato con 1″ di vantaggio su Van Aert mentre Vingegaard è riuscito a fare meglio di addirittura 7″.
Thomas e Pogacar hanno iniziato a perdere qualche secondo nel tratto successivo, passando rispettivamente con 6″ e 12″ di ritardo da Van Aert al secondo intermedio. Chi invece sembrava non voler cedere era proprio Vingegaard che è riuscito a conservare i 7″ di vantaggio sul compagno di squadra.
La situazione si è ulteriormente evoluta al terzo intermedio, rendendo ancora più incerta la lotta per la vittoria di tappa: Thomas è transitato con appena 3″ di ritardo da Van Aert mentre Pogacar sembrava ormai fuori dai giochi visto che il suo svantaggio dal Belga aveva raggiunto i 20″. Il più veloce restava però Jonas Vingegaard, anche se il suo vantaggio si era ridotto a poco meno di 2″ su Van Aert.
La corsa si è quindi decisa nel tratto finale, caratterizzato da due strappi. Proprio sulla cote finale (1,8 km al 6,2%) Thomas si è piantato andando a chiudere con un tempo di 48′31″ ad addirittura 32″ da Van Aert, dietro anche a Tadej Pogacar che ha invece chiuso con un ritardo di 27″ dal Belga. A questo punto la vittoria di tappa era diventata una questione tutta interna alla Jumbo-Visma. Vingegaard che già in cima al primo strappo pagava qualche secondo di ritardo da Van Aert, si è preso un rischio tremendo lungo la successiva discesina quando ha perso per un istante il controllo della bici. Dopo il grosso spavento, il danese ha un pò tirato i remi in barca, godendosi le ultime centinaia di metri prima di completare la sua prova in 48′18″, 19 secondi in più rispetto al fiammingo.
Van Aert vince quindi la sua terza tappa in questa edizione della Grand Boucle (sono 9 in totale) con 19″ su Vingegaard, 27″ su Pogacar, 32″ su Thomas e 42″ su Ganna. Seguono un ottimo Mollema a 1′22″, Cattaneo a 1′25″, Wright a 1′32″, Schachmann a 1′37″ e Jan Tratnik a 1′48″. Fuori dai 10 un deludente Stefan Kung (Groupama-FDJ) arrivato 11° ad 2′02″ da Van Aert, davanti a Nils Politt (Bora-Hansgrohe), 12° a 2′03″ e Mikkel Bjerg, 13° a 2′23″. Completano la top-15 di giornata Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost) a 2′25″ e Dylan Van Baarle (INEOS Grenadiers) a 2′30″.
Resta praticamente immutata la parte più nobile della classifica generale. Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) si avvia a vincere il suo primo Tour de France con un margine di 3′34″ su Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) e ben 8′13″ su Geraint Thomas (INEOS Grenadiers). Ai piedi del podio resta il francese David Gaudu (Groupama-FDJ), 4° con un ritardo di 13′56″ dal Danese. Alexandre Vlasov (Bora-Hansgrohe) grazie alla crono odierna (18° a 2′46″) scala ben due posizioni ed ore è 5° a 16′37″. Sende al 6° posto Nairo Quintana (Team Arkea-Samsic) con un gap di 17′24″, mentre Romain Bardet (Team DSM) sale al 7° posto a 19′02″. Chi perde di più è invece Louis Meintjes (Intermarchè-Wanty-Gobert Materiaux), scivolato in 8a piazza a 19′02″ al termine di una crono abbastanza disastrosa (71° a 5′48″). Completano la top ten Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan Team) a 23′47″ e Adam Yates (INEOS Grenadiers) a 25′43″.
Domani è in programma la classica passerella conclusiva. La 21a tappa, appena 115 km, partirà da La Defense Arena di Nanterre, alle porte di Parigi, e poi condurrà i corridori all’interno della capitale Francese, dove dovranno affrontare per ben 8 volte l’ormai solito circuito cittadino. Il traguardo, posto davanti ai Campi Elisi, darà un’ultima chance ai velocisti, reduci da un’edizione del Tour in cui hanno avuto pochissime occasioni per mettersi in mostra.
Pierpaolo Gnisci

Tris di Wout a Rocamadour (fonte:Getty Images)
LAPORTE SORPRENDE I VELOCISTI PURI E TRIONFA A CAHORS. VINGEGAARD RESTA IN GIALLO.
A Cahors in un arrivo concitato in costante salita, Christophe Laporte (Team Jumbo Visma) è abile a partire in contropiede all’ultimo km ed a tenere un vantaggio che gli consente di ottenere la prima vittoria francese al Tour 2022. Sorpreso Jasper Philipsen (Team Alpecin Fenix), favorito di giornata, che deve accontentarsi della piazza d’onore. Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma) conserva la maglia gialla.
Il Tour si avvia alla conclusione dopo lo spettacolo offerto dai ciclisti sui Pirenei con l’attacco decisivo di Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma) che ha ipotecato la maglia gialla ad Hautacam. Oggi è in programma la diciannovesima tappa da Castelnau-Magnoac a Cahors di quasi 190 km in cui sono presenti due semplici GPM negli ultimi 50 km. Le squadre dei velocisti avranno il compito di tenere chiusa la corsa e di preparare i propri capitani al quarto arrivo in volata del Tour 2022. Dopo la partenza si formava subito la fuga di giornata grazie all’azione di cinque ciclisti: Nils Politt (Team BORA Hansgrohe), Mikkel Honoré (Team Quick Step Alpha Vinyl), Matej Mohoric (Team Bahrain Victorious), Taco van der Hoorn (Team Intermarchè Wanty Gobert) e Quinn Simmons (Team Trek Segafredo). Simmons vinceva il traguardo volante di Auch posto al km 38.4, dopo che la corsa era stata interrotta per alcuni minuti in seguito alla protesta di alcuni lavoratori che avevano bloccato la strada. Politt si rialzava facendosi riprendere dal gruppo maglia gialla, che non concedeva molto vantaggio ai quattro ciclisti in testa alla corsa. Infatti nei primi 100 km di corsa il vantaggio della fuga non superava mai il minuto e mezzo. In testa al gruppo si alternavano gli uomini di TotalEnergies, Lotto Soudal, Alpecin Fenix, DSM e BikeExchange Jayco. Mohoric era il primo a scollinare sulla Côte de la cité médiévale de Lauzerte, posta al km 135.7. Lo sloveno trainava con sé Simmons, mentre Honoré e Van der Hoorn restavano attardati e venivano ripresi dal gruppo maglia gialla a 47 km dall’arrivo. Simmons staccava a sua volta Mohoric e restava da solo in testa alla corsa. A 42 km dall’arrivo una foratura costringeva Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) a fermarsi a bordo strada ed a cambiare bici. Lo sloveno rientrava in breve tempo in gruppo scortato da un paio di compagni di squadra. Simmons scollinava per primo sulla Côte de Saint-Daunès, seconda ed ultima asperità di giornata posta al km 152.6. Il ciclista veniva ripreso subito dopo lo scollinamento, quando mancavano 35 km alla conclusione. Ripartiva un nuovo tentativo d’attacco con Alexis Gougeard (Team B&B Hotels KTM), Jasper Stuyven (Team Trek Segafredo) e Fred Wright (Team Bahrain Victorious). A 28 km dal termine il vantaggio del terzetto sul gruppo maglia gialla era di 30 secondi. Il vantaggio restava invariato a 20 km dall’arrivo, con Lotto Soudal e TotalEnergies che aumentavano l’andatura allungando il gruppo maglia gialla. A 10 km dalla conclusione il vantaggio di Wright, Stuyven e Gougeard era sceso a 20 secondi. In testa al gruppo erano arrivati anche uomini del Team BikeExchange Jayco e del Team Quick Step Alpha Vinyl per dar man forte all’inseguimento. Wout van Aert (Team Jumbo Visma) era spesso nelle primissime posizioni per condurre al meglio la maglia gialla Vingegaard. Sotto lo striscione dell’ultimo km i tre fuggitivi venivano ripresi dal gruppo, nel quale non c’era una squadra numericamente forte che tenesse l’alta l’andatura. E così ne approfittava Chritophe Laporte (team Jumbo Visma), che con uno scatto secco prendeva un vantaggio tale da non essere più ripreso sulla strada che tendeva costantemente in salita. Il francese giungeva praticamente solo sul traguardo di Cahors, mentre alle sue spalle si piazzava in seconda posizione Jasper Philipsen (Team Alpecin Fenix) ad un secondo di riterdo, con Alberto Dainese (Team DSM) terzo. Chiudevano la top five Florian Senechal (Team Quick Step Alpha Vinyl) in quarta posizione e Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) in quinta posizione. Laporte vince la sua prima tappa al Tour ed è anche il primo francese a vincere una tappa dell’edizione 2022. In classifica generale Vingegaard controlla la situazione, pur perdendo 5 secondi su Pogacar, che resta secondo a 3 minuti e 21 secondi di ritardo dal danese. Domani è in programma la penultima tappa, la cronometro individuale da Lacapelle Marival a Rocamadour, di 40 km e 700 metri. A meno di clamorose sorprese, si lotterà soltanto per le posizioni di rincalzo della classifica generale, visto che il podio sembra ormai cosa fatta. A Vingegaard basterà controllare prima di godersi la vittoria finale sugli Champs Elysées.
Antonio Scarfone

Christophe Laporte vince a Cahors (foto: Getty Images)
DELIRIO WOUTACAM: VINGEGAARD, VISMA, VINCIAMO. TUTTO.
Giochiamo di sigle, WVA è l’MVP di questo Tour de France. Nel tappone pirenaico, Pogacar ci prova a fondo, ma Van Aert lo stacca in salita e lancia Vingegaard. Tappa in cascina, e – salvo incidenti – maglia verde matematica per Wout, gialla e a pois per Vingegaard. Saluti e baci!
Jumbo-Visma, l’alveare meccanico. Gialloneri a orologeria in una tappa degna di un film di Christopher Nolan per il thrilling ma soprattutto per gli incastri temporali. Il ciclismo è spesso così: sullo stesso spazio lineare si sparpagliano ciclisti le cui linee narrative divergono e poi convergono in accordo alle diverse velocità relative, con tutta una combinatoria di incroci o rovesciamenti. Insomma, per capirci, si va dal banale “due tappe in una” in cui il gruppo si divide in una corposa fuga, che si giocherà la tappa, mentre poco più tardi sullo stesso traguardo si possono dar battaglia i migliori della classifica generale (che arrivano “dopo” ma di solito sono e restano “davanti” in classifica); fino a ogni sorta di complicata strategia per cui un corridore va in avanscoperta magari a raccogliere punti su un traguardo volante, o perfino per aiutare un altro compagno pure lui in fuga; poi rallenta e viene raggiunto dai migliori, e quindi dà il suo contributo accelerando di nuovo; e magari di seguito si stacca, ma per riportare infine con un’ultima trenata un altro capitano attardato verso il gruppo principale.
Ecco, i Jumbo-Visma nella tappa odierna sono andati ancora più in là, forse piccati dall’impennata di orgoglio con cui ieri McNulty aveva fatto piazza pulita del gruppo quasi da solo per il proprio capitano Pogacar. Niente scherzi, si devono essere detti nel bus della squadra. Oggi lo spazio e il tempo li pieghiamo ai nostri comodi, punto e a capo. E il punto, nonché il capo, o se vogliamo l’X-man (CX-man in questo caso) con il superpotere di schiacciare la serpeggiante strada pirenaica come una lattina di Coca Cola testé scolata, traforandola quindi a piacimento, risponde ovviamente al nome di Wout Van Aert. Troppo. Oltre.
Ma prima di parlare di Van Aert, prendiamo l’esempio di Benoot. Entra nel fugone che si forma solo in salita, sull’Aubisque, dopo una sterile ma sofferta ora e passa di lotta all’arma bianca sul filo dei 50 km/h in cui la fuga non riusciva a venire alla luce. Lavora per supportare la fuga e lanciare Van Aert in testa alla corsa, poi cede sul penultimo GPM. Quando da dietro su impulso di Pogacar il gruppo dei migliori lo passa, non si perde d’animo. Si ritrova con Kuss, pure lui staccato da Pogacar sulla penultima ascesa e lo riporta sotto nel corso della discesa e avvicinamento al finale di Hautacam. Dopodiché tira per i primi due km dell’Hautacam stesso, prima di cedere quest’onere a Kuss, da lui appunto riportato dentro. Ascensori spaziotemporali.
Wout Van Aert ci regala invece una quasi perfetta struttura ad anello, altro modulo caro a Nolan. L’istantanea del km zero con la bandiera del via appena calata lo vede già tre metri avanti a tutto il resto. In fuga dal primo secondo, senza voltarsi. Poi, come detto, la fuga non va fino all’Aubisque, ma Wout ci sarà. C’è sempre.
Nella fuga finisce quasi un quarto del gruppo, perché tutti cercano il varco cronologico in cui infilarsi per strappare se non la vittoria di tappa, almeno una giocata d’anticipo con cui scalare qualche posto in classifica generale, oppure, come Geschke, quella decina di punticini con cui confermare la maglia a pois (per la cronaca, il barbuto tedesco finisce in lacrime perché vincendo la tappa e il corrispondente arrivo in salita Hors Categorie, Vingegaard gli sfila in extremis la maglia per una manciata di punti). Segnaliamo Ciccone che ben supportato dalla sua Trek con Mollema prova a portarsi via lui la classifica di miglior scalatore, missione ben cominciata sull’Aubisque, poi spazzata via dalla montante marea Pogacar e Jumbo sui due restanti GPM. Merita una nota di merito anche Meintjes, che si muove un po’ più tardi, sospeso fra gruppo e fuga, e a lungo lì oscilla, particella quantica di natura ignota che confonde spettatori e regia non appena l’entità “gruppo dei migliori” e quella “fuga” collassano, si intersecano, si rifrangano. Tenendo duro getta le basi per un potenziale quinto posto finale (a un certo punto lo si vede solo soletto sul penultimo colle, che regge la ruota per qualche centinaio di metri dei due scatenatissimi Pogacar e Vingegaard). E indichiamo anche Pinot, Dani Martínez e Lutsenko in quanto si rivelano i più coriacei di tutti da un lato nel tenere le ruote, in fuga, di un bombastico Van Aert, e poi, nel caso di Lutsenko, per aggrapparsi a un piazzamento di tappa che si traduce in top-10 finale, puro oro per un’Astana disperatamente bisognosa di punti UCI.
Curioso il nastro temporale di un Vlasov, che non va in fuga, anzi si stacca presto dal gruppo dei migliori, ma poi anche aiutato dai suoi gregari insegue e insegue e insegue, risale il fiume del tempo controcorrente scavalcando così gli altri residui di fuga, o di gruppo principale, che il vento cosmico generato dai fenomeni là davanti spazza verso l’indietro. Pure lui, come e più di Mentjes, fiuta una potenziale classifica in top-5 dopo la crono. Anche Gaudu si stacca prestino dai migliori, molto prima di un Thomas per dire, ancora una volta l’ultimo a cedere; ma poi, in questo spaziotempo che si apre e chiude a fisarmonica riprende l’inglese, lo stacca, ne viene di nuovo staccato, e alla fine i due convergono a meno di 5 secondi di distanza. Thomas che, diciamolo a suo onore, è l’unico essere umano a sopravanzare con un allungo il cursore temporale in accelerazione irrefrenabile rappresentato dal duo dei migliori, Pogacar e Vingegaard. Durerà poco, il ghiribizzo di una particella instabile.
Eppure questa infinità di storie, vicende, sottotrame, si comprime e condensa quasi in un nulla quando Pogacar innesca sull’inedito colle di Spandelles il suo ultimo tentativo di invertire il destino e il distacco in classifica generale. Accelerazione del team, e poi, via, velocità smodata, attacchi, e scatti, e attacchi. Non regge nessuno tranne l’ombra gialla del leader, Vingegaard, ormai seconda pelle dello sloveno. Spettacolo puro. Forse qualcuno rimpiangerà in Pogacar il non aver fatto ricorso al pantaniano “o salta lui o salto io”. Pogacar spara forte, poi quando l’altro risponde allunga un po’, ma senza mantenere il gas indefinitamente aperto (l’aveva fatto un po’ di più, e pagandolo appunto carissimo, in quel del Galibier, quando in giallo c’era lui). Di questi tempi il gas indefinitamente aperto è proprio meglio non lasciarlo, c’è aria di penuria, e così anche al Tour, in realtà. La vittoria di ieri di Pogacar di fatto era in realtà una resa a metà. Ricordiamo però anche che l’esplosività è dove Pogacar si è visto comunque superiore a Vingegaard, dunque forse non è così assurdo provare a porre la sfida su quel terreno, piuttosto che non su un ritmo infernale che si vorrebbe infinito ma che una fine deve averla per forza, prima o poi.
La sfida resta appassionante, con i tipici riavvicinamenti da dietro quando il duello diventa di nervi. E, a proposito di nervi, una volta scollinato Spandelles la discesa ghiaiosa li mette a dura prova. Pogacar forza, Vingegaard quasi va per terra ma si salva con un equilibrismo a gamba tesa, e poi per terra Pogacar ci finisce lui, fra l’altro dopo un salvataggio a propria volta acrobatico, cui segue però un incoccio della ruota col limite fra asfalto e fuoristrada. Coscia sbucciata, mani spellate, ma in un secondo lo sloveno è di nuovo in sella. Davanti, Vingegaard lo attende apertamente. E Pogacar gli offre una bella stretta di mano con cui si salda la tregua in quanto resta di intermezzo prima dell’ultima leggendaria salita ad Hautacam, che Nibali ha lasciato negli occhi degli italiani e il danese Riis in quelli di tutto il mondo.
Tutto pare rientrare nella normalità, l’universo si riordina con il rientro da dietro di vari atleti in attesa della prossima accelerazione. Vingegaard schiera i suoi Jumbo-Visma di nuovo presenti: come spiegato sopra, ecco Benoot, e poi ecco Kuss. Scrematura, carneficina, sono di nuovo i magnifici due col gregario a tirarli. Ma ecco il fattore X a piombare nella “normalità” come un meteorite e a sconvolgerla alla radice. Lì davanti si intravvede… Wout Van Aert. Sì, il mostro belga aveva schiodato di ruota tutti gli avversari e compagni di fuga, per quanto scalatori di prima fila, addio Pinot, addio Dani Martínez, ed era ancora in testa da solo. I migliori ora lo riprendono.
Siamo alla chisura della struttura ad anello. Ouroboros, la testa del serpente morde la cola. Kuss profonde un ultimo estremo sforzo per riprendere Wout e, mentre tutti immaginano che il fuggitivo venga superato e lasciato indietro come ogni suo predecessore, accade invece l’impensabile: Kuss esausto fa cenno a Van Aert di mettersi a tirare, ed è lo statunitense a cedere.
Wout Van Aert, la maglia verde, lo sprinter, l’uomo da pavé, dopo quattro ore in fuga e quasi quattromila metri di dislivello, prende il comando davanti agli unici superstiti, Pogacar e Vingegaard. Maglia verde, maglia gialla, maglia bianca. In fila. Poi il vuoto.
E Van Aert accelera, e accelera. E scatta. E stacca. Stacca Pogacar.
Se ne vanno i due Jumbo, il meccanismo perfetto si chiude secco. Ci mancherebbe solo che facciano assieme gli ultimi 4 km e che il danese omaggi con la tappa il belga (che così avrebbe preso lui la maglia a pois!), ma non esageriamo. Lo sforzo ha fatto scoppiare Wout, mentre dietro Pogacar non è scoppiato del tutto come invece sul Granon, e va dunque ancora eliminato, certo senza più il fastidio di doverlo levare di ruota, che spesso è il difficile. Vingegaard si regala allora, e ci regala, i 4 km finali di Hautacam più veloci di tutti i tempi, più veloci anche di quelli del compatriota Riis (ma fin a quel punto si era andati un paio di minutini più lenti che Riis…). La freschezza, gli sforzi risparmiati, si traducono in un finale folgorante, mentre Pogacar transita semplicemente la propria consapevolezza di essere stato battuto, e supera Van Aert senza degnarlo di chissà che sguardi (tutta amicizia invece con Vingegaard, in cima). Vingegaard è primo, vittoria di tappa in giallo per le foto, bacetto romantico di celebrazione, maglia a pois, e Tour in cascina salvo sciagure. Pogacar è secondo, incassa un minutino, con ieri tre tappe in saccoccia, miglior giovane comunque (il secondo è il fenomeno Pidcock a 50 minuti, il terzo è il fenomeno McNulty a un’ora e venti). Van Aert è terzo a un altro minutino, dopo una giornata campale come poche se ne sono viste. E a un ulteriore minuto arriva il quarto di oggi e terzo a Parigi, Geraint Thomas – distacco nella generale, sulla decina di minuti per lui e altri tre, poi si parla di 15-20’. Con venti minuti di distacco sei in top-10, con tre quarti d’ora in top-15, il ventesimo è più di un’ora dietro. In questo Tour, decisamente, la misura intuitiva del tempo umano è travolta da quella di alcuni fenomeni stellari.
Gabriele Bugada

Vingegaard spiana la salita di Hautacam (Getty Images)

